mercoledì 20 maggio 2015

Convegno Liver 2015- Angelida



Angelida vuol dire Angeli da una ala sola- Convegno Liver
Dal Bar Angel vengo a sapere di questo convegno che si terrà 31 maggio all’Hotel T di Feroleto.
Entro nel bar, mi siedo e chiacchiero con la proprietaria, Anna Candido, dell’iniziativa che ha esposto sul vetro, del come si sia incontrata con l’organizzatrice di questo avvenimento, e del perché solo quando siamo toccati veramente da una malattia, da una difficoltà ci accorgiamo che queste cose esistono e che non sappiamo proprio dove andare a sbattere la testa se non ci fossero le strutture appropriate e per tutti.
Quindi deve esistere per tutti il servizio che curi, prevenga e sollevi, chiunque sia afflitto da un male. In questo caso il fegato che va in necrosi, il bisogno di un trapianto, cosa fare dopo un trapianto, come prevenire la steatosi di un fegato che si dilata ingurgitando bevande alcoliche e cibi artefatti.


Felicemente sullo scambio di una ascolto umano, domando il perché si chiami Bar Angel il suo esercizio e lei, con un sorriso, mi dona il nome di sua figlia, Angelida, e da Angelida ad Angel e a lei che Candido fa di cognome, e qui  sperdendomi io in Voltaire, e nel nome Angelida,” Angeli Da una ala sola” significa…
Angeli sono i messaggeri. Angeli sopra Lamezia. Nel gotico del gruppo rock, dall'omonimo nome, che fece un album, Decanimae, ritorno a casa a scrivere su con grande tristezza.
Se da una parte plaudo a siffatti momenti, dall'altra vorrei che, nel sogno impossibile, una nuova educazione e un nuovo  sapere donassero a tutti l’ala mancante per prendere il volo.


Convegno del Liver a Lamezia
“Per preparaci a questa “rivoluzione” terapeutica imminente, e per segnare in rosso nel calendario che il 2015 sarà un anno speciale e di svolta nel campo delle malattie del fegato, abbiamo preparato un manuale per i malati e i volontari: per la prima volta, in Italia, uscirà nelle librerie, grazie a Giunti Editore di Firenze, una guida dettagliata che consentirà, ai pazienti e alle loro famiglie, di orientarsi fra analisi, radiografie, interventi, diete o terapie, sollevandoli da dubbi e alleggerendo le preoccupazioni. E il testo sarà il riferimento scritto per quella miriade di corsi di formazione ed aggiornamento che, con le nostre associazione federate nella Liver-Pool, organizzeremo presto in tutte le regioni d’Italia.
Per questa iniziativa, grazie al discreto e attento lavoro del vicepresidente della nostra Liver-Pool Salvatore Camiolo, sapete, abbiamo vinto il Gilead Community Award 2014: siamo stati premiati il 29 settembre, durante una solenne cerimonia che si è tenuta al Museo Diocesano di Milano, ricevendo quanto ci consentirà di realizzare il progetto. L’anno prossimo, sabato 30 maggio 2015, saremo in Calabria, a celebrare il nostro 8° Congresso nazionale Liver-Pool, con gli amici dell’ATEC, a Lamezia Terme: l’appuntamento, viste le novità che avremo sarà unico. Vi aspettiamo numerosi.”


