venerdì 17 aprile 2015

La cooperativa Apollo e le rane nello stagno- da Esopo

Il racconto di Esopo  e il commento di Fedro per gli abitanti tutti, di cooperative, strade, vicoli e palazzi, per i nostri cittadini, per gli abitanti tutti, di quartieri, paesi, città, regioni e nazioni. Del mondo intero. 
Dalla cooperativa Apollo al monte Olimpia.
Esopo
“Le rane, che vagavano libere nelle paludi,
chiesero con grande clamore un re a Giove,
che frenasse con la forza i costumi dissoluti.
Il padre degli dei rise e diede loro
un piccolo bastone, che, lanciato, per l’improvviso
movimento e suono del guado spaventò la pavida specie.
Poiché queste giacevano da tempo immerse nel fango,
casualmente una silenziosamente fa capolino dallo stagno,
e, ispezionato il re, chiama tutte quante.
Quelle, lasciata ogni paura, nuotano a gara verso il re,
e una massa sfacciata salta sopra il bastoncino.
Avendolo disonorato con ogni insulto,
inviarono a Giove delle rane per chiedergli di un altro re,
in quanto quello che era stato dato loro era inutile.
Allora inviò loro un serpente d’acqua che con dente spietato
iniziò ad afferrarle ad una ad una. Incapaci di difendersi, tentano invano di
sfuggire alla morte, la paura toglie la parola.
Allora di nascosto affidano a Mercurio un’ambasceria presso Giove,
perché soccorra le afflitte. Allora il dio in risposta:
“Poiché non avete voluto conservare la vostra fortuna,” disse
“sopportate fino alla fine la disgrazia!”
Anche voi, o concittadini”, disse,
“sopportate questo male, affinché non giunga una disgrazia maggiore”.

e

FEDRO I, 2 -

Quando Atene fioriva con leggi di uguaglianza,
la sfrenata libertà sconvolse la città
e il capriccio infranse l’antica moderazione.
A questo punto, cospirati i partiti delle fazioni politiche,
Pisistrato occupa come tiranno l’Acropoli.
Visto che gli Ateniesi piangevano la triste schiavitù
 e dato che avevano iniziato a lamentarsi,
allora Esopo raccontò la seguente favoletta.

ed io a loro la ri-racconto

giovedì 16 aprile 2015

In questo blog non vendo pentole e non faccio coperchi



39000 click oggi
Un Blog dove non smalto gatti e non posto unghie, non stiro cappelli, pardon ricomincio,  un blog dove non smalto unghie, non stiro capelli, non posto gatti, cani e cimici, non mi litigo e non dico parolacce, non mi spoglio leccando un nudo e gocciolante naso, non vendo libri e nemmeno compro, non mi esibisco come alla fiera dell’est nelle bancarelle di cianfrusaglie varie.
 Un Blog Non.
 Accetto soltanto un Bancarella, un Campiello, e uno Strega, ad uno ad uno, per carità,  e mentre rido di me e di  tutti, in questo luogo che  non  è un luogo, sono felice di stare con me  e di ringraziare gli sconosciuti che da due anni mi leggono qui, in questo regno che proprio non c’è.
Certo ogni tanto ci provo anche io a tastare un poco la realtà, a dire qualcosa, a frequentare,  ma poi mi accorgo che è molto meglio scrivere sul blog se vedo un film, se leggo un libro, se un quadro è bello, se la chitarra suona accompagnando il mio pensiero.
Musica, Musica questa è la musica del nostro stare qui.
Qui non si vende e non si compra, qui c’è lo scambio e il rispetto, questo è quel regno della fantasia dove ogni cosa al suo posto sta
In questo blog non vendo pentole e non faccio coperchi, mi esercito a vivere a modo mio, per esorcizzare questa realtà.
Se voi leggete, e siete in tanti, almeno per me, io  sono felice.
Grazie di esistere, come cantava Ramazzotti prima che Michelle Hunziker lo abbandonasse.
Mi auguro che voi resterete almeno finché ci starò anche io.

