giovedì 29 agosto 2013

Nino Racco, cantastorie



Arrivi alle cose in base alle ispirazioni che hai- Nino Racco, cantastorie



-Il dovere più che professionale di tipo religioso di smuovere attraverso il racconto il vissuto dello spettatore in relazione a quel fatto storico onnipresente, un valore terapeutico, la salvezza di poter dire le cose-

Queste parole le ha dette lui, io le pensavo assistendo al suo brigante Musolino, che si agita, canta e si inerpica su per la sassaiosa Abbazia Benedettina, sui suoi resti dell’anno mille, da quando Costanza D’Altavilla la fece costruire.

Penso  alla canagliata fatta  alla scuola italiana, alla scuola media inferiore, togliendo un’ora di storia, spappolando una cattedra di lettere che avrebbe dovuto tenere fermo il bandolo del nostro civismo.

Non è così che ci vogliono.

 Una storia straziata e ridotta in poltiglia, testi confusi e tempo che non c’è impediscono a tutti di approfondire storie ancorai vicine e lontane che insegnano sempre la stessa cosa.

La coerenza, signori, la coerenza dov’è?

Durante il percorso di una vita errante che sia quella del bandito oppure del martire, coerenza proprio non ce ne sta.

Si trovano invece depistaggi, menzogne, testimoni fasulli, comprati e non, si trovano sempre uomini forti, capi indiscussi che non accettano un nuovo potere, che sono pronti a capovolgere qualsiasi spoglio elettorale, perché, ormai questo lo sappiamo bene, oggi come nel 1897 a luglio, quando si votò il sindaco di Santo Stefano in Aspromonte, il voto è soltanto una scheda qualsiasi che accettare non si può se non coincide con l’ordine costituito.

Quindi, dunque, niente di nuovo sotto il sole di Santo Stefano e di ogni Santo, certo allora Musolino si trovò in mezzo, andò in carcere e poi scappò, diventò così un fenomeno mediatico e uccise in errore e non la sua lista.

La vendetta non è mai giusta, non porta mai sazietà e pace, ribalta sempre il confine labile fra il bene e il male senza ritorno.

Così Il nostro brigante stritolato e compresso dal suo destino, potrà soltanto dialogare con il busto eretto del suo avvocato.

Una storia di tante mistificazioni, ci fecero un film negli Anni cinquanta, ora lui, Nino Racco, porta la storia nei nostri luoghi che ancora risentono le stesse imposture.

 Noi dialoganti per finta e per davvero tentiamo ancora l’unica carta del dire a tutti… giustizia, perché un nostro dovere è divulgare quello che altri hanno patito… dalla voce di Nino Racco, cantastorie di strada.

mercoledì 28 agosto 2013

Esiste l'amore -



Che cos’è l’amore, di cosa parliamo quando parliamo d’amore.

Amore dal latino a- moveo, andare verso

 un movimento di conoscenza creazione comunicazione
Pensiero e azione, il movimento che origina il tutto individuale donando l’entusiasmo di sapere e di fare, di esserci e di volere.
Detto così l’amore esiste, è il motore della vita, del nostro essere individui sociali, del nostro credere e combattere per amore.
L’amore esiste nel nostro piccolissimo vissuto chiuso e impaurito, esaltato e insofferente, esagitato e sconvolto, esiste per darci una ragione di andare, di muoverci verso l’altro, dal quale vorremmo tutto quello che ci manca, dal quale vorremmo sicurezza, felicità, sguardi.
Nello spaventevole e onnicomprensivo sentimento inglobiamo il tutto e diventa un tessuto forte che regge, deve reggere le vite singole e comuni, perché senza amore, senza rispetto, senza dignità, tutto diventa Spring Breakers, appunto, una vacanza totale, un nulla, un niente, un beverone di alcool, fumo e denaro.
Questo in generale, nel particulare, direbbe Guicciardini, che tutti me compresa, dovremmo riprendere in mano, nel particulare la potenza del sentimento si rimpicciolisce e si ingrandisce sui bisogni elementari del singolo.
Bisogno di essere riconosciuti, bisogno di essere vista bella, bellissima, unica, grande, bisogno di dominare, di possedere, di mangiarsi quasi l’altro e di esserne divorata, bisogno inesausto di stare con l’altro per fonderlo e poi insieme distanziarlo per muoversi.
Bisogno di trascorrere con lui, con lei, il tempo per un ricamo, una tela, sulla quale imprimere i momenti da ripercorrere insieme, nell’eternare fuggenti sensazioni di essere soli nell’universo, di essere potenti perché in due, di esserci proprio perché l’altro o l’altra sta guardando  lo stesso cielo.
Esiste l’amore, ne sono certa. Esiste ed è per sempre, esiste e continua a creare  a conoscere, a comunicare a noi tutti che vita é amore, che mangiare un gelato allo Yogurth bianco sulle strade di un paese sconosciuto può essere il più bel momento amorevole della nostra estate.
Esiste quello che non hai, perché più bello sarà andare a cercare  amore nelle pieghe di una tovaglia che ondeggia, nella ballata sul mare salato di Hugo Pratt, che riscritta su un telo si asciuga al sole di una terrazza al caldo vento di Agosto.

martedì 27 agosto 2013

A Daniela Rabia- Naufragio alla vita, Emily-



A Daniela Rabia- Naufragio alla vita, Emily-

L’Emily Dickinson,  che tu amerai, scrive  lettere a Mister Higginson.

