Non seguire il mondo come va di Michela Marzano lo dedichiamo a Bernard Maris, morto nella sede di Charlie Hebdo insieme ad altre undici persone, giornalisti e redazione, segretarie e due poliziotti.
"Dodici i morti, tra i quali il direttore Stéphane Charbonnier, detto Charb, e diversi collaboratori storici del periodico (Cabu, Tignous, Georges Wolinski, Honoré), due poliziotti e numerosi feriti"
Lui era passato per caso, saltuariamente si occupava della rubrica economica come Oncle Bernard.
Un economista con idee personali: reddito minimo di esistenza.
Non seguiva il mondo come va, Maris, ecco perchè sta qui con noi, stasera, oggi, che ci leghiamo.
Leghiamo stretti i nostri principi, leghiamo uno con l'altro, e ci leghiamo,con il coraggio di non farci precipitare nel fiume al seguito di idee fasulle.
Remo Bodei, riportato da Michela a pag 2212 " Ciascuno di noi è il risultato di un'ininterrotta sequenza di viventi" che vogliono interrompere, caro Bodei.
Lo scemo contrapporre i giovani ai vecchi e il vecchio al nuovo, gli slogan di mettere o non mettere la faccia, "che a me vien da dire ma che la mettano dove vogliono, visto che sta per tutti allo stesso posto, sul collo," ed ignorare che il problema sia quello di illudersi che si possa decidere senza informarsi, da Einaudi" che anche in politica per deliberare bisogna prima conoscere"
Con Aristotele si ribadisce importanza del ragionamento perchè la scelta non è mai senza intelletto e senza pensiero. Azione è esito di una scelta, scelta che si può fare con ragione e necessità. da Leucippo, quinto secolo.
Necessario è scegliere quale panino mangiare, bersi o no una birra, infilarsi dentro abiti scomodi e seguire la moda del gruppo, trascorrere una domenica soli oppure stare insieme anche se con sconosciuti. Scegliere ogni giorno cosa vogliamo fare della nostra vita implica coraggio, implica conoscenza e voglia di mettere il mobilio che più piace alla nostra casa che siano giochi, colori e cucina, ma che siano nostri. Così uguale in politica, altra disciplina sconosciuta ormai, scegliere si può.
Come ha fatto Letta che oggi si è dimesso dal Parlamento
lunedì 20 aprile 2015
Lego: Michele Volpicella e Domenico Pileggi
A Domenico piacciono
i mattoncini come piacciono a Michele Volpicella
Conosco i paesi di Michele, fatti con tanti mattoncini Lego,
alla mostra a Cosenza.
Era una domenica mattina ed insieme a sorella e cugina siamo entrate per curiosare. Siamo rimaste a lungo, poi uscite con in mano le sciarpe di Lodola e negli occhi le meraviglie di Michele, che io avrei comprato tutte.
Era una domenica mattina ed insieme a sorella e cugina siamo entrate per curiosare. Siamo rimaste a lungo, poi uscite con in mano le sciarpe di Lodola e negli occhi le meraviglie di Michele, che io avrei comprato tutte.
Paesi ricostruiti pezzo per pezzo, rifatti, come se fosse
possibile, come solo nel mondo dell’arte è possibile:Essere custodi di un territorio.
Michele Volpicella ha poetica e architettura,
disegno e geografia di luoghi. Ha i Sassi di Matera nelle mani.
“Presentato a Matera, lunedì 29 dicembre2015, presso la Galleria Opera Arte e Arti, il
progetto realizzato dall’artista in collaborazione con la
“Lego”, produttore di giocattoli danese, famoso per la sua linea di mattoncini
assemblabili: La casa del custode dei mattoncini. Sulla base
di una serie di lavori del Maestro è stata realizzata, nei laboratori
dell’azienda e firmata dal capo-progetto Jeff Denoyell, una riproduzione
tridimensionale “Lego”, ispirata nella tematica ai Sassi di Matera, patrimonio
Unesco e nuova Capitale Europea della Cultura 2019.” Una scheda questa.
