venerdì 13 marzo 2020

Il Microbioma del 2010

Natale 2010

Il Microbioma

La definizione “noi” comprende tutti i microbi con cui conviviamo.
Nove cellule su 10 non appartengono a noi, in senso stretto, ma a microbi. 
I nostri geni insieme ai loro formano un super organismo, il microbioma.
I microbi e anche i virus hanno un ruolo decisivo per tutti.
Dieci anni fa andava via il 2000, ora il 2010.
E’ bello sapere che la conoscenza cammina ed è in continua esplorazione di questo sconosciuto io che noi abitiamo.
La nostra casa, il nostro corpo, le nostre stanze più segrete, i nostri bisogni, le nostre pulsioni, i nostri desideri, i nostri dispiaceri.
Ogni tanto questa casa e queste stanze hanno bisogno di pulizia. Spolverare, spolverare. 
Raccolta differenziata. 
Quando facciamo pulizia nella nostra casa possiamo procedere con ordine, o con fretta, possiamo fare la raccolta differenziata o mettere tutto nel mucchio, e buttare via scegliendo cosa riporre di nuovo, in un fugace ripensamento.
Con la mani impolverate libri, giornali, quaderni…via.
Con decisioni meditate ci liberiamo di pensieri, di azioni troppe volte e troppo a lungo riposte in un angolo delle nostre stanze più segrete. 
Un bel falò e via…
scompaiono per sempre interi anni, amicizie, parole, fatti, ricordi…
Mi sarebbe sembrato inverosimile a 18, 20 anni. 
 Allora però le conoscenze non si erano evolute.
Ciò che si sapeva è stato via via superato dagli accadimenti che hanno sconfessato quel pensiero. Noi ora conviviamo con degli sconosciuti, i microbi, e mai avrei pensato di essere così ospitale con loro. 
Mai avrei pensato che dal 2000 al 2010 un decennio tumultuoso, una piena, avrebbe invaso e tracimato via con sé il pantano, l’acqua stagnante, dove noi rane (come Esopo racconta) gracidavamo in attesa.
Che cosa bella, che bella cosa… la conoscenza…!
Ippolita Luzzo 
 .

lunedì 9 marzo 2020

Natale 2009 al Golfo di Sant'Eufemia


Natale 2009 – Mattina al mare – Gizzeria Lido
nota musicale
Che cosa c’è
C’è che mi sono innamorata di te
C’è che adesso vivo bene se solo stiamo insieme...
Il mondo ci appartiene
Il mondo mio che è fatto solo di te
(Gino Paoli)

Osservo
Una coppia e un cane sulla spiaggia. Lui, t-shirt nera, jeans délavé, maglione nero sulle spalle, alto, capelli neri corti, camminata dinoccolata, calma, da cowboy, lei minuta, bionda, capelli corti, dolcevita nero senza maniche, pantaloni neri arrotolati ai  polpacci, scalza, corre, gioca con il cane, si ferma, fa fotografie a lui, al cane. Lui infila la felpa con il cappuccio nero, si ferma davanti a lei, il mare – le onde – lo sciabordio – lui lancia un sasso, il sole intorno a loro.
E’ natale, natale 2009, in Calabria.
Il cane scava una fossa. Ecco ora arriva sulla spiaggia un uomo conosciuto nel passato ormai lontano. Cosa so io di costui? Che era ricco, molto ricco, che ha venduto tutto, dilapidato, ed ora vive qui, forse, in questo luogo delizioso, il Golfo di Lamezia Terme, una insenatura tonda, come un ventre di una madre, con a chiudere il verde di una piccola pineta, da un lato, e con il verde più esteso a sinistra.
A sinistra un pescatore, le sue lenze stese, un secchio azzurro aspetta, lui si alza, prende una lenza e raccoglie il mulinello, controlla se il pesce ha abboccato.
Un ramo, una scultura, è poggiato plasticamente sull’arenile, l’uomo del passato telefona, si allontana, non mi ha riconosciuto.
Non sa più chi io sia. Mi dicono, i miei cari, che sono il nulla, il niente, forse non hanno tutti i torti. Ma è Natale, Natale 2009, al mare, a Gizzeria Lido.
Arrivano altri ragazzi con il cane, vanno via.
Il mare ha il colore del vetro, opalescente, grigio, azzurro, trasparente, la conca si delinea con una lunga linea iridescente, lattea, luminosa, lunga fino a Pizzo, una barca in lontananza, il sole si vela. E’ pur sempre dicembre, dicembre nel tempo dell’effetto serra. Le mie amiche telefonano – Auguri, Buon Natale –
- Grazie –  Sono quasi felice.
Non mi sono mai sentita meno sola di questo momento, con la penna in mano.
-         Grazie della compagnia –
nota musicale
C’è qualcosa nell’aria …. È una musica una musica ribelle……
(Pino Daniele)
 Ippolita Luzzo 



