giovedì 15 dicembre 2022

Sara Maria Serafini Rigenerazione K035 Divergenze


A Belgioioso ci sta un castello dove io non sono ancora stata ma mi auguro sia possibile un giorno. 
Belgioioso è la sede della casa editrice Divergenze, una casa editrice che cura i libri con veste sartoriale di alta moda.
Diverse le collane della casa editrice: Le Scie, Il Simposio, I fuoriserie, Le Ciliegie, ed (ec)citazioni, collana di alta moda del pensiero.  
Questo libro fa parte della collana (ec)citazioni ed è già un gioiello, realizzato con materiali pregiati, ed addirittura cucito a filo di refe in finissimi ottavi, da una legatoria etrusca separata dalla tipografia. 
Sono stupita. 
Più la grande distribuzione del libro e la produzione del libro vanno verso prodotti simili e da mandare al macero velocemente maggiore è la sfida delle piccole case editrici a produrre libri curatissimi. 
Mi ricorda la stessa cura un libro che mi piace citare qui di Domenico Conoscenti, "Intimo Paradiso" un'altra opera d'arte. Quindi libri unici. 
D'altronde la Casa editrice Divergenze è presente nelle menzioni di merito dell'Osservatorio sulla qualità dell'editoria che certifica dal 1989 l'impegno dei bravissimi. 
La collana (ec)citazioni è inaugurata da Antonina Nocera con Metafisica del sottosuolo, ora alla quarta ristampa, un saggio nel "sottosuolo" di Dostoevskij e Sciascia, per trovare punti di incontro, e divergenze: da una parte Il contesto (1971) e dall'altra I fratelli Karamazov
Ultima in ordine di uscita ora Sara Maria Serafini con Rigenerazione K035 con un racconto distopico, anche se di distopico è rimasto ben poco perché la realtà si incarica sempre di raggiungere e superare qualsiasi più orrenda visione profetica.
"In uno Stato che ha per obiettivo l'incapacità sociale di fallire, Lia si macchia di un delitto senza ragione. La sua memoria sarà ripulita e inserita in una trama di simulazioni in cui il suo alter ego, Amalia, non dovrà cadere di nuovo in errore."
Questo è scritto sulla quarta di copertina e guardo quel treno, nel quadrante di un orologio che segna un tempo del non luogo, un tempo senza luogo e senza spazio. 
A Campara ci spostiamo ma poi siamo da Platone, nella ultima lettera a lui attribuita, in cui anche lui, smarrito dagli avvenimenti politici, teorizza che solo i filosofi dovrebbero regnare. 
Leggendo La Repubblica lui espone come dovrebbe essere uno stato ideale, ricordo tutto e pure le assurdità, perché la teoria a volte non tiene conto che la perfezione non esiste e non si può realizzare essendo noi uomini imperfetti dalla nascita e dotati di pulsioni e sentimenti irrazionali. 
"Il sogno del Legislatore diviene lo stesso del dottore pazzo" scrive infatti anche Sara. e così leggo nella interessante introduzione di Erika Cancellu. 
Nel racconto vi è un gioco di specchi, a Campara, il 24 dicembre 2006 Lia ha 35 anni, "a Campara il cielo è pulito come la coscienza di un neonato." scrive Sara. 
Campara si trova a 612 metri dal livello del mare, ed ogni volta che nasce un paese inventato ha tutta la precisione del luogo, del tempo e dello spazio in cui si trova. 
Lia dunque abita a Campara, cammina e riconosce la Panda di Fabio come potrebbe incontrare la mia Panda, solo il colore differisce, la mia è viola, quella di Fabio è una Panda 4x4 verde oliva. Lei sale in macchina e ascoltano Karma Police da CD masterizzati di Fabio. 
Darko, Francesco, Raffaele Lia, Fabio, aspettano un treno, quel treno che campeggia nella quarta di copertina.
Mi metto a leggere ora l'Agenda 2100, un programma di richiami, mi ricordo un altro racconto di punizioni per ottenere una società perfetta, è il libro di Elena Giorgiana Mirabelli Maizo, su tre adolescenti e continuo a leggere con in testa tanti riferimenti. 
Il soggetto preso in esame qui ha 35 anni, una laurea in Architettura presso la Sapienza di Roma, con votazione finale 103/110 uguale al mio voto di laurea!
Fino all'età di diciotto anni Lia vive a Campara e poi a Roma e insomma leggerete il libro e vedrete che le vite, le nostre vite, se diventano una somma di malattie, interventi chirurgici, titoli di studi, e altre notizie qui e lì, in effetti sono assurde schede ma non servono a certificare il fatto, il fatto inspiegabile di un evento terribile.
Senza Movente. 
Il racconto mi ricorda il film Arancia Meccanica, senza movente la violenza, supponente invece l'opera rieducativa che a me fece più impressione della violenza stessa. 
Ivano Porpora, nella postfazione, si chiede chi siano le due protagoniste, Amalia e Lia, vissute a distanza di cento anni, ed eppure segnate da un destino che l'Agenda 2100 vorrebbe incanalare. raddrizzare, perfezionare. Ivano risale anche ai Vangeli per dire qualcosa sulla serietà e sulla leggerezza, in un momento storico che ci richiede attenzione e sacralità 
Leggendo faccio salti temporali e leggendo ho sensazioni di déjà-vu leggendo ritorno a Platone, al suo inutile sognare di poter aggiustare le cose di Atene con la filosofia, le cose degli uomini con la filosofia, le cose che ci accadono e chi noi siamo con la filosofia. 
Il racconto di Sara Maria Serafini scritto con bravura e competenza conferma le doti di una scrittrice sempre più rivolta ad analizzare le pieghe dell'animo umano, i contorni e gli spazi, l'architettura del nostro abitativo in un contesto politico di redenzione e punizione, di male e bene, eterna duplicità della storia
Un plauso all'autrice e un plauso immenso a Divergenze e a Fabio Ivan Pigola editore nel Regno della Litweb 
Ippolita Luzzo
     