Scrive lettere al mondo che non le risponderà mai.

Scrive compita, affettuosa e sincera, credendo vero, credendo grande il suo interlocutore.

Lui è soltanto un uomo comune, lei è la più grande poetessa americana.

Così sarà.

Usciamo stasera dalla visione di un film insieme

-Spring Breakers – vacanza di primavera, la tradizionale settimana di vacanza totale che hanno gli studenti degli Stati Uniti in luoghi di mare come Miami.

Vacanza totale di sole, di ballo e di sballo, di orge, di alcool, di niente.

Ne usciamo stanche e dispiaciute  che per alcuni la vita sia fatta di male e di sempre, di nulla perfetto elevato a coscienza, di corpi sciupati, una vita senza, eppure con cartamoneta sparsa e infilata in mutande, in modo che sia soltanto una cosa, il corpo e il denaro.

“ tornando a casa, stavolta, finalmente,

non ho respirato più quell’odore di morte,

quel nulla invadente, non mi ha più travolta.”

Un papavero-
 hai scelto questa poesia per salire sul palco la sera del dodici Agosto, ed anche stasera uguale resta la tua e la nostra considerazione.

Noi, manco morte, saremmo andate in luoghi abitati da turbe impazzite ballanti e gridanti Osanna al denaro, noi, manco morte, avremmo bevuto un sole bicchiere che non fosse di acqua, noi, manco morte, avremmo preso in mano una pistola e sparato a qualcuno.

“Stiamo ferme sul ciglio della strada,

la mia dolce amica ed io,

mute nel chiarore,

guardandoci fisse negli occhi,

 e tenendoci stretta la mano,

nel loro ciarlare vano…”

Dalla nostra infanzia rubarono entrambe un giardino, il tuo di mattonelle rosse scheggiate.

Ti “resta la visione di una immagine fissa,

lucente, irriflessa nella memoria che scorre”

Ed io, mostrandoti il luogo del mio giardino sparito per una sala di matrimoni, rifaccio l’atto magico di farlo apparire.

Noi siamo infanzia

“ Anime limpide e serene”

… salvatesi di una salvezza che non conosceranno mai;

che è scampare la vera tragedia del naufragio

…un divenire che diviene certezza

Della sua scontatezza indelebile.”

Dal Titanic ci siamo salvate e ora?

Continueremo a restare aggrappate alla zattera di fortuna, al relitto che galleggia nel mare nostro e solo, oppure molleremo gli ormeggi ad ancore in secche e troveremo la brezza di veleggiare?

Per ora lasciamo che sia lei a volare per noi, la poesia, ancorandoci e liberandoci come un aquilone tenuto per mano dai bambini all’uscita di scuola.

E’ primavera… e l’albatros vola




domenica 25 agosto 2013

da solitaria fra tacchi altissimi- W gli sposi



Da solitaria fra tacchi altissimi- w gli sposi



La liturgia è iniziata, io fisso i tacchi sottilissimi e lunghi della signora, forse coetanea, più o meno, davanti a me.

Due o tre frasi su di lei, non propriamente da riportare, mi ritornano in mente

Il vento le sussurra dopo averle sentite dette da chi la conosce

Io non la conosco, certo so il nome e il cognome, il lavoro e il marito, nulla più.

Eppure da quelle frasi che altri mi hanno detto, da due o tre immagini pubbliche, io guardo i suoi tacchi  che corrispondono a quello che …

Sono i tacchi della persona appoggiata , che si appoggia e svetta, con religiosità intensa, ha anche il cellulare aperto, ogni tanto da un occhiata… una minuzia eh, lo faccio anche io. Ma non si può, non si deve e non si vuole, soprattutto.

Tacchi vari, più grossi, più alti, zeppe,

 scarpe lacoste rasoterra, ai piedi di un ragazzo mi riconciliano con le nostre zampette, ornate.

L’azzurro intenso veleggia il mare dell’abbraccio materno, sempre vigile, verso il rosa pesca vellutata, olezzante di frutta appena colta, un peplo romano scende a colonne sfilanti un tempio attico, lei è bellissima.