Mi riprometto di
scrivere molto di più su questo fascinoso modo di reificare le case, i sassi,
gli archi, sui colori e sul modo in cui lui, l’artista, poi riponga le sue
opere, offrendole composte e protette da uno sguardo che non possa sporcare.
Oggi però scrivo sotto l’urgenza del caso che mi fa
incontrare il piccolo Domenico Pileggi, di sei anni, la sua mamma e la maestra,
i compagni di scuola. Una prima elementare.
Domenico ha i mattoncini nella sua testa. Vuole costruire
una realtà fatta di mattoncini Lego. Il cinema
La scuola
e poi scarpe, orecchini, anelli, spille, con mattoncini.Fa questo e vuole sempre più mattoncini, sempre più complessi, per costruire tanto. Entusiasta, ha già un suo ordine in testa, come tutti, come ognuno di noi, se siamo liberi. Giustamente fiere di lui mamma e maestra annuiscono.
Non esiste in Calabria una sezione della Lego, lo faremo
sapere, così come vorremo vedere negli occhi di ogni bambino la stessa felicità
di Domenico fra i suoi mattoni.
Con il sorriso neo metafisico, dicono gli esperti, di Michele...
Con il sorriso neo metafisico, dicono gli esperti, di Michele...
Il cielo blu che non c'è più
Il Cielo blu che non c’è più
Aprile 2015
Nel 1966, con fondi della Cassa per Il Mezzogiorno, decidono, i geni della politica ambientale, di sbarrare il corso del fiume Angitola nel territorio di Monterosso e
Maierato, ora provincia di Vibo Valentia
Passano gli anni, la diga dà origine ad una oasi
naturalistica del lago dell’Angitola, una delle riserve più importanti del Mediterraneo.
“ Il lago fu creato artificialmente nel 1966 sul vecchio
alveo del fiume Angitola, che nasce a Capistrano, dal Reschia, proveniente da
S. Nicola e dal torrente Nia, che attraversa Maierato. Situato nel territorio
di Maierato, lungo il corso del fiume Angitola, il lago si trova all’estremità
meridionale della Piana di Sant’ Eufemia. Il territorio dell'oasi ricade, nei
comuni di Francavilla Angitola, Maierato, Monterosso Calabro, Pizzo Calabro e Polia.
Fu vincolato come oasi con D.P.G.R. n. 557 del 12/05/1975. Attualmente la
gestione dell'oasi è affidata al WWF Italia”
Da Strill
Mercoledì 17 Febbraio 2010
“Maierato (VV): abbassato livello dell’acqua della diga dell’Angitola
E’ stato abbassato, nel corso della notte, il livello
dell’acqua della diga dell’Angitola, che si trova a circa tre chilometri da
Maierato, il paese evacuato completamente ieri mattina per una frana.”
De Nisi, Presidente della provincia di Vibo, allerta il Consorzio di bonifica affinché
intervenga per impedire il fenomeno”
Ora pro nobis
Da allora il nostro cielo non fu più blu, di mattina.
Invidiosi delle nostre terse giornate, i Numi si
apprestarono a cancellare quello che era di tutti, il cielo, l’aria, e impegnano, ancora ora, soldi e lavori per cancellarne il ricordo, per annientare le nostre risorse.
Ora arriva la discarica più grande d'Europa... pardon la seconda.
La faranno bellissima
Meglio il lago e la diga. Morire di nebbia meglio è
domenica 19 aprile 2015
Civiltà e imperi del mediterraneo- Braudel oggi
Civiltà e imperi
Storia e popoli. Un minuto di silenzio.
Un grande cimitero il mar Mediterraneo.
Un mondo pieno di traffici, di tensioni e scambi, secondo Braudel, viveva sulle rive del Mar Mediterraneo.
Seguendo il suo metodo cercherò di guardare in tre momenti diversi: La storia lenta, la storia ritmata e la storia secondo la dimensione dell'individuo.