𝗦𝗮𝗿𝗮 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗮 𝗦𝗲𝗿𝗮𝗳𝗶𝗻𝗶 è laureata in Ingegneria, PhD in Urbanistica, insegna ed è direttore di RISME rivista e servizi editoriali. Suoi racconti sono usciti su diverse riviste (Carie, Crack, L’Irrequieto, Narrandom) e in antologie (due delle quali edite da La Stampa e Giunti Scuola). Ha pubblicato i romanzi 𝘘𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘶𝘯𝘢 𝘥𝘰𝘯𝘯𝘢 (2019) e 𝘓’𝘢𝘮𝘰𝘳𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘥𝘦𝘷𝘪 (2021) per Morellini Editore. Il racconto lungo selezionato è uscito da poco col titolo 𝘙𝘪𝘨𝘦𝘯𝘦𝘳𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘒035 per Divergenze.

mercoledì 14 dicembre 2022

L'intelligenza artificiale vincerà il Nobel?


 Le conquiste della scienza spazzano via ogni pretesa di individualità e con l'intelligenza artificiale si può avere opere d'arte e racconti, si può superare il fastidio di avere a che a fare con un essere umano limitato e insicuro, imprevedibile e umorale. 

Basterà chiedere ad una macchina, ad un computer, ad un programma e romanzi avvolgenti verranno scritti, serie televisive verranno sceneggiate, opere d'arte stampate e voilà. 

Non è questo il nuovo che avanza insieme allo sfacelo della sanità pubblica, insieme allo sfacelo dell'attenzione verso la scuola, verso ogni istituzione che possa garantire la dignità di non chiedere? 

Avremo invece tutto sintetico e forse neppure ci ricorderemo più di come si fa ad essere umani, a fare una pur misera telefonata ormai superata da un vocale WhatsApp, a fare una passeggiata, una lite normale e non un batti e ribatti e su un social. 

I segnali del nulla ormai sono qui a farci compagnia nel cercare un momento consolatorio. 

Non ci sono più non ci sono più i simboli di riferimento, non ci sono più vergogna pudore rispetto attesa, non ci sono più fiducia sorriso e riconoscenza.

Nel duemila e ventidue che se ne va se ne va tutto quello che si era creduto facesse parte dell'umanità. 

Il 2023 è l'anno del Coniglio d'Acqua.

Secondo il calendario cinese, ad ogni anno corrisponde un animale dello zodiaco cinese, seguendo un ciclo di 12 anni.

sarà un coniglio artificiale

Ippolita Luzzo 

giovedì 1 dicembre 2022

Filippo Polenchi La Casa in fiamme


 Edizioni Industria &Letteratura per la collana L'Invisibile pubblica dopo Giordano Meacci "Cittadino Cane", e Nicola Feninno "Una storia vera", Filippo Polenchi "La casa in fiamme". 