39000 click allo spuntar del sole. 

La Forma minima della felicità


La  Forma minima di felicità o una forma minima? 
Mi sono innamorata, da subito, della copertina di questo libro, o per meglio dire, di lei che mi fissa, di quel viso di bimba severo e scrutante, attento. 
Ho capito solo ora perché. Lei mi fissa e mi copia. Copia lo sguardo dei miei quattro anni.
Mi sono innamorata del libro già alle prime immagini.
 Io leggo visualizzando finestre, strade, palazzi e vi abito per tutto il tempo, non avendo altro luogo da abitare.
Ho così traslocato dalla mia casa a schiera, in cooperativa, in un palazzo condominiale, quello abitato da Luce, la voce narrante del libro.
 Tutto un euro, il negozietto della cinese è diventato il mio negozio e  ho aperto Canale 32, un canale senza tempo, che vende il 15, un anello con la doppia fascia in argento.
Seguo ipnotizzata i numeri  del condominio umano di Luce Martini, la voce narrante.
Il 51 l’appartamento sfitto
“Chi ci abita al 32? Mistero. Otto, una volta abitavo su, una volta abitavamo al 51. Vivo qui da sempre e non ho ancora memorizzato il nome della signora del 30. Chi sono i vicini? Le facce dei vicini a chi corrispondono, chi c’è dietro una faccia?”
Contiamo e corriamo e seguo la corsa della ragazza che Luce vede dalla finestra. 
Tenta anche lei ed esce di casa ma 
“Ventisette, ventotto, ventinove, trenta, trentuno, trentacinque, trentasei, trentasette, cinquantatré, disequilibrio.” Attacco di panico

LE VIE DEL SIGNORE DEL SIGNORE SONO  IN COSTRUZIONE. D’IO


I post-it appiccicati nella bacheca giù, il cartello di affittasi, i messaggi incollati sul calendario, la colla Attack e lei, Bambina, la bimba, figlia di Yuri, fratello di Luce, fissa.

 Bisogna attaccarle subito le cose, altrimenti scivolano.

Il piano inclinato dove scivolano i giorni

OGNUNO  HA IL SUO DESTINO. CHIUNQUE SE NE FOSSE RITROVATI DUE, E’PREGATO DI LASCIARNE UNO  IN PORTINERIA , GRAZIE D’IO

E poi ” Vorrei sapere tutto di te. V.
Pure io, a chi possiamo chiedere? A.”

Potrei continuare a scrivere delle telefonate che Luce fa con la mamma, dialoghi interrotti, scivolano anch'essi sul piano sincopatico della ripetizione, del non detto, dell’abitudine.
Potrei “ leggere attentamente le distruzioni. D’Io”
“Si prega di non parlare a sproposito Si prega di non parlare a proposito Si prega Si prega anche se non si crede Si prega per disperazione Si prega con dubbio Si prega in mancanza di Dio Si prega di far comparire un sostituto Si prega che sia convincente.”
Ho adorato ogni cosa di questo libro, scritto come io vorrei saper fare e non so, e, ferma alla preghiera di non parlare a sproposito, ringrazio l’autrice della fiducia nella mia unica abilità posseduta, il dono della sintesi, augurando al suo libro lettori innamorati come lo sono io.

e questa sono io

fisso uguale?

martedì 14 aprile 2015

Se sguardo non c'è, vedere non si può

Ascoltare Francesco sul senso dei luoghi, rimembrando Vito Teti, e scrivo sorridendo su altre  rimembranze poetiche, è unire letture su letture, alcune condivise, altre no, per disegnare una mappa del territorio comune. Un Bene Comune.
Il luogo in cui, Salita Maruca, abitò mia mamma da ragazza, con le trecce e la sua  energia, è diventato sede di ritrovo per un paesaggio interiore che si  risvegli. Deep South. Profondo Sud.

