Quando ero Redis su Neteditor
Rilettura ironica dell'Etica Nicomachea
Pubblicato da redis il Mar, 27/12/2011 - 21:49
Rilettura nel 2011 dell’Etica Nicomachea
Nel mondo del tutto è possibile – del – che c’è di male? – del mi spezzo ma non mi piego – forse è leggermente spiazzante andarsi a rileggere e ripensare insegnamenti basilari del nostro vivere. Ecco perchè Aristotele ora – se non ora, quando? – Era questo l’interrogativo che circolava qualche tempo fa. E’ sempre l’ora di un buon libro, di un pensiero di moderazione, di ripassare le verità che ci renderanno liberi dalle nostre stesse storture. Volutamente uso frasi fatte, pensieri già noti, per dire come circolarità di pensiero, abitudini, modi di dire e di fare, ormai ci uniscono e ci dividono in una melassa indistinta. Aristotele no. I grandi maestri sono sempre ripresi in mano, non scolasticamente ma come amici da scegliersi accanto nel nostro passeggiare quotidiano. Sicuramente un amico degno di ascolto.
Sentiamolo.
Nella giustizia ogni virtù si raccoglie in una sola. Chi la possiede la usa sia verso gli altri che verso se stessi.
Libro V. Tutto un libro per la giustizia.
Ma cosa sono le virtù? Un’attività dell’anima razionale, una scelta verso il fine ultimo, la felicità. Ecco perché le virtù etiche non si posseggono si scelgono e in questa scelta ci fanno diversi, ci costruiamo intorno un modus, un abito, un luogo dove noi trascorreremo la nostra vita.
Cosa scegliamo?
Viltà Coraggio Temerarietà
Intemperanza Temperanza Insensibilità
Avarizia Generosità Prodigalità
Volgarità Magnificenza Grettezza d’animo
Vanità Magnanimità Umiltà
Iracondia Mitezza Flemma
Misantropia Amabilità Compiacenza
Ironia Sincerità Sarcasmo
Buffoneria Arguzia Rusticità
Prepotenza Giustizia Sofferenza
In medio stat virtus. Il giusto mezzo, attraverso l’agire nel giusto mezzo si può raggiungere la felicità, perché noi siamo liberi di agire.
E qui Aristotele, come noi, come tutti i libri americani che ora scopiazzando lui vanno per la maggiore (Secrets) pensa positivo.
Ogni individuo – dice lui - è libero di scegliere perché è il principio e il padre dei suoi atti come dei suoi figli. Pensa positivo . E nel libro VI dopo le virtù etiche ecco le virtù dianoetiche: la scienza - l’arte – la saggezza – l’intelligenza – la sapienza che è il grado più elevato, la somma fra scienza e intelligenza. Due libri sulla amicizia la virtù che si accompagna alle virtù. A che servono tutte le altre senza questa? A chi dico ciò che so, se non ho amici. Con chi trascorro o scelgo di trascorrere il mio tempo se non ho un amico a cui riferirmi? Telefono al telefono amico? Tutta la storia dell’uomo virtuale o pratica è basata su legami fra individui,
In famiglia:
Doveri – Responsabilità – Affetti – Ricordi
Sul lavoro:
Doveri – Responsabilità – Rispetto
Nello sport, nelle convenzioni sempre questo rito della socialità.
Poi l’amicizia; un sentimento che invera tutto ciò che pensi e che fai. Simile con il suo simile. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Chi va con lo zoppo impara a zoppicare. Begli amici che hai! Ci si giudica dalle frequentazioni. O no? E’ sempre stato così. Aristotele lo dice meglio di noi.
L’amico è una proiezione. Mi proietto in un altro, l’altro di me è l’esterno che vedo in me. Non è vero che ci sono tante forme di amicizie, una sola è l’amicizia, l’altre sono forme di socialità. L’attenzione, la condivisione, le scelte, riguardano una sfera piccola, piccolissima, ristretta, dei pochi amici che noi scegliamo. Nel film “La vita facile” due amici , due medici hanno scelto due mondi diversi, uno l’Africa, l’altro una clinica privata a Roma, per lo stesso motivo, la stessa donna. Poi si ritrovano tutte e tre in Africa e nessuno dei tre è quel che sembra, ma l’amicizia tra i due è vera. La proiezione di uno sull’altro. Sarà il medico di Roma a restare in Africa e l’altro a partire,uno a continuare il progetto dell’altro.
Aristotele dedica due libri dell’Etica all’amicizia, sentimento disinteressato, altrimenti si chiama opportunismo, lavoro, pranzo di lavoro, occasione sociale. Sentimento di simpatia. Chi ci obbliga ad uscire, a ridere, a parlare con un altro? Certo la cortesia, il garbo, l’educazione quando una persona non ci piace ci trattengono ma perché poi continuare a frequentare chi non sentiamo amico? Nessuno ci obbliga, l’amicizia non è un obbligo, a volte io posso essere amico tuo, ma tu puoi essere o non essere amico mio. Può essere che l’altro ti accolga, ti sorrida, ti ascolti, ma tu non sei per lui il suo amico di riferimento, ti dimostri benevolenza, ma non cerca la tua benevolenza. Non sono mai semplici le cose. Sant’Agostino nelle Confessioni dedica pagine di una commozione immensa per la morte del suo amico. Le strade che avevano percorso insieme, i discorsi, i progetti, tutto parlava di lui che non c’era più. Uno sperdimento doloroso.
-Come ci siamo allontanati
Che cosa triste e bella
Così Vittorio Sereni e Franco Fortini erano due destini,uno giudica l’altro,ma chi sarà a condannare o assolvere entrambi?
Perchè si chiama Etica Nicomachea,perchè Nicomaco è il figlio di Aristotele
Ah Nicomaco come passato, passato sei! Un figlio che raccoglie e divulga ciò che il padre ha detto. Una bella stranezza in questo nostro tempo di figli viziati e onnipotenti – chiamati amore – tesoro e incitati allo scherno del giusto mezzo. E’ improprio parlare di amore e di amicizia nei rapporti che includono un dovere e una responsabilità, una severità e una disciplina. Scambiamo ora i nostri figli per amici – amori – tesori – e loro giustamente ci rispondono per le rime. Il loro linguaggio come tutti i linguaggi è un virus . Il meme che abbiamo trasmesso ha creato una stortura. Come il gene per la genetica, il meme, unità di base è una informazione culturale replicabile nel pensiero di uno, di tanti. La memetica è l’eredità culturale. Una idea, una lingua, una melodia, una abilità che si trasmette commutazione, da un pensiero ad un altro. Aristotele mi fa compagnia da più tempo ora, si è adagiato come un meme nel mio pensiero che libero può ritornare a studi passati con sguardo recente.
Redis
Pubblicato da redis il Dom, 01/01/2012 - 14:18
Etica Nicomachea 3
Il pettegolezzo – Maggio 2011
Nell’etimologia delle parole il loro significato appare chiaro, chiarissimo, quel che rimane oscuro è il compito che le parole hanno, il fine per cui vengono dette. Cerchiamo di studiarne almeno l’etimologia .
Pettegola: nello zoo faunistico la pettegola è un uccello di palude dal becco molto lungo, dalle zampe slanciate e sottili, nell’etimologia la parola risale probabilmente al Veneto – vien da peto? incontinenza verbale? suono che esce dal petto? pettinare?. Sicuramente riportare, far conoscere in modo da suscitare curiosità futile, insistere su fatti e persone mettendo in relazione gesti e parole in modo leggermente e lievemente malevole, un taglia e cuci per rimodellare un vestito, mettere a posto l’orlo, lo sbieco, la piega di un altro, un operare chirurgicamente per dissezionare un avvenimento, un episodio, una persona, che resta nuda davanti all’uditorio. – Per chi ti vuole male anche con sette sottane la carne ti pare! – dice un saggio proverbio. L’occhio non indulgente vede il difetto, la magagna, sempre. Il pettegolezzo non è mai chiacchiera interumana, come la chiamava il mio professore di teoretica , necessaria per creare comunità, ma un atteggiamento a volte lesivo e diffuso. Eppure – Io non sono pettegola – dicono tutti così . Sembra che nessuno lo sia, nemmeno la gentile e carina signora, incontrata per caso stamani, che mi sta raccontando la malacreanza di una donna che io non conosco. Non ho mai incontrato nessuno che mi confessasse di essere pettegola, invidiosa, avida, acida, cattiva. Mai. Mai nessuno mi ha raccontato un suo probabile difetto, una sua minuzia, un – forse sto sbagliando anch’io – mai. Eppure esistono questi atteggiamenti; vuol dire forse, che me compresa, l’universo intero è sbagliato, tranne le mie conoscenze?Riprendo in mano l’etica Nicomachea, che parla di rispetto, di alterità, di riconoscenza, nel senso di conoscersi, cosa conosciamo infatti noi degli altri e di noi stessi? Cosa conosciamo oltre il potere di spesa, lo stipendio, il conto in banca, l’automobile, il gioiello peraltro già superbamente imitato, cosa conosciamo oltre il pettegolezzo delle corna, dei tradimenti, delle infamie, con i quali rigiriamo i nostri discorsi? Certo, a volte, poi indugiamo impietosi su qualche bella e dolorosa malattia, su qualche disgrazia e come siamo buoni! Che dispiacere! L’etimologia ci soccorre sempre, perché non si ha misericordia, cioè non si porta al nostro cuore la voce dal sen fuggita – il pettegolezzo.
