martedì 12 marzo 2019

Il termine “giovane”

giovane giovane giovane
hai tutta una vita
da vivere ancor
ridono ridono ridono
ti ridono gli occhi
pensando all’amor
svegliati svegliati svegliati
milioni di baci
aspettano te
spendili spendili spendili
tutti tutti con me

Così cantava nel 1963 al Festival di Sanremo Pino Donaggio Il termine “giovane” può essere un sostantivo, un aggettivo qualificativo e un contenitore di sciocchezzaio. Usato a sproposito nei confronti e nei dibattiti si aggira infelice e spaesato non riconoscendosi.
Chi è un giovane come sostantivo? Un essere umano di età variabiale dai 18 ai 30 anni. 
Giovani in cerca di prima occupazione, si scrive sui giornali.
Dopo quell’età, stabilita per convenzione, io  a 30 anni mi sentivo già adulta, dopo quell’età  giovane non designa più il momento di passaggio fra adolescenza ed età matura.
Usato come aggettivo qualificativo ha la sua utile connotazione nel senso di fresco, recente, nuovo, una qualità deperibile e a scadenza.
Scade con il tempo, trascorsi gli anni quella qualità non riguarda più l’oggetto, la persona, il Festival o il libro a cui appartiene.
 Nulla resta giovane in eterno. Essendo deperibile dovrebbe essere usato con cautela questo termine, dovrebbe essere rispettato sia nel suo esplodere incontenibile verso la supponenza sia nel suo ripiegarsi sommesso nella insicurezza.
Invece ora questo termine precipita nello sciocchezzaio delle parole vuote con cui infarciscono i discorsi sia i politici che gli intellettuali, scrittori scrittrici e presentatrici, operatori culturali e non, un vero sciocchezzaio immondo senza senso e senza virtù. 
Sarebbe bene che chi martirizza questo termine a suo piacimento per poter ottenere vantaggi pecuniari o passerelle televisive e radiofoniche, oppure peggio ancora un like su Facebook o un passaggio in blog, o più semplicemente un buon sostanzioso aiuto regionale, facesse un semplice ripasso sul dizionario italiano.
giovane giovane giovane
hai tutta una vita
da vivere ancor
fermala al volo
bella com’è
giorno per giorno
tutta per te

sabato 2 marzo 2019

Il paradigma dei miei Frattempi Floriano Lamanna

Parole e versi come onomatopee, locuzioni fonicamente imitative, per suggerire il suono sul piano retorico o stilistico, questo  il gioco di versi in Floriano Lamanna, scegliere termini inusuali per sentirne la potenza dell'evocazione e la meraviglia della sorpresa. 
Ci sorprenderemo a leggere i versi e i componimenti presenti nella raccolta data in stampa da Rubbettino print per conto di Calabria Letteraria editrice nel mese di Febbraio 2019.Trascrivo
Il ricettacolo di ognuno che ognuno
La melodia/Tarpata è Schiattata,/la giravolta e i fandango/all'Orecchio/dal Lobo al Timpano/negate.
L'impatto Aguzzo/ è sull'astuzia;
il ricettacolo di ognuno che ognuno!
Su quello "Schiattata" io vedo la povera melodia, il suono dolce ed educato tarpato, chiuso, e sembra non ci sia che negazione se non ci fosse l'astuzia in soccorso. Ah che bella parola l'astuzia! Nella filosofia hegeliana, astuzia. della ragione (ted. List der Vernunft), il fatto che la Ragione che governa la storia del mondo si serve degli scopi particolari e caduchi degli uomini come strumenti per realizzare i suoi proprî fini." Hegel applica il termine astuzia della ragione al fine ultimo del mondo, la coscienza della mente della sua libertà. Lo scopo rappresenta il razionale negli eventi storico-mondiali e si realizza su diverse azioni umane, che possono essere guidate anche da passioni e interessi particolari. La ragione, in questo caso, è così "astuta" da lasciare che le passioni funzionino da sole, che "da ciò che si mette in esistenza perde e soffre". L '"Idea non paga per il tributo dell'esistenza e della transitorietà, ma per le passioni degli individui".Lo scopo è "nella relazione indiretta con l'oggetto" e "inserisce tra sé e un altro oggetto".
Da "Il mio respiro è un biroccio" a "Il trespolo sollevando il turibolo" al " Spezza, Spacca, Schioppo" nel "La Stravaganza dell'Esteta Stramazza" vi divertirete ad giocare come se foste ad un tavolo di biliardo, in pause riflessive in attesa.
Mutuata dall'ambiente del biliardo con la stecca, è la frase "calma e gesso": durante una partita è necessario tenere sotto controllo la tensione nervosa ed bisogna assicurarsi di aver  preparato lo strumento di gioco, mutuato dall'ambiente poetico il tenere sotto controllo il verseggiare pallido e assorto, non più presso un rovente muro d'orto ma di prima mattina, giocando con il titolo" Bevo Solo di Prima Mattina e Faccio sempre le Scale. 
Trovo verità e sincerità nei versi in lettura, ed in "Crogiolati" mi piace riportare "Io sono solo un/Umano che scrive Cose/90 oggi/Spero che non sia/un giorno di paura,/anche se la paura/specchio speculare intelligenza.
Mario Caligiuri nella prefazione scrive:" Una silloge che disorienta... mentre sta arrivando la bufera. E in questo gioco di specchi, in questo trionfo delle ombre, ci metti di fronte alla nudità della poesia."
Nelle onomatopee del pensiero.
Ippolita Luzzo 
   

