giovedì 22 maggio 2014

A ciascuno il suo- Collettivo Lou Palanca

Blocco 52
A Ciascuno il suo era un romanzo di Sciascia, del 1966. Il professore Laurana, protagonista del racconto, insegnava in un liceo. Siamo in Sicilia. Pensavo a lui ieri sera, guardando la copertina di Profondo Jonio, romanzo di Valerio De Nardo, presentato nell'ambito del Maggio dei libri a Lamezia terme da Nicola Fiorita. 
Giallo?  Il giallo non è solo il carattere dell'investigazione, è soprattutto il colore degli appestati, dei rifiutati, la bandiera gialla issata sul battello a vapore di Florentino Aziza, per scoraggiare i visitatori e vivere il suo sogno d'amore.
 Il giallo di Sciascia, l'ironia disincantata che conosce il terribile despistaggio che avranno i fatti, e il lungo quanto periglioso cammino per giungere alla verità.
Potrebbe sembrare un inizio sfiduciato ed invece è il più alto e forte luogo da cui partire per stare stretti insieme e dirci le verità, l'autenticità, direbbe Alessandro Bozzo, dietro me.
Una presentazione inusuale, senza ringraziamenti, senza noia, una presentazione affettuosa e rigorosamente leale.
Nicola Fiorita e Valerio De Nardo sono Lou Palanca. Uno e due?
Lou Palanca è un collettivo di scrittori calabresi formatosi nel 2010.
Il nucleo originario prende le mosse da un gruppo di ricerca ed intervento sociale denominato "AltraCatanzaro", che ha operato negli anni passati nel capoluogo calabrese sulle tematiche della memoria e dell'impegno politico.
Un collettivo.
Parola affascinante.
Dopo aver perduto partiti, ideologie, chiese e famiglia, dopo aver assistito al tramonto della democrazia, al liquido e al gassoso, moltissimi si rifiutano di farsi cristallizzare e ripresi i libri, aperti gli archivi, da scuola, da web, in biblioteche, continuano a dire che nulla è perduto se fermo rimane il nostro sguardo, se amico è chi collettivizza con noi, se amico è il nostro prossimo.
La nuova rivoluzione dei sentimenti da Marcuse a Fromm
Da chiesa militante e scomoda di Don Tommaso Scicchitano a un giornalista che non ci sta,- Alessandro, ti prego-
Da Luigi Silipo, persona realmente esistita in una Catanzaro senza delitti, morto  la sera del primo aprile 1965, fra i vicoli del centro storico di Catanzaro, sindacalista dei braccianti ed esponente di rilievo del Partico comunista italiano e  dimenticato, sepolto fra oblii e reticenze, fino a scomparire dalla memoria collettiva,
da Luigi Silipo al gruppo Lou Palanca che scrivono e scrivono il  romanzo del  ricordo, portare al cuore, vuol dire ricordo.
Ricordare. La nuova rivoluzione 2.0
Ricordare la nostra identità, chi siamo.
Perchè il nostro paese viene sciupato continuamente, perchè tanti centri commerciali dove passeggiano occhi che non incrociano, corpi senza calori, nuovi manichini bisognosi solo di spendere danaro, perchè ci viene predato  il nostro sollievo, il libro, la lettura, e col nome culturaviene perpetrato il sacco di Roma? 
Ricordare per domandarci, per domandare all'amico se anche lui è come noi e insieme sentirci fieri di fare un collettivo.
Il meraviglioso che ci fa vivere nel marasma della consuetudine.
La diversità di porgere un legame forte.
Collettivo
lettivo fattivo. letto e fatto
con te con voi
con mail, incontri e presentazioni, strette di mani e  si può vivere come se come ancora possibile sia l'utopia che muovere ci fa
 Tredici gol dal calcio d'angolo!





Ti interesso?

Rimango sempre stupefatta quando nessuno accetta di ribaltare su di sè situazioni e tranquillamente appioppa all'altro la responsabilità, l'errore.
Ne rimango stupita.