La casa editrice era nata nel 2015 dall’idea di un gruppo di amici, che vollero concretizzare un progetto di ricerca storica sui partigiani (La memoria che resiste – Vol. 1 e La memoria che resiste – Vol. 2), e dopo poche altre pubblicazioni, ha sospeso le attività fino al 2020. Nell'estate del 2020 è ripartita con la collana Pianeti erranti, cui è seguita l’avventura di Poetica, vera collana-anima della casa editrice, che, con il primo titolo "Quanti" di Flavio Santi ha vinto il Premio Viareggio-Rèpaci.

Oggi la casa editrice è diretta da Gabriel Del Sarto. 

"L’invisibile è una collana di narrativa, diretta da Martino Baldi, che vuol mostrare le infinite possibilità del racconto lungo, una misura poco frequentata dall’editoria attuale, e invece tanto gravida di possibilità come strumento di rappresentazione, approfondita e sensibile, anzi ultrasensibile, della realtà."

La forma del libro è da tenere in tasca, come un amico, come un'agenda da consultare, un piccolo block notes per gli appunti. 

Il contenuto è un racconto lungo, invisibile nel suo significato più profondo, la realtà che sta e che ci brucia 

Sembra di stare sempre sospesi fra quel nulla e quel niente che ci appartiene, mentre seguiamo il protagonista alla ricerca di una stanza in affitto, non avendo un posto dove abitare, ha perso la sua casa nel fuoco dell'incendio.

Siamo ospiti anche noi ora in questa casa abitata da alcune ragazze, ne impariamo i nomi: Velma, Felicia, Elena, Stella, un ragazzo coreano che non dice una parola e un quarantenne. 

Ci sarà quel giorno un evento millenario, un allineamento di luna, terra e sole  e sarà il giorno più buio degli ultimi quattrocento anni. Incontriamo Clarissa dai capelli medusei e sappiamo che la casa, l'appartamento ha un vicino pazzo. 

Sono pezzi di umanità senza passato senza presente, sono pezzi di umanità senza ricordi, e l'unico che ha un frammento, alcuni frammenti, è il protagonista. Lui ha conservato dall'incendio in cui ha perso casa alcuni frammenti e fra questi una fotografia che porta con lui per tutto questo tempo. 

"Vedere questa immagine, questa fotografia, ammesso che si tratti di una fotografia, è il tipo di esperienza che immagino debba avere uno che sta per diventare cieco." 

Il racconto ipnotico e coinvolgente di Filippo Polenchi ci riconcilia con la lettura, con la musicalità della colonna sonora indicata: Massimo Volume , Stanze, del 1993. 

Suonano le stanze abitate da solitudini inquiete, suonano le stanze abitate ma in realtà disabitate da un vivere senza un rituale da rispettare, suonano i gesti e le frasi, suonano senza pietà, senza un altro che raccolga e conserva quel suono, quella fotografia, e ci ridia il senso del vedere e del sentire. 

Un racconto amatissimo nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo 


martedì 15 novembre 2022

C'era una volta il Regno della Litweb. Due Fiabe per l'Uniter

Il racconto con due fiabe sui dieci anni del Regno della Litweb, un regno fantastico e magico: Il regno della fantasia
Le fiabe sono costruzioni fantastiche e magiche, senza un luogo di riferimento, senza uno spazio ben delimitato, senza un tempo, il tempo è il c'era una volta, lo spazio è un castello, una torre, i personaggi hanno poteri magici perché  nella fiaba troviamo proprio la presenza dell'elemento fantastico e magico.

Fra i creatori di fiabe più celebri troviamo il danese Hans Christian Andersen, l'italiano Carlo Collodi autore di Pinocchio, ricordiamo la fiaba di Peter Pan, quella di Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e le fiabe di  Gianni Rodari 


Fra gli autori più famosi di fiabe ci fu in Italia Giambattista Basile che, nel XVII secolo, scrisse il Pentamerone o Lo cunto de li cunti, in cui rielaborò in lingua napoletana cinquanta fiabe popolari, o in Francia Charles Perrault che scrisse, sempre nel XVII secolo, I racconti di Mamma Oca ispirandosi a motivi popolari. Un posto a parte nel nostro cuore occupa Letterio Di Francia con Re Pepe e il vento magico, raccolta di fiabe e novelle calabresi. Re Pipuzzu fattu a manu impastato di fantasia  

Tutto questo per dire che stiamo sul terreno fiabesco con l'invenzione di un regno che non esiste, non ha un terreno, non ha confini e non ha neppure istituzioni e tesserino. Un regno costruito come un'astrazione mentale sulla falsariga delle fiabe di cui vi ho detto. 