mercoledì 4 marzo 2020

La Rotta delle Nuvole di Peppe Millanta

Peppe Millanta è proprio così, come scrive. 
La rotta delle nuvole è la bussola che vuole dare in mano a chi viaggerà da ora in poi con la testa fra le nuvole. All'inizio sembra che non sappia come costruirla questa bussola e il racconto sembra perdersi in un girovagare biblico. Poi però trova il suo uomo, trova Luke Howard, Colui che ha dato il nome alle nuvole, e da quel momento si vuole leggere e rileggere la storia di questo chimico di trent'anni che lavora in una farmacia e che utilizza il laboratorio chimico sottostante per riunioni settimanali con l’Askesian Society. Ogni settimana si tengono conferenze scientifiche da parte dei soci, tutti quaccheri, che leggono e interpretano la Bibbia senza intermediari. Lui, quel 6 dicembre parla delle nuvole. 
“Se le nuvole fossero il mero risultato della condensazione del vapore e se le loro variazioni dovessero essere provocate soltanto dai movimenti dell’atmosfera allora il loro studio potrebbe considerarsi una inutile caccia ai fantasmi” 
Conosciamo la storia delle nuvole in questo modo così sorprendente e scopriamo che anche Goethe come noi voleva conoscere Howard, e scrisse poi dei versi in suo onore.
Era dunque il 1783 e Luke aveva dieci anni quando in Islanda a seguito dell’eruzione del vulcano Laki il cielo divenne altro e il ragazzo stava ad osservare. Osserva sperimenta e impara, osserva e riconosci i fenomeni, l’atteggiamento che sta alla base di ogni scoperta. Noi siamo contenti che sia questa la bussola di Peppe Millanta e siamo contenti di leggerlo imparando a guardare il cielo, a guardare le nuvole, oggi nel Regno della Litweb. 
Leggendo Incontriamo Ralph Abercromby, "sempre a inseguire le nuvole con il naso all'insù". Lui ci ha dato la faccia del cielo e nel 1896 avremo un libro con tutte le tipologie di nubi. 
Con la rotta delle nuvole di Peppe guarderemo al cielo con le parole di Lucio Dalla, con le canzoni di Lucio Dalla, al quale oggi dedichiamo il pezzo.
Ippolita Luzzo

martedì 3 marzo 2020

La Meravigliosa lampada di Paolo Lunare

La canzone è di Battiato "Strani giorni, viviamo strani giorni. Cantava, sento rumori di swing provenire dal Neolitico, dall'Olocene"
Viviamo strani giorni, mi canto stamattina. Vi consiglio in questi strani giorni la lettura di un libro delizioso e fiabesco, un libro incantevole, scritto da Cristò Chiapparino per la casa editrice TerraRossa. Uno dei libri più commoventi che io abbia mai letto.
Narra la storia di due persone che si conoscono sui banchi di scuola poi si sposano e Non fu un azzardo passionale, ma quasi un gesto dovuto. Si erano fidanzati molti anni prima sui banchi di scuola e non si erano più separati. Un giorno lui le aveva telefonato e le aveva detto «il nonno è morto, ci ha lasciato la casa» e lei gli aveva risposto «allora sposiamoci». Era andata così, semplicemente.
Entrambi si erano detti che nulla sarebbe cambiato, che dopo tanti anni il loro rapporto poteva considerarsi stabile, maturo; che, anzi, si sarebbe rafforzato adesso che avrebbero potuto vivere finalmente insieme, che tutto quello che avevano sperato per loro si stava avverando; si erano detti che quella casa in cui invecchiare insieme era l’ultimo pezzettino che mancava per rendere completa la loro felicità – che lei non avrebbe potuto avere figli per una questione congenita l’avevano scoperto già da qual- che anno e se ne erano fatti una ragione entrambi. La casa, il matrimonio, la vita insieme sarebbero stati sufficienti. Se lo erano promesso diverse volte nell'anno in cui avevano organizzato le nozze.
A quindici anni di distanza Paolo Lunare era convinto che quelle promesse valessero ancora. Solo che, sempre più di sovente, aveva avuto la sensazione che quella felicità si confondesse con tutto il resto, che fosse diventata sottofondo: una temperatura perfetta, così gradevole da perdere posizione nella classifica delle loro priorità. Se si fermava a riflettere sul suo rapporto con Petra, sapeva di amarla e di essere sereno con lei, ma non faceva più nulla per farglielo capire. E gli sembrava che lei si comportasse nello stesso modo. Lui però le stava costruendo la lampada  per renderla felice. Lei stava facendo qualcosa di altrettanto impegnativo per lui?” 

