mercoledì 26 gennaio 2022

Giorno della memoria

 2015 Il danno: Se pigio un bottone che danno faccio? Se io devo solo timbrare cosa può importami di quello che timbro? E se sto al forno e ti vedo bruciare io devo soltanto chiudere la bocca, la bocca del forno.

Il danno volto non ha ed immemori, inconsapevoli, tutti hanno collaborato ai vari nazismi, e capitalismi, ai comunismi e dittature di tutte le taglie e di ogni periodo. 

Se si declina alla libertà individuale resta un collaborazionismo che incolpevoli vi farà sentire  dopo aver chiuso il gas.

lunedì 24 gennaio 2022

Viviana Fiorentino Trasferimenti


"La cifra nel tessuto" è il titolo della prefazione di Marilena Renda alla raccolta di poesie di Viviana Fiorentino e leggendola mi è tornata in mente una conversazione sulla scrittura di Antonio Tabucchi con Luca Cherici "Dietro l'arazzo"
In questa conversazione Tabucchi ci racconta che i filosofi taoisti chiamano lo specchio "lo sguardo ritornato" uno sguardo che torna indietro. 
"Trasferendo questa situazione spaziale su un piano temporale, se noi potessimo tornare indietro e ripercorrere, come in un imbuto, la nostra vita, sarebbe già un'altra maniera di avvicinarsi ad essa scrivendo. La nostra vita scritta è come uno specchio, e tutto si capovolge." La vita si può solo vivere, conclude Tabucchi, e per lui la letteratura è un giardino ordinata, ciò che si mostra agli altri. 
La realtà è indecifrabile e trovo che questo dire di Tabucchi abbia molta vicinanza con la tensione di Viviana a stare in "Un posto per vivere" come conclude il "Canto"
Le poesie di Viviana Fiorentino sono parlanti e ci invitano ad amare il dialogo, l'altro, gli affetti, la terra, a sentirci insieme in qualunque paese si abiti. 
A leggerle rincuorano, si portano dietro come amiche.
"Manterrò alto il canto" con la parte dedicata ai distici greci, ai frammenti di Saffo
"Viaggiamo

e riceviamo
un vestito e anche un volto

dell'altro.

Soave è poi arrivare."
 
Nella felicità che siano arrivate per vie imperscrutabili nel Regno della Litweb le affido alla vostra lettura amandole immensamente
Ippolita Luzzo 

Viviana Fiorentino. Scrittrice, traduttrice e attivista, vive in Irlanda. Autrice di: In giardino (Controluna Edizioni), Tra mostri ci si ama (Transeuropa Edizioni); in antologia ‘Writing Home: the New Irish poets’ (Dedalus Press, 2019); ‘Days of Clear Light – in Celebration of Salmon Poetry at 40’ (Salmon Poetry, 2020). Una sua silloge è pubblicata da Arcipelago Itaca nel 2018. Sue poesie, racconti e traduzioni compaiono su blog letterari (i.e Nazione Indiana, Modus Legendi, Poetarum Silva, Culturificio, Carteggi Letterari, Larosadipiu, Formicaleone, Poethead) e su riviste internazionali (Abridged; The Trumpet 9 – magazine di Poetry Ireland; Mantis 19 – giornale di poesia della Stanford University; Honest Ulsterman; The Blue Nib Brumaria, FourXFour Poetry Journal; Paris Lit Up). Le poesie di Viviana sono state premiate e segnalate ai premi: Arcipelago Itaca, Bologna in Lettere, Premio Letterario Nazionale Gianmario Lucini. È co-fondatrice delle iniziative di attivismo poetico Sky, You Are Too Big and Letters With Wings, e del blog Le Ortique. Dal 2020 facilita workshops di poesia per minoranze culturali (Quotidian Word of the Street). Ha scritto per la rivista «TerreLibere» sui temi della politica delle migrazioni nel Regno Unito.
  

giovedì 20 gennaio 2022

L’assalto alla memoria

Giornata della memoria assaltata e trasformata. 

Usata per dire altro.

Periodi storici sempre più confusi e usati per rappresentare nuovi disagi.

Simboli non più. 

La memoria corta 

mercoledì 12 gennaio 2022

L'anno del Bradipo di Domenico Calcaterra


Per la collana Margini diretta da Filippo La Porta  Domenico Calcaterra pubblica nel maggio 2021 L’anno del Bradipo Diario di un critico di provincia. Il diario inizia dal 13 luglio, volendo proprio sconfessare le dicerie sul tredici o sul diciassette, numeri considerati forieri di disgrazie, chissà perché. Nel diario scorrono i pensieri, ma anche le conversazioni fatte con altri amici, come Marco Ciaurro, studioso e critico letterario, sulla difficoltà di vivere in periferia e dai margini cercare un dialogo verso il mondo.