Il 20 maggio 2018 scrivo spiegando cosa fosse il regno della Litweb con una fiaba 


DOMENICA 20 MAGGIO 2018

Il marchese di Carabas c'est moi


Scherzosamente mi diverto ad affermare di essere come il personaggio della nota fiaba popolare "Il gatto con gli stivali". 

In quella fiaba raccontata nella seconda metà del ‘500 quando Giovanni Francesco Straparola la incluse nella raccolta intitolata Piacevoli notti, con il titolo di "Costantino Fortunato", da Basile e  Perrault, si narra: "Un mugnaio, morendo, non lasciò altra eredità ai suoi tre figliuoli che un mulino, un asino e un gatto.

Le divisioni perciò furono presto fatte, e non ci fu bisogno di chiamare né il notaio, né il procuratore, i quali avrebbero finito col mangiarsi anche quel poco che c'era.

Il maggiore si prese il mulino, il secondo l'asino e il più giovane dei fratelli dovette accontentarsi del gatto."

Nella miseria più totale il giovane si dibatteva quando il gatto chiese al suo padrone un sacco e un paio di stivali. Così attrezzato il gatto andò nel bosco e catturò di volta in volta un coniglio e due pernici che offrì al re come dono del suo padrone, il marchese di Carabas. Un bel giorno il gatto viene a sapere che il re sarebbe passato in carrozza lungo la riva del fiume assieme alla figlia e dice al padrone: "Se badate al mio consiglio, la vostra fortuna è fatta: andate a fare il bagno nel fiume, fingete di annegare nel punto che io vi indicherò, e poi lasciate fare a me". Così fu e il re riconoscendo il gatto con gli stivali nella strada a chiedere aiuto per il suo padrone subito diede ordini di salvare il giovane. Mentre proseguivano verso la città reale il gatto era andato avanti ad istruire e minacciare i lavoratori a rispondere come aveva loro impartito. Così alle domande del re su chi fosse il proprietario di quelle terre essi rispondevano: Del marchese di Carabas.

Con questo stratagemma il giovane fu accolto alla reggia e alla fine sposò la principessa. Una fiaba.


Da sei anni a questa parte faccio uguale, porto pernici e conigli al re di un territorio letterario e quando mi chiedono chi manda questi doni rispondo che sono doni del regno della Litweb, unendo in unico personaggio il gatto e il marchese. Esiste un regno della Litweb? la risposta, nella fiaba, è sicuramente sì.

Come il marchese di Carabas: Un espediente, un personaggio inventato tramite il quale poter aver accesso nel regno delle costruzioni immaginarie.

Esiste l'isola del tesoro? Esiste Vigata? Esistono le città invisibili di Calvino? Esistono nella stessa eccezione del regno della Litweb. Hanno vita e riferimenti come se ci fosse per loro una collocazione fatta di interazioni, di meme, di associazioni e collegamenti mentali in un mondo a parte. "Atlante dei luoghi letterari" è il libro a cura di Laura Miller. 

Creare un personaggio significa farlo vivere, inverarlo e impersonarlo, come il Marchese di Carabas, nel gioco letterario dei luoghi creati dalla fantasia.


Con un altra fiaba invece vi racconto la strada che gli abitanti del Regno della Litweb hanno scelto, la strada del fanciullo che grida Il re è nudo nella celebre favola di Andersen i vestiti nuovi dell'imperatore.  La strada di coloro che non si uniformano all'applauso generale

La fiaba parla di un imperatore vanitoso, completamente dedito alla cura del suo aspetto esteriore, e in particolare del suo abbigliamento. Un giorno due imbroglioni giunti in città spargono la voce di essere tessitori e di avere a disposizione un nuovo e formidabile tessuto, sottile, leggero e meraviglioso, con la peculiarità di risultare invisibile agli stolti e agli indegni, oppure a chi ricopre un incarico non avendone le competenze 


I cortigiani inviati dal re non riescono a vederlo; ma per non essere giudicati incompetenti, riferiscono all'imperatore la magnificenza del tessuto e danno incarico di preparare un abito. Quando l'abito viene consegnato, però, l'imperatore si rende conto di non essere neppure lui in grado di vedere alcunché; attribuendo la non visione del tessuto a una sua indegnità che egli certo conosce, e come i suoi cortigiani prima di lui, anch'egli decide di fingere e di mostrarsi estasiato per il lavoro dei tessitori.

