venerdì 29 agosto 2025

Dieci Pezzi Poetici

 


Dieci Pezzi 

1) 6 Luglio 2010

Quando col rastrello si portano via le foglie,

la terra nuda.

Quando si pota un albero

la linfa sgorga,

quando ad un uomo vengono cancellati i germogli,

la parola è muta

Il respiro corto

La giornata lunga ma non impossibile.

Basta aspettare

 e 

si riforma dall’albero la patina,

 dalla terra la vegetazione,

dall’uomo la speranza.

                                                                           



2) A modo mio      9 ottobre 2011

L’incontro è

Capelli – pelle - tatto

Profumo – respiro - eros

L’incontro è

Mente – pensiero - emozione

Scelta – conoscenza - passato presente

L’incontro è

Anima  -  tutto – insieme

E occhi chiusi - l’altro scompare-  scompari anche tu

Perdersi in un altrove, perdersi in un vortice

nel flusso del movimento

armonia di respiri, di ansimi, di soffi

di gorgoglii, onde che si rifrangono

che vanno, si ritirano, cerchi concentrici di piacere

che aumentano, si smorzano, riprendono intensità.

Pause - piccole - lente - lente

Sensazione nostalgica

Nostalgia di nuovo di riprovare, di ricominciare

Subito.

Ed è nel ritorno, nel ritrovare quel che si pensava perduto per sempre,

che diventa più intenso il turbamento,

più vicino al nulla, all’infinito

all’appartenenza al cosmico ancestrale sentimento della vita e della morte.

In un momento, in alcuni secondi, attimi concentrici, circolari per la donna

e, suppongo, lineari, di volo, di fuga,  per l’uomo

sarà simile il librarsi nell’eternità del divenire


3) In macchina- 20 aprile 2013 ore 19 e 45

Ho acceso la radio ad alto volume

Per non sentire il silenzio assordante 

Che mi è accanto, mi accerchia senza scampo.

Ha vinto lui, stasera

Ha vinto nonostante io avessi messo in campo 

Le truppe in ordine 

Una mamma piccina, fatina, vecchina

Una amica con nipotine giocose, ciarlanti, saltanti

Un momento all’Altrove, una associazione  e poi

Una conferenza sull’arte africana e sull’origine del mondo.


Più scappavo più il silenzio, il disagio era con me.


Ho provato con le compere

Ma lasciavo lì pantaloni e magliettine

Verde intenso, verde mela

Reggiseni con il pizzo, con un po’ d’imbottitura

 mutandine e canotte da abbinare, verde, ancora verde.

Li ho lasciati, erano estranei, inutili. 


In gran fretta sono poi ritornata

Solo una fermata dal fruttivendolo 

Due e tre mele, le arance, le fragole biologiche

Gli asparagi, la verdura a foglia larga

E al momento di pagare la signora mi domanda:- Le è successo qualcosa?-

Ed io di rimando:- Si vede, vero?-


Una tristezza così non la sentivo da anni

 la giostra gira e rigira e ti riporta al capolinea

Pfui 

Spariscono in un baleno i contatti, gli impegni,

 il mondo reale e immaginario

sparisce il piacere, la gioia, l’entusiasmo 

non basta un’agenda fitta di parole nella settimana che viene.

 Ora c’è il vuoto 



4) Ti senti meglio, amore mio?

ti senti meglio ora che ti faccio schifo

che hai vissuto con uno scarafaggio

che io sono per te un nulla e un niente

che mi hai ributtato in faccia l'ennesima meschina,

egoista, egoista, egoista che sarei io

ti senti meglio ora, amore mio? 

ci sentiamo tutti meglio, vero, ora

ora che il vomito tracima e imputridisce

i visi alterati e deformi

 

ora che le parole hanno tagliato tutto quello che era il tessuto del possibile incontro con l'altro



5) Il tempo stonato

Vai a tempo-

Non sai andare a tempo-


Ditemi da quando si va a tempo?-


Conta, uno, due, tre e quattro. 

La musica è matematica.-


Conto. Vi prometto che conto.-


23 Aprile auditorium del liceo Statale

Una folla di alunni davanti a me, i loro insegnanti, il dirigente, le autorità ed io dovrei contare.


Dietro di me, in alto, le note della pianola mi accompagnano, un sottofondo ai versi, alla miscellanea di versi, non miei, che io ho scelto e dovrei leggere.


Mi concentro e conto. 

Uno, due, tre e quattro.


Inizio a leggere piano, chiara, sento più il suono che le mie parole.

Dovrei andare a tempo.

Attendo fra una stasi e un’altra, riprendo ad una nuova battuta 

Rispetto il verso.


Sono pochi minuti, sono solo una manciata di versi, 

un peregrinare nel mare che ci vide andare via emigranti

che ci vede inadeguati ora ad affrontare gli scafi insanguinati che arrivano

da anni.


Uno, due, tre e quattro


Come vorrei andare a tempo!