Sono stupefatta
Ci interessiamo? Ci ascoltiamo?
Oppure l'unica cosa che ci interessa è come uscire dal tedio della conversazione dando la colpa all'altra, all'altro?

mercoledì 21 maggio 2014

La Disintelligenza- Lamazia Terme

Lamazia Terme è una splendida cittadina adagiata ai piedi del monte Reventino, languida, baciata dal mar Tirreno, splendida, corteggiata dal fiume Amato, distesa pigra, pianeggiante alle carezze del sole e alle gocce di rugiada di nuvole e nembi.
Un aeroporto internazionale atterra e parte per la Germania, San Francisco e Canada.
Una Stazione Centrale lancia  frecce del sud di qua e di là, lo Zuccherificio, in rovina,  addolcirà un giorno le menti impuberi con barbabietola di canna.
Un luogo felice, un paradiso.
Un orgasmo mattutino la congiunge ogni bel dì con i suoi concittadini...
Sono costoro cittadini unici,  appagati da cotanti fremiti. Hanno scoperto dopo il mattone, gli appalti e l'accoglienza a nuovi arrivi, hanno scoperto che con una parolina loro diventeranno di certo qualcuno e il loro conticino aumenterà.
Sono meravigliosi disintelligenti.
Sono tutti immersi nella zuccherina formula della parolina che fa du du du dufour 
La disintelligente cultur
dudu dudù dufour
offrono  canti, preziosi inneggiano al vento, sinergici si uniscono e orgiastiche si accoppiano le sigle.
Tante beltà son tutte al comando della comune. Cultur  Del Comune
Evviva Evviva la disintelligenza che tanto zucchero  dà  in questa città
La cultur 

lunedì 19 maggio 2014

Tutte le assenze che ci mortificano

Assenza di un padre, 
assenza di una madre, 
assenza di un figlio
potremmo scrivere tutti 
una lettera a chi si è allontanato.
Ad una amica, a chi credevamo amore, 
a chi abbiamo dato fiducia e ora si allontana.
Assenza che portiamo sulle nostre labbra, 
ed è un sussurro che diciamo al nuovo, 
la prima cosa che diciamo a chi,
ora,
per la prima volta incontriamo.
Assenza eterna, eppure inconsistente
fatta soltanta di peso, di carne e ossa,
fatta soltanto di vestiti e gesti
che noi sappiamo non vorremmo più.
Assenza ormai lontana nel pensiero
lontana proprio da chi siamo noi
tu non esisti se io non ti sostengo.



domenica 18 maggio 2014

La terribile famiglia

La terribile famiglia. Che cos'è? Spiegavo ai miei alunni la differenza fra famiglia e parentela e ho tentato di spiegarlo ierisera alla ti.. zia che al telefono concionava di essere la mia famiglia, io, cattedricamente ribadivo che lei era, semmai, parentela.
Si é infuriata, allora ho cercato di fare discorso altro. Ho detto di immaginare che lei fosse me e di ricevere telefonata da me e che io, al corrente di cose prettamente inerenti alla sua sfera familiare, mi mettessi a dettar legge.
Mi diede della letterata, con tono di terribile offesa. Per lei questo ribaltamento non esiste. Quello che è permesso a chi può, non è permesso a chi non può... dice la storia.
Io, però, so cosa sia la famiglia. Un vincolo di interessi benedetti da Santa Chiesa Romana e sanciti da un codice civile. Famiglia è coabitare dopo aver siglato contratto. Moltissime discussioni ora sulle tante famiglie unicellulari, formate da una sola cellula.
Scherzo, volevo dire nucleare. Col nucleo. Comunque anche a voler metterci il nucleo, lei, sposa germano.. che ci azzecca con mia famiglia?
Ah ah
Capisco che lei fosse di quelle insegnanti di lettere che non hanno mai aperto un libro di educazione civica. Io, invece, facevo ora di educazione civica, ogni settimana e a volte sforavo...
Educazione

alla mia deliziosa parentela con tanto affetto.
 

sabato 10 maggio 2014

Segnali di fumo- Le amiche



1 aprile 2011
Etica Nicomachea due- Segnali di fumo  
La parcellizzazione dell’amicizia