giovedì 28 febbraio 2019

Da Ceronetti al Lametame: Le querce sono in fiore di Raffaele Gaetano

Il Lametino ben raccontato all'Uniter attraverso gli studi di Raffaele Gaetano con le testimonianze dei viaggiatori nei secoli dei secoli amen. 
Ho già scritto una mia lettura del libro di Raffaele e metto link  https://trollipp.blogspot.com/2015/05/lo-sdegno-elegante-di-raffaele-gaetano.html per chi voglia rileggere, mi soffermerò invece sulle frasi di Ceronetti tratte da "Un viaggio in Italia" commissionato da Giulio Einaudi allo scrittore, pubblicato nel 1983.
"Lamezia, un luogo texano, italianamente inesistente... Lo squallore intollerabile di Nicastro... Un funebre vacare di giovani nei bar, raggruppati intorno al Niente... Come si può vivere in un luogo così brutto? “...E le cose visibili s’intendono per la notizia delle cose invisibili” (così deve parlare un vero storico!). Nicastro sembra una ricostruzione post-atomica, talmente affrettata e stracciona da far rimpiangere quando la bomba aveva fatto il deserto. Qualche avanzo povero, che sarà demolito per fare posto al disumano... Mio Dio, quant'è brutta l’Italia! Di bellezza restano poche, assurde tracce: beato chi le ritrova e le segue, fuori di questo mondo. Qualche bel topo lungo i binari della ferrovia. Vernice rossa e croci nazi... Facce concentrate hanno tutti i calabresi. Sembrano, anche non pensando, una nazione di filosofi..."
In effetti il paesaggio a ben guardare conserva ancora molta bellezza, certo deturpata, però presente, e il pittoresco, benché molto omologato, si può trovare. Il vero orrido che affascina, il sublime, presente nelle irregolarità, nel rumore, nella laidezza dei gesti oppure nella generosità che non aspetti più, vivacchia nella piana lametina come altrove mostrando segni di una vitalità restia ad arrendersi.
Raffaele mi incoraggia a risiedermi ai tasti e a ripigiarli, ed a lui rispondo, alla generosità di chi ci crede, di chi crede al potere dello scritto che possa immortalare quel "momento storico" di ieri sera.
La relazione era conclusa, Raffaele Gaetano aveva trattato il tema in modo puntuale e preciso, sublime direi, anche ironico, il dibattito era vivace e durante un mio breve intervento ho sintetizzato il senso delle parole di Ceronetti affermando che da anni, come Ceronetti, avevo coniato un unico termine per il luogo infelice e malsano dove ci troviamo: Il Lametame. https://trollipp.blogspot.com/2015/09/lametame-forever.html
Il Lametame riecheggia da anni, da moltissimi anni, nelle teste benpensanti del Lametino e da allora in poi Il Lametame sarà il pubblico termine coniato da me e esportato nella nazione delle patrie lettere. Un marchio SIAE per indicare non tanto un luogo o il suo paesaggio bensì i gesti, le scortesie, le piccinerie, con cui si pensa di fare comunità, a dir la verità una comunità che non esiste.
Le parole di Ceronetti continuano nella descrizione del cimitero:   
"Nel cimitero di Lamezia (dove scivolo disperato per tanta bruttezza) una splendida, grassa, lucente lucertola annuncia tripudiante l’Anàstasis a Giorgio Fragalà il quale “dedicò ogni suo atto alla Famiglia e al suo Impiego”. (Forse è da interpretare: a come impiegare, nel senso di adoperare, la Famiglia)...  E intanto musica, fischi di treno, mai pace."  
Credo, ridendo,  che fra topi, lucertole e serpenti, una colomba possa ancora volare sui cieli della piana infelix
Con la gioia di averti ascoltato, Raffaele
Ippolita Luzzo 