Francesco cita Marcel Mauss nel " Saggio sul dono" Lo scambio dei beni è uno dei modi più comuni e universali per creare relazioni umane o per creare ponti con il divino
Il dono diventa, secondo Mauss, un fatto sociale totale, vale a dire un aspetto specifico di una cultura che è in relazione con tutti gli altri .
L'autore suppone che il meccanismo del dono si articoli in tre momenti fondamentali basati sul principio della reciprocità:
dare;
ricevere - l'oggetto deve essere accettato;
ricambiare.
Il dono implica una forte dose di libertà."
Forte di questo assioma io spero che venga accettato il mio dono, i miei appunti, scritti per il  puro piacere del dono, per relazione. 

Dalle tante coincidenze con cui inizia la sua chiacchierata fra il familiare, in fondo si trova fra amici, e la divulgazione appassionata, lui cita  Jung ed io in testa ho Il Breve Trattato sulle coincidenze di Domenico Dara, anche lui molto attento al paesaggio e alla Calabria. Luogo di Amnesie. Come mai? Come mai qui ci siamo scordati i luoghi, chi siamo, e scimmiottiamo, per un senso d'inferiorità mai guarito, altri modi di essere? Questa la domanda su cui verte tutto il suo dire.
Come mai gli abitanti di Ievoli non conoscevano le cascate della Fiumarella e passarono dall'orrore allo stupore quando vi furono condotti da Don Giacomo e da Francesco?
Come mai le nove persone di Panetti, frazione di Platania pensavano lontanissima, lassù in montagna, la cascata, lo schioppo, la tiglia, che pur era a dieci minuti? 
Amnesia dei luoghi. Come se una zanzara anofele li avesse punti e fossero precipitati in un coma neurovegetativo topografico. 
Franco Arminio, paesologo e poeta, ritorna sul recupero del senso del sacro e
 «Quasi tutti i giorni vado in giro per i paesi, vado

 a vedere che aria tira, a che punto è la loro salute e la loro

malattia. Vado per vedere un paese, ma alla fine è il paese

che mi vede, mi dice qualcosa di me, che nessuno sa dirmi»

e mentre Francesco legge Octavian Paler noi andiamo via, risvegliati
“A cosa serve il poeta in tempo di povertà?”.. parte da questa domanda Paler, per dire..
“Il vero coraggio della poesia forse non è cantare le piogge quando tutto il mondo le vede,
il vero suo coraggio è di vedere il cielo incendiato e sperare”
Di fronte all'inevitabilità della carestia….
“annuncia alla fortezza, alla terra, che la pioggia esiste,
annuncia agli uomini che hanno il dovere di sperare.”
Che la pioggia esiste. C’è tutto in questa frase.
La pioggia esiste.
Dire, proprio nelle epoche di siccità che “la pioggia esiste”.
Non crederlo come forma di auto consolazione.
Non “benefica illusione”.
No.. ma CREDERE che la pioggia esiste, e farla intravedere, trasmetterla da mente a mente, come un contagio, farla “vedere”
dando ad essa parola, pronunciandola, richiamandola alla via, preannunciandola.
E poi..
“A cosa serve il poeta, in tempo di siccità?
Per cantare le piogge proprio allora,”
Proprio allora. Non a raccontare di future morti. Non accordarsi al coro di chi prepara le bare.
Non essere delle razza dei corvi neri.
E’ adesso che devi credere nella pioggia, proprio perché c’è la siccità.
Ed è adesso che devi parlare di lei, proprio perché si è persa ogni speranza.
Ed è adesso che devi mettere la mano sul fuoco, perché il coraggio è una sfida al buio.
Ma dire “il poeta” è restrittivo.
Non me ne frega nulla se sei “poeta”.
Ma ti chiedo di non essere tra le vecchie stitiche,
di non giocare al pallottoliere coi cadaveri,
di non farmi “l’elogio dell’impotenza”.
Di ricordare che “la pioggia esiste”.