Col nuovo vestito sfila per le vie della città di fronte a una folla di cittadini i quali applaudono e lodano a gran voce l'eleganza del sovrano, pur non vedendo alcunché nemmeno essi e sentendosi segretamente colpevoli di inconfessate indegnità. Questa specie di incantesimo finisce al che un bambino, sgranando gli occhi, grida con innocenza "Ma il re non ha niente addosso!" (o, secondo una variante, "Il re è nudo!"). Ciononostante, il sovrano continua imperterrito a sfilare come se nulla fosse successo.

Solo una fiaba? Io non credo. Impariamo a riconoscere i segni.


Cultura vuol dire vedere il valore di uno scritto, di un pensiero, di un abito e saper districarsi dall'omologante applauso indistinto. Cultura non è un tesserino, una iscrizione ad un ordine per poter scrivere o intervistare, cultura è il grido di quel bambino, non infinocchiato dai pubblicitari di allora.


Troveremo il bambino che gridi per noi? Per noi che asseriamo di esser cultura? Forse una pernacchia ci starebbe bene. Impariamo a far le pernacchie… 


Nelle fiabe poi restiamo e sempre nel Regno della Litweb le racconteremo o ci racconteranno con un semplice pezzo per dire Dove ritorniamo, raccontando una vita come se fosse la vita di tutti con due pennellate 


Dove ritorniamo        

6 luglio 2011

Nella circolarità della nostra vita ritorniamo sempre all'infanzia, all'adolescenza, tutto quel che succede dopo è un giro di giostra, una schermata e poi l’infanzia ci insegue e ci riporta indietro. 

A lei ritorniamo più o meno consapevoli, più o meno felici, più o meno soddisfatti. 

Le rondini di maggio, i loro voli, circolari, rasenti il mio balcone e di fronte la Chiesa barocca, il suo bellissimo giardino che nessuno ricorda più.

La nonna che fumava qualche sigaretta, di nascosto, come una ladra, dietro una finestra, lo zio lento, maldestro, che sicuramente avrebbe rotto qualche tazza, avrebbe versato il latte per le scale. 

La mia mamma che lavorava, con i capelli corti, un foulard in testa, scendeva in una botola, prendeva la carbonella, preparava un braciere per una serie di maschi ai quali era d’uopo riscaldarsi. 

Le donne di casa preparavano grandi ceste con cenere fumante e le lenzuola bianche sotto la cenere profumavano, di buono, di famiglia.

Ugo mi accompagnava a scuola, Palma veniva dalla nostra campagna, dormiva da noi il sabato, poi  ritornava alle sue galline, ai suoi cani, ai gatti.

La cucina in muratura, il forno a legna per fare il pane, i taralli per Pasqua, con l’anice nero, ed il baccalà con le patate del venerdì.


Come se fossi ancora in quella casa dove peraltro non vivo più da tanti anni.

Ma non sono vissuta  da nessuna altra parte, non ho ricordi delle altre case dove ho abitato, non ho ricordi di questa dove abito da più di quindici anni. Tutti noi non andiamo da nessuna parte, ma è bello andare. 

l tempo è circolare, nulla si perde e tutto è per sempre, ma la selezione annulla il superfluo, il banale, il quotidiano, annulla lo squallore di una vita falsa e ci ridà le immagini essenziali a dirci chi siamo.

Nella favola bella che ieri ci illuse e oggi ci illude nel grande gioco letterario del Regno della Litweb

Ippolita Luzzo  

sabato 12 novembre 2022

Nota Stonata Carlo Greco e Giuseppe Pambieri



Una piccola orchestra il suono di Mozart e la ignobile guerra

 «Nota stonata», pièce di Didier Caron di gran successo a Parigi, proposta in prima nazionale il 22 agosto al festival di Borgio Verezzi nel 2021 e premiato come migliore spettacolo, ora ritorna in prima nazionale a Catanzaro, Lamezia e Caulonia per AMA Calabria, associazione che dal 1978 promuove stagioni musicali e stagioni di prosa 

Stasera a Lamezia, al Teatro Grandinetti, per me è l'occasione di incontrare Carlo Greco, già conosciuto sul set delLa Terra Senza, il film di Moni Ovadia con sceneggiatura di Anna Vinci. 