Il pettegolezzo però non è calunnia, maldicenza, no, è piuttosto il tentativo di far conoscere la vera identità dell’altro, ignota finanche al soggetto stesso, é un modo ideale per insinuare un dubbio nell’opinione altrui sull’immagine che un’altra persona vuole dare di sé. E’ una tensione morale, un desiderio di verità, di ristabilire seconda la parlante ciò che è giusto, ciò che è riprovevole. Si pensa erroneamente che se sappiamo trovare il difetto nell’altro abbiamo già messo a posto i nostri, screditare gli altri da’ a noi che parliamo un senso di onnipotenza e di amor proprio, perché noi siamo sicuramente migliori! Poi li confidiamo ad un’altra, in segreto,-Questo posso dirlo solo a te- oppure -Lo sai solo tu- per creare complicità, intimità, con un argomento che non riguarda entrambe. Se ci si fermasse sulla soglia della maldicenza, il pettegolezzo sarebbe solo un rumore, un suono, un saluto. Un modo carino e simpatico per avviare il motore della conversazione,un occhio colorito e attento sul variegato mondo dei nostri simili .Un divertimento. Solo distrazione. Anche di Aristotele se ne diceva delle belle,solo pettegolezzi. Il pettegolo,lui diceva,è un serpente con la lingua biforcuta. Esagerato! Di cosa si potrebbe parlare infine?
Pubblicato da Full il Dom, 01/01/2012 - 14:47.
Una saggista eccellente: chiarissima. Quando avevi commentato in questa chiave una mia poesiola, avevo stentato ad afferrarne bene il senso perchè condensato in poche battute, credo per adeguarti alla mia brevità.
Questo l'ho letto d'un fiato per la scioltezza del linguaggio e la simpatia, l'interesse per un argomento che ci coinvolge un po' tutti. Come rinunciare al piacere di un sano pettegolezzo? Ovvimente il pettegolezzo riflette il pettegolo che lo pratica e può essere persino gioioso, ma se scade a velenosa maldicenza può fare anche molto male a chi dovrà sopportarne le conseguenze.
Ecco la domanda: una velenosa maldicenza può definirsi pettegolezzo? E come si traccia il confine fra le due cose?
Un buon inizio d'anno per il lettori che sapranno coglierti.
Fulvio
ps: ovviamente, io non sono un pettegolo... eheheh!
Per conoscerci meglio ---> Il sito di Full
rispondi
Molto bello. Però non so se
Pubblicato da valerio il Lun, 02/01/2012 - 14:01.
Molto bello. Però non so se il pettegolezzo sia solo lo svelare la vera identità dell'altro, come tu affermi. Perchè nel pettegolezzo c'è l'aspetto del rendere pubblico in genere non una virtù, sconosciuta agli altri, ma un difetto, una mancanza, una tara morale. Non si confida agli altri un aspetto positivo della persona, ad essi rimasto sconosciuto. Ma sempre qualcosa di negativo. Dunque non è solo la volontà di conoscenza, unita alla complicità di qualcuno, colui al quale si confida, che ci muove al pettegolezzo. Ma sempre la volontà di sminuire, di far scendere dal piedistallo.
1 saluto e buon anno!
Valerio
rispondi
come tu dici
Pubblicato da redis il Lun, 02/01/2012 - 14:14.
E' proprio come tu dici.Io racconto raccogliendo frasi di signore convinte,in cuor loro,di non essere pettegole.Faccio parlare loro,ed è molto divertente.
Ma il pettegolezzo è solo desiderio di sminuire l'altro,di infangare una reputazione,di sporcare un po'.
Oltre poi c'è la calunnia
.La calunnia è un venticello.......sorridiamo con arguzia e soffiamo sopra con il vento dell'intelligenza
Lo spostamento dell'Eros
Pubblicato da redis il Lun, 02/01/2012 - 09:14
Lo spostamento dell’Eros 1 gennaio 2012 Prima parte
Tra un uomo e una donna
Tra un uomo e un uomo
Tra una donna e una donna
Non mi sembra che ci siano altre varianti,almeno credo.
La tensione fra i sessi ,la curiosità, la necessità di soddisfare una esigenza corporea ma essenzialmente mentale , è quella di non passare invano ,inosservati ,sulla faccia della terra. Ed è subito sera.
Questo anelare ad un congiungimento di corpi e di anime si chiama Eros,un dio,con faretra e frecce, un dio fanciullesco e giocoso che muove e scuote coscienze e membra.
Il dio che da tormento e ci sveglia nella notte alla ricerca del volto amato,smarrito nelle nebbie di un sogno appena fatto.
Un dio era , per gli antichi greci ,anche lui non immune da passioni, e che sposò Psiche ed ebbe una figlia Voluttà -piacere-
Un continuo movimento,un continuo andare,soffrire per la mancanza di quella metà che, secondo Platone,farebbe di noi l’intero.
Secondo mio padre le cose sono più semplici, la donna accanto all’uomo è come un fiammifero accanto al fuoco,si accende e si brucia,questo mi ha ripetuto con infinite varianti, e poi aggiungeva- la donna è una canna al vento, pronta a seguire quel l’illusione ,pronta a soggiacere ai desideri meno casti e più prosaici dell’uomo-
Una donna fantastica ,negativamente,e sottomessa a voglie repentine ,quindi da tenere sottochiave con una educazione sessuofobica e repressiva.
Questo il mio caro papà, che mi impedì telefono e pantaloni, chiacchiere con coetanei e gite fuoriporta, sane e innocenti evasioni ,nonché trucco e minigonna.
Questo nei liberatori anni settanta ,questo negli anni ottanta, tutto questo continua ora a far parte di un mio bagaglio personale che mi porta a dire stravolgendomi :-Ha ragione mio padre!-
Ha perfettamente ragione,quel continuo fantasticare porta solo idee inconsulte e vedo questi nostri tempi beceri e scadenti aver compiuto il misfatto più grave-aver ucciso l’EROS, il motore del mondo,del desiderio.
Una poltiglia, donne falsamente liberate si offrono discinte ed anche nel mondo più squisitamente letterario o pseudo tale imperversa il richiamo .
Ora assistiamo allo spostamento dell’Eros,ormai morto.
-Mi hai letto?-
-Cosa hai letto di me?-
E’ questa la domanda più frequente che uomini e donne si rivolgono sui siti lette rari.
Non la solita e usuale antica richiesta:-Vuoi venire a letto con me?-
-Posso portarti a letto?-
No! Mica siamo su siti porno!!!Ora non è più tempo eppure spostando l’ordine degli addendi,in una addizione, la somma è sempre uguale.
Anche qui,anche ora,che il lemma –letto- da sostantivo si trasforma in verbo, anche qui,il risultato non cambia.
Quel che è cambiata è l’età che ,in un corpo ormai greve,teme incontri ravvicinati di terzo tipo,reputandoli ormai impossibili,impraticabili,decisamente faticosi e dolorosi.
Così la somma,cioè la visibilità che tutti noi chiediamo all’altro sesso,si sposta nella ricerca dello sguardo sulla parola scritta,sul pensiero elaborato,-Mi hai letto?-manco fosse un lembo di pelle particolarmente irrorato.
La sensazione di piacere,di godimento diventa quasi estatica,--estetica-direbbero i miei colleghi di filosofia,estasi,uscire fuori da sé per incontrare in un altro e altrove quell’incanto che darà la bellezza,l’estetica-appunto.
Molto più gradevole, rilassante,del fastidio di corpi ormai poco avvezzi a contorcimenti vari,preda di dolori articolari,di difficoltà respiratorie,di secchezze e di stridimenti sempre più respingenti.
Così ora l’immaginario letterario riempie il vuoto di un immaginario aderente a domande e risposte reali, uomini velati ,nascosti da un nick corteggiano soavi donzelle dai nomi allusivi una richiesta inevasa poi li sbeffeggiano o spariscono nell’etere inesistente .
Letture letture,-Ma hai letto??-
Però poi resta sempre dopo tante letture il languore di un’attenzione,di un sorriso,di una carezza.