Vi lascio a “Lettera al Signor Holderlin” di Octavian Paler

lunedì 13 aprile 2015

Il Mea culpa e le briciole

Il Mea Culpa e le briciole

Una settimana, questa,  con gli studenti delle scuole primarie e secondarie del circondario sotto il patrocinio del Comune presso sala polivalente del Sistema bibliotecario lametino, che termina con pranzo di beneficenza, domenica 19 aprile.
Gentilissima, Luigia Iuliano, volontaria,  responsabile del AVSI di Lamezia, e ricercatrice presso Regione Calabria come suo lavoro, mi fa vedere i video in cui La Povertà è isolamento e solitudine.

Malnutrizione è Non sapersi nutrire.
Dalle favelas brasiliane ai campi dell’Ecuador, del Kenya
Stanno dicendo che povertà è mancanza di relazione, che nutrizione è mancanza di educazione. Una mancanza terribile. Dicono i volontari di sentirsi ricattati dalla situazione che  trovano davanti.
 Lavorano per creare fiducia, abbracci e bellezza, e portano  testimonianza di come sguardo comprensivo abbia aiutato più di tanta offerta di cibo.
Nella mia giudicante irritazione verso una storia che ha sfruttato e impoverito popoli dignitosi fino a farli diventare elemosinanti esseri  di briciole, il compito di  fondazioni, che lavorano per casi umani di abiezione e di emarginazione totale,  mi sembra veramente inane.
Non sarà così e mi auguro che la storia, con  un  capitombolo, possa un giorno mettere  fine alla  parola povertà.
 Mancanza, vuol dire.



Dal sito della fondazione:
“La Fondazione AVSI è una organizzazione non governativa, ONLUS, nata nel 1972 e impegnata con oltre 136 progetti di cooperazione allo sviluppo in 30 paesi del mondo di Africa, America Latina e Caraibi, Est Europa, Medio Oriente, Asia.
AVSI opera nei settori socio-educativo, sviluppo urbano, sanità, lavoro, agricoltura, sicurezza alimentare e acqua, energia e ambiente, emergenza umanitaria e migrazioni, raggiungendo più di 4.000.000 beneficiari diretti. 
La sua missione è promuovere la dignità della persona attraverso attività di cooperazione allo sviluppo con particolare attenzione all’educazione, nel solco dell’insegnamento della Dottrina Sociale Cattolica.
Lo staff AVSI è composto da circa 1.400 persone che lavorano in queste attività. Una rete di circa 1.000 volontari in Italia, coinvolta in attività di sensibilizzazione e fundraising a favore di AVSI, incontra in un anno circa 400.000 persone.

Nel 2013, AVSI ha ricevuto contributi per un importo complessivo di circa 27 milioni di euro metà da donatori istituzionali e metà da privati. La raccolta complessiva da parte del sistema AVSI nel mondo ammonta a più 45 milioni di euro. Tra i suoi principali donatori istituzionali figurano il Ministero degli Esteri Italiano, l’Unione Europea, USAID, la FAO, l’UNICEF, la Banca Mondiale. AVSI è riconosciuta dal 1973 dal Ministero degli Esteri Italiano come organizzazione non governativa di cooperazione internazionale (ONG). Gode inoltre dello Status Consultivo Generale presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC). E’ accreditata anche presso Unicef, l’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti (Usaid) e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo dell’Industria di Vienna (Unido). E’ inserita nella special list dell’Organizzazione Internazionale dell’Onu per il Lavoro (ILO). Aderisce allo UN Global Compact.
E’ associata alla CDO Opere Sociali che, con le sue oltre 1.400 realtà non profit in tutta Italia, offre ad AVSI la possibilità di attingere know how per i progetti e partner nei paesi in cui opera.
AVSI è anche un Ente autorizzato dal Governo italiano per le adozioni internazionali.”