Accrescere informazione significa spostare e rompere i vecchi problemi, incontrarne nuovi dalle soluzioni incerte. Braudel
" Il Mediterraneo è duplice. Le due scene, le penisole e il mare che le bagna, fanno di questo mare un complesso di mari."
Una tomba, uno sterminato inferno dove i pescecani mangiano uomini che scappano da luoghi altrettanto miseri e violenti.
Mi sforzo di guardare alla storia lenta, quasi immobile, di lunghi imperi e dominanze, mi sforzo di leggere gli altrettanti avvenimenti ritmici di una storia veloce fatta di sommovimenti e cambi, ed infine mi ritrovo con in mano solo una pagina con su scritto il destino individuale di settecento uomini naufragati in mare.
Un naufragio di popoli, di civiltà e di imperi.
Se leggiamo questi due volumi che Braudel dedica al nostro Mediterraneo forse nessuno poi troverà ardire a fare post di qualsivoglia specie su questo continuo flusso di morti e di arrivi, di invasioni e di fughe, in una guerra senza fine che ci vedrà sconfitti, insieme.
Nella storia di sempre, nel Mediterraneo, in cui sulle stesse sponde furono trucidati a Cipro e uccisi a Tessalonica, in cui Albanesi si sfracellavano sulle coste dell'Adriatico, ora leggiamo queste pagine di una guerra fatta a colpi di annegati.
La guerra, non riconosciuta, di annegati contro un'Italia isolata e scomposta.
e con un poeta somalo trasformiamo un destino di tanti nel nostro destino
Storia e popoli. Un minuto di silenzio.
Un grande cimitero il mar Mediterraneo.
Un mondo pieno di traffici, di tensioni e scambi, secondo Braudel, viveva sulle rive del Mar Mediterraneo.
Seguendo il suo metodo cercherò di guardare in tre momenti diversi: La storia lenta, la storia ritmata e la storia secondo la dimensione dell'individuo.
Accrescere informazione significa spostare e rompere i vecchi problemi, incontrarne nuovi dalle soluzioni incerte. Braudel
" Il Mediterraneo è duplice. Le due scene, le penisole e il mare che le bagna, fanno di questo mare un complesso di mari."
Una tomba, uno sterminato inferno dove i pescecani mangiano uomini che scappano da luoghi altrettanto miseri e violenti.
Mi sforzo di guardare alla storia lenta, quasi immobile, di lunghi imperi e dominanze, mi sforzo di leggere gli altrettanti avvenimenti ritmici di una storia veloce fatta di sommovimenti e cambi, ed infine mi ritrovo con in mano solo una pagina con su scritto il destino individuale di settecento uomini naufragati in mare.
Un naufragio di popoli, di civiltà e di imperi.
Se leggiamo questi due volumi che Braudel dedica al nostro Mediterraneo forse nessuno poi troverà ardire a fare post di qualsivoglia specie su questo continuo flusso di morti e di arrivi, di invasioni e di fughe, in una guerra senza fine che ci vedrà sconfitti, insieme.
Nella storia di sempre, nel Mediterraneo, in cui sulle stesse sponde furono trucidati a Cipro e uccisi a Tessalonica, in cui Albanesi si sfracellavano sulle coste dell'Adriatico, ora leggiamo queste pagine di una guerra fatta a colpi di annegati.
La guerra, non riconosciuta, di annegati contro un'Italia isolata e scomposta.
e con un poeta somalo trasformiamo un destino di tanti nel nostro destino
sabato 18 aprile 2015
Bartali e Beha al Sabato del Villaggio
Arrivo in teatro ancora vuoto, sono in anticipo di un'ora, prima che inizi a parlare Oliviero Beha di Gino Bartali.
Due uomini con carattere, diversi fra diversi, per caratteraccio.