giovedì 27 febbraio 2020

Il ridicolo e pericoloso modo di fare del giornalismo di sciagura

Io lo chiamo giornalismo di sciagura il giornalismo che si compiace dei morti e delle calamità alla maniera di Bruno Vespa che negli anni ottanta domandava con gusto ad ogni disgrazia:- Quanti morti? Quanti Morti?- felicissimo se le cifre fossero esorbitanti e lui potesse continuare la diretta televisiva assaporandone il trionfo e i milioni di telespettatori incollati al suo dire. 
Era veramente sconcio e purtroppo ha fatto scuola continuando lui imperterrito a fare uguale e a creare una scuola di suoi epigoni che, ora dalle pagine del "giornale Libero" e dalle televisioni con Barbara D'Urso che si lava le mani e ci spiega come si intreccino le dita, seminano il panico nell'intera nazione italiana su un virus influenzale, contagioso e da tenere sotto controllo con gli strumenti adeguati della medicina. 
In pochissimi giorni il circo mediatico ha messo in piedi uno sciocchezzaio continuo e martellante tale da far intervenire il Presidente dell'Ordine dei Giornalisti. 
Credo che però i vari untori della parola dovrebbero essere messi in quarantena e chiusi, loro, in un luogo senza microfoni, per almeno un anno. Chissà se capirebbero! Non credo.
I danni arrecati poi dalla congiunzione fra un giornalismo scorretto e una classe politica incompetente si ritorceranno purtroppo sui tanti che hanno dovuto chiudere spettacoli teatrali e tour di presentazioni libri e sono questi gli incolpevoli a trovarsi in mezzo. 
Mi auguro che i giornalisti forieri di sciagure tacciano per sempre e che siano messi nell'impossibilità di creare ulteriori danni. L'anatema del Regno della Litweb ricada su di loro e impedisca loro di nuocere ancora. Amen   

L'Imitazione del Vero di Ezio Sinigaglia

Il libro è candidato al Premio Strega, segnalato da Lorenza Foschini. Ne siamo molto felici noi che leggiamo Ezio Sinigaglia e riconosciamo a lui uno stile originale e un raccontare che andrà oltre il momento attuale delle patrie lettere.
Da Il Pantarei a Eclissi, ed ora a L'Imitazione del Vero, Ezio ci stupisce con la diversità del racconto, sempre però ancorato alla bellezza della letteratura. Nell'Imitazione del Vero lui fa suo il linguaggio del Boccaccio e a tratti dell'Ariosto, una lingua antica e musicale, per darci l'idea di stare in un altro luogo, quello dei sensi incantati. 
" Viveva un tempo nella città di Lopezia un artefice di grandissimo ingegno donde la fama oltre le mura della città ed i confini medesimi del Principato volava tanto che nei più remoti angoli della Cristianità l'eco se ne coglieva"
e poi giungiamo leggendo a considerazioni siffatte " È ben vero che, fra le diverse cose umane, le quali tutte di leggierissimo momento sono, e di strettissimi confini, talché sempre dall'una sponda l'opposta si può vedere e dall'imboccatura il fondo e dal principio la fine, la potestà che più di ogni altra l'umana natura alla divina fa simigliante e le finite cose alle infinite e le mortali alle immortali è la virtù che ciascuno ha d'amare"
Nel Regno senza tempo e senza luogo della Litweb il racconto di Ezio sorride nel gioco amabile di una imitazione, nella seduzione che ciascuno di noi attua come forma di stare in vita per essere riconosciuti e sentirsi desiderati desiderando. Il linguaggio come una botte, una botte che ci aspetta tutti, fatta di suoni e di piacevolezze, di gioia e di grazia inaudita. La vogliamo tutti quella botte, costruita da mastro Landone per irretire Nerino, e costruita da Ezio per irretirci tutti nelle belle letture. 
Gustiamo questa prosa inusuale e tanto desiderata da far dire nelle motivazioni  a Lorenza Foschini"«L’imitazion del vero colpisce per l’eleganza e la ricercatezza della scrittura e per l’originalità del soggetto: un racconto amorale che ricorda per lo stile, l’ironia e la bellezza della prosa una novella di Boccaccio. In questo libro Sinigaglia mostra inoltre la sua singolare capacità di camuffare il lessico contemporaneo facendolo “sembrare” antico, sfruttando un’elegante sintassi e una prosodia della musicalità incantevole. É grazie a questi elementi stilistici e al ritmo serrato della narrazione che prende vita il racconto: una storia d’amore licenziosa e originalissima, un conte philosophique sulla natura misteriosa e oscura dell’amore “socratico” e sulle leggi del desiderio.
L’imitazion del vero è un libro che sorprende dal principio alla fine.»
Nel Regno della Litweb Ezio ha già vinto. 