Una Piccola felicità- La forma minima della felicità

Una Piccola felicità... in due
Una Piccola felicità in due

Costanza Falvo D'Urso aveva già presentato il  libro con le  parole: “Una ventata di positività, di sentimenti buoni e universali, come l’amore, l’amicizia, la rinuncia, il sacrificio, la carità, la solidarietà, la speranza, la delusione, la fede, il credo religioso e quello familiare.”
Il credo.
 Credere, fermiamoci e iniziamo da questo verbo oggi: Credere.
Credere possibile la comunicazione tra noi, quella comunicazione di sentimenti, non solo merce di scambio.
Siamo qui, stasera, perché crediamo possibile parlare di un libro per il semplice piacere che il  libro ci ha dato, il piacere di credere che esista  amicizia e sincerità.
Nata così questa serata, dal piacere, come  scrisse la Mansfield, di poter parlare insieme di un libro lieve e garbato, un garbo antico delle piccole cose che fanno felicità.

Eravamo io e Giovanna Villella in libreria una sera di mesi fa, ad una noiosissima e supponente dissertazione  su  un libro non vero, in un momento di grande disagio, ad una presentazione impolverata di letteratura da correggere con doppia matita blu.  L’autore pensava di essere il re dei romanzieri e gli amici a codazzo  gli ripetevano quanto fossero onorati  in presenza di Manzoni redivivo.
 Io e Giovanna ci siamo guardate interdette e lei, proprio per allontanarsi da quella melassa, mi confida:- Sai, sto leggendo un libro molto carino, "Una piccola felicità", lo hai letto?-
- Certo che sì- rispondo felice- letto e scritto su uno dei miei pezzi corti, veramente novelle  garbate, una lettura piacevole-
E mentre sorridiamo felici di nostra sintonia abbiamo già scordato il romanziere della polvere grigia…
Dopo qualche tempo ho raccontato episodio a Costanza e siamo qui in due perché come ho letto da Katherine Mansfield:- "Il piacere di tutta la lettura è raddoppiato quando si vive con un'altra persona che divide gli stessi libri." Quando si è amici di un'altra persona è felicità  se  si può parlare con lui o con lei  del libro letto… vero? Il libro come relazione con l’altro è.
Uno dei libri di Katherine ha per titolo: “ Felicità” Edizione il Saggiatore.
Dico l’edizione perché  poi è compito delle case editrici amare quella felicità e donarla, come ha fatto Calabria edizioni, di Anna Maria Persico, a dar vestito e Carlo Carlei  a far il progetto grafico. 
La tipografia, scrive Alberto Manguel, ed io riprendo dall'inserto culturale del Sole 24 Ore di domenica, è per la letteratura ciò che la performance musicale è per la composizione: un atto essenziale di interpretazione, pieno di infinite opportunità per una resa geniale o irrimediabilmente ottusa.
Felicità, appunto. In questi giorni esce un libro di una scrittrice, mia amica, Francesca Marzia Esposito,  che ha per titolo:- La Forma minima della felicità- di cui mi riprometto di parlare in un altro luogo e nell'augurare a lei e a tutti noi felicità