 Confessa Calcaterra “Da oltre un anno non pubblico altro, sui social, se non simili iconici referti: messaggi in bottiglia abbandonati al mare della grande bolla; regesti, di volta in volta, dei miei umilissimi cimenti – perché il critico si cimenta dove il cuore lo fomenta».

 Nello scorrere il diario di un anno lento, non è il bradipo un animale lento per sua natura? Domenico Calcaterra riflette sui vizi di fare ogni volta coccodrilli esagerati in morte di qualche personaggio pubblico, di scrittori e giornalisti. Riflette sui libri in lettura e sulla nascita di un nuovo genere letterario, un ibrido fra narrazione e saggistica, un nuovo modo per parlare di altri libri insieme al disagio personale di poter diffondere proprio ciò che si ama di più in letteratura. 

Fra i tanti mi piace ricordare cosa direbbe Domenico a Collodi: ”fosse vivo ancora Collodi, come antidoto a quella dizione troppo consolatoria, e dunque in nome della perduta coerenza e verità della sua fiaba, gli chiederei senz’altro di restituire un più congruo suggello alle peripezie del burattino che potrebbe essere riscritto, con minima ma sostanziale variazione, pressappoco così: «– Com’ero buffo, quand’ero un burattino! e come ora son “pentito” di esser diventato un ragazzino perbene!...» (che poi dalla contentezza al pentimento, si sa, non di rado il passo è breve). Di questa abbacinante coltre di conformistica ipocrisia mi pare sia ammantata la nostra storia patria sin dai suoi albori.”

Domenico Calcaterra unisce il suo impegno di critico al suo lavoro da insegnante ed ecco:”13 ottobre, ore 12:07 Portare in scena. Per questa missione interpretativa l’insegnante e il critico si assomigliano. Entrambi cercano di rischiarare, attraversandolo, il mondo poetico di un autore; entrambi ambiscono a rievocarlo, tenendo insieme sentimento e concetto, desanctisianamente: «il critico» – come l’insegnante – «dee presentare il mondo poetico rifatto e illuminato da lui con piena coscienza». Estremizzando, per assurdo, l’insegnamento, come la critica, dovrà tendere alla poesia; farsi esso stesso poesia.” Non è una bellissima definizione?

Nel leggere il libro incontro tanti amici comuni e incontro molti libri che non ho letto, il patrimonio della letteratura è sterminato, ma sento l’urgenza di Domenico di far conoscere, di donarci la possibilità di andare a rileggere. D’altronde il filo conduttore è proprio la conoscenza, magari con lentezza, come il bradipo. 

Il diario termina il 13 luglio dell’anno dopo con una serie di dipinti, vere effigi della critica, le altre foto sono dell'autore e riguardano i personaggi veri del libro: suo padre (l'aviatore) e sua sorella (Basilisca).  il diario è solo un pretesto, un contenitore per consentire il massimo della libertà, un testo pienamente ibrido che gioca con differenti livelli di generi e di scritture, pur nell'unicità della voce e a un certo punto l'autore ci dice:" "Qualcosa di scritto, insomma, a cui affidare tutta la gioia, l’entusiasmo potenziale di cui sono stato, sono e sarò sempre capace: dia- rio personale e di lavoro, romanzo della mente, in cui tutto è vero (eccetto forse le date?). Ma si sa, il tempo della scrittura è altra cosa, vive entro una dilatata rincorsa."

Leggiamolo in Litweb 


Ippolita Luzzo



Domenico Calcaterra (1974) è dottore di ricerca in Letteratura Italiana, Cultore della materia presso il Dipartimento di Civiltà antiche e moderne dell’Università di Messina. Insegnante e critico letterario, alterna a saggi dal passo più analitico, come Vincenzo Consolo. Le parole, il tono, la cadenza (Prova d’Autore, 2007) e Il secondo Calvino. Un discorso sul metodo (Mimesis, 2014), la pratica di forme più condensate di scrittura critica, nella misura densa della recensione o del saggio breve (Niente stoffe leggere, Meligrana, 2013). Fra le sue recenti pubblicazioni: Lo scrittore verticale. Conversazione con Vincenzo Consolo (Medusa, 2014). Collabora con diverse riviste tra cui “L’Indice dei Libri del Mese” e “Succedeoggi”. 




sabato 25 dicembre 2021

Il discorso del regno


Cominciare dalla storia allarga e diluisce il nostro breve tempo ed eccoci stamane all'alba di un nuovo giorno con Re Giorgio e il discorso del re: "Era il 3 settembre del 1939, l'Inghilterra dichiarava guerra alla Germania, ponendo le basi al secondo conflitto mondiale.