domenica 17 maggio 2015

Volersi bene “Non è adesso”- Daniele Semeraro


In copertina verde una fotografia d’epoca. Daniele con i fratelli e il suo papà.
Daniele “ copia senza baffi e qualche centimetro di dolore in meno”
Comincia così il racconto di uno, la storia di uno, la storia  di tanti.
 Una osservazione attenta e fiduciosa che niente possa sfuggire se noi controlliamo la situazione, ed anche dopo che questa sia andata via, sfuggendo, rimane tutto quel tempo dilatato che vuol stamparsi sul  foglio scritto del ricordo.
Così Daniele, scrivendo, riprende materialità del dettaglio, dei dettagli che hanno fatto del padre un crudele ricordo senza voce, universalizzando lo sconcerto di stare vicini, vicinissimi ai nostri cari  e non poter aiutarli.
Pagine di alta poesia raggiunge proprio in questo suo voler dar vita a quegli occhi “che guardavano attraverso una cortina di pianto”, gli occhi di suo padre che io ho subito sentito nel canto” Non mi svegliate, ve ne prego, ma lasciate che io dorma questo sogno” il sogno di star bene con sé stesso, di farsi compagnia senza aver paura dello sconosciuto che abita insieme a lui.
La malattia del vivere, la malattia che toglie entusiasmo, e che fa sentire in colpa coloro che ne siano colpiti, qui attraversa un luogo ancora arcaico e contadino, con abitudini regolate dalle stagioni, con un movimento dettato dall’uva da pigiare e dalle mandorle da abbacchiare.
“Il sangue sull’indice ormai coagulato e secco” Il sangue dei riti di una comunità che trae sicurezza dai riti stessi.  Una storia di adolescenza che diventa età adulta mangiando le unghie, le pellicine ai lati, tirando via la pelle fino al sangue. 
La prima frase che avevo sottolineato erano le dita in bocca ed il sangue.  La fase orale.
 Mi sono detta da subito che tutto sarebbe stato raccontato mordendo i fatti come la pelle veniva strappata con i lembi sanguinanti e nudi. Con i polpastrelli doloranti.  Così è stato.
La danza sull'uva insieme al padre sorridente, che Daniele racconta e  che io ricordo, provenendo da un mondo ancora legato alla terra, “la certezza che ti dà l’equilibrio per danzare sull'uva senza aver paura di scivolare e di cadere”  ha il  ritmo del gesto, e non dimenticheremo queste pagine, come lui non dimenticherà il sorriso  “ nemmeno con lo scorrere di quel fiume di detriti che chiamiamo tempo”
Ambientato nella “terra di dove finisce la terra”: Tra comuni di Martina Franca e Ceglie, Ostuni, Messapica e Cisternino, il racconto ha “iridi di un verde cervone, che diventano mare. “Il tumulto interiore appare in controluce” ed i personaggi svolgono con precisione  i ruoli immutabili che hanno all’interno di una famiglia, nonostante lo scorrere di avvenimenti… che sembrano irreali tanto ora sembrano lontani, seppur vicini.
“ Quando la parola è flebile, non resta che il gesto” scriveva un uomo al presidente della repubblica prima di uccidersi ed io avevo proprio rimosso quel terribile momento in cui bastava un avviso di garanzia per essere distrutto, in cui, invece, altri, facevano di quegli avvisi la loro carriera politica in trionfo. Come al solito c'è  chi viene travolto dagli avvenimenti, magari proprio gli onesti, le persone perbene, e chi invece li sfrutta a proprio vantaggio nell'eterna beffa del male che sembra debba vincere sempre.
Daniele sceglie, per sottrarsi allo stallo, l’inchiostro, i tasti e batte sui tasti una lotta continua.
Scrittore vuol dire questo:” Io, la mia penna, l’avrei intinta nel sangue di dita maciullate, lasciando i miei fogli sparsi qua e là… Un disegno in mente non l’ho mai avuto e continuo a lasciare le cose a metà. A tracciare concetti che non prevedono punti di arrivo, se non il farsi strada” Spazio, lo chiamo io.  Lo spazio per respirare.
“ Non è adesso che devi avere paura”
“ Non è adesso “ perché il peggio deve arrivare…tirandomi via l’ennesimo strato di pelle, scrivi tu.
Io scrissi “ Scollo tutto” in un mio pezzo che butterò come ho buttato tutto, rimanendo sola con l’orgoglio della stima di scrittori veri, nella traccia che ognuno di noi vuol preservare dall’indifferenza intorno.
Nella condivisione che unisce lettori e scrittori, nella pagina che parla e che ognuno di noi fa sua,  la verità del messaggio letterario prende la forma della voce, oltre il silenzio. La voce di tuo padre, la voce di tutti noi, senza voce, che vogliamo la libertà.