Il languore di una tenerezza,di un tempo dedicato a guardare insieme l’azzurro del mare,a sentire il tepore del sole,a condividerelo stesso momento, riporta in vita un altro momento,quando,più giovani,più belli,più immemori avanzavamo felici nel farsi del tempo.
Non siamo più i ragazzi di allora,non ci sono più i ragazzi oramai,siamo soltanto degli adulti stanchi ed annoiati con tanto tempo con poca voglia,con molto egoismo,senza tensione.
Nonostante questa disillusione comune la nostra età ci riconsegna ora un tessuto pregevole da rifinire con piccoli punti, con orli a giorno, con ricamo fine e la mano che va è solo leggera, impalpabile e vera della poesia-che vola via-
Anche Marcuse, Anche Fromm poi dissero questo:-Riscopriamo i sentimenti!!-Non possiamo vivere senza sentire,senza tendere verso un altro con disponibilità, con pazienza,con attese.
E’ questo l’EROS che è stato infangato, che soffocato giace sotto Il grande fratello,il colpo grosso,Natale a Cortina,giace sepolto in un campo di grano e sopra le spighe i nuovi poeti ondeggiano al vento un canto muto,il canto dei siti.
Confidenze-Le orecchie d'asino
Pubblicato da redis il Mar, 03/01/2012 - 09:19
10 marzo 2011
Le confidenze (le orecchie d’asino)
Fra donne viene sempre prima o poi, all’improvviso, il momento delle confidenze, segrete, indicibili, irraccontabili, ma proprio perché fatte, dette ad una persona, voce del sen fuggita, difficilmente riacciuffabili. Le confidenze non necessariamente fatte ad un’amica, può essere chiunque, in quel momento di vulnerabilità, di permeabilità, ti passi accanto e tu parli, come in trance, racconti spezzoni di una vita passata le cui schegge sono sempre lì.
Poi confidi nella buona sorte, nella discrezione, nella onestà dell’orecchio al quale hai detto. Mi ricordo la storia del re con le orecchie d’asino. Lui, il re, nascoste le orecchie ai sudditi con un turbante, ebbe bisogno del barbiere e gli intimò di tacere pena la morte. Il barbiere mantenne il silenzio ma un giorno, solo, presso il corso di un fiume scavò una buca e li gridò – Il re ha le orecchie d’asino – Ricoprì la buca. Nacque su quel terreno un bel canneto e allo stormire del vento le canne riportarono nell’aria - il re ha le orecchie d’asino - .
Confidenze fatte così, per essere poi lasciate stormire al vento della nostra stupida ma irrinunciabile socialità.
Confidenze su uomini indegni, sono sempre indegni loro, sembra un timbro di via, un passaporto falsificato ma valido per tutti, confidenze di donne su uomini – che lasciano le mogli - che ritornano dopo tanti anni, dopo aver trascorso tanti anni con un’altra.
- L’altra che aspetta nascosta, di sbieco, crede di essere amata, di amare.
Uomini che ritornano e donne dimenticate, cancellate per sempre.
Confidenze, solo confidenze. Brusio indistinto di solitudini.
Confidenze da donna a donna. Un muro di gomma, una palla rimbalzante.
Si dice col tempo che è solo uno sfogo, niente di personale.
Il canto dell'amore perduto
Pubblicato da redis il Mer, 04/01/2012 - 08:33
Il canto dell'amore perduto
Aprile 2010
Racconto, attraverso le poesie di Ines una storia antica quanto l’uomo, universale.
La storia di uno, la storia di tanti… uomo, donna, femminile, maschile, la dipendenza amorosa non ha un genere.
Al Liceo Classico il professore di latino e greco – bravissimo – associava la letteratura greca alla letteratura contemporanea europea e americana, lo ascoltavamo rapiti, con lui, tutti i poeti si incontravano nel vasto giardino delle Muse, ci spiegava che, a cambiare, era solo il modo di fare poesia, ma il sentire rimaneva sempre umano.
Ed è proprio da queste lezioni del professore P che io ho appreso a leggere e sentire con continui rimandi e assonanze. Ho quindi cucito con un filo le poesie di Ines che più mi ripetevo nella mente in questi giorni, come succede con il motivo di una canzone amata, che ogni mattina canticchiamo senza accorgercene. Ho cucito seguendo i miei pensieri e questi mi hanno portato indietro nella storia e con un balzo di nuovo nel nostro quotidiano. Dalle sue raccolte ho scelto questa volta il canto sull’amore perduto. Sono poesie ma potrebbero essere ritornelli. ♫……….
Per non spezzare la suggestione del racconto preferisco presentarvele prima con il titolo ed i libri dai quale le ho tratte: - Perdersi (Come la vita) – Concerto (Voli di gabbiani) – Gelo (Voli di gabbiani) – Ibico – Come il vento del nord rosso di fulmini – Notte – Farfalla (Voli di gabbiani) – Sharazade – (Argentea notte) – The cage – (Come la vita) – Ora non è più tempo. (Resta)
Solo nove poesie e l’ultima e da ritmare e condividere insieme perché è il sano riscatto che tutti noi possiamo pretendere quando finalmente smettiamo di amare l’altro più di noi stessi.
Gli amori non sono tutti uguali.
C’è il colpo di fulmine – tac – e all’improvviso non puoi più fare a meno di quella sconosciuta che sta vicino a te, c’è l’amore che nasce con la consuetudine a frequentarsi e poi diventa necessità, così per caso, c’è l’amore che nasce da ragazzi, vedi una bimba e ti innamori, la vuoi accanto per tutta la vita, anche se l’altra cambierà, anche se tu cambierai; c’è l’amore - affetto – stima – cammino fra due esseri che mettono in comune figli, interessi economici, vecchiaia, e serenamente concludono quasi insieme il loro viaggio.
Poi ci sono gli amori infelici.
Non so chi ha detto che gli tutti gli amori felici si somigliano, ogni amore infelice è infelice a modo suo. E sono proprio gli amori non corrisposti, non vissuti o vissuti male, le costruzioni immaginarie della nostra mente a creare il substrato di tutta la nostra letteratura, dagli antichi Greci a noi, dai lirici di allora ai lirici di oggi. Anche noi con la lira in mano cantiamo le pene di un amore sbagliato:
Perdersi Concerto
…Vibreranno Vorrei che i miei pensieri
Le mie foglie Restassero legati ai rami
Al vento delle tue carezze degli alberi che circondano
Questo giardino.
Saremo Incatenati ai fili sottili
Un unico che le note musicali stanno tessendo:
Respiro Invano griderei t’amo
Che si perde nel cosmo tu non sentiresti.
Da allora ad oggi i nostri pensieri appesi ai rami degli alberi dondolano al vento; una melodia muta si propaga e ci riporta indietro nel tempo e nello spazio, …….sulle sponde del mare Mediterraneo a Reggio Calabria nel VI secolo avanti Cristo dove è nato il poeta Ibico, poeta della Magna Graecia, vissuto poi alla corte di Policrate tiranno dell’Isola di Samo.
Ibico è tra i nove poeti eccelsi della lirica greca, secondo Cicerone è il poeta più infiammato d’amore. I suoi sette libri sparirono nell’incendio della biblioteca di Alessandria. Sono rimasti solo frammenti, carmi eroici e poesie d’amore. Per lui ogni stagione è tempo d’amore, l’amore come possessione, sensuale, totale, così forte da gelare il corpo. Lo stesso gelo è in questa poesia di Ines
Gelo
Il freddo un tempo,
invidioso del caldo
del nostro amore
bussava ai vetri della finestra:
voleva entrare.
Ora che intorno è gelo,
beffardo mi guarda, e, sguscia via
seccando l’aria
Lo stesso gelo dopo 2500 anni. Ibico cantava il suo amore usando la lira fenicia o sambuca strumento musicale forse inventato da lui – sentiamolo.
Come il vento del nord rosso di fulmini
A primavera, quando
L’acqua dei fiumi deriva nelle gore
E lungo l’orto sacro delle vergini
Ai meli cidonii apre il fiore,
ed altro fiore assale i tralci della vite
nel buio delle foglie;
in me Eros,
che mai alcuna età mi rasserena,
come il vento del nord rosso di fulmini,
rapido muove: così torbido
spietato arso di demenza,
custodisce tenace nella mente
tutte le voglie che avevo da ragazzo.
Per Ibico Eros, non solo verso una donna, ma più probabilmente verso un altro uomo, un efebo, infatti allora la passione di un uomo verso un altro uomo era riconosciuta, senza pregiudizi, come si invita a fare anche ora dopo tanti secoli di intolleranza, Eros non riposa in alcuna stagione, non da tregua, tenebroso – spietato- possente – nel profondo domina l’anima.
Un amore che inganna:
Notte
Notte che avvolgi nel tuo mistero
Il mio dolore,
hai sepolto nel buio quell’amore
che tu stessa cullavi.