Ci rivediamo e al chiuso del camerino, come al chiuso del camerino sarà poi lo spettacolo io rivolgo a Carlo alcune domande.


Carlo, come hai incontrato il testo e deciso di tradurlo? 

Ero a Parigi in vacanza e sono stato attratto da un grande cartellone con due visi di uomini più o meno della mia età. Incuriosito decido di andare a vedere lo spettacolo. Cerco i biglietti, spiego che sono un attore italiano e che voglio vedere assolutamente lo spettacolo. Non vi sono posti, ma dietro mia insistenza mi danno due posti in alto nei palchetti e mi lascio irretire da uno spettacolo intrigante. 

Chiedo subito il testo. Per fortuna l’autore del testo è anche il direttore artistico del teatro. Lui dopo aver cercato mie notizie su Google decide di darmi fiducia. Mi darà il testo e io lo traduco dal francese in italiano e poi vado alla SIAE per iscrivermi e per iscrivere il testo e decido che farò lo spettacolo. Il mio primo spettacolo con testo da me tradotto, il mio primo spettacolo come organizzatore, chiedo a Moni Ovadia la regia e scelgo Giuseppe Pambieri, lui mi sembra e lo è perfetto e fra un lockdown e un altro andiamo in scena. Da subito vinciamo un premio


Carlo mi chiede se voglio parlare con Giuseppe Pambieri e mi accompagna da lui e qui avviene il mio surreale dialogo con lui. Certo Carlo presentandomi gli ha detto che ho scritto cose molto belle sul film La terra senza, film di esordio alla regia di Moni Ovadia, con sceneggiatura di Anna Vinci, gli ha detto che sono una sua amica. Ed eccomi con Giuseppe che giustamente mi chiede se sono io la giornalista e io rispondo di no. Anzi aggiungo che non so chi io sia se non vagamente somigliante ad uno dei personaggi dello spettacolo di questa sera. Lui sorride mi risponde gentilissimo e io guardo la pistola sul tavolo e lui mi rassicura sull'uso in scena dell'arma  raccontandomi come abbia subito accettato la proposta di Carlo e come abbia trovato il testo perfetto e come ogni parola abbia un suo significato in una architettura perfetta del dialogo.

Di architettura parlerà Carlo ma Giuseppe uguale aveva detto nel senso che lo spettacolo iniziato in modo leggero e anche divertente si svolge poi aumentando la tensione fino alla svolgimento finale dove ogni parola trova il suo significato, la spiegazione.


Resto a teatro, arriva la stampa, arriva la televisione, ed io ascolto le risposte alle domande e faccio le foto alla stampa che raccoglie dei due attori il momento in cui sono pronti, sono concentrati e stanno per lasciare i loro nomi per diventare sulla scena altro, ma scelgo fra le tante foto questa nei saluti, questo momento di complicità e di scioglimento della tensione fra gli applausi del pubblico. 

Nel risentirmi addosso la serata e nel rivedere la tematica che si svolge in un camerino mi chiedo come possano succedere nella storia degli uomini tante nefandezze e come ognuno poi rimuova gesti orribili per poter sopravvivere 

 "L’azione si svolge presso la Filarmonica di Ginevra, nel camerino del direttore d’orchestra di fama internazionale Hans Peter Miller. Alla fine di uno dei suoi concerti, nel camerino di Miller, si presenta uno spettatore, Léon Dinkel, dicendo di essere un grande ammiratore del maestro, venuto dal Belgio per applaudirlo. Più il colloquio, fra i due si prolunga più il comportamento di questo visitatore diventa strano e oppressivo. Chi é dunque questo inquietante Signor Dinkel?  Cosa vuole dal direttore Miller?”

I destini individuali si incrociano e si incontrano con i destini di tanti altri, e il destino di un singolo è la somma del suo accidentato passare insieme a tanti altri nella storia universale e i due uomini che apparentemente nulla hanno in comune sono entrambi vittime e carnefici di un orrore chiamato nazismo, chiamato olocausto, chiamato Shoah, chiamato dopo in qualche modo per non dimenticare l'orrore che viene perpetrato sia verso le vittime che verso i carnefici costretti a diventare carnefici per paura, per obbedienza, per debolezza. 