mercoledì 27 febbraio 2019

Subhaga Gaetano Failla La casa sul molo di Nantucket

"Racconti di fantascienza" così risponde Ismaele alla domanda del suo amico su cosa legga nel racconto della casa sul molo di Nantucket. E sono racconti di fantascienza e di ricordi, racconti elegiaci e di omaggio questa raccolta di Gaetano Failla, Edizione ensemble, pubblicati nel gennaio 2019, a Marzo presentati, fra altri appuntamenti, alla Ubik di Catanzaro lido e alla Mondadori di Lamezia terme. 
La lettura affascina; la cura dei dialoghi, i rimandi letterari, la profonda conoscenza di testi, fa sì che io possa affermare che la letteratura è la casa di Gaetano Failla, un grande lettore prima che uno scrittore, un lettore attento e innamorato degli scrittori come Tabucchi, Bonaviri e via via dei poeti come Roberto Amato. Potrei scriverne moltissimi altri ma io voglio che ognuno dei lettori di Gaetano possa trovare in questi racconti i suoi autori preferiti."...I libri che vale la pena leggere non sono quelli "ancora attuali" o che "parlano di noi": sono quelli che hanno il meccanismo più ricco, complesso, misterioso e il cui funzionamento appare più semplice. L'unico modo per cercare di scoprirne il segreto è accostare le loro copertine all'orecchio e ascoltare il ronzio delle parti in movimento.» 
Maurizio Salabelle
"La scatola di Minsk"
Il semplice, Anno 1996"
Mi piace raccontarvi di "C'era il mare la sabbia il mese di giugno" uno dei racconti dedicati a Mimmo, un suo caro amico, dedicato ai sedici anni, all'amicizia che si regala, per la quale si darebbe la vita per difenderla, e c'è un elicottero che cade in mare. Degli uomini finiti dal cielo in mare, naufraghi soccorsi da quei ragazzi di sedici anni che si tuffano e li salvano, ragazzi di sedici anni che  sapevano fare la respirazione bocca a bocca avendolo imparato nei corsi da boy scout.
" E poi vennero macchine e motoscafi e elicotteri e tanta gente in divisa da tutte le parti...e noi sembrava che fossimo invisibili e nessuno ci rivolse la parola neanche un grazie e rimanemmo sbalorditi di fronte al mondo degli adulti che giungeva in soccorso quando non c'era più nessuno da soccorrere da circa un'ora." Il gruppo dei ragazzi di sedici anni, al campeggio estivo, sul mare, e la massima evangelica "siate puri come colombe e prudenti come serpenti" nella difficile strada verso l'età adulta della disconoscenza. 
Racconti da leggere e da amare.
Nella fantascienza che attraversa il nostro immaginario rimaniamo sempre sbalorditi come quei ragazzi di sedici anni che donano gratuitamente il loro gesto di salvezza nel mare della disconoscenza.
Ippolita Luzzo

