venerdì 12 giugno 2015

Ombra Bianca di Pierpaolo Bonaccurso


Ombra bianca è il lavoro preparato da Pierpaolo Bonaccurso con il laboratorio teatrale dei ragazzi del liceo Classico e dell’istituto tecnico per Geometri di Lamezia terme e  con il contributo di alcuni ragazzi dello SPRAR, sistema di protezione per richiedenti asilo politico e rifugiati.
Ombra bianca oggi nel ridotto della sede del Teatrop,  storica compagnia teatrale presente da oltre venticinque anni sul territorio con innumerevoli spettacoli.
Ombra bianca per pochi. A turno, entriamo nel buio e ci sediamo.
Guardiamo in silenzio il video, e per terra ombre bianche vi sono.

Guardiamo alcuni spezzoni del film di Crialesi “ Terraferma” del 2011,  guardiamo la scena del film in cui due ragazzi in guscio di barca stanno chiacchierando su   un mare calmissimo rischiarato da una luna lontana.
Decidono di fare un bagno, lei è già in acqua e poi il ragazzo si accorge di una stranezza. Illumina con la lampara il mare e moltissime braccia si protendono in cerca di salvezza verso quell'unico legno.
Subito richiama la ragazza sul piccolo guscio di noce ed inizia una lotta incessante a colpi di remo su ogni mano che afferra la barchetta.
La lotta per la sopravvivenza è spietata, sarebbero annegati anche loro senza scampo e non avrebbero potuto salvare nessuno.
Lo stesso il ragazzo porterà con sé il senso di colpa per tutti i colpi menati su dita arpionanti il suo legno e trascorrerà i suoi giorni a salvare altri sventurati.
Si spengono le luci del video e da noi le ombre bianche si alzano, le lenzuola cadono a terra, ed ognuna delle ombre prende in mano uno di noi.
Usman del Pakistan mi prende per mano. Mi parla in pakistano. Mi sembra un preghiera. Immagino dica il Padre nostro che sei nei cieli, dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Lo guardo, recito anche io una preghiera affinché possiamo noi tutti esser degni di stare in questa terra asilo per tutti e non solo per pochi.
Sempre per mano usciamo e troviamo sul tavolo le impronte che dobbiamo lasciare per essere riconosciuti noi Ombre bianche davanti alla polizia universale.



Mostra di Cisco Mendicino all'Off e alla Pecora nera

Cisco Mendicino fotografa dettagli per raccontare storie

Appese con catenelle e mollette metalliche le fotografie di Cisco Mendicino resteranno in mostra ieri, oggi e domani alle Officine Sonore di Lamezia Terme, poi andranno ad Amantea nel locale
 “ La Pecora nera” e questa estate, la bella estate, a Tropea.  Seguiremo le storie che Cisco ci racconterà fotografando, con  un gesto alla volta, il farsi di un oggetto, di un gioiello, di un liuto.
Raccontare storie in fotogrammi che scorrono,  in me ricordano il gesto nel film Nuovo Cinema Paradiso, il bambino che taglia la pellicola per conservare tutti i baci famosi. Qui da Cisco il gesto del fare, un singolo momento.
Con rispetto e luce. C’è tanta luce nel locale mentre io parlo con lui, una luce interiore che va dagli occhi di Cisco alle sue fotografie, che illumina le persone presenti in una fotografia vivente. Vedo tanti dettagli. Sabrina e Debora, Piero e Vincenzo, Fernando, artigiani della manualità ritrovata. 
Artigiani prima che artisti, nella riscoperta di una manualità che  renda tutti  persone uniche prima che massa, gruppo, folla. 
Ad uno ad uno i gesti creano, ad uno ad uno le persone si incontrano, ad uno ad uno fa click la macchina fotografica e ferma immagine sull'ispirazione. Si appendono quindi non tanto i gesti ma le speranze, i suoni nell'aria vibranti dal liuto, la bellezza creata  dalle pietre colorate, la luce delle lampade o la mannaia con cui Fernando mozza le malelingue, onnipresenti in tutti i contesti di collettivi e associazioni  umani. 