Ora non bastano mille e più sirene
Per addolcire il suo cuore;
altre dita accarezzano nel sonno,
il suo corpo,
ed io ti guardo con occhi spalancati
mentre m’inganni ancora.
Un amore che sporca:
Farfalla
Quando sto con te
Mi sporco, non so perché;
eppure non hai le mani tinte di nero
né il viso tinto di fuliggine.
Le tue movenze sono studiate.
Mi fai sentire come una farfalla
Che posa le sue ali
Sui resti di una carogna abbandonata.
Nella raccolta di novelle “Le mille e una notte”, siamo a Bagdad in Persia, il re Shahiriyàr, per una delusione d’amore, ordina al visir, di condurgli una vergine ogni notte. All’alba l’avrebbe fatta uccidere, per impedirne qualsiasi tradimento. La strage continua per tre anni fino a quando Sharazade, bellissima figlia del visir, si offre di andare dal re. Sharazade comincia a raccontare al re una storia incatenata ad un’altra e tiene desta la sua curiosità tanto che alla fine, questi, dimentica di ucciderla, e se ne innamora. Raccontare per continuare la propria vita e salvare quella di tante altre fanciulle. Così Sharazade, così Ines.
Quando la passione non si rifrange più, e l’altro non è più lo specchio per noi, l’amore diventa assenza, lontananza, sospensione, cerca uno sguardo, una complicità che non c’è.
Sharazade ( The cage
Lo scoglio sprofondava nel mare Respiro l’assenza
Impenetrabile. Di te.
L’acqua lo accarezzava teneramente. Intorno
A poca distanza da me, il grande nulla
eri lontanissimo. M’avvolge.
Nei tuoi occhi
L’azzurro del mare
Dava bagliori incomprensibili.
Nel breve spazio
Che a strapiombo cadeva,
noi due sospesi.
Nel VI secolo avanti Cristo era Eros che possedeva gli animi, ora si chiama dipendenza amorosa ed i libri sull’argomento vendono molto perché ognuno vuole imparare a liberarsene.
Qualcuno è riuscito.
Il percorso e per tutti lo stesso: l’innamoramento, l’esaltazione, la gioia, la condivisione, l’apoteosi, il delirio e poi l’inganno, il tradimento, la bugia, la lite, la violenza, la delusione, l’amarezza, e il ricordo di un sogno cancellato malamente sulla sua lavagna.Una passione bruciante, senza rete, senza interessi, convinzione che amor a nullo amato amar perdona, poi constato che non basta amare se l’altro non vuole più, non sa più cosa vuole, allora, bevuto l’amaro calice della passione fino in fondo, ognuno può scrollarsi le spalle, guardarsi allo specchio, mettersi il rossetto e dire: Ora, anche se torni, anche se, come in una delle novelle delle mille e una notte, io sono stata ad aspettare alla tua porta per novantanove notti, ecco, tu, potrai bussare invano alla mia, non aprirò più perché questa volta sarò io ad essere andata via, perché ora, non è più tempo:
Ora non è più tempo
M’ami.
Eppure qualcosa manca a questo amore.
Mancano i sogni.
Mancano i cieli
Carichi di fiordalisi
Il volo dei gabbiani
La certezza d’andare per
Strade tempestate di topazi.
Manca la gioia
Di rincorrere rossi arcobaleni;
le risate sommesse,
le frasi dette a metà
le pause, i lunghi sospiri,
le occhiate furtive
i batticuori,
il nodo in gola.
Ma,
dici d’amarmi.
Io ti credo, ma, penso,
che ora
non è più tempo
Amore
Ballata
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commento
Pubblicato da redis il Mer, 04/01/2012 - 11:55.
Finito di leggere in pubblico il commento della persona al quale era dedicato il canto fu questo:-Adesso ti sei specializzata,adesso puoi fare solo questo.-
rispondi
senza
Pubblicato da senza il Mer, 04/01/2012 - 12:44.
nel tentativo di narrare questo modo d'amare, l'uomo dell'autrice abita se stesso, trattino, e il mistero che accoglie la sapienza della congiunzione ?. Senza.
rispondi
avrò capito???
Pubblicato da redis il Mer, 04/01/2012 - 12:54.
Una monade-un anaffettivo ???Ed io perchè mi sono intestardita??il mistero mi intrigava???sicuramente.
La difficoltà dell'impresa rende anche la persona più scontata interessante.....per una vita???
però mi sfugge la sapienza della congiunzione-Avrò una Spiegazione?
rispondi
HAI FATTO UNA OPERAZIONECOMPLESSA
Pubblicato da Kallio il Mer, 04/01/2012 - 13:31.
di quelle che mi piacciono.
Non mi soffermo sulle poesie che se ho capito bene, sono di Ines o forse di una faccia del tuo spirito mi viene da dedurre. Comunque sia, mi colpisce di più l’operazione da te compiuta, simile, se non uguale, a ciò che da molto faccio ma che mi piacerebbe fare con un sistema olografico interattivo.
In Neteditor ho pubblicato un esperimento composto solamente da poesie ma in realtà vorrei andare sulla strada che tu qui proponi. (http://www.neteditor.it/content/184264/da-voci-innamorarsi )
Quindi, mi piace l'intero tuo archetipo, è ciò che pure io ho in testa. Parlo di una struttura fatta di una serie di vettori di forza (meccanica e fisica) la cui energia è la poesia, Trasmutando, la poesia è il vettore di forza o parte del suo segmento, per cui più poesie possono comporre il vettore.
Ogni vettore si lega ad altri vettori così, in un infinito , si possono avere strutture reticolari costruite da infiniti vettori andanti in infinite direzioni.
D'altro canto quando questi vettori incrociano altre forze, quelle della vita in via di normazione alla omologazione crea e distruggi (alias produci e consumi), possono deviare la direzione della vita anche con una minima forza, come quella di una poesia, mettendo a disposizione tutto il tempo e lo spazio, fino alla fine dell'infinito, dunque, giungendo nel nulla.
Cos’ è anche l’amore perduto, svanito, disperso, ecc… , del quale ho scritto diversi versi e alcuni sono in questo sito web. Ma anch’io replico il modo di fare poesia, perché come tu fai enunciare la tuo professore di latino e greco, i poeti hanno uno scopo unico, di rimanere sempre umani.
Auguri a te.
Quando questo
messaggio
donna riceverai
un mio bacio
ti arriverà
come lusinga
a un amore
sognato
mai sorto.
risp
Uomini visti da donne
Pubblicato da redis il Gio, 05/01/2012 - 12:57
23 settembre 2010
Uomini visti da donne
Una signora va a fare la spesa in un grande supermercato della città. Nello spazio antistante un ampio parcheggio, alcune ragazze marocchine vendono fazzoletti – chiedono un euro. Un uomo distinto, conosciuto, si avvicina alle ragazzine. Parla con loro e poi convince una delle due forse la più piccola a salire in macchina, la sua macchina. La signora osserva incuriosita, perplessa, sulle prime avrà pensato che l’uomo si proponeva di aiutare le ragazze, ma deve ricredersi. Lui ha il classico atteggiamento dell’adescatore, l’occhio torbido, la voglia stampata sulla faccia. Così turbata la donna rimane indecisa e torna a casa. Sarebbe creduta? No – si dice – Lo racconta ad una amica. Anche la amica non la crede. Questo uomo è un uomo devoto, pio, un uomo molto religioso. Non può aver fatto, pensato – di usare minorenni, senza difesa, per un piacere personale. Sembra assurdo. – Zitta – Zitta. Passa il tempo. Poi stranamente all’amica scettica viene raccontata la stessa storia dalla moglie dello stesso uomo. Oh no, la moglie non può dire – Sai, mio marito …., - Non può. Però racconta, racconta storie di violenze, di uomini adulti, molto adulti, rispettabili, rispettabilissimi, con sessualità non risolte, con mogli invisibili, che non toccano più, che desiderano toccare o farsi toccare da bimbette marocchine, ucraine, o semplicemente da bimbette facilmente avvicinabili e indifendibili quando si sarebbero messe a raccontare. Chi crederebbe a queste bimbette? La moglie continua nel suo sfogo addolorato, mortificata, - Certo – spiega – non si fa così. Sta bene attenta a non dire – Sai è mio marito questo uomo, sai è lui che torna a casa con questo odore un po’ così, di selvatico, addosso come un lupo. – Non dice così. Chi la crederebbe? Ascolta al telefono ancora scettica, molto sorpresa l’amica, e pensa a come la vita gira da sola e mette in comunicazioni situazioni diverse per poi evidenziarne una, una sola, e prosegue il suo giro. Continua questa moglie che venga scritto, che venga scritta la vergogna di uomini ammantati da spirito cristiano, di uomini che hanno figlie, figli giovani, che vanno con bimbe. Solo dopo tanto tempo riesco a scriverne. Mi sembrava inverosimile. Ma quando ho letto che Simenon si vantava di essere andata a letto con una ragazzina, che Gandhi voleva una bimbetta nel letto la sera, che Montanelli aveva avuto in dono in Etiopia una bella bimba profumata, ebbene allora ho cercato di mettere su foglio una stranezza. La donna non è uguale all’uomo. Le bimbe poi sono più fresche. La donna non cerca bimbetti da infilarsi in macchina. Se lo fa è una maniaca, una pazza pericolosa. L’uomo è uomo. – Mio marito è un signore – disse sempre la stessa moglie una volta a chi le domandava se il marito la soddisfaceva sessualmente. Ma che risposta è? E’ la risposta giusta. Più i mariti sono indegni più le moglie incensano. Le donne non sarebbe credute. Visionarie. Si meravigliano ,con gli occhi increduli, non vogliono capire,- ma come?- Simenon se ne vanta e lei moglie ne soffre? Ma va! Nel libro di Giuseppina Torregrossa, alcune mogli siciliane parlavano delle zoccole dei loro mariti, se ne vantavano, una ne lodava la bellezza, con orgoglio affermava che suo marito sì che aveva gusto, avevano visto quanto era bella, quanto era appariscente la zoccola del marito? Mi sembrava anche questo inverosimile. Ma nel mio raccogliere le tante storie che voi donne mi raccontate ormai convinte che io le trasformerò in letteratura, una donna colta, intelligente, critica, analizzando anni accanto ad un marito femminaro, è questa la parola giusta?, osservava che lei avrebbe accettato qualsiasi donna purchè tante donne accanto al marito, ed anche ora che lui ne aveva scelto un’altra, avrebbe capito se questa nuova fosse stata più bella di lei. Strana competizione. La nuova però non è più bella - non è più intelligente – non esiste. Le donne sono sempre in lotta fra loro per il possesso di un individuo ana – senza. Uomini visti da donne. Io sono sempre la moglie – mi dice una gentile ed elegante signora – dicono tante falsità su mio marito ! – Ci vogliono male – E così continua, lei che può, a camminare imperterrita al braccio di questo uomo che manifesta, malgrado le tante donne avute, così dicono, una devozione encomiabile. Sarà vero? Voglio credere che fra noi possa ancora esistere la possibilità di guardarci negli occhi.