Cellulare – messaggi – internet – facebook – messenger – posta elettronica  i nostri segnali di fumo oggi. Con i richiami ed i rinvii si crea l’abitudine, l’abitudine ad attendere. L’attesa che nasce in tutti noi è inevitabile e impalpabile. Lo spiega bene Saint- Exupery, forse glielo avrà detto Consuelo, sua moglie e sua musa ispiratrice, probabile vittima amorosa. Questo atteggiamento si chiama addomesticamento, lasciare che un altro attenda quello che tu hai già dimenticato. Nonostante questo nasce, sempre, negli animi deboli o in quelli forti,  insopprimibile  il bisogno di un affetto, di un amico. Non si può vivere solo con cose. Si tenta però, sostituiamo persone con altre persone, con cani, con gatti, gioielli, automobili, computer, amicizie virtuali e perciò non comprendibili l’alterità. C’è ora una alienazione degli affetti – dell’amore – dell’amicizia – della dedizione – del sacrificio – del rimorso – della nostalgia . Una rimozione. Ora si parcellizza tutto. La parcellizzazione dell’amica. Con una parli solo di acquisti, con un’altra solo di film, e via via amica che viene, argomento che vai. Si gira intorno ad una conversazione diventata asfittica, limitativa, un parlare a pezzi, a bocconi. Un boccone di famiglia, muuh! Buono, un po’ salato, un boccone di politica, di sport, di malattia. Un po’ di mistero. Nessuna notizia personale, potrebbe essere maneggiata, travisata, riportata, meglio non dire, o dire – Ho un impegno – Ci vediamo - Non ci vediamo – chissà!
-         Telefona tu – telefona quando vuoi, lo sai che mi fa piacere. Io no, è vero, non telefono, ma lo sai ho tanto da fare e poi non vorrei essere invadente. –
La benevolenza sociale ti lascia il dubbio di essere tu la sbagliata. Cosa farai? Telefonerai e sarai invadente, non avrai nulla da fare! Oppure non telefonerai ed imparerai la buona educazione? Ma dopo aver aspettato tanto e alla fine capitolato e telefonato ecco: – Ti sei persa, stavo proprio pensando a te, ti avrei chiamato sicuramente io oggi – e tu resti indecisa se urlare, imprecare, ucciderla o molto più prosaicamente stare in silenzio.
La benevolenza ti lascia così, con cortesia, con un sorriso, nel dubbio se quella persona voglia o no mai condividere un po’ quel che tu vuoi.
 Condivisione umana che ci fa diversi dagli animali - così dice  Aristotele a pag. 813 dell’Etica Nicomachea- BUR-. “In questo senso si predica il vivere assieme per gli uomini e non come per le bestie il consumare il pasto nel medesimo luogo. Bisogna percepire assieme all’amico anche che egli è, esiste e questo avrà luogo nel vivere assieme e nell’avere comunanza di discorso e di pensiero.”
Gli animali mangiano in gruppo ma non progettano un vivere sociale, spiega Aristotele. Io, guardando gli occhi buoni di Argo, il labrador di mia sorella,  penso che il filosofo non fosse a conoscenza di quanto affetto possano dare cani e gatti, come ci rimproverano, come ci attendono, come ci ascoltano.
 Manca sicuramente il momento della lite, delle recriminazioni, della parità, essi dipendono da noi, dalla nostra ciotola, proprio per questo non possono essere nostri amici.
Non hanno la libertà di sceglierci. Siamo noi a sceglierli. Vorremmo fare così anche con le persone.
In questa parcellizzazione odierna scompaiono i bocconi buoni, lasciando solo sapori artefatti di una cucina emulsionata e addensata, una cucina priva di amicizia. La parcellizzazione dell’amicizia ha lo stesso effetto alienante e spaesante del parcellizzare ogni settore della vita umana.
 Le conversazioni fra amici, amiche, conoscenti, colleghi ripetono ritornelli sempre uguali. Ma tutto questo è perfettamente normale con  i conoscenti, con un’amica no, non dovrebbe essere così. Perché un’amica ti cambia, con una sei in un modo, con un’altra sei diversa, cambia il sorriso, la postura, le frasi, gli argomenti, anche il lessico, a volte. Stupefacente, ma vero, è l’alchimia che ci testa. Bella, finché dura l’intesa, poi tutto finisce e iniziano le lamentazioni. – Lei non mi capisce, è invidiosa, non telefona-  e via da una parte e dall’altra.
Non c’è il tempo per una vera amicizia tutto scorre epidermicamente, in superficie, senza poter fermarsi a guardare.
Un’amica mi ha detto che la cucina preferita ora è quella pronta, già precotta, cibi da mettere velocemente in forno e portare in tavola, così senza spreco di tempo, di pensiero. Così è.
– Addirittura! – L’esclamazione di una donna ad un’ amica che  le confessava di pensarla come riferimento importante nei suoi affetti, forse l’unico,in quel  dato momento della sua vita.
Non era un rimprovero però, ma un modo per ridimensionare, per non enfatizzare, un modo per relativizzare  rapporti umani tendenti fatalmente ed erroneamente all’assoluto.
 L’altra pensò a quell’addirittura in vari modi, sempre via via diversi e il positivo si dispiegava lentamente e decisamente cancellando l’amarezza di non aver avuto come risposta il più banale
 – anch’io – rimandante un’alterità utopica e perciò non realmente esistita.
 Ciò che Aristotele, Sant’Agostino hanno argomentato sull’amicizia, sull’affetto, sul sentimento, rimane nella sfera dell’opinabile, del desiderabile, della tensione ma difficilmente e raramente  in quella della realtà, del concreto.