martedì 26 febbraio 2019

Karma Hostel Francesco De Luca

"Ognuno di noi è DeLuFa, è Sawa, è Su, è Ajie, è Jiya, è Steven, è Junjun, è Achao, è XiaoGang, ed è tutti gli uomini e tutte le donne che ho incontrato durante il viaggio, durante questo mio breve stare cinese, sull'isola di Hainan, a Chengdu o a Chongqing, su tra i monti delle fate o nelle viuzze di Qingyan, a Pechino o a Tianjin."
Karma Hostel Edizione Il Foglio febbraio 2019 Copertina di Claudio Parentela.
Scrivo pigiando forte sui tasti di un computer ormai spento da tempo, i tasti si rifiutano di riportare le sillabe e più forte devo pigiare i nomi di sconosciute località, di sconosciuti uomini incontrati dal protagonista del romanzo in questo suo reportage dall'Oriente, dalla Cina.
"A Pechino i sellini delle biciclette,le macchine e le luci venivano filtrate come attraverso un velo fitto; lo smog, infatti, si mischiava alla luminosità della sabbia filtrando le insegne al neon delle strade. Mancava soltanto che la gente cominciasse a correre atterrita gridando all’Apocalisse."
Scritto come se fosse un diario di guerra, sulle note dei commentari, sulle antiche riminiscenze mie di Plutarco e Cesare, scritto come una confessione, lo leggiamo come se stessimo con l'autore ad un bar seduti ad ascoltarlo. Da lui sentiamo ciò che impotenti noi già sappiamo, l'avvelenamento della Cina, l'avvelenamento del nostro pianeta, e poi il tentativo di pochi di scappare verso luoghi ancora possibili. Ci sediamo insieme a XiaoGang con una dombra,uno strumento musicale, e suonando in quel borgo tutto ha un'anima.
Karma Hostel è dunque un incontro fra uno di noi e uno di loro. 
Il mio professore di Storia della filosofia ci spiegava come l'Oriente avesse in sé l'essere e l'Occidente il divenire. Era per questo motivo che la storia dell'Oriente rimase ferma per millenni nella contemplazione spirituale mentre il divenire, il progresso avesse trascinato eventi veloci nella storia dell'Occidente. In effetti nel nostro secolo questa dicotomia si è azzerata e il divenire ha conquistato la Cina e come un vortice ha spazzato storia millenaria.
Fra disperazione e frustrazione, fra speranza e desiderio di esserci, seguiamo le avventure e le trasformazioni di un luogo, impotenti noi come i nostri amici cinesi
 "Non memorie né sogni... bensì fatti, situazioni, azioni in compimento, srotolantesi come scialli di papiro su aurighe in corsa" Le immagini di similitudini impossibili mi ricordano la stessa impossibilità provata da ragazzi nel leggere le avventure nei mari del Sud. Nel raccontare l'autore ci fa domande, come se volesse essere rassicurato da noi, chiedendo cos'altro avrebbe potuto fare. Lo chiede a noi lettori, altrettanto in stand by. 
La novità del libro mi sembra la sincerità e l'originalità della trama, e credo bene come abbia dovuto penare l'autore per trovare un editore libero e coraggioso che lo pubblicasse. Siamo ai tempi in cui si discetta di fica, se sia la stessa o diversa dopo il tradimento, nel recente finalista al Premio Strega, siamo in tempi cretini e sguaiati e purtroppo avvelenati e questo libro lo testimonia con la serietà del cronista e la adesione alla condizione umana uguale ormai sia in Oriente che in Occidente. 
Ippolita Luzzo         

lunedì 25 febbraio 2019

Un saluto da Andrea Barbato

e ho detto tutto. Dal “Ti ricujjisti?” all’”esperimento socio culturale” credo che la raffinatezza della piana mefitica abbia completato l’opera iniziata con quella meravigliosa indifferenza con cui ha condito ogni giorno i piatti prima di servirli. Ora fra cancellazioni e offese, fra volgarità degne del parlare da menti impedite tutto si conforma al luogo misero. Ultimo in ordine di disimportanza ieri ma potrebbe essere domani uguale 