La sessualità è uno strano miscuglio di desideri, di appagamento, di potere, di risentimento, di violenza, ingabbiarla in un matrimonio è un artificio ormai logoro. Per le donne, per la maggior parte delle donne, questo artificio era la loro difesa, era l’unico spazio possibile.
Io penso ancora , penso che sia per l’uomo che per la donna possa essere una bellissima opportunità di conoscenza.
Ci saranno pure uomini e donne umani o è solo letteratura? Nella conoscenza solo letteraria della mia vita, ho filtrato la realtà sempre attraverso le parole dei miei libri, ho creduto possibili amori e interessi, ho percepito poi un malessere soffocato, tra quello che si vuole e quello che si ha, tra quello che si crede giusto e quello che è giusto. Ho visto poi la grande differenza tra vita e letteratura. Un uomo visto con gli occhi di una donna è solo un marito - un figlio - un padre – prepotente ma ancora potente. Che sciupio di forze! Quanta energia per reggerli!
Ma senza di loro la vita non è vita
è un’altra cosa
L'inconsapevolezza del male
Pubblicato da redis il Dom, 29/01/2012 - 11:52
L’inconsapevolezza del male 29-01-2012
Noi presupponiamo che chi ci procura del male ne sia a conoscenza, sappia cioè che quella sua azione ci depisterà ,ci distruggerà e smarriti ci domandiamo:-come ha potuto lui o lei fare questa cosa a me, al figlio, alla mamma??Come???-
Continuiamo a chiederlo anche all’autore di tanta nefandezza e lui o lei , basito, infastidito, incredibilmente sorpreso reagisce in modi diversi.
Si infuria, alza la voce,o più semplicemente sta zitto e va via ,a sua volta sconcertato dalla sconsideratezza umana.
Noi dobbiamo capire che il male non è facilmente individuabile, non è scritto:-questo è male e questo è bene-
Non è scritto da nessuna parte.
Tu puoi fare e poi disfare, puoi rubare e regalare,puoi amare e puoi odiare e poi stranamente puoi raccogliere il bene dal male e viceversa,senza una vera ragione ,perché - chi l’ha detto che debba esserci???
Figuriamoci col virtuale!!!Non ti vedi,non ti senti puoi illudere e vezzeggiare, puoi far nascere grandi amori, trasporti, simpatie, puoi dire parole dolci ,puoi suggerire comportamenti ,tanto l’altro o l’altra è una cretina se ci crede , perché tu lo stai facendo sol per ammazzare un’ora o come dice Garbellini per crearti un’eccitazione.
Non importa se ci sia Alessandra o Roberta non importa chi ci sia ,per lui ma questo vale pure per le donne che fan lo stesso,per loro gli altri sono tutti uguali,omologati, da comprare inscatolati ,già pronti sullo scaffale del supermercato.
E se tu gli fai notare ,a questi esseri perbene, che tu proprio non sei uguale ,che sei delusa, che tu eri vera ,loro ti guardano come una marziana e ti dicono :-Ma allora non hai capito niente!Questo è il bello del virtuale!!!-
Leggo di un certo reds che teorizza un nuovo amore sempre al tempo del cellulare ed al tempo del pc, un amore senza amore , un amore di emozioni, fredde ,decise a tavolino.Ed io credo abbia ragione,si è smarrita la ragione,ed ormai senza ragione siamo proprio in confusione!!!!
Ve lo dico con affetto ,ve lo dico senza rancore, io proprio non lo so se questo è il bello ,a me sembra solo brutto ,senza per questo voler demonizzare una grande verità –il computer ci dà una grande libertà-ci fa liberi e felici di parlare e poi di scrivere , di poter dialogare con Full, Con Flicorno, con Anser e con Carlotta.
Ma io credo che oramai dopo tanto aver pigiato ,credo proprio che giammai io farò capire quanto male che ci sta se noi usiamo l’altro solo come mezzo e mai come fine.
Era questo il secondo imperativo categorico della critica della ragione pratica di Kant.
Noi dobbiamo dirlo a noi stessi e non dimenticarlo mai, l’altro non è una bambola di pezza, o un uomo da scherzare, l’altro è sacro come siamo sacri noi, se vogliamo sopravvivere in questa falsità.
La falsità del male, la banalità del male,la terribile vanità del male
Perché tutto è vanità
Carissima redis
Pubblicato da Anansi il Dom, 29/01/2012 - 12:33.
accostare Kant al virtuale... eh un modo di ricordare qualcosa con l'aiuto di un nome niente male! eheheh che il "virtuale" sia pericoloso (mò l'hanno detto pure degli studiosi! definendo il virtuale come una vera e propria droga), secondo la mia opinione l'hai capito, che sia solo uno strumento nelle mani di esseri pensanti e non di bug è altrettanto chiaro, che poi gli esseri pensanti a volte non pensino è un altro discorso eheheh c'è un lato del mondo del virtuale, legato alla sfera dei sentimenti più nobili e più alti, che è davvero interessante però. Permettimi di essere chiara e di dilungarmi un pochino. Che sia possibile affezionarsi a un "nick" è fuori discussione, ci affezioniamo alla moto o al forno, che un "nick" possa in qualche modo suscitare un sentimento simile o che si avvicina all'affetto è senz'altro possibile. Che da qui nasca qualcosa che va oltre, e sia la curiosità per esempio, non è molto scontato però. Credo che si possa anche tirare in causa una sorta di autocompiacimento, vuoi per le lusinche, vuoi per le "parole scritte" che comunque ci suscitano delle emozioni, comunque credo che molte persone si possano fermare anche qui, nel senso che trovano appagamento (sia per un'erezione che per le lusinghe) in una forma di relazione strana come quella che s'innesca a suon di messaggi e "chat". Per quanto mi riguarda sono molto "materiale" e niente può sostituire il profumo della pelle, il suono di una risata, il linguaggio del corpo... poi, per esperienza personale, quando il reale e il virtuale si fondono, ho avuto una pessima pessima pessima esperienza. Perchè se è vero che i sentimenti son reali, le persone dietro uno schermo più facilmente ingannano prima se stessi e poi gli altri. E quello che resta è rabbia e dolore. Resta inteso che non voglio generalizzare e sono solo opinioni.
grazie, un sorriso, Carlotta
rispondi
Cara Carlotta
Pubblicato da redis il Dom, 29/01/2012 - 13:47.