martedì 6 maggio 2014

I testimoni della nostra vita



I testimoni della nostra vita

12.05.2010


Sul Corso Numistrano, sul Corso Giovanni Nicotera – suppongo su qualsiasi bel corso storico di amene cittadine italiane, passeggiano a gruppi di tre, quattro, poi ci sono i duetti. A due a due. Passeggiano. Si chiamano col cellulare. Lui fa lo squillo. L’altro richiama. 
Si prendono sottobraccio. Si raccontano l’ultima cazzata della giornata.  Così riferiscono la sera, al rincasare tardi, a casa dalla moglie
 – Cosa si dice sul corso, caro? – Cazzate, solo cazzate mia cara-
. Ogni sera, ogni giorno, osservo il camminare, il gesticolare, sempre lo stesso, sempre la stessa intesa.
 I commenti , pettegolame politico che loro scambiano per alta politica, poi osservano qualche culo, sodo, alto, qualche ragazzina che ignara passa, e loro,  quasi sessantenni e oltre sono convinti che passa proprio per loro, che li ha guardati, che se volessero basterebbe tendere una mano e tutto quel ben di dio sarebbe subito pronto da strofinare. Sono ingrigiti, ma le voglie rimangono quelli dei ragazzi, meno fresche però, imputridite dall’età, sporcate da una vita senza sincerità.
Camminano, le gambe un po’ larghe, -qualche problema con la prostata?- Il maglione legato sul collo, il cappotto sulle spalle, la giacca blu, o piedi poule qualcuno più estroso porta degli occhiali, una montatura optical.
Si pregia costui di prendere pilloline miracolose, blu, triangolari e poi di trovare ucraine, rumene, moldave, e di non cedere mai, tanto che una volta, oh che ridere! Una volta era rimasto lì e ha dovuto chiamare il chirurgo, il pronto soccorso. -Non è carina questa!?– Com’è carina!
Parlano, si abbassano per raccontarsi l’ultima sconcezza, l’ultima facezia, il pettegolezzo.
- Quello è senza una lira, ma che aria che si dà –
-Ma lo sappiamo tutti che è un pallone gonfiato.
Così dicono di loro stessi, appena uno di loro si allontana, appena quello si allontana, loro sparlano Non parlano.
Ma come abbiamo potuto farli diventare testimoni della nostra vita!
Il simile spettacolo non c’è al femminile.
Le donne, a quell’ora, cucinano, stirano, fanno la spesa, rassettano casa, si occupano dei genitori ammalati, hanno i nipotini da badare, o più tristemente sono sole davanti alla tv.
Come possono essere costoro, che annegano le loro vita nelle chiacchiere futili, negli scherzi più retrivi, nella noia, senza infamia e senza lode, sprecano le loro serate, sottraendoli  ad affetti veri, come possono costoro che non hanno idea della loro vita, testimoniare della vita di una donna che non conoscono, delle quale non sanno, e con la quale ormai non parlano più, non ridono più, perché quella è diventata stranamente, per un sortilegio magico, una cosa invisibile ai loro occhi, un peso, una noia mortale, un nulla, un niente, da portare appesa al braccio, sul corso il primo maggio, a Natale, Pasqua e Ferragosto.
Se li interroghiamo, se vogliamo da loro alcuni elementi su quella cosa, loro ti diranno che è la moglie, che la rispettano, la amano, la mamma dei loro figli.
E la descrizione finisce lì scarna, elementare, asfittica, come una tema svolto senza rispettare la traccia, come un verbale senza analizzare i punti all’ordine del giorno.
Non possono . Essi, cose inanimate anche loro, da tempo hanno smesso di utilizzare il linguaggio dei sentimenti, non ne ricordano più nemmeno l’esistenza.
Ora non è più tempo-direbbe la mia amica poetessa.
Manca la gioia di rincorrere  rossi arcobaleni, i colori, le musiche, i respiri che la natura ci da. Manca il desiderio.
Ippolita Luzzo