martedì 29 gennaio 2019

Il Pantarèi di Ezio Sinigaglia

"Porta fortuna. Scriverò il romanzo. Come si modifica la cultura in cinque giorni. Pantarèi." 
Lo avevo perso e per un istante ho pensato di non trovarlo ma poi l'ho chiamato e lui era lì sulla sedia della cucina ad aspettarmi.
Il Pantarèi di Ezio Sinigaglia ha una lunga storia, ne sentivo parlare da anni da Giuseppe Girimonti Greco, traduttore e consulente editoriale, nonché amico di Ezio. Insieme, loro due, in alcune avventure: traduzioni di racconti, curatele. Entrambi una vita trascorsa nella letteratura.
Il Pantarèi viene pubblicato da Giovanni Turi, direttore editoriale della Casa Editrice TerraRossa, una casa editrice virtuosa, nata da poco tempo, una casa editrice che, nella collana Fondanti, al suo quarto titolo, vuole riproporre opere che hanno avuto un significato fondamentale nel tempo e ora introvabili. Mi sembra bellissimo questo voler dare opportunità a ciò di cui si favoleggiava prima che l'incuria possa obliare la testimonianza. 
Coraggio e passione, credere e agire,  mi sembra il dettato di questa casa editrice che seguo, ammirandone le scelte di contenuto. Nel senape della copertina di Francesco Dezio la bellissima ed elegante Olivetti sta al centro di tutte le cose, di tutte le parole nate da lei.    
Pubblicato per la prima volta nel 1985 Il Pantarèi mi porta al mio concorso per l'insegnamento, proprio in quegli anni, gli anni ottanta, quando ancora si poteva fare un progetto, vincere un concorso, avere un ruolo. 
Tutto scorre e di quegli anni è rimasto solo il ticchettio della macchina da scrivere. 
Ezio Sinigaglia scriverà questo romanzo dall'ottobre del 1976 al maggio del 1980, ed il titolo iniziale era I romanzi e i giorni. 
Avrebbe dovuto raccontare il romanzo, come un ascensore, i romanzi stavano sull'ascensore di sinistra, i giorni su quella di destra. La dimostrazione che il romanzo non fosse morto: I romanzi erano la scala saggistica, i giorni quella narrativa. Ezio ci spiega, nella prefazione, quella illuminazione notturna della genesi del romanzo, costruito per omaggiare il romanzo stesso, come atto d'amore verso la narrativa, verso tutta la letteratura. Del ticchettio della macchina da scrivere ora restano questi tasti del computer, dove anche io indegnamente pigio, e Stern, il protagonista, che non avrebbe potuto più svolgere quelle mansioni, "curare enciclopedie" essendo terminata la stagione delle enciclopedie. "L'avanguardia di oggi è la retroguardia di domani" dice Ezio e noi con lui, nel vedere ormai come sono spariti o quasi i telefoni fissi, le macchine da scrivere, i mangianastri.
Eppure il fascino sta tutto nella sparizione, sta tutto nella freschezza di un mondo eterno nelle sue dinamiche, nelle sue passioni per Proust, citato nel capitolo primo in in una edizione francese, per Joyce, per Svevo, per Cèline, per Robbe-Grillet. 
Il Pantarèi corre nei corridoi della letteratura con la stessa leggerezza con cui Ezio Sinigaglia passeggia fra la sua sterminata conoscenza regalandoci il romanzo.
" Sax dunque. Nome?” “Dario” “Dario Sax. Non ci mette molto lei a fare una firma” “ No, certo.” “Anni?” “ Ventidue” “Complimenti non ne dimostra più di quindici” Arrossendo arrossendo la faccia infuocata arrossito fino alla radice dei capelli cortissimi. “ Già lo so soprattutto con i capelli tagliati così corti” “Militare?” “Appena finito" Romanzo di Daniele Stern.
"Porta fortuna. Proprio lì davanti. Deve avere un significato. Scriverò il romanzo. Signor Stern, qualcuno ha lasciato un messaggio per lei. Già, purtroppo non l'ho visto in tempo. Meglio così. Porta fortuna. Scriverò il romanzo. Come si modifica la cultura in cinque giorni. Pantarèi."    
Magistralmente scritto e condotto, la lettura ci abbraccia, a Stern non piace Cèline, e che bello poter dirlo! nella gassificazione della critica letteraria, ed intanto restiamo con quella stupenda domanda: "Una leggenda sfatata può essere rifatata?"
Nello splendore della letteratura stiamo con Ezio Sinigaglia. 
In Litweb in tripudio " Porta fortuna. Scriverò il romanzo. Come si modifica la cultura in cinque giorni. Pantarèi" Si vede che lo amo moltissimo? Lo amerete tutti: Porta fortuna leggerlo. 
Ippolita Luzzo