Capitelli, fregi e putti, foglie di acanto, e sono già lontano, nei luoghi storici di canti pagani che accompagnavano la sposa con ditirambi e imenei.



Una arancio rosso mi rapisce, io mi innamoro all’istante, salvo scoprire che è lei la donna che vidi bambina in fiore, che è sempre lei, deliziosa umana, figlia dell’amica di assonanze.

Abbiamo colori diversi questa sera, chissà che colore avrebbe scelto sua mamma se avesse lasciato Roma per venire fin quaggiù!



Un cerchietto, un vestito a palloncino giallo mi danno  Audrey Tautou, sarà del gruppo francese, penso io, e il giallo si ripete in un’altra e un’altra ancora.

Sono molto soddisfatta del mio vestito con del giallo, mi sento un po’ francese, come lo sposo, principe azzurro perfetto dei romanzi di Delly e Liala.

Il principe azzurro, alto, biondo, occhi azzurri, giovane, che lavora nel campo ingegneria aerospaziale, modi educati e affettuosi, intelligente, disponibile all’ascolto, e questa è la favola più grande. 
Un uomo che ascolta e che invera quel che tu dici.

Meglio dei romanzi che tutte abbiamo letto

Qui siamo oltre.

Tu chiacchieri con una tua amica, dietro in macchina, di quello che vorresti fare, lui ha già conservato ogni parola e la traduce in realtà.

Una vera sciccheria, una goduria senza equivoci.



Me lo sbaciucchio, bacio la sposa e già mi sono seduta fra due donne che dal romanzo sono andate oltre il racconto, nell’esistenzialismo di Sartre e della Beauvoir, fra incastri e bivi, fra strade ferme e coincidenze, di un passato ripetuto mille e mille,  ricostruito ogni volta per non fare troppo male

La nostra serata finisce così… da domani chi lo sa

Il ritorno è interessantissimo. Io mi rinnamoro di una lei, bruna, effervescente e saggia, di una donna in verde ottanio il suo vestito, un verde blu che non lo è più, di una donna verde come la speranza vera che insieme si possa ancora comunicare bellezza, verità e sentimento in un frullato denso, di vitaminica energia…  e mentre lui  le cede  il volante della sua automobile, e mentre lei si toglie le scarpe anch'esse con zeppe o tacchi altissimi, e mentre  mette la cintura di sicurezza, io " m'accorgo che la vita è poesia se c'é l'amore"    w gli sposi.
 

sabato 24 agosto 2013

Ecco dov'è finito Ennio Scalercio- A Michele Placido







Laboratorio Gruppottanta di Cosenza



" CASA DI BAMBOLA"



di H. Ibsen



Regia di



Ennio Scalercio



Trovato  Ennio, compagno di scuola all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica a Roma, nel 1969, ora Michele Placido può dirci a  cosa serva avere un fermo proposito da calabrese testa dura?
 Forse di più potrà risponderci Ennio, che in quel sogno si fermò e lo realizzò.

Serata fuori binario stasera all’Abbazia benedettina,-Balada para un loco- , canta la voce della donna, questo che non è un tango tradizionale, brano composto nel 1969, da Astor Piazzolla una introduzione recitata, un  preludio come evocante un carillon di tempi che non ci sono mai stati se non nella fantasia o nella pazzia.

Un 1969 che ritorna nell’aria delle parole di Michele Placido come voce dal sen fuggita.

Serata che va per strade inusuali malgrado l’uso di poesie notissime che vivono di vita nel porgere nuovo del  verso  con maestria.

Avrebbe potuto anche leggerci un cartone di detersivo, stasera, e tutti saremo stati esaltati dalla bravura, dal saper leggere, dalla strabiliante empatia e amore fra chi legge e il suo foglio.

Lui, magnanimo, comincia con Anacreonte e un bicchier di vino, poi mima l’amplesso, sempre col foglio!, con la Pioggia nel pineto e si distende beato in compagnia di Neruda e la sua Ti amo quando taci.
 Mette uno zuccherino goloso di Gozzano e già siamo a Montale

 Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

      e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

      Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.


Già

Avremmo potuto chiudere anche senza Dante che ormai imperversa dai vari e improponibili viaggi di Dante che ci vengono continuamente riproposti in questa estate lametina.

Per fortuna  Michele Placido ci recita” Qual colombe dal disio chiamate”, e noi tutte chiamate e ammaliate dal suo garbo e dalla sua bellezza vorremmo fuggire dovunque con lui, con un foglio in mano, con un libro in mano, come Paolo e Francesca che proprio leggendo persero i freni e si innamorarono. 
Potenza della lettura!

Grazie a Michele, trillanti e felici, noi tutte torniamo alle nostre  case, ingombre di libri, cartelle e penne, fogli e poesie, amandoli tutti una volta di più.