“Non è adesso” poetica del figlio sarà
Con questo racconto Daniele Semeraro vince il terzo posto del Premio Letterario " La Giara"
suoi precedenti racconti:Scrivere polvere e Nel Segno di Caballero.
Una lunga strada di racconti davanti a lui

sabato 16 maggio 2015

Teatro Franco Costabile- Quando l'ora vacilla di luna, un sonno di garofani

Quando l’ora vacilla di luna- Teatro Franco Costabile
Ho scelto il libro di Francesco Antonio  Caporale per affinità elettiva fra le arti.
Viene così ad avere targa, sul teatro comunale Politeama, il poeta Franco Costabile, il 15 Maggio del 2015
Il sole splende/ ancor/ su tanti mali/ ma non perderemo la speranza/ di un bel domani
Il verso ingenuo e ragazzino di un alunno, Lionello Fiore Melacrins, terza media, segnalato al Premio Costabile che per dieci anni si è tenuto nella città, grazie alla donazione di un allievo di Franco Costabile.
Mirella Scuro, presidente dell’associazione intitolata al poeta, mi fa vedere un libro che raccoglie tutti i vincitori del premio, compreso il verso che ho appena trascritto, e mi racconta una bellissima storia, quella fra il poeta e professore ad un Liceo di Roma ed un suo allievo, Silvio Cardellini, che ha finanziato  per undici anni il premio. Morto Cardellini, premio non più.
Finito tutto. Mi racconta anche le tante lungaggini, il tanto disinteresse, il viver vacui che prende questo misero luogo afflitto da campanilismo e cura del proprio. Un asfittico vivere, ricorda altra grande poetessa Pina Majone Mauro, ed io capisco quanto tutto questo possa offendere. Veder tutto finire dopo grandi slanci, dopo atti di generosità pura, come quello di Cardellini, che solo per amore del suo insegnante volle  donare…
Resta la targa stasera, una intitolazione ed un discorso, una serata dedicata in suo nome,  con  alla fine i Dissidio, ottimo gruppo, il gesto e  la musicalità, a chiudere un Pop Contest, manifestazione che da qualche anno in nome del poeta si tiene.

Restano gli artisti: Francesco Antonio Caporale, sua la mostra alcuni anni fa dedicata al poeta “ Quando l’ora  vacilla di luna” una serie di lavori onirici e surreali che amo moltissimo, che mi ripropongo sempre di scriver su e poi lascio vagare davanti ai miei occhi, nel mare antico di una adolescenza continua e di una solitudine molto affollata.
Faccia di luna nuova  dalla piazza che luna nuova aspetta ancora
Una Transumanza di uomini, mi dice Fernando Cimorelli, mostrandomi questi bianchi monaci medioevali che abbandonarono, come tutti gli artisti, il vivere fatto di grazie prego tornerò, il vivere fatto di elezioni e voti, di favori e ripicche, transumando, appunto, in un altro luogo. Nella fantasia.
Nella spiegazione che Cesare Perri mi dà del nostro tessuto umano e urbano, composto dal sangue dei tanti mercenari, dei tanti soldati, dei tanti predatori, che si sono avvicendati su questo territorio rugoso e di faglie, una contro l’altra armata, cerco una ragione a tanta cattiveria e  a tanto disinteresse verso il gesto naturale: Quello del donare, quello dell’amicizia, quello del sorriso.

E la risata esce amarostica, quel gusto salato di cose passate, nemmeno esce più, oppure è sempre la risata di Costabile che, nelle sue passeggiate con Felice Mastroianni, rideva, fuori le righe, rideva con risatina a volte sciocca, inopportuna, quella risata che solo da una grande tristezza e verità nasce. La terribile vacuità del tutto… senza il gesto naturale.  
Franco Costabile