Il Re non poteva dunque esimersi dal parlare al suo popolo per infondere forza e coraggio, proprio ciò di cui lo stesso Re necessitava per affrontare ancora una volta il temuto occhio del microfono, unico mezzo affinché il suo discorso potesse raggiungere i suoi sudditi.."

Cominciamo con le canzoni con un testo del 1976 di Mogol e Bruno Canfora, e voce di Ornella Vanoni: Datemi, un motivo semplice/ E saprò sorridervi/ Ma dove siete andati/ Amici del passato? Libera, finalmente libera..

e cominciamo a scrivere di questo anno sudato, sudatissimo, che va via, fra sudori e singhiozzi, fra silenzi e paure. Un anno che già non ricordo più, un anno che capiremo forse fra qualche anno ancora. 

L’anno delle tre dosi, l’anno del fuoco estivo, l’anno delle contraddizioni, l’anno senza più contraddittorio perché ogni posizione, ogni opinione, sembra una contraddizione. L’anno delle votazioni regionali per finta e per davvero, l’anno dell’economia, della finanza al potere della nazione tutta e dei morti sul lavoro, un lavoro sempre più vilipeso. Si allarga la forbice fra chi sta bene e chi sta male, fra chi ha e chi non ha i privilegi orribili di pensioni altissime, stratosferiche, di chi ha stipendi e redditi da poter amministrare con la ricchezza di uno solo intere regioni. 

Un anno orribile, ma come re Giorgio riuscì nel '39 a superare la balbuzie e a dare l'annuncio della guerra alla  Germania anche noi riusciremo a superare ogni sudorazione e dichiarare pace al regno intero

Nel Regno della Litweb pace e giustizia ma soprattutto equità

"Auguri di base su cui costruire altezze" da Emilio Leo 

Ippolita Luzzo


sabato 18 dicembre 2021

Maizo di Elena Giorgiana Mirabelli


Maizo, la voce narrante, è una tartaruga amica di tre ragazzini, i protagonisti del racconto di Elena Giorgiana Mirabelli: Mitja, Eco e Clio. 
Maizo è un racconto fotografia che ci porterà nella "selva oscura" della nostra infanzia. Nel momento in cui ancora non abbiamo sciupato definitivamente la nostra vita, nel momento in cui ogni scelta è possibile. Un racconto che ci mostra come ricordiamo. 
Nella testa fra vedere e immaginare non c'è alcuna differenza, così in Mitja uno dei personaggi. Con memoria e percezione conosciamo.

“Ecco, l’imprevedibile. Quando abbiamo scordato che i percorsi disegnati sulla mappa col righello sono linee potenziali e che non possiamo starci sopra in equilibrio? Che quelle linee che indicano la distanza fra la casa e il desiderio non sono nette ma piene di deviazioni?” #maizo il racconto sulle percezioni. 

Come Mitja non sente una distanza dagli oggetti, dal cielo, dalle pareti, da tutto. Tutte le percezioni per Mitja sono significative. Non seleziona pezzi di realtà, la realtà entra nella sua testa, in ogni istante.

 A pagina 26 e 27 ci sono le note di Elena sulla memoria e sul funzionamento del pensiero. Come ricordiamo, come percepiamo, di cosa ci meravigliamo, cosa scegliamo e in base a quale punizione noi reagiamo. Nel racconto i tre ragazzi vivono esperienze al limite della irrealtà, ma è una surrealtà, cioè una realtà amplificata, per far sentire più forte la costrizione e la voglia di liberarsene. Come liberarsi dalle costrizioni, "dallo spazio asfittico del destino" diceva una mia amica poetessa, come liberarsi dalle punizioni? Creando un luogo dove ci sarà una cerimonia, ci saranno dei riti. 

Maizo si prende subito un posto nel mio immaginario e si sistema nei ricordi come se ne facesse parte. Il luogo dove si svolge la prima parte della vicenda assume l’aspetto di una struttura, il gruppo appartamento, che allora negli anni ottanta accoglieva minori segnalati dal tribunale. Più o meno come La casa dei potenziali. Poi ci troveremo alle Terme, alle Terme sulfuree, dico a Elena Giorgiana Mirabelli, aggiungendo quanto lei riesca a creare con la scrittura luoghi reali unendo vari pezzi di luoghi diversi. Lei ci porta e noi la seguiamo insieme a Maizo in questa avventura, una novella di un realismo estremo tanto estremo da sembrare fantastico!

Maizo per me somiglia alle favole nere che mi raccontava mia nonna, i cattivi che tengono nella torre i bimbi, i bimbi che vanno via, le esperienze che ci fortificano, la trasformazione in una età adulta abituata ad un orrido che affascina. Si ci ritrova in un tempo senza tempo e vorrei affidare questa fiaba a tutti gli adolescenti affinché leggendo Maizo sappiano come Clio, l'altra ragazzina, sapere chi si è. E sui nostri desideri stiamo con Maizo nello stupore di saper ancora tracciare una linea, definire uno spazio, riconoscerci e darci una mano. 