Il senso del testo ci lascia nella triste e sconsolata consapevolezza dei conti da fare con il passato, della impossibilità di una redenzione dei difetti umani, e nell'urlo disperato del direttore Miller siamo tutti impietriti davanti alla possibilità di vivere tempi altrettanto pericolosi. 

Non a caso lo spettacolo teatrale è stato proposto da  Rai Cultura  in prima Tv il 30 gennaio  su Rai5 nei giorni in cui si commemorano le vittime dell’Olocausto e ricorre il Giorno della memoria.   

Ippolita Luzzo 


venerdì 11 novembre 2022

Alessia Principe incontra il Regno della Litweb ed è subito amore

 Nel regno di Ippolita Luzzo, dieci anni fa creò il blog “Litweb”: il suo canto (letterario) libero

VIDEO | La appassionata critica, originaria di Lamezia, ha presentato a Cosenza il suo libro “Il primo pezzo non si scorda mai” (Città del Sole) che ripercorre i primi passi di un blog diventato di culto https://www.lacnews24.it/cultura/nel-regno-di-ippolita-luzzo-dieci-anni-fa-creo-il-blog-litweb-il-suo-canto-letterario-libero_162405/?fbclid=IwAR3c1lPYwW1kiGY6TGTmZFmvM4SPXSL15nGtnEc0oqtyX0ThXvdbc6vtdRg

Svelta, leggerissima nel passo anche sui terreni sdrucciolevoli dei temi considerati “intoccabili”. Chiedete a Ippolita Luzzo, critica letteraria senza polvere sulle spalle, cos’è la letteratura calabrese, vi restituirà un sorriso. «Non c’è, così come la letteratura femminile, non esiste». Eretica al punto giusto, indomita Joan de Wad, sovrana degli spiritelli dei boschi antichi nel Devon, ti travolge in un temporale estivo di calura e tempesta, scaldandoti al fuoco fatuo di un notturno in brughiera. Coltissima e affilata, non le manda a dire, non si incatena negli stereotipi, il suo è il canto libero di una sirena senza malizia. «La letteratura non può avere recinti di genere o geografici, è letteratura, punto. Esiste solo la scrittura e narratori che hanno la capacità di farsi strada ovunque grazie alle proprie idee».


A Cosenza Ippolita ha presentato il suo libro “Il primo pezzo non si scorda mai” (Città del Sole, pagg 96, euro 12) insieme alla giornalista Rosalba Baldino e al libraio Pino Sassano (Mondadori Cosenza), che ripercorre, titolo per titolo, il primo anno del “Regno della Litweb”, una contea virtuale che affaccia su promontori d’arte. Pittura, poesia, narrativa, impressionismi affettivi, disegnano lo skyline di uno spazio abitato da persone reali e non da fantasmi di avatar che passano e vanno via.

Il peso specifico delle parole

“Esiste l’amore, ne sono certa, esiste e continua a creare, a conoscere, a comunicare che la vita è amore, che mangiare un gelato allo yogurt bianco sulle strade di un paese sconosciuto può essere il più bel momento amorevole della nostra estate”, scrive sul blog. A Cosenza parla del suo amore per il giornalismo d’antan, quello delle lotte e dell’Europeo, degli editoriali che facevano opinione e tremare i polsi. In quei tempi la recensione era attesa e temuta, a scrivere di cultura era Claudia "Acidy" Cassidy, Oltreoceano, o la cianurica penna di Elsa Maxwell. In Italia, invece, Camilla Cederna allentava le trame del potere alzando un sopracciglio. Sembrano trascorsi duecento anni. Allora non c’era il chiasso multiforme delle espressioni sconnesse e ultrapop che i social riempiono con sacchi di "like", ma le parole erano mattoni e contavano perché avevano un’anima in ferro e non in bit.