lunedì 11 maggio 2015

Lo sdegno elegante di Raffaele Gaetano- Le querce sono in fiore



Lo sdegno elegante di Raffaele Gaetano- Le querce sono in fiore
 Le colline sono in fiore - Sanremo 1965 Mogol- Donida
Sul morire di dolore in un luogo che morta gora è, Raffaele Gaetano fa antologia di scritti, raccogliendo chi visitò il Lametino rimanendone illeso.
Sceglie la forma, Raffaele, un quadrato, sceglie la consistenza, carta pregiata e sceglie fotografie d’epoca curate. Vorrebbe scegliere tutto in una sua ricerca continua verso un estetismo raffinato e pregevole. Pregnante, direbbe lui.
Eppure il contenuto sfugge alla sua pur sostanziale introduzione  e scappa via, nella realtà effettuale di un luogo che lui stesso con sublime  dire dipinge “morta gora”.
Rimane lo sdegno e sullo sdegno di moltissimi scrittori per come e per cosa in questo luogo cattivi amministratori, truffatori e disonesti si siano allenati governando a loro volta popolazioni brutte sporche e cattive, senza spirito di corpo, di comunità, su questo sdegno si regge il sublime ed il pittoresco di prati in fiori e di mari azzurri orrendamente avvelenati
La fascinazione di Raffaele Gaetano e le rovine del sublime
Da Goethe a noi
 Le querce sono in fiore. Memorie di viaggiatori nel Lametino (Koinè Editrice)
 Ultimo libro  di Raffaele Gaetano  dopo  “La Calabria nel Viaggio Pittoresco del Saint-Non” (Koinè Editrice) che era, in una edizione in 999 esemplari numerati e firmati, la traduzione del “Viaggio Pittoresco” dell’abate di Saint-Non in Calabria con  35 vedute  acquerellate a mano.
Dal Lametino “L’opera conclude un lungo itinerario di ricerca che libro dopo libro ha visto impegnato l’autore in un appassionante vis-à-vis con il tema del viaggio in Calabria tra sublime e pittoresco. Composto per accumulazioni, per successive stratificazioni durante quasi dieci anni, lo scritto affronta per la prima volta in maniera sistematica l’ingente mole di diari, resoconti, memorie e lettere  fra il  ’700 e ’900” che  nobili, borghesi, scienziati, ecclesiastici, artisti, militari lasciarono del loro passaggio.”
Alla fine degli anni ottanta I Parchi Letterari in Italia e in Calabria   si ispirarono  ai racconti dei numerosi viaggiatori stranieri ed italiani che, dal Settecento, si spinsero in Calabria.
A rappresentare Il Grand Tour, così chiamato, fu scelto Norman Douglas, autore di Old Calabria,  e via via i più antichi visitatori presenti in questa libro.
“J. W. Goethe aveva  scritto: «Molti viaggiatori venivano in Italia solo per vedere delle rovine;  Roma, la capitale del mondo devastata dai barbari, era piena di rovine.”
Da Terremoto in terremoto quel che affascina è  il sublime, il sublime delle rovine.
Al di là e sotto la soglia… come sia possibile la sussistenza in un luogo rovinoso e rovinante!
Una terra sorprendente, diversa. Overture.
Leggo  e non sento solo il profumo del fiore, malgrado la veste elegante e la cura con cui hai trasposto brani e illustrazioni, io ne sento l’indignazione. La percepisco, in una rarefazione che invece di astrarmi mi addolora.
Le Querce sono in fiore. Una Calabria terribile, oscena, quasi, nel suo essere troppo di tutto. Impossibile da educare, da sanare. Come se un male incurabile la attanagliasse, malgrado la bellezza. Il misticismo, il sacro, il diluvio di sensazioni. Questo io leggo da te, ora dialogo con te, Raffaele.
 Loro, i viaggiatori, lo chiamano  pittoresco, io lo chiamo  sconcerto.
Una Calabria che stupisce, che attrae per il selvaggio e misterioso presente nella sua scorza.
Il gioco delle estetiche che già assaporavo  nella romantica lady inglese, tratteggiata da Enrico Montesano,  scrive per noi il pittoresco che siamo. “situazioni tra spaesamento e vertigine” Molto pittoresco!
“ In quest’impalpabile, tenue déborde, in questo rifiuto di una natura addomestica” e debordiamo pure…
Come se tu avessi in mano una lente d’ingrandimento e con questa  allargassi  gli scritti restringendoli sul territorio natio, ed ecco  il borgo appare.
Terribilis locus est iste? Anche ora, anche ora. Sorridendo scrivo di vascelli e postali “un’esperienza di confine tra etica e naufragio della ragione.”  Un luogo periferia della periferia, che, già dopo Napoli, Africa è, Un luogo isolato nello spazio angusto di una geografia mentale fanatica e supponente, ora come allora, governata da pochissimi feudatari, ora come allora.
Dalla fine del settecento all'ottocento romantico ed ossianico i viaggiatori descriveranno prati  verdi e colline in fiore, una natura a volte madre a volte matrigna, mare azzurro e tempeste, malattie e tuguri, nello sciupio di esistenze lasciate nell'incuria di chi avrebbe dovuto averne cura. Senza cura.  Incurato e incurabile…  trascinerà la malaria fino ai nostri giorni.
Un sud mancante, senza strade se non l’antica  Via Popilia dei Romani, tratturi e viottoli poco sicuri. Giustificato dunque fare testamento prima di partire per il sud, o per Napoli
 De Saint-Non  a tutti gli altri… scorrono.
   Il reverendo Brian Hill  nel 1792 “Desidererei che la gente fosse meno curiosa, giacché indugiano a guardarci dietro una finestra che comunica con la casa. Abbiamo scoperto un posto vicino alla cappella dove c’è della calce e lì abbiamo acceso il fuoco per preparare il cibo. Ghiaccio all'alba. Freddo. Temperatura 5 gradi. Le querce sono in fiore.”
Giuseppe Maria Galanti descrive il modo in cui “La moneta è scarsa. L’interesse del mutuo è dell’8%, e la circostanza della miseria è tale che quest’interessi per mancanza di mezzi da soddisfarli si accumulano sugli anni successivi, per cui producono lo sterminio di molte famiglie.”
Armido Cario  nel suo libro “La Calabria del Settecento” scritto con Armando Orlando, riporta la analisi lucida del Galanti, che se da un lato incrociava la “coltura di spirito” di alcune famiglie a Catanzaro, Monteleone, Tropea, Reggio e Maida, dall'altro evidenziava lo stato di noncuranza di quelle stesse famiglie e degli amministratori verso il territorio abitato e i suoi abitanti («I Calabresi sono vivi ed elastici, e sono divenuti facinorosi per essere mal governati»).
Ripeto con Armido  il concetto di abitare un territorio e di mettere un abito ad un territorio, perché credo che sia lo snodo per comprendere come sia “l’abito” importante per una dignità umana. Un abito lasciato sguarnito in questo sud, sia dalle famiglie colte che dalle famiglie ricche, che poi i due aggettivi viaggiavano insieme, un abito dimesso ed elemosinante il tozzo di pane, le briciole, affinché il popolo fosse sempre facilmente ricattabile. Elemosinante.
Il Galanti porterà rendiconto alla corte del re di Napoli e nessuno leggerà…
Un feudalesimo mai finito. Con balzelli e demani, con proprietà della Curia Vescovile, con servitù mai eliminate.
Fra pregiudizio e analisi seria i racconti sono lo specchio di un non finito che da sempre è la dannazione di vivere qui, un incedere nelle paludi di un feticismo arcaico e di  una viltà nata dalla costrizione e dalla necessità.
Lo scorrere di racconti su racconti acuisce lo sbalanco, la vertigine, il senso doloroso di vivere nel vuoto precipitare e nella perfida voglia di imbrogliare qualsiasi forestiero, oppure di blandirlo perché potrebbe  esser utile.
Nella noia e nel disprezzo verso ciò che appartiene a tutti, le menti più eccelse declinano il latinorum, era questa l’impressione di Giorgio Bocca, nel suo Inferno.
 "Alla Grande" era la scritta sui muri di Capizzaglie,  come ora,   nel nostro inferno, solo nel ricordo bellissimo, malgrado la palude da bonificare,  un mare  avvelenato e una terra sporcata dai rifiuti di mezza Europa. 