Diciamo che, per noi, ora felicità è poter  parlar di Giovanna Adamo Caparello e del suo libro 
Un libro fatta da tante lettere. “Due Fratelli”: Una lettera mandata da un soldato, in Russia,  alla sua mamma.
 Lettera suggerita dall'altro fratello, più piccolo, morto e di cui il soldato non sa. Nessuno dei due figli riabbraccerà la mamma  ma la lettera lenirà il dolore, quando lei  si accorge che il figlio aveva scritto due giorni dopo della sua implorazione  sulla tomba dell'altro.
“Risposarsi”: Bigliettini protagonisti. Tutti con lo stesso nome. Con il nome della persona amata e morta, presente ora nel formarsi di una nuova famiglia, negli affetti. Delicatissimo il racconto di un marito  che rispetta il passato e l'amore che sua moglie ha avuto  per  un altro uomo morto. 
“L’ospite inatteso”: Mio marito emigrò e inutili furono tutte le mie insistenti lettere…
Lettere
“Il corteggiatore”: tutte le lettere che  amiche scrivono ad una altra  per fingere  esistenza di un corteggiatore. Lettere che invaderanno la  vita della protagonista e quasi rovinando  la realtà. La finzione che arriva per lettera. La cattiveria irresponsabile 
Lettere che inverano invece…
Tutte le lettere che Giovanna Adamo Caparello, calandosi nella storia di ognuno e rivivendone i personaggi,  avrà scritto nella sua vita, visto che si rivolgevano a lei  moltissimi analfabeti, mamme, figli, fidanzati e parenti per mandare notizie ai loro cari in Australia, in America.
E L’America è lontana… In Argentina, dove sparivano i mariti, gli uomini andavano si rifacevano altre famiglie poi tornavano malati, per essere accuditi… da “L’Ospite Inatteso” un'altra sua novella.
Senza acredine,  lo dice, con affetto, quasi, con comprensione, con quello equilibrio della saggezza  verso la condizione umana.
Equilibrio che dà felicità. Piccole cose. Conoscenza del limite. Infatti Giovanna finirà sua attività di collaborazione con Rizzoli nel momento più bello.
Lei, in ogni novella, ha ripetuto come un mantra,  che sentimenti ostili possano trasformarsi in benevolenza ed affetto se sappiamo e siamo pronti ad accettare quello che l’altro ci dà,  nella “ La seconda madre”
Come si possa ritrovare una persona creduta scomparsa “ La casa tra i monti"
  Come si possa sempre ricevere un regalo inaspettato " Una sorpresa"
e poi nella novella che dà il titolo alla raccolta " Una piccola felicità" Anche qui una lettera in cui si comunica che l'uomo è disperso in guerra, viene trascritta, alla maniera del postino di Domenico Dara, dalla moglie alla mamma moribonda del marito per confortarla e "ripagarla di tutte le sventure della vita" 

E come il postino del libro " Breve trattato sulle coincidenze" anche Giovanna Adamo Caparello, cinquanta anni prima, fa aprire dalla protagonista del racconto lettera con la ceralacca chiusa, riscrivere lettera, nella coincidenza felice di incontro fra scriventi.
Lettere mandate per far felici

 “ Quando siete felici, fateci caso” In  questo volume che sono i nove discorsi Kurt Vonnegut fra il 1978 e il 2004,  Uno dei suoi pensieri: «Mark Twain, alla fine di una vita di profondo valore, per la quale non aveva mai ricevuto un premio Nobel, si chiese per quale scopo vivevamo tutti quanti. Tirò fuori cinque parole che lo soddisfacevano. Soddisfano anche me. E dovrebbero soddisfare voi. “La stima dei nostri vicini”». E questa era sicuramente quello che soddisfaceva anche  Giovanna Adamo Caparello
Vado a memoria scrivendo e sorridendo di noi, umani, che più i tempi sono complessi maggiore è il compito che diamo alle parole per lenire il disagio.
Cara Costanza, ho sempre i tuoi consigli in testa…
 E mentre vedo l'autrice con in mano foglio e penna, busta e francobollo, scrivere il mittente, credo che Giovanna  abbia dato istruzioni leggeri come
“Istruzioni per rendersi felici” Di Armando Massarenti
Così come “Una piccola felicità” anche Armando  Massarenti narra di Epicuro, della sua vita morigerata e del suo “quadruplice principio”: “Non aver paura degli dei, non temere la morte, il bene è facile da acquisire, il male è facile da sopportare”; dello stoico Epitteto che si esercitava ad ignorare ciò che non era in suo potere; di Boezio che si consolava con la filosofia pensando che niente può esser triste se non lo consideriamo tale; di Zenone di Cizio che cercava in tutti i modi di evitare il dolore; tutto per cercare di essere felici, o quantomeno di avvicinarsi a quella che credevano essere la felicità, in pratica la serenità d’animo, l’assenza di turbamenti, ingredienti utili al cammino verso la felicità, come il giusto equilibrio tra ragione e passioni, le virtù, l’amicizia. Il tutto condito con psicologia, neuroscienze, teoria dei giochi  e una certa leggerezza che non guasta. Infondo il sorriso fa parte della felicità.
Come nelle novelle che abbiamo qui