Bartali, un carattere generoso, Beha, estremamente viscerale e polemico verso tutte le sciocchezze che impediscono lo svelamento di ipocrisie. Sarà di sicuro una serata che non scorderò- mi appunto.
Oliviero Beha e i diversi. Il cattivo carattere che è personalità. Via dalla Repubblica, rompeva un po', ora sul Fatto Quotidiano e poi anche su Tiscali.
Ci fu un giorno in cui io ed Oliviero Beha siamo apparsi sulla stessa pagina Tiscali, Socialnews, entrambi come blogger. Una staorzante sensazione.
Una sola volta è per sempre.
Fra diversi, nel mondo dei giornalisti veri, io, da semplice lettrice di pagine che so a memoria.
Con la stessa impazienza, con cui ho sempre aspettato ogni articolo dei miei giornalisti di riferimento, attendo stasera e, per puro caso, lo incontro sulle scale.
Raffaele Gaetano me lo presenta e mi informo del suo ginocchio, dell'intervento subito da poco tempo, come due amici che si ritrovano.
Inizia
Siamo invasi da ciò che non va, sappiamo tutto il male che succede, ma non sappiamo nulla sul bene. Cosa sia il bene, esiste il bene, ci saranno pur tante persone che vivono nel bene, che vogliono il bene. Nessuno ne parla.- inizia così.
Ho quindi voluto raccontare di Bartali, che fa azione disinteressata, di aiuto verso gli ebrei, durante la seconda guerra mondiale, una pericolosa corsa in bicicletta, contenendo documenti, da Firenze a Cesena, andata e ritorno in un solo giorno, azione fatta come un dono. Ha donato la sua abilità per una causa di umanità.
Stendhal diceva che dei romanzi non ricordiamo la trama ma il carattere dei personaggi e così io ho voluto ricostruire il personaggio di Bartali, che in realtà non raccontò quello che aveva fatto, perché tutti possano immedesimarsi in un personaggio positivo e desiderare di esser come lui. Un esempio.- dice Beha.
Trascrivo veloce solo alcuni passaggi. Io solo appunti prendo, ed ora vedo, visualizzo quel segno della croce che Bartali si fa sul podio, dopo aver vinto il Tour de France in epoca fascista.
Un Bartali religioso, non baciapile, lontano da qualsiasi potere, un uomo libero, che a riguardo di Coppi ebbe a dire:- La differenza fra me e lui è che lui è democristiano ed io sono cristiano!-
Visualizzo ogni parola di Beha e sono con lui nei luoghi in cui ha vissuto Bartali perchè i luoghi parlano, gli oggetti parlano, i cimiteri parlano, in un animismo che non abbiamo mai perso se sappiamo vederlo e sentirlo.
Soffia l'interesse nel meme della comunicazione fra cose, natura e uomini e rintracciamo le tracce di chi passò, di chi c'è stato. Orme sul terreno.
Se non sappiamo chi siamo non possiamo decidere dove andare, e ripenso a Totò, per andare dove dobbiamo andare...
per progettare dobbiamo conoscere chi siamo.
E mentre Oliviero Beha qualifica come spazzatura una televisione che io non vedo da decenni, tanto da non conoscere la giornalista che verrà la prossima volta, mi dicono di Porta a Porta, altra aberrazione da cancellare... lui se ne esce con questa splendida frase sull'allegria.
Abbiamo bisogno di allegria.
Come in Cile, ricordi Beha? si vinse con L'allegria.
L'allegria che viene
ed ora facciamo suonare a De Vito una musica che ci porti via dal piattume e dallo sfascio.
Oltre suona questo ragazzo, che ci dona la sua abilità.
In armonia, per ritrovare quell'equilibrio che impedisca al piano inclinato di farci scivolare sempre più giù, in una disfatta storica che dalla seconda guerra mondiale portiamo come una croce, scende il rispetto che dobbiamo a noi stessi. Da Beha a noi, da Simenon a Mankell.
Due uomini con carattere, diversi fra diversi, per caratteraccio.