Unica locanda sembra essere Il Fondaco del Fico ed unico luogo più o meno colto era Maida… più o meno, così da Didier,  Dumas e gli altri
L’ideale stessa della sporcizia.
 Lenormant intanto fa  un riepilogo  che non è più un diario ma una risalita storica fino agli Enotri.
Una risalita lunga.  Lenormant se ne accorge  e scrive “Temo di aver abusato della pazienza del lettore e di averlo stancato. Tuttavia, la ricerca alla quale ci siamo dedicati, ci ha dato l’occasione di passare in rassegna qualche fatto storico non privo d’interesse.”
E ritorniamo al 1940, dopo la bonifica dalla malaria
 La bonifica e nuovi paesi. San Pietro a Maida Scalo.  Imposti dall’alto e vuoti per molto tempo. Disabitati. Non riconosciuti.
Che il silenzio sia sublime solo nella disperazione di un dolore muto…
E Giuliano Santoro aggiunge “Lamezia è un posto stranissimo, nato dall'unificazione dei paesi di Nicastro, Sambiase e Sant'Eufemia. È uno dei luoghi topici dell’immaginario del disastro calabrese.” Su due piedi. Camminando per un mese attraverso la Calabria
 Termini così questa raccolta di scritti, una sistemazione di autori che altrimenti sarebbero dispersi, nella perdita continua di conoscenze.
Se ti eri riproposto altro non so, io vi ho letto questo silenzio e lo stesso difficile incedere nei sentieri ancora ostici e poco praticabili di una Calabria straniera ai suoi stessi abitanti, quella amnesia dei luoghi che tanto ci priva di occhi per vedere.
Leggo con mestizia, con grande compassione anche verso me stessa,  una appartenenza ad un luogo così difficile, nella consapevolezza  che anche queste mie stringate parole possano essere derise da lettori acculturati e felicemente non dissimili dai loro progenitori qui ben rappresentati e descritti.
Ci  salva solo la stima che si ha  per pochissimi, e solo  per quelle eccezioni che si intravedono in ogni epoca storica ed in ogni luogo e che danno il respiro per poter continuare ad aver voglia di scrivere nelle macerie e sulle macerie che si perpetuano.
Nel viaggio da Goethe a noi sulle rovine.
Le querce sono in fiore, un profumo che veleno è.
                                                                                                                              Ippolita Luzzo