Ippolita Luzzo 

lunedì 24 febbraio 2020

Andrea D'Urso Il Viaggio

"Rossana camminava senza sapere dove, non poteva fermarsi, doveva solo allontanarsi, il più possibile... Cercò nella borsa, cercò l'antidoto, quella poesia che si portava sempre con sé ormai e che ogni giorno andava a leggersi e a rileggersi. La curva della strada...La curva della strada dove semplicemente non si è visti, dove puoi metterti lì e aspettare, dove puoi essere aspettato, dove ci si ritroverà, dove non esiste l'ultima volta"
Da non credere: leggo Il viaggio di Andrea D'Urso e vi ritrovo una mia amica, o almeno io leggo per qualche tratto di somiglianza, una storia quasi conosciuta. Anche la mia amica ha il glaucoma, anche la mia amica è di Trapani. 
Io poi mi sento partecipe come se avessi già letto "Il viaggio" in un altro momento della mia vita e forse sarà così. 
Scritto con sensibilità e vicinanza Il viaggio commuove e conquista per il peregrinare interiore che ognuno di noi fa avanti e indietro sulle strade e sui bivi che percorriamo. 
La protagonista avrà più o meno la mia età e mi ritrovo quasi a darle una mano e a dirle che il vivere può essere fantasia se c’è l’entusiasmo di voler cambiare. 
Insieme a lei vediamo e non vediamo i coprotagonisti, i genitori di lei, il marito, i figli e poi un altro, un altro amore finito, finiti, nel giro dei giorni senza chiarore. 
E allora non ci resta che piangere e così faccio io, io che aspetto a mia volta risposta da una Tac, io che mi metto in viaggio verso una letteratura amatissima che possa starci vicino nell'attesa. 
A cosa ci si abitua? Sarà la domanda che ci faremo leggendo questo racconto che è una perla. Una mia amica mi ha detto di recente che la perla è il dolore dell'ostrica e credo che anche la produzione artistica alcune volte è il dolore dell'autore che percepisce la sofferenza dei personaggi che lo visitano. Ha conosciuto Rossana l'autore? non ci interessa. Sappiamo che tutto può cambiare. Sappiamo che Rossana si mette in viaggio in un viaggio chiamato amore
Nel Regno della Litweb accogliamo Andrea D'Urso con tutti i nostri applausi.
 Andrea D'Urso  ha fatto l'esperienza del Premio Calvino lo stesso  anno in cui ho partecipato io, in cui ha partecipato Domenico Dara, lui ha poi pubblicato il romanzo Just a gigolò con Edizioni E/O, 2014, finalista al Premio Calvino l’anno precedente con il titolo Nomi, cose e città,  e poi ha continuato a scrivere bei romanzi come La strada è un libro aperto (Vydia Editore, 2017), La società delle ombre (Rayuela Edizioni, 2018), Inevitabile Follia, (Stampa Alternativa, 2018) e le raccolte poetiche Occidente Express.