mercoledì 10 giugno 2015

Il dogma di Nunzio e la tensione di Alfredo Cosco

Il dogma di Nunzio e la tensione di Alfredo Cosco

Nunzio Belcaro, libraio della Ubik di Catanzaro Lido, nel presentare il libro di Alfredo Cosco e Carmelo Musumeci  “ Fuga dall'assassino dei sogni”, confessa di non avere altro dogma all'infuori della letteratura.
 Dal”Le Mie prigioni” di Silvio Pellico a “Libera i nostri nemici” di Rocco Carbone, solo la letteratura può raccontare meglio di un saggio l’aberrazione del carcere.
 Da Limonov di Carrère  ad Arcipelago Gulag  di Aleksandr Solženicyn fino al racconto di Alfredo e Carmelo, la letteratura dice l’indicibile. 
Il silenzio, la costrizione, la non vita di chi è privato per sempre. 
 Colui che è punito con ergastolo ostativo come Carmelo, spiega Alfredo, sconta  pena che quasi mai lo farà uscire, se non con un beneficio impossibile quasi da ottenere. 
 Un libro scritto insieme ad un uomo in carcere,  conosciuto tramite un racconto che Alfredo lesse su una rivista, caro Nunzio. 
La letteratura dogma e tramite. Messaggio e ponte. Luce.
 Come se una luce calasse sul senso di smarrimento di esistenze cancellate. Comincia così l’avventura del romanzo senza aver immaginato per quella storia una storia ma come una risposta ad un dirsi a due. 
La tensione inizia con Nunzio che legge articolo 13 e articolo 27 della costituzione in cui le pene  tendono  alla rieducazione, con Erri De Luca che ha scritto prefazione su isole trasformate da paradisi in prigioni, mura, tufo. Le Tremiti, Pianosa, Asinara ed in mezzo rimane Alfredo che conclude con tensione fortissima. 
Solo uno sforzo portato all'estremo eleva, solo una difficoltà enorme crea una disciplina interiore e una potenzialità che nessuno pensa di avere se non viene messo alla prova.  Vero, Alfredo.  
 I Pink Floyd iniziano a cantare
  È più forte delle parole
Questa cosa che facciamo
Più forte delle parole
Il modo in cui si spiega.
È più forte delle parole
La somma delle nostre parti
Il battito dei nostri cuori
È più forte delle parole.
Più forte delle parole.

Più forte delle parole
Questa cosa che chiamano anima
È lì che palpita
Più forte delle parole.
Più forte delle parole.


Domenico Marcella intervista con ZeroNoveCinque


Enzo Biagi, Oriana e Domenico. Interviste che si fanno.
Intervista: [calco dell'inglese  interview, che a sua volta ricalca il francese entrevue, derivato  di s'entrevoir «vedersi o incontrarsi brevemente» (cfr. l'ital. intravedersi)].
 conversazione, scambio di domande e risposte tra un giornalista e una persona le cui dichiarazioni e opinioni sono destinate a essere diffuse .
Dopo aver guardato Treccani e Garzanti riprendo in mano ZeroNoveCinque di Domenico Marcella, contenta io di leggere un libro di Interviste a donne catanesi, ognuna di loro regina nel proprio mondo.
Rita Botto: Il canto, ragione esistenziale “La modernità ha tentato di sotterrare e insonorizzare tutto. Io torno indietro, senza paura, per riscoprire e riappropriarmi anche dei motivi e delle melodie che mi attraversano, procurandomi un’incontenibile felicità” Il canto sempre. Dall’infanzia. Dallo Zecchino d’oro alla maturità.
Marella  Ferrera: Opulenza e barocco. Stilista: il mio modus operandi sulla poesia del riciclo e sulla possibilità di rileggere per dare un nuovo corso alle cose». l’elaborazione degli abiti perle dee Dèmetra e Kore – gli Acroliti di Morgantina, risalenti al quinto secolo avanti Cristo – tornate in Sicilia dagli Stati uniti ed esposte al Museo Archeologico di Aidone: «Ho ricevuto l’incarico dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Enna.
Laura Mancuso: “Volo dunque esisto” Dopo essersi capovolta in maniera brutale, la vita di Laura ha  riconquistato un verso sereno grazie alla nascita della Fondazione D’Arrigo, liberamente ispirata alla nobile vocazione di Angelo D’Arrigo, suo marito: «Voglio continuare a volare con le donne di tutto il mondo, portarle su con me – belle, brutte, interessanti o meno, schiave o no, giovani o vecchie – per dare sfogo alla rabbia appesa a un aquilone, raccontandole in un documentario.
 Sono tante le donne intervistate da Domenico con garbo ed attenzione. Con educazione. Si sente leggendo la raccolta che Domenico ha affetto e stima, rispetto e quasi venerazione. Atteggiamento ormai raro, purtroppo in disuso in questi tempi diseducati e aggressivi.
Domenico, giornalista della scuola vera, di un tempo che ricorda Biagi, ritorna al compito inusuale del guardarsi intorno per cercare positività ed esempi, per usare la scrittura, non per far scoop e pettegolezzi, ma dare a tutti la conoscenza che un altro modo di essere esiste.
Le donne da lui incontrate sono tutte capaci di sovvertire destini segnati da un luogo, da famiglie, da studi, oppure da un corpo che fragile e ammalato sta, eppure sono donne che hanno la grande ricchezza di amare fortemente una loro particolarità e di farla vivere. Il volo, il canto, la recitazione, la regia, la poesia, la moda, l’archeologia, la cucina, il ricamo e via via i talenti che ognun o di noi ha
Domenico porge il suo ascolto, il suo sguardo e annota ammirato: Paola Maugeri- quell’Audrey Hepburn di La mia vita a impatto zero la sostenibilità fra le mura domestiche e in Las Vegans Pacifica rivoluzione vegana. -  Alice Valenti  Il carretto è passato-  Antonella  Leonardi- una valigia piena di sogni… la moda
E via via fino a Carmen Consoli, la Cantantessa felice che diverrà amica di Domenico, grazie alla scrittura, al grande amore di dire, al foglio amato. Prendendo  appunti  Domenico ci consegna l’anima della poesia di Angela Bonanno: La poesia in dialetto e un romanzo Antologia della malata felice: «Conoscevo bene la malattia, e si può sconfiggere con una buonissima dose di ironia e con la forza delle parole. Non serve fuggire, nascondersi, vergognarsi perché la malattia  è – prima di tutto – un’opportunità di guarigione». La felicità è invece un’educazione,  il dolore  ci dà il privilegio di scoprire mondi dall’assoluta bellezza. Senza il dolore sarebbe tutto inesplorabile». Ed ancora  Donatella Finocchiaro regista: Ognuno di noi è il risultato delle esperienze vissute.
Parlerò di tutte giorno 19, ora voglio chiudere con questa frase di Donatella Finocchiaro che ben rappresenta come legga io e diventi poi amica dei miei amici giornalisti: “Mi metto a letto e i personaggi cominciano a visitarmi perché vogliono raccontarsi”
Un caro abbraccio a tutte voi e a Domenico, aspettandovi