sabato 9 maggio 2015

Confidenze


10 marzo 2011

Le confidenze (le orecchie d’asino)

Fra donne viene sempre prima o poi, all'improvviso, il momento delle confidenze, segrete, indicibili, irraccontabili, ma proprio perché fatte, dette ad una persona, voce del sen fuggita, difficilmente riacciuffabili. La confidenza, non necessariamente fatta ad un’amica, può essere a chiunque, in quel momento di vulnerabilità, di permeabilità, ti passi accanto e tu parli, come in trance, racconti spezzoni di una vita passata le cui schegge sono sempre lì.
Poi confidi nella buona sorte, nella discrezione, nella onestà dell’orecchio al quale hai detto, e io  mi ricordo la storia del re con le orecchie d’asino. Lui, il re, nascoste le orecchie ai sudditi con un turbante, ebbe bisogno del barbiere e gli intimò di tacere  pena la morte. Il barbiere mantenne il silenzio ma un giorno, solo, presso il corso di un fiume scavò una buca e lì gridò – Il re ha le orecchie d’asino – Ricoprì la buca. Nacque su quel terreno un bel canneto e allo stormire del vento le canne riportarono nell'aria  - Il re ha le orecchie d’asino - .Confidenze fatte così, per essere poi lasciate stormire al vento della nostra stupida ma irrinunciabile socialità.
Confidenze su uomini indegni, sono sempre indegni loro, sembra un timbro di via, un passaporto falsificato ma valido per tutti, confidenze di donne su uomini – che lasciano le moglie - che ritornano dopo tanti anni, dopo aver trascorso tanti anni con un’altra.

- L’altra che aspetta nascosta, di sbieco, crede di essere amata, di amare. Uomini che ritornano e donne dimenticate, cancellate per sempre-

Confidenze, solo confidenze. Brusio indistinto di solitudini.