Tu sei un essere umano. Sei una rarità,ve ne sono ancora tanti come te,ma sempre meno.Ora c'è proprio una sindrome di dipendenza dall'uso ,cioè non riesci più a staccarti dal pc, dal cellulare,non puoi vivere senza loro. lo capisci??ed il mondo all'improvviso è una bella palla al piede, non si va nemmeno al bagno ,così dicono gli studiosi, non si vuol nemmen mangiare...Ecco è una dipendenza..una droga ...stiamo attenti ,anche io me lo dico da quando ho sostituito le mie chiacchiere con le amiche con lo scritto sul pc.
rispondi
Noi dobbiamo dirlo a noi
Pubblicato da everea de lapalisse il Dom, 29/01/2012 - 13:56.
Noi dobbiamo dirlo a noi stessi e non dimenticarlo mai, l’altro non è una bambola di pezza, o un uomo da scherzare, l’altro è sacro come siamo sacri noi, se vogliamo sopravvivere in questa falsità.
questo lo dici bene. sta tutto in questa frase: la sacralità dell'altro come di se stessi, anzi prima dell'altro;
come si può fare del male se si ama davvero l'umano?
rispondi
ti rispondo con
Pubblicato da redis il Dom, 29/01/2012 - 14:08.
le parole di Carlotta.
Quando il reale ed il virtuale si fondono può essere una pessima esperienza-
le persone dietro uno schermo ingannano prima se stessi e poi gli altri.
Grazie a Carlotta, ora credo che potremo riflettere su una verità
rispondi
si può ingannare benissimo
Pubblicato da everea de lapalisse il Dom, 29/01/2012 - 14:14.
si può ingannare benissimo anche SENZA uno schermo.
ma è una mia opinione parzialissima.
rispondi
Il gene egoista
Pubblicato da ulysse il Dom, 29/01/2012 - 14:29.
Fcciamo tutti, o diciamo, ciò che più ci aggrada o che reputiamo ottimizzi il supposto bene per noi medesimi. Al compiere fino in fondo, l'opera per ciascuno di noi "benefica", si oppongono (ma a volte anche incitano) le leggi laiche è religiose concorrenti a formare il comune senso etico o da esso derivanti.
Naturalmente concorre anche la cultura personale ed ambientale ad affinare, o a rendere tetragoni, i nostri sentimenti e la nostra sensibilità.
La cosa è comunque complessa ed è variabile dipendente dall'ambiente e contesto con cui ci troviamo ad interagire e dai mezzi di cui disponimo o che utilizziamo per relazionarci a distanza. Una volta si scrivevano "lettere" ed esistono carteggi anche storicamente interessanti a connotare una epoca..per dire che il comune senso etico è sempre in evoluzione...in quale senso... è da definire.
Il riferimento alle "critiche" di Kant, concorre certo alla nostra cultura... anche se personalmente, di Kant, non abbiamo una conoscenza diretta (rientra nella formazione della comune Vision popolare), ma non è determinante per il comportamento contingente.
Per tenerla breve, piuttosto che di bene o di male, terrei in conto e parlerei di vantaggio o, rispettivamente, di svantaggio, che ciascuno di noi persegue e valuta in riferimento a se medesimo, pur con tutti i limiti (lacci e lacciuoli) che lambiente sociale di pertinenza impone o cui crediamo di dover aderire, a seconda della nostra sensibilità o, piu' o meno evoluta, nobiltà d'animo, nei confronti del nostro prossimo.
Ovvio che il web offre maggiori possibilità di esplicazione e soddisfazione di certe nostre particolari pulsioni di lontana provenienza e la tentazione fa l'uomo ladro...anche la donna direi: è una questione di civiltà...spesso contemperata dalla convenienza...o viceversa...non saprei.
ciaociao!
fatti non foste a viver come bruti...
rispondi
Ulysse
Pubblicato da redis il Lun, 30/01/2012 - 09:09.
ti prego....va bè che sei gemelli...ricordo bene,vero??? sarai sicuramente simpatico ,sicuramente a me lo sei e ti leggo incuriosita ma te lo dice Calvino ,non io, più semplicità,alleggerisci,togli e vedrai che ti seguiremo sempre se ti impegnerai....Scusami..è il riflesso condizionato ,ma prenditela con Calvino.
rispondi
Amica redis,
Pubblicato da ulysse il Lun, 30/01/2012 - 20:43.
Ti ringrazio del consiglio, ma sono un poco complesso, ho bisogno di spiegarmi, scrivo ciò che penso e sento al momento a volte seriamente a volte ironicamente. E' certo giusto cercare di migliorare e in linea generale mi sforzo, ma faccio fatica ad adeguarmi a chi mi legge o potrebbe leggermi...solo per essere letto...anzi penso che non debbo! Credo che anche Calvino la pensasse così: in fondo lui era lui ed io sono io! ciaociao! ulysse.
fatti non foste a viver come bruti...
Per Odradek
Pubblicato da redis il Lun, 30/01/2012 - 12:43
Stendhal e Sciascia - Il dolore 14 settembre
Quasi tutti i martiri ,sottoposti alle torture più atroci, sono più o meno in uno stato di estasi.
Stendhal pensa che quei martiri non hanno mai sentito dolore,perché annegati nello spirito, nella proiezione della luce divina ,pura anima,hanno abbandonato il corpo ai loro carnefici.
Succede così anche nella sfera del fanatismo che lo infligge e del fanatismo che lo soffre , anche lì il dolore non esiste perchè il dolore è un’invenzione della ragione,un’invenzione suscitata dall’idea della libertà ed ad essa legata,un’invenzione nata dall’idea di giustizia.
Il dolore ,quindi ,esiste veramente là dove il fanatismo,il potere la tirannia ce lo infliggono,esiste nelle cose che non amiamo e che siamo costretti a fare .
Sartre:-Il dolore è dove ce lo infligge la cosa,tutto quel che è fuori di noi,che su di noi si abbatte.
Dolore fisico che si mescola al dolore esistenziale.
La più atroce immagine del dolore è quella del dolore che colui che non pensa,che coloro che non pensano infliggono a colui che pensa,a coloro che pensano.
Un dolore gratuito ,sciocco ,senza senso ,per gioco ,per divertimento,per cattiveria.
Lascia l’altro a chiedersi –perché -a chiedere invano un motivo, a chiedere invano una giustizia che già sa le verrà negata.
Un dolore storico:-I tanti massacri,inutili,le tanti stragi,i tanti stupri,le tante violenze.
Un dolore sociale:-L’ingiustizia profonda di un’eguaglianza irrisa, di povertà beffeggiate,di popoli assetati,affamati ,dati in pasto ai pesci.
Un dolore esistenziale :privato,solitario,di ragazzi ubriacati di birre ,di soldi ,di offerte,ma senza educazione ,rispetto ,sacrificio.
Un dolore immenso per il vuoto di motivazioni grandi che ci facciano accettare ,che ci facciano diventare migliori di quel che siamo.
FAI UN QUADRO DEI VARI ASPETTI DEL DOLORE
Pubblicato da Kallio il Lun, 30/01/2012 - 14:30.
che cautamente dico quasi completo perché non ne ho mai fatto l'elenco.
Condivido il tuo testo al quale voglio aggiungere un dolore da me vissuto e sorto proprio sul posto di lavoro che forse in parte, tu consideri nelle altre specificazioni che scrivi.
Ad un certo punto, scrivi " La più atroce immagine del dolore è quella del dolore che colui che non pensa,che coloro che non pensano infliggono a colui che pensa, a coloro che pensano."
Io ho vissuto sulla mia pelle un dolore simile ma quasi all'inverso, che posso tentare di spiegare usando parti della tua frase. " omissis ... del dolore che colui che pensa infligge a coloro che pensano, ma che colui che lo infligge si arroga di ritenere/giudicare che non pensino."
È il caso tipico di imprenditori che si sentono padroni anche delle persone per cui siccome ti pagano, devi fare non solo le cose sbagliate che pretende che si riconoscano come corrette, ma devi anche dirgli che non sei in grado di capire perché lui è l'intelligenza. Poi quando il patatrac avviene le colpe ti vengono riversate addosso. Non per niente sono finito in cassaintegrazione.
Auguri a te.
Quando questo
messaggio
donna riceverai
un mio bacio
ti arriverà
come lusinga
a un amore
sognato
mai sorto.
rispondi
Kallio
Pubblicato da redis il Lun, 30/01/2012 - 14:41.
la presunzione del supponente,la ubris ,la chiamavano i greci, l'arroganza del prepotente ,il dar la colpa a chi prima ha dovuto per ,svariati motivi, legittimare il comportamento di un altro ....ecco il dolore del calpestato che oramai privo degli strumenti legittimi per difendersi può solo guardare annichilito il suo datore di lavoro, suo marito, i suoi rappresentanti politici ,come alieni-appartenenti al puro mondo del male.