Bartali, un carattere generoso, Beha, estremamente viscerale e polemico verso tutte le sciocchezze che impediscono lo svelamento di ipocrisie. Sarà di sicuro una serata che non scorderò- mi appunto.
Oliviero Beha e i diversi. Il cattivo carattere che è personalità. Via dalla Repubblica, rompeva un po', ora sul Fatto Quotidiano e poi anche su Tiscali.
Ci fu un giorno in cui io ed Oliviero Beha siamo apparsi sulla stessa pagina Tiscali, Socialnews, entrambi come blogger. Una staorzante sensazione.
Una sola volta è per sempre.
Fra diversi, nel mondo dei giornalisti veri, io, da semplice lettrice di pagine che so a memoria.
Con la stessa impazienza, con cui ho sempre aspettato ogni articolo dei miei giornalisti di riferimento, attendo stasera e, per puro caso, lo incontro sulle scale.
Raffaele Gaetano me lo presenta e mi informo del suo ginocchio, dell'intervento subito da poco tempo, come due amici che si ritrovano.
Inizia
Siamo invasi da ciò che non va, sappiamo tutto il male che succede, ma non sappiamo nulla sul bene. Cosa sia il bene, esiste il bene, ci saranno pur tante persone che vivono nel bene, che vogliono il bene. Nessuno ne parla.- inizia così.
Ho quindi voluto raccontare di Bartali, che fa azione disinteressata, di aiuto verso gli ebrei, durante la seconda guerra mondiale, una pericolosa corsa in bicicletta, contenendo documenti, da Firenze a Cesena, andata e ritorno in un solo giorno, azione fatta come un dono. Ha donato la sua abilità per una causa di umanità.
Stendhal diceva che dei romanzi non ricordiamo la trama ma il carattere dei personaggi e così io ho voluto ricostruire il personaggio di Bartali, che in realtà non raccontò quello che aveva fatto, perché tutti possano immedesimarsi in un personaggio positivo e desiderare di esser come lui. Un esempio.- dice Beha.
Trascrivo veloce solo alcuni passaggi. Io solo appunti prendo, ed ora vedo, visualizzo quel segno della croce che Bartali si fa sul podio, dopo aver vinto il Tour de France in epoca fascista.
Un Bartali religioso, non baciapile, lontano da qualsiasi potere, un uomo libero, che a riguardo di Coppi ebbe a dire:- La differenza fra me e lui è che lui è democristiano ed io sono cristiano!-
Visualizzo ogni parola di Beha e sono con lui nei luoghi in cui ha vissuto Bartali perchè i luoghi parlano, gli oggetti parlano, i cimiteri parlano, in un animismo che non abbiamo mai perso se sappiamo vederlo e sentirlo.
Soffia l'interesse nel meme della comunicazione fra cose, natura e uomini e rintracciamo le tracce di chi passò, di chi c'è stato. Orme sul terreno.
Se non sappiamo chi siamo non possiamo decidere dove andare, e ripenso a Totò, per andare dove dobbiamo andare...
per progettare dobbiamo conoscere chi siamo.
E mentre Oliviero Beha qualifica come spazzatura una televisione che io non vedo da decenni, tanto da non conoscere la giornalista che verrà la prossima volta, mi dicono di Porta a Porta, altra aberrazione da cancellare... lui se ne esce con questa splendida frase sull'allegria.
Abbiamo bisogno di allegria.
Come in Cile, ricordi Beha? si vinse con L'allegria.
L'allegria che viene
ed ora facciamo suonare a De Vito una musica che ci porti via dal piattume e dallo sfascio.
Oltre suona questo ragazzo, che ci dona la sua abilità.
In armonia, per ritrovare quell'equilibrio che impedisca al piano inclinato di farci scivolare sempre più giù, in una disfatta storica che dalla seconda guerra mondiale portiamo come una croce, scende il rispetto che dobbiamo a noi stessi. Da Beha a noi, da Simenon a Mankell.