Confidenze da donna a donna. Un muro di gomma, una palla rimbalzante.

Si dice col tempo che è solo uno sfogo, niente di personale.  

Ippolita Luzzo 


martedì 5 maggio 2015

Diario di rondine- Amélie Nothomb


Consiglio ai killer Foffo e Prato e a chi sapeva e sono andati via di leggere eccitandosi.
In questo racconto un killer uccide, uccide con eccitazione. Continua ad uccidere fino a che un giorno, dopo aver ucciso, ruba un diario. Un diario che lo distruggerà. Qui si trova rapito, rinchiuso, da chi vorrebbe il diario. 
Leggiamo i suoi pensieri sincopatici, mentre si trova dall'altra parte, dalla parte di chi subirà la violenza. 
"Ti risvegli al buio nella più assoluta incoscienza. Dove sono, Che cosa è successo? Per un istante la memoria è cancellata…
Capisci solo una cosa, e tanto più intensamente dal momento che è il tuo unico bagaglio. Sei vivo. Più di così non lo sei mai stato. Sei vivo e basta. In che cosa consiste la vita all'interno di questa frazione di secondo in cui hai il raro privilegio di non avere identità?
In questo: hai paura.
… poi riparte il tran-tran
Passiamo il nostro tempo a lottare contro il terrore della vita. Per tentare di sfuggirgli inventiamo definizioni: mi chiamo tizio, sgobbo per conto di Caio, il mio lavoro consiste nel fare questo e quello.”
Io non ho un lavoro.  “Sotterranea, l’angoscia avanza con il suo lavoro di trincea. La sua voce non si può completamente imbavagliare. Credi di chiamarti tizio… ma al risveglio niente di tutto ciò esisteva. E può darsi che davvero non esista”
“Diario di rondine” che non riesco a restituire alla biblioteca comunale.
I Radiohead, gli ultimi tre album che io non conosco. Il protagonista ascolta e riascolta loro
Difficile liberarsi di qualcosa che uno ha scambiato per una liberazione.  Amnesiac, Kid A, Hail to the Thief.
L’anima è il cervello: niente altro che grasso e il rapporto umano di una povertà patetica. L’incontro  non è più niente

Nel diario della vittima incontra il freddo. E la rondine entra in casa sua. E lui mangia il diario di rondine.

lunedì 4 maggio 2015

La Favola della gabbietta inaugura il Maggio Dei Libri 2015 a Lamezia Terme

Al Maggio dei Libri 2015 a Lamezia Terme Mercoledì ore 18, 30 inizia il maggio con La Favola della Gabbietta
La mia favola 

MAGGIO DEI LIBRI 2015
Ippolita Luzzo presenta La Favola della Gabbietta
Riflessioni sui meccanismi immaginativi nell'epoca del web
Con la presenza e la testimonianza  di Gianni Caruso, che, per noi, sempre qui è.
La nostra favola con l’immaginario non è mai finita.
Dal web alla realtà uguale è.
Nel giorno in cui Gianni Caruso è andato via due anni fa, La Favola della Gabbietta, di cui lui lesse le prime riflessioni, invitandomi a continuare, viene ora presentata qui.
Il caso non è mai per caso.
Con Gianni, amico dal liceo, parlavo raramente, ma era sempre un ritrovarsi. Come al liceo.
Così scrissi sul suo libro, che lui mi regalò con affetto, aspettandosi mie riflessioni, così io leggevo a lui quel che scrivevo ricevendo suoi incoraggiamenti.
Se scrivo e se parlo è perché lui mi incoraggia, e perché la stima non finisce, il rispetto e l’amicizia vivono sempre.  Sono la nostra ricchezza.
La Favola della gabbietta non è da vendere
La nostra favola è


La nostra favola
C'era una volta
un bianco castello fatato,
un grande mago
l'aveva stregato per noi.
tu eri la mia regina
ed io il tuo re.
E per noi
il tempo si fermerà,
tu sarai sempre regina
ed io il tuo re.