Io ormai da più tempo,scusatemi,ma dico ,siamo nel feudalesimo..Adesso le gabelle..le angherie..i soprusi...adesso è tempo di essere seri ,serissimi e di chiudere la tv. Ciao ciao..nonostante tutto sono una persona solare,anche scherzosa, ma seria.
rispondi
Dispiace che, ancora oggi, i
Pubblicato da oissela il Lun, 30/01/2012 - 17:18.
Dispiace che, ancora oggi, i forti infliggono dolore ai più deboli e il tutto accade anche alla luce del sole, senza
che ci sia rimorso da parte di chi lo provoca e presa di coscienza da parte di noi benpensanti.
Potremmo citare infiniti casi.
Grazie per questo post educativo.
Ciao.
Oissela
A me stavano simpatici, ma essi continuavano a spararmi addosso.( Céline )
rispondi
divide et impera
Pubblicato da redis il Lun, 30/01/2012 - 18:59.
dicevano i romani. Noi ora divisi ,fragili,deboli, demotivati, senza preparazione,assuefatti ad un alcool facile, a facili guadagni , ad una tv da spegnere subito, siamo un nulla ,nella morsa sempre più stretta di un potere ingordo.
Scusatemi ..non voglio fare prediche ,ma come disse il vangelo - Vigilate - ecco siamo vigili se possiamo...affinchè la nostra coscienza non venga plasmata come in un truman show..scusatemi
rispondi
Ciao redis
Pubblicato da Anansi il Mar, 31/01/2012 - 16:29.
ecchime ecchime ma prima mi potresti togliere una curiosità? se è possibile... che come al solito mi son persa qualcosa. il perchè del titolo. Credo sia un po' per tutti, o io non ho capito? comunque. mi piace come accosti alcuni grandi nomi al tuo pensiero e gentilmente "rubi" qualcosa. e onestamente mi piacerebbe proprio vederti impegnata in qualcosa di più corposo, e mi piacerebbe ancora di più leggerti e sapere che quando tu hai scritto, hai sorriso! eheheh
un sorriso, Carlotta
ma la mail?! l'ho cancellata per sbaglio o non l'hai spedita? o non m'è arrivata...?
rispondi
Ma ti ho mandato due o tre mail
Pubblicato da redis il Mar, 31/01/2012 - 20:00.
ora ti manderò la mia-privata privata-
Odradek è il nick di un ragazzo molto bravo che ha scritto un racconto molto bello, molto vero , su un bimbo che non sente dolore, e si toglie gli occhi-----
vedi chi non sente dolore non vede non vede il dolore ,non sente il suo dolore, figuriamoci se può vedere il male che fa ad un altro.
Cecità cecità-Saramago-mi vengono così le citazioni, non le cerco- ho tanto letto e continuo a farlo
la cecità è proprio la peggiore libertà
libertà di non vedere il tuo simile rantolare
poi segue la sordità
scusa ora mi son messa a ridere non sono oculista e nemmeno otorino
Ti leggo solo ora che ho un
Pubblicato da Odradek il Gio, 16/02/2012 - 13:15.
Ti leggo solo ora che ho un debole dolore alle ossa... dicevo ad un'amica che i farmaci curano e ammalano, e l'intelligenza lo dico a te e a me stesso è solo una parte del corpo. Quello quando prende la parola a modo suo vorrei ascoltarlo in pieno silenzio. Non ci riesco mai. Il dolore già.
E Lucio per come l'hai letto tu. Il Lucio che ho letto ancora prima di iniziare a scriverlo, l'ho immaginato come un essere diverso (anche io e te siamo diversi, e qualcuno lo sembra più degli altri...), dicevo che l'ho immaginato dotato di un sentire impensabile. Anche senza alcune cose che abbiamo quasi tutti noi, Lucio sente eccome. Non posso immaginarmi qualcosa senza dolore e chi non ha immaginazione sufficiente per non rendersi conto di questo, perfino nei sui gesti potenzialmente distruttivi, beh questa cosa mi lascia con una grave sensazione di povertà. Impoverito chi fa del male e impoverito chi lo riceve gratuitamente da chi non dovrebbe essere cosa, meccanismo, pensiero di un pensiero ben disposto a giocare sulla pelle altrui. Fuori dai martiri e dai santi penso che per queste cose diventiamo un poco piccoli. Da lì si ricomincia con pazienza e dignità. A subire il dolore che ci strema al silenzio. I più fortunati riprendono parola a lavorare il senso. Ciao.
Premio Nobel
Pubblicato da redis il Gio, 02/02/2012 - 06:02
Vestiario (da "Gente sul ponte")
Ti togli, ci togliamo, vi togliete
cappotti, giacche, gilè, camicette
di lana, di cotone, di terital,
gonne, calzoni, calze, biamcheria,
posando, appendendo, gettando su
schienali di sedie, ante di paraventi;
per adesso, dice il medico, nulla di serio
si rivesta, riposi, faccia un viaggio,
prenda nel caso, dopo pranzo, la sera,
torni fra tre mesi, sei, un anno,
vedi, e tu pensavi, e noi temevamo,
e voi supponevate, e lui sospettava;
è già ora di allacciare con mani ancora tremanti
stringhe, automatici, cerniere, fibbie,
cinture, bottoni, cravatte, colletti
e da maniche, borsette, tasche, tirar fuori
-sgualcita, a pois, a righe, a fiori, a scacchi- la sciarpa
riutilizzabile per protratta scadenza.
Poesia
Nulla due volte accade
né accadrà. Per tale ragione
si nasce senza esperienza,
si muore senza assuefazione.
Anche agli alunni più ottusi
della scuola del pianeta
di ripeter non è dato
le stagioni del passato.
Non c’è giorno che ritorni,
non due notti uguali uguali,
né due baci somiglianti,
né due sguardi tali e quali.
Ieri, quando il tuo nome
qualcuno ha pronunciato,
mi è parso che una rosa
sbocciasse sul selciato.
Oggi, che stiamo insieme,
ho rivolto gli occhi altrove.
Una rosa? ma cos’è?
Forse pietra, o forse fiore?
Perché tu, malvagia ora,
dai paura e incertezza?
Ci sei - perciò devi passare.
Passerai - e qui sta la bellezza.
Cercheremo un’armonia,
sorridenti, fra le braccia,
anche se siamo diversi
come due gocce d’acqua.
poi ne voglio ancora...
SULLA MORTE, SENZA ESAGERARE
NON S'INTENDE DI SCHERZI
STELLE, PONTI
TESSITURA MINIERE LAVORO DEI CAMPI
COSTRUZIONE DI NAVI E COTTURA DI DOLCI.
QUANDO CONVERSIAMO DEL DOMANI
INTROMETTE LA SUA ULTIMA PAROLA
A SPROPOSITO.
NON SA FARE NEPPURE CIÒ
CHE ATTIENE AL SUO MESTIERE
NÉ SCAVARE UNA FOSSA
NÉ METTERE INSIEME UNA BARA
NÉ RASSETTARE IL DISORDINE CHE LASCIA.
OCCUPATA A UCCIDERE
LO FA IN MODO MALDESTRO
SENZA METODO NÉ ABILITÀ.
COME SE CON OGNUNO DI NOI STESSE IMPARANDO.
VADA PER I TRIONFI
MA QUANTE DISFATTE
COLPI A VUOTO
E TENTATIVI RIPETUTI DA CAPO !
A VOLTE LE MANCA LA FORZA
DI FAR CADERE UNA MOSCA IN VOLO.
PIÙ DI UN BRUCO
LA BATTE IN VELOCITÀ.
TUTTI QUEI BULBI BACCELLI
ANTENNE PINNE TRACHEE
PIUMAGGI NUZIALI E PELAME INVERNALE
TESTIMONIANO I RITARDI
DEL SUO SVOGLIATO LAVORO.
LA CATTIVA VOLONTÀ NON BASTA
E PERFINO IL NOSTRO AIUTO CON GUERRE
E RIVOLUZIONI
È ALMENO FIN ORA INSUFFICIENTE.
I CUORI BATTONO
NELLE UOVA CRESCONO GLI SCHELETRI DEI NEONATI
DAI SEMI SPUNTANO LE PRIME DUE FOGLIOLINE
E SPESSO ANCHE GRANDI ALBERI ALL'ORIZZONTE.
CHI NE AFFERMA L'ONNIPOTENZA
È LUI STESSO LA PROVA VIVENTE
CHE ESSA ONNIPOTENTE NON È.
NON C'È UNA SOLA VITA
CHE ALMENO PER UN ATTIMO
NON SIA STA IMMORTALE.
LA MORTE
È SEMPRE IN RITARDO SU QUELL'ATTIMO.
INVANO SCUOTE LA MANIGLIA
D'UNA PORTA INVISIBILE.