C'era una volta la Nutella

Tutto è cominciato con un pezzo sulla Nutella, datato 2012. Le confessioni di uno scrittore che cercava conforto. Da lì una cavalcata infinita. Ippolita Luzzo nel 2013 vince il premio Parole Erranti il 5 agosto 2013 a Cropani, nell’ambito dei Poeti a duello, nel 2016 il concorso “Blog e Circoli letterari” indetto da Radio Libri a Roma. Dal 2017 fa parte della giuria del Premio Brancati e nel 2018 si aggiudica il Premio Comisso #15righe, dedicato alle migliori recensioni dei libri finalisti. Il suo blog viene nominato dal sito Correzione di Bozze fra le riviste letterarie più autorevoli. La Classifica di Qualità della rivista L’Indiscreto ha anche la sua impronta come giurata. Ippolita è ricercatissima nella sfera della narrativa, nel 2021 è presidente di giuria del concorso Sperimentare il Sud e nel 2022 è in giuria nel Premio Malerba. I giovani autori vedono in lei un porto in cui respirare, rifornirsi di idee e spunti, prima di riprendere il mare in perfetta solitudine, così come deve essere.


giovedì 10 novembre 2022

Dario Pontuale Certi ricordi non tornano Carta Canta Editore 2018


I libri non hanno una data di lettura e a volte scelgono loro stessi di essere letti, come nel caso del libro di Dario Pontuale che da qualche giorno decide di uscire dalla libreria del soggiorno e offrirsi in tutta la sua storia ora a me vicina. Lo leggo con una diversa partecipazione in questi giorni, stamattina ne parlo con una amica, passeggiando al Parco Impastato, con un'amica che sta vivendo la scomparsa della memoria di sua madre, il suo non essere più riconosciuta, il suo non poter capirla più, scomparsa la madre nelle nebbie di una malattia su cui ancora non vi sono soluzioni. 

Alfiero, uno dei protagonisti della storia viene colpito dall'Alzheimer e perderà i ricordi, però i ricordi sono qui sul foglio, sul libro, e noi sfogliando possiamo ritornare all'incontro fra Alfiero un bibliotecario volontario, non di professione, e Michele, l'adolescente sorpreso a dipingere una A di anarchia su un muro del civico 49, il palazzo dove entrambi abitano e situato in un quartiere periferico della città, un quartiere nato intorno ad una fabbrica di liquori ormai dismessa La Fortezza. 

La Fortezza è diventata altro nel tempo, un luogo di incontro e di eventi, un luogo di aggregazione, ma la società proprietaria dell'impianto vorrebbe di nuovo riprenderla.

Un libro non è solo trama però, un libro parla se dice tanto altro e a noi dice di un rapporto di crescita e affettuoso fra Alfiero e Michele, il figlio che Alfiero non ha avuto ma che ha scelto. Lui e Luciana non avevano potuto avere figli per un incidente occorso alla moglie, ma Michele è il figlio voluto e incontrato, il testimone di tante letture, di tanti momenti, è colui che deve conservare il segreto di una confessione. 

Bello il rapporto di coppia fra Alfiero e Luciana, bello il rapporto amicale filiale fra Alfiero e Michele, fra Michele e Luciana, più di quello di Michele con i suoi familiari, perché sono più belle le famiglie scelte di quelle che a cui si appartiene per nascita, bello trovarsi e ritrovarsi sulle letture insieme, su L'isola del tesoro, su Delitto e castigo. Bello ritrovare nel baule di Alfiero tutti i volumi sull'anarchia, sugli anarchici e in fondo il libro è su di loro, sugli anarchici. 

Comincia con un A di Anarchia dipinta su un muro del civico 49 e continua con la storia di anarchia del padre di Alfiero, fino al ritrovamento di Bakunin, Kropotkin, Proudhon, nel baule di Alfiero, l'uomo con gli occhiali di Pertini. Non solo gli occhiali, dire io. e nel baule una firma Jules Bonnot, una frase sulla morte come destino degli anarchici ma se uno sopravvive spiegherà al mondo le ragioni dell'anarchia. E poi il libro di SunTzu L'arte della guerra, un libro di sapienza e di saggezza, un libro sul conflitto, sul conflitto dentro di noi e intorno a noi. 

Dario Pontuale ama i libri e ce li fa amare rendendoli vivi nelle storie che racconta, facendoli di nuovo protagonisti di storie a loro volta e io amo i libri che parlano di altri libri raccontando le storie degli uomini, delle donne, alle prese con il flusso incessante del tempo che tutto involve meno i libri, i libri restano senza essere trasformati dal fluire del tempo, sono ricordi e sono letture, sono il presente. 

Tutto questo mi fa pensare la lettura del bel libro di Dario Pontuale che raccomando a chi legge nel Regno della Litweb

Ippolita Luzzo