Maizo nel Regno della Litweb fra le più belle letture del 2021

Ippolita Luzzo 





 “Nasce la nuova collana di Zona 42 dedicata alle Novelettes, una grande iniziativa curata da Chiara Reali che dice: 
A volte per raccontare un mondo (il mondo) c’è bisogno di centinaia di pagine, di più volumi. A volte per raccontare un mondo (il mondo) bastano poche parole: «For sale: baby shoes, never worn.» In Vendita: Scarpe Bimbo, Mai Usate” – il Romanzo più Breve (e Triste) della Storia

Più lunghe di un racconto, più brevi di un romanzo, le novelettes hanno un ruolo centrale nella letteratura di genere. 

Riguardo al titolo 42 nodi, abbiamo chiamato questa nuova collana 42Nodi: perché i nodi compongono le trame, i tessuti, gli intrecci di cui sono fatte le storie; perché mettono insieme e tengono unite le cose che sono separate.

Per chi se lo chiedesse: 42 nodi è anche naturalmente una velocità nautica, corrispondente a circa 77 kmh.


L'autrice, Elena Giorgiana Mirabelli 

Laureata in Filosofia, ha un PhD palermitano in tasca e il diploma della Holden nel cuore. È tra i fondatori di Arcadia book&service, agenzia di servizi editoriali di Cosenza ed è redattrice della rivista Narrandom. Configurazione Tundra (Tunué, 2020) è il suo primo romanzo. Altri suoi lavori sono apparsi in Nuvole Corsare (Caffèorchidea, 2020), L’ultimo sesso al tempo della peste (Neo Edizioni, 2020) e Human/. Corpi ibridi, mutanti e fluidi nell’universo del possibile (Moscabianca Edizioni, 2021). Maizo, novella per la collana 42 Nodi (Zona 42) è il suo ultimo lavoro. Ordisce trame, anche con la lana.

venerdì 17 dicembre 2021

Fabrizio Coscia Nella notte il cane

 


Per la collana S-confini diretta proprio da Fabrizio Coscia esce in questi giorni in Editoriale Scientifica il libro di Fabrizio dedicato al suo cane Pedro.

Il libro in una coloratissima copertina arancio con un'immagine tratta dalla raccolta Shima Shima 1904 di Furuya Korin ci immerge nei colori del limone, almeno una fetta sembra ci stia nell'opera, annegata nella spremuta di arancia.

I cani e noi, gli animali e noi, in un rapporto che da impossibile diventa realtà. Da Argo, il cane di Ulisse, che unico e solo lo riconosce, a Maipiù il cane che va a passeggio con Kafka

" Quando Kafka appunta sul suo diario la sua "passeggiata col cane" nel bosco di Planà sta scrivendo Indagini di un cane uno dei suoi racconti più complessi e più affascinanti, rimasto incompiuto. "

Fabrizio ha adottato Pedro nel novembre 2019 e lui presente nel parlare del cane si interroga se anche noi potremmo vivere semplicemente così come Pedro e non avere sempre bisogni di fare bilanci. 

Il libro diventa dunque un chiedersi se "davvero rischiamo di perdere il concetto di sotterraneo? ctonio, dal greco." e qui la confessione fra ciò che prima era possibile, portare a scuola i nostri amati Kavafis e Barthes e ciò che ora sembra non sia più possibile. 

E poi ci perdiamo insieme a leggere la lettera a Mister Higginson di Emily Dickinson nel mentre lei scrive quanto le manchi Carlo, il suo cane. Una lettera che noi sappiamo a memoria fra le tante lettere amate che ci fanno così come siamo. 

Capisco l'urgenza e l'affetto di Fabrizio, mentre scrivo io davanti ho il setter amatissimo, Gala, che mi rimprovera di averlo lasciato in campagna da sconosciuti, quando io passai di ruolo nella scuola nel 1984. Il libro è dunque un colloquio a più voci, un colloquio con gli altri scrittori, un colloquio con le letture, un colloquio con il dolore, con la malattia, con gli affetti, con il corpo, con lo sguardo e l'attenzione verso chi dipende da noi ma nello stesso tempo ci accompagna. 

Gala era la compagna di Dalì, la sua musa, ed è per questo che il nome scelto racconta la storia di ciò che sappiamo. 

Nel porgere a tutti voi in lettura questa opera deliziosa in regalo a chi ama i cani, ma anche a chi non ha ancora un cane, in regalo a tutti coloro che amano le buone letture, faccio gli auguri dal Regno della Litweb con Fabrizio Coscia e Linda insieme in un abbraccio fra noi esseri senzienti nel mondo animale.

Ippolita Luzzo