sabato 6 giugno 2015

Daniele D'Antonio- La pecora verde

Daniele D’Antonio- La pecora verde

La fantasia è una fotografia
La realtà fatta di pomodorini, pere e pecore, associazioni libere per volare via dal noia.
Simboli e significati restano uguali, nella religione, in politica, sulle poesie, quel che cambia è la rappresentazione. Sorprendente. Assolutamente geniale, per sorridere insieme.

La Sacra Famiglia in iconografia classica: San Giuseppe e Maria, in un delizioso presepe ortofrutticolo, sono genuflessi su un bambinello, due pere su  un pomodorino illuminato da un raggio di sole. Una luce bianca. Zucchero o sale raffinato?
La letteratura diviene quadro pop art e leggiamo  questa poesia in versi così:
 

 Tomatosophy.

"A questa immagine, come a tutte le altre di quel lavoro, è associato un testo, che in questo caso è la poesia di Quasimodo "Alle fronde dei salici"

 E anche in questa immagine, i miei pomodorini rappresentano un popolo inerme, testimone di ciò che accade, ma sempre spettatore mai protagonista della scena."
Il pomodoro per illustrare il Quarto Stato di Pellizza Da Volpedo.
 

Nella sua ricerca continua Daniele denuncia l'omologazione di modelli sempre uguali propinati da un televisivo e da un mondo dell'arte decisamente in mano a pochi, in una continua emarginazione di chi offre ariosità e diversità. Tutto in poltiglia, schiacciato e fatto in salsa, neppure saporita, sembra ai suoi, ed anche ai miei occhi, il mondo artistico e letterario, tutto un mercato. Nel caso del letterario vengono venduti, dopo aver commissionato, libri poltiglia, in arte sembra uguale e unica forma permessa sembra sia quella che nasce in strada. Per strada e On The Road dunque, di nuovo come Gli Impressionisti, come i nuovi fermenti nacquero sempre e solo nella strada. 

Consapevoli che solo una bella curiosità sia il motore di ogni azione umana, lui non ci sta a far parte del gregge e invita tutti ad aver sguardo che sia ancora di proprietà degli occhi che mettono a fuoco. Fuori Schema. Fuori sistema.