Corso di Dizione. Dal calabro all'italiano
Da una idea
di PierLuigi Fragale nella fattualità di Mario Maruca
Corso di
dizione dal portone in stile georgiano di Piazza Felice Sacchi, Lamezia Terme
Impariamo a
pronunciare le parole
Lascio o
raddoppio?
Il suono del
sud piange sempre, lo sai?
La cadenza
al raddoppio, alle tragedie sempre imminenti, alle vocali troppo aperte e le
cadute di tono…
Saranno
questi gli argomenti del corso, in seguito.
Ora Mario, attore di teatro e maestro di dizione, sta domandando a tutti noi quale sia la motivazione che ci ha spinto ad iscriverci al corso.
Ora Mario, attore di teatro e maestro di dizione, sta domandando a tutti noi quale sia la motivazione che ci ha spinto ad iscriverci al corso.
Elena,
Lucia, Miriam, Alessandro, Luca, Andrea e noi tutti…
Le risposte:-
Lo faccio per un motivo professionale e personale. Lavoro per una grande
azienda- dice la ragazza, ed io sono calamitata dalla sua capiente borsa
Lo faccio perché
non tollero la cadenza del calabrese in televisione- dice una simpatica signora
con ricci lunghi e biondi
Lo faccio perché
mi piacerebbe saper comunicare emozioni ai miei allievi- Miriam
Lo faccio perché
chi è sicuro del dire è già padrone di sé stesso e del suo interlocutore,- da Luca, riassumendo, e che poi completa- con umiltà. Bisogna essere sempre preparati e conoscere bene l'argomento di cui si parla.-
Mario,
intanto parla a tempo. Dà il ritmo alla parola.
Usa lo
strumento musicale in suo possesso, in nostro possesso, e lo suona a tempo.
Sono qui perché non c’è mai
fine al tempo… dice entusiasta il signore al mio fianco, comunicando a tutti
energia e volontà.
Imparare a parlare a tempo.
Imparare a parlare a tempo.
Non importa
cosa dici ma come lo dici, riporta, una signora, frase che, suo marito, un
saggio, le ricorda spesso.
E siamo qui per
imparare il come, per fare esercizi, compiti, e studiare il come
fare pause, rispettare la punteggiatura, dare potenza al suono della parola, perché
giunga chiara alle sinapsi colleganti dell’altro il nostro dire.
Due sono i
concetti: Sottotesto e motivazione
Il pensiero
interiore che si trasferisce nel corpo, sul viso, ed esce dalle labbra, con
muscoli facciali e corde vocali.
Il nostro
ultimo pensiero non è la testa ma il viso, sta dicendo Mario, al termine di un
incontro in cui, noi tutti, personaggi diventammo, per lui o per l’altro, nello
strano viaggio chiamato comunicazione.
Con la
canzone di Adriano Celentano in testa
Se rido se
piango ci sarà un motivo
se penso se canto mi sento più vivo…
Se guardo se sento è perché ci credo
se parlo e ascolto è perché ci vedo…
Se grido più forte è per farmi sentire…
Se penso se dico c'è sempre un motivo
se a volte mi estraneo è perché non approvo
e cerco parole che diano più senso
Se penso e mi sento un po’ più nervoso
è solo un momento che sa di noioso
poi passa poi torna non so come dire
c'è sempre un motivo...per tornare a capire
Fare un corso
se penso se canto mi sento più vivo…
Se guardo se sento è perché ci credo
se parlo e ascolto è perché ci vedo…
Se grido più forte è per farmi sentire…
Se penso se dico c'è sempre un motivo
se a volte mi estraneo è perché non approvo
e cerco parole che diano più senso
Se penso e mi sento un po’ più nervoso
è solo un momento che sa di noioso
poi passa poi torna non so come dire
c'è sempre un motivo...per tornare a capire
Fare un corso
venerdì 17 aprile 2015
La cooperativa Apollo e le rane nello stagno- da Esopo
Il racconto di Esopo e il commento di Fedro per gli abitanti tutti, di cooperative, strade, vicoli e palazzi, per i nostri cittadini, per gli abitanti tutti, di quartieri, paesi, città, regioni e nazioni. Del mondo intero.