Ho finito, mi applaudono, per cortesia, penso io, cattiva con me stessa

Poi mi riconcilio e mi do un tempo, il mio

Stonato, e ormai irrimediabilmente amato


 6) La dignità della solitudine


Ho popolato il mio tavolo di voi

ho fatto colazione pranzo e cena

chiacchierando con voi

fuori 

poi 

ho continuato a chiedermi di voi

senza però chiedervi niente

non si sfugge

al nostro destino

però si può 

sicuramente

raggirarlo.

Una solitudine come destino

io l'ho presa in giro con un libro in mano,

con lo schermo di un pc

con un foglio bianco 

che mi chiede

-Come stai?-

 

 

7) La convivenza silenziosa invecchia


Il silenzio amplifica i suoni.

La cialda del caffè nella Lavazza  Blue deflagra

sboom

cade giù e io aspetto che diventi rosso il tondo per girare e ... e  bermi il nero e schiumoso ristretto.

Lui è sul divano, dorme.

Di giorno si dorme.

Il silenzio ora è rotto dai tasti

un rumore inquietante, anche i tasti deflagrano, risuonano cupi in un martellare inchiodante e inutile.

Spariti i tempi di quando il pigiare era una vera comunicazione, le tante e le molte delusioni hanno reciso il suono umano  lasciando i tasti a risuonare da soli un'eco lontana.

Il tavolo è ingombro di fogli, qui

in cucina nessuno

lo specchio del bagno rimanda una ruga che non possedevo


8) Io pubblicherò postuma

Io pubblicherò postuma

Come Emily Dickinson

Come Tomasi di Lampedusa

Come Ippolito Nievo

Io pubblicherò postuma

L’emarginazione letteraria,

spirituale, che altri hanno percepito

lo slargo, il vuoto abitato da nessuno al mio fianco ( Nadine Gordimer)

Io pubblicherò postuma

La raschiante invidia di chi vorrebbe essere come  me,

più giovane, più bella, diversa

io allora sarò ascoltata

perché il silenzio della mia assenza

darà lustro alla loro presenza.

Io pubblicherò postuma

La menzogna di un amore

Ritenuto troppo a lungo degno

E perso come tutti gli amori,

nell’indifferenza, negli inganni, nelle carte.

Pubblicherò e testimonierò in vita

Il fastidio di essere fra miserabili

Fra persone che vendono la loro opinione

Per un lastrico solare, per un nulla, per un niente.

Scusate se esisto- direbbe lei, eterea e decisa prof di storia

E scusate se io parlo, mi muovo e sono felice.

Il cielo è azzurro, il mare un po’ meno,

L’aria è frizzante, pulita non più,

le cave sono in fiore, camion alacri vanno e vengono.

Siamo tutti felici di esserci.

Anche gli avvocati, gli amministratori delegati, i commercialisti,

l’agronomo, il mio. Sbadato, distratto, infingardo, proprio come me.

Ma lui non se lo può permettere. Non è mica uno studioso!

Lo studioso perde e riperde nella sua cartella

Pensieri parole ed opere

Perde e riperde concetti, nozioni, date.

Lui, l’agronomo, perde i registri aziendali. Non si fa.

Io scrivo come digestivo e come lo stomaco dei ruminanti.

Reticolo, rumine, omaso e abomaso.

E’ una ruminazione, la mia,

durante la quale il bolo viene riportato in bocca, rimasticato.

Un riportare che dà però una più facile digeribilità.

Scrivere per digerire. Meglio di un mepral!

19 maggio2011-



9) Io non sono una donna del Sud

Io non sono una donna del Sud

Non ho mai fatto la salsa di pomodoro

Le melanzane ripiene, la conserva di peperoni.

Non ho mai  insaccato una salsiccia, non l’ho mai bucherellata

 Mi fa senso il sanguinaccio, non lo mangerei mai

Non pranzo  dalla suocera, però l’ho tanto amata


Non vado a matrimoni, battesimi  e prime comunioni

Non vado neppure ai funerali.

Come potrei salutare quelle persone

Affrante

messe lì,

in fila indiana

Non conosco il parentado, non ricordo  i vari gradi

Mi sfuggono gli intrecci, proprio quelli più succosi

Mi distraggo e poi apro le finestre, tiro giù le tende

Su balconi spalancati.

Non spedisco barattoli a mio figlio, non stiro le camicie

E poi non mi nascondo non dico- ho un impegno-

E non ho mai gente a casa, a volte solo amiche

Non ho mai abitato qui,

non ho mai vissuto qui, ma ora che lo vedo,

ne sono tanto fiera.

Il sud  lo porto nel sangue, nel suo colore, nel suo calore

Nella  storia, nel presente, 

nel mio viso da bambina

Nel dolore delle mamme,

delle donne

Sempre attente, sempre pronte

Sempre vigili e custodi

di una cura sempre eterna

13 agosto 2011

                                                                                                                                      

10) Il calendario

Il calendario appeso in cucina

 è sottile oramai.

 Solo tre fogli.

 Il vento leggero dal balcone entra

 e fa cadere

 ogni giorno

 il calendario a terra.

 Ogni giorno raccolgo

 quel che resta dell’anno

 e lo riappendo

 al chiodo fisso della buona sorte 

Ippolita Luzzo