Riflettiamo, questo il suo invito continuo. Non intruppiamoci in masse convinte davanti un qualsiasi avvenimento sponsorizzato da Alta Cultura, mai come ora la parola cultura viene usata a sproposito, non intruppiamoci e voltiamoci indietro,  di lato, guardiamo in alto e non sempre per terra. Ci sorprenderemo di quanta sia vasta la fantasia prima di essere noi passati al setaccio. Se poi la salsa dovremmo fare, almeno che sia una nostra salsa, e che ci dia ancora una volta il gusto di assaporare.

giovedì 4 giugno 2015

La Bruzzone e la Medea


Chi è L’assassino?- Medea- direbbe la Bruzzone e ne farebbe cento puntate di Porta a Porta
Non conosco la Bruzzone, non vedo programmi televisivi e men che meno questo genere di programmi imperniati sulla tragedia che dalla Grecia giunse alle nostre coste, senza un demiurgo che ci possa salvare.
Domani andrò a sentire, per la prima volta, chi è l’assassino e mi domanderò chi è l’assassino della cultura, della politica, della tragedia e del teatro.
Chi è l’assassino delle vite spiaggiate su un televisivo continuo, ribattente, immediato, che riproduce su scale e plastici scene dei delitti a scelta.
Non tutti i delitti infatti raggiungono lo schermo e l’attenzione di criminologhe preparate e psicologi indaganti turbine mentis.
Si sceglie il delitto passionale, così  erano detti un tempo i delitti nell’ambito familiare, si sceglie Medea, oppure Egisto, lo zio o il cugino, l’amante o il figlio e si va avanti nello svolgimento di una trama senza luce.
Così mi riferiscono.
Io conosco solo, poco e male, le tragedie greche, e sono andata a vedere la Medea di Seneca, tragedia che per la prima volta è rappresentata al teatro greco di Siracusa.
Una Medea che elabora e rielabora i suoi gesti, l’assassinio del fratello, dello zio, di Pelia, fatto a pezzi e bollito, e  riporta in superficie tutti i gesti fatti per aiutare Giasone, per consentire al vello d’oro di spostarsi dalla Colchide alla Grecia in un cammino da sponda a sponda.
Una Medea che vive e si interroga sul sale del Mediterraneo, un mare sempre più salato, nella ballata del mare salato di Corto Maltese, rimestando il suo baule, cambiando vestiti, e intanto viene  sballottata di mano in mano in giravolte concentriche dal coro in scena.
Una Medea che uccide sulla spiaggia salata i due bambini e poi va avanti ed indietro a chiedersi, a negare di averlo fatto, a parlare come se non lo avesse fatto, in un dialogo con sé stessa, un cammino interiore lunghissimo, dilatato. Come se il finale non ci dovesse essere. Epilogo aperto nell’interiore nudo di un gesto fermo. Senza moviola per tornare indietro.
Col coro  arrivano i secchi pieni di sale, suppongo, che seppelliranno Medea in posizione fetale, facendo ritornare alle origini il male che nacque con noi umani.
Chi è L’assassino?  Nella straziante storia di un vivere e convivere fra idealità e prassi, fra banalità e filosofia, gli stoici sceglievano la distanza e il suicidio, a volte.
Così sono  la distanza e la  capacità di mantenersi sereni davanti a qualsiasi cataclisma che  ci daranno la tranquillità dell’animo per affrontare ingiustizie e continui tentativi di manipolazioni della mente umana, dice Seneca, affidando a Medea il compito di ricordarci a quali nefaste conseguenze giunga un pensiero ossessivo.
Nel labirinto della mente e nel tunnel della rappresentazione riportiamo la scena scelta dal regista e gli abiti evocanti un totalitarismo vicino. Una storia che studiata va, dal personale che politico è.

La liberazione e la purificazione sia con noi, abitanti di anni sciocchi e televisivi. Da Medea a noi, il sale di spiagge senza luce

venerdì 29 maggio 2015

La prostituzione culturale e la malafede

Essere in malafede... dalla  Treccani: [consapevolezza della propria slealtà e della propria intenzione di ingannare: essere in m.] ≈ disonestà, slealtà. ‖ doppiezza, insincerità, ipocrisia, falsità. 
Deve essere questo il comportamento diffuso nel mondo e in ogni ambiente, pur piccino che esso sia.
La malafede, comportamento per il quale si osanni il qualsivoglia prodotto di infima qualità e si tralasci il bel romanzo, il bravo scrittore o scrittrice, se non fa parte del proprio Hortus Conclusus.
La malafede, comportamento con il quale si spellano le mani ad applaudire sconcezze autentiche, e si disertano ottime presentazioni e ottimi artisti.
La malafede del popolino cultural cantando, raggiunge responsabilità civile di abiezione negli insegnanti di lettere e filosofia, che, invece di mettere un freno, accolgono qualsiasi idiozia e non riprendono alunni poco dotati.
Ho già, stamane, detto come simile fare danneggi pensieri, come l'amore fatto venalmente, così la cultura viene prostituita a far da gratificazione a vite significanti solo a chi le vive.
Tutte le vite sono un romanzo? Embè?