Dalla cooperativa Apollo al monte Olimpia.
Esopo
“Le rane, che vagavano libere nelle paludi,
chiesero con grande clamore un re a Giove,
che frenasse con la forza i costumi dissoluti.
Il padre degli dei rise e diede loro
un piccolo bastone, che, lanciato, per l’improvviso
movimento e suono del guado spaventò la pavida specie.
Poiché queste giacevano da tempo immerse nel fango,
casualmente una silenziosamente fa capolino dallo stagno,
e, ispezionato il re, chiama tutte quante.
Quelle, lasciata ogni paura, nuotano a gara verso il re,
e una massa sfacciata salta sopra il bastoncino.
Avendolo disonorato con ogni insulto,
inviarono a Giove delle rane per chiedergli di un altro re,
in quanto quello che era stato dato loro era inutile.
Allora inviò loro un serpente d’acqua che con dente spietato
iniziò ad afferrarle ad una ad una. Incapaci di difendersi, tentano invano di
sfuggire alla morte, la paura toglie la parola.
Allora di nascosto affidano a Mercurio un’ambasceria presso Giove,
perché soccorra le afflitte. Allora il dio in risposta:
“Poiché non avete voluto conservare la vostra fortuna,” disse
“sopportate fino alla fine la disgrazia!”
Anche voi, o concittadini”, disse,
“sopportate questo male, affinché non giunga una disgrazia maggiore”.
Dalla cooperativa Apollo al monte Olimpia.
Esopo
“Le rane, che vagavano libere nelle paludi,
chiesero con grande clamore un re a Giove,
che frenasse con la forza i costumi dissoluti.
Il padre degli dei rise e diede loro
un piccolo bastone, che, lanciato, per l’improvviso
movimento e suono del guado spaventò la pavida specie.
Poiché queste giacevano da tempo immerse nel fango,
casualmente una silenziosamente fa capolino dallo stagno,
e, ispezionato il re, chiama tutte quante.
Quelle, lasciata ogni paura, nuotano a gara verso il re,
e una massa sfacciata salta sopra il bastoncino.
Avendolo disonorato con ogni insulto,
inviarono a Giove delle rane per chiedergli di un altro re,
in quanto quello che era stato dato loro era inutile.
Allora inviò loro un serpente d’acqua che con dente spietato
iniziò ad afferrarle ad una ad una. Incapaci di difendersi, tentano invano di
sfuggire alla morte, la paura toglie la parola.
Allora di nascosto affidano a Mercurio un’ambasceria presso Giove,
perché soccorra le afflitte. Allora il dio in risposta:
“Poiché non avete voluto conservare la vostra fortuna,” disse
“sopportate fino alla fine la disgrazia!”
Anche voi, o concittadini”, disse,
“sopportate questo male, affinché non giunga una disgrazia maggiore”.
e
FEDRO I, 2 -
Quando Atene fioriva con leggi di uguaglianza,
la sfrenata libertà sconvolse la città
e il capriccio infranse l’antica moderazione.
A questo punto, cospirati i partiti delle fazioni politiche,
Pisistrato occupa come tiranno l’Acropoli.
Visto che gli Ateniesi piangevano la triste schiavitù
e dato che avevano iniziato a lamentarsi,
allora Esopo raccontò la seguente favoletta.
la sfrenata libertà sconvolse la città
e il capriccio infranse l’antica moderazione.
A questo punto, cospirati i partiti delle fazioni politiche,
Pisistrato occupa come tiranno l’Acropoli.
Visto che gli Ateniesi piangevano la triste schiavitù
e dato che avevano iniziato a lamentarsi,
allora Esopo raccontò la seguente favoletta.
ed io a loro la ri-racconto
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