come in un altro libro che vi ho portato e mi sembra molto simile  
“Il sale della vita”  compagno di una piccola felicità
Il sale della vita di Francoise Hèritier

La felicità è un concetto astratto e soggettivo, ha a che fare con l'appagamento di tutto ciò che desideri, ma, ecco, se tu scegli di limitare il tuo desiderio a qualcosa che puoi gestire, controllare, che sei in grado di affrontare, allora puoi sentirti felice anche chiusa in casa, piazzata davanti a un canale monotematico di televendite, senza audio, e tu lì fissa a farti di onde alfa davanti alla luce bluastra della tv.

Ritornando a Costanza, credere  che  certe lettere e letture  in realtà  danneggino quanto  le cattive azioni e le bugie   ed  altre invece illuminino un vivere fatto di affetti è separare le maldicenze, lo stupidario quotidiano, la cortigiana adulazione e credere in quello che Costanza scrive nella sua prefazione al libro:  la stima data a chi la merita.
Dimenticai Seneca... De Tranquillitate animi. La Prossima volta.


domenica 12 aprile 2015

14 settembre 1977-Malik Bendjelloul

 Sugar Man
Io cerco il regista, lo cerco nel momento che so. 
Appena Fabrizio Basciano finisce di  raccontare la storia di questo documentario, premiato con l'Oscar nel 2013 e insieme la storia del regista che  termina la sua vita nel maggio del 2013, a trentasei anni, ho seguito il film in stato ipnotico.
Sulle gambe la petizione che da Natasa avevo appena firmato, il diritto a scegliere la nostra uscita dalla vita, e la lettera di Mina Welby, che era stata letta da Giovanni Muraca, la volta precedente,  alla proiezione di Mare Dentro. 
Con me " L'uomo che  visse due volte" a cura di Marco Denti
e il film, la musica, le immagini, il Sud Africa, Detroit, e lui
che filmava con il suo Iphone le ultime scene del suo documentario.
Una bellissima storia.
"La storia di Sixto Rodriguez sembra l'incipit di Nessuno Al Mio Fianco di Nadine Gordimer" scrittrice da me amatissima.
" E quello chi era? C'è sempre qualcuno che nessuno ricorda. Chi poteva essere?... Ma se venisse qualcuno e riconoscesse la persona che nessuno ricorda, subito si svilupperebbe un'altra lettura della fotografia." 
La prima volta che Malik conosce la storia è il 2006 e facendo il film ha imparato che è possibile vivere la vita alle proprie condizioni. Anche filmando con un'applicazione da un dollaro sull'iPhone la scena del bar.
La stessa frase più o meno che ho scritto io oggi.
"Ognuno trova un modo consono al suo sentire per stare su questa terra"
La storia di un uomo che vive  due volte, la favola bella. 
Canto e applaudo" Restituirai i colori ai miei sogni" 
Canto e applaudo a Rodriguez che dal palco alle  cinquemila persone " Grazie per avermi tenuto in vita"  ringrazia.
Grazie alla vita che mi ha dato tanto, sembra che dica lui che fu derubato, mentre Malik che, a trentasei anni stringe in pugno Oscar, ha avuto quel successo che gli avrà rubato tutto.
E con il film in testa rimango a pensare che la più bella favola rimane il racconto.