A NESSUNO PUÒ SOTTRARRE
IL TEMPO RAGGIUNTO.
rispondi
Lettere dal fronte web
Pubblicato da redis il Mer, 01/02/2012 - 16:47
Lettere cento lettere per me
Cento lettere per me 21 settembre2011
Sono lettere le mail?
Sono lettere ,vero? Scambiate senza busta e francobollo,senza essere infilate nella buca della posta ,senza postino che bussa e ce li recapita a casa. Certamente hanno ancora un indirizzo ,un mittente ,e giungono a casa sullo schermo di un computer. Ma sono lettere ,vero????
Sono scritte senza penna ,con un tasto ,ma la persona che scrive segue sicuramente un suo pensiero ,lo esprime e vuole comunicarlo all’altra,al suo interlocutore. E’ così ,vero?
Ho capito bene ,non ho frainteso,ho risposto a delle lettere ,in tutti questi mesi , ho risposto ad un essere umano al quale ho consegnato i miei pensieri ,perché invitata a farlo.
Ho dato fiducia ad un uomo che mi chiedeva di non essere più arroccata ,mi chiedeva di aprire uno spiraglio. Io ho creduto e credo tuttora di aver parlato con un essere umano non comune, con un essere umano che stranamente ,man mano si andava delineando come il mio alter ego –due professori - due nostalgici degli anni settanta -una ideologia comune -un terreno temporale di riferimento vicino-letture condivise-forse anche una adolescenza ,mi pare di capire ,simile ,con una nonna amata in casa e che segna ,più di una mamma assente , la nostra infanzia.
Divergenze moltissime –su Baudelaire ,su Leopardi,su situazionismo e futurismo, su decadentismo e surrealismo,su Laing e l’antifamilismo ,su Jung,su Freud ,sul virtuale e sul reale.
Adesso sappiamo qualcosa in più,la città dove abitiamo, il nome e cognome ,un numero di telefono, un recapito ,una professione,le amicizie,le frequentazioni.
Sappiamo anche ,un po’ ,le malattie ,gli interventi ,l’anestesia, conosciamo la nostra voce ,una voce piacevole per entrambi , siamo proprio degli esseri umani. Parliamo .
Scriviamo e parliamo ,un giorno ci daremo appuntamento e ci vedremo ,come si faceva un tempo ,in un modo di vivere antico che comprendeva la conoscenza. Così ,per curiosità normale , futile ,per essere ancora normali.
Dopo tanto scrivere ,dopo cento mail moltiplicate per due ,dopo duecento e passa mail ,forse chissà .
Una lettera non basta più.
1-02- 2012
Questo scrivevo questa estate ,quando ancora ignara di essere solo un esperimento ,deciso a tavolino, intavolavo conversazioni dignitose con un essere umano che ancora mi ostino a pensare pregevole.
I rapporti umani,poi lui mi ha spiegato,hanno subito una strana metamorfosi ed il gioco è cambiato,ora ci piace il nascondino,l’amico immaginario,Odradek,il rocchetto di Kafka.
Cucù Settete,poi ricordo ,come finiva il gioco nell’infanzia…
Qui il gioco si spegne quando l’altro ,ma anche l’altra ,il gioco non ha sesso,si scoccia e se ne va.
Senza conoscersi, senza stringersi la mano ,senza dirsi –Piacere di conoscerla-
E resti lì a domandarti:-A chi ho dato i miei pensieri, con chi mi sono confidata, chi mi è stato accanto,per carità con estremo garbo,in tutto questo tempo????- Nessuno. -Nessuno???-
L’amico immaginario-Odradek
I bambini nei loro primi giochi costruiscono un amico immaginario. La mamma li sente parlare,domanda e loro rispondono di essere insieme a Mario,Giovanni, di essere insieme ad un amico. Poi si diventava adulti,una volta,e si scordava l’amico dei giochi fantastici. Una volta le tappe dell’auxologia erano stabili. Ho studiato psicologia dell’età evolutiva -trenta e lode – Ho vinto un concorso per l’insegnamento,ho partecipato a seminari sull’argomento. Una volta si diventava adulti. Quando ancora non esisteva il cellulare,il computer,internet. Noi eravamo adolescenti ,giovani. Poi diventavamo grandi ,ora non più Lo spartiacque fra il prima e il dopo credo che siano stati gli anni novanta .Venti anni. Gli anni dei puntini sospensivi. Gli anni della metamorfosi. Nella metamorfosi un giovane di nome Lucio vuole trasformarsi in uccello per poter volare ma per una sostituzione si trasforma in asino. Un asino sempre uomo. Quante peripezie!Credeva di volare e non vola. Ma lo si può ancora fare ,con l’immaginario!!!! Si può sedurre ,e che c’è di male???,per una parolina carina ,non son pietre le parole,non uccidono le donne,ne uccide più Lonatro!!!!!!
La seduzione è solo un gioco,il momento della freccia che scocca ,il momento senza coscienza,simbolico,il mistero e la trasfigurazione in tutti noi che brancoliamo nelle nebbie di un mondo che va. Che va che va che va Ma dove va?
Questo mondo che va, dove va?
Pubblicato da oissela il Mer, 01/02/2012 - 17:32.
Questo mondo che va, dove va? Ricordando una canzone di Endrigo mi viene voglia di rispondere: " e questo non si sa/
sarà come l'arca di Noè/ il cane, il gatto, io e te."
Una pagina di diario molto bella per i contenuti e per la capacità comunicativa che ti caratterizza.
Dispiace essere utilizzati come oggetto di sperimentazione, ma indubbiamente l'intrecciarsi di opinioni
e condivisioni culturali porta ad un arricchimento di cui un po' tutti usufruiamo.
Il web ci offre la possibilità di dialogare e facendone buo uso, la parola è bella.
Ciao.
Oissela
A me stavano simpatici, ma essi continuavano a spararmi addosso.( Céline )
rispondi
Caro Oissela
Pubblicato da redis il Mer, 01/02/2012 - 19:39.
la differenza fra noi e gli alieni tra noi è netta.Noi veniamo dalla campagna,sappiamo quando il sole sorge,sappiamo come uccidere un pollo, mio padre non io,sappiamo il valore di un albero, di una zolla
gli alieni ,e ce ne sono tanti pensano che gli esseri umani sono come i cibi precotti, e il loro divertimento è studiarne le reazioni.
Giocano -Vediamo questa come reagisce!!-
Non vogliono conquistare, non vogliono amicizia , vogliono vedere solo lo spettacolo di un uomo o donna stuzzicato nelle sue sensazioni.
Non lo dico solo io.
Reds nel suo primo racconto -l'amore al tempo del cellulare - delinea proprio un personaggio così
Ha perfettamente ragione -quello è il prototipo
Negli altri racconti ,infatti ,poi è la deriva...
rispondi
avverto un velo di spleen,anzi qualcosa di più , di chandrà.
Pubblicato da Nikètor il Mer, 01/02/2012 - 18:09.
Le relazioni tra navigatori del web,se di diverso sesso cominciano generalmente e almeno in apparenza come amicizia che poi spesso scivola verso un rapporto d'amore o erotico.Ma esistono anche splendidi rapporti di affinità elettive che rimangono tali senza virare a corrispondenze d' amorosi sensi.Non parlo poi delle avventuracce in cui persone poco accorte o candide,fanno una brutta fine.
Un post il tuo molto intrigannte ,e che sommuove le acque,Hai scelto e svolto bene questo tema
rispondi
Grazie,Niketor
Pubblicato da redis il Mer, 01/02/2012 - 19:26.
tu dici-esistono splendidi rapporti di affinità elettive-ed io ci credo.
tu dici-avventuracce in cui persone candide fanno una brutta fine -e questo mi preoccupa
non per noi ormai adulti e protetti dal cinismo dell'età per cui solo lo spleen ci resterà-ed hai centrato in pieno-ma per gli indifesi e deboli,gli ingenui
il gioco dei sentimenti,delle emozioni non è mai innocente,anche senza sesso ,si creano aspettative,attese, voglia di essere riconosciute, apprezzate, stimate, aldilà dell'abbraccio
la chandrà,me la spiegherai ,che ora proprio ho un 'amnesia
rispondi
senza
Pubblicato da senza il Mer, 01/02/2012 - 21:26.
La vita attraverso le lettere ed i diari,, è sempre una piacevole lettura, poi però si deve passare alla sezione favole perché quando da piccolo non te ne raccontano abbastanza ci credi da grande. Magari invece è solo un'impressione,, che poi le nonne-le nostre più che amate erano armate. Senza
rispondi
mia nonna mi raccontava
Pubblicato da redis il Gio, 02/02/2012 - 03:58.
tante favole nere,nerissime,terribili.
In una di queste un ragazzino con un coltellino affilatissimo scorciava,letteralmente,la pelle delle sorellastre cattive della protagonista buona e loro si facevano togliere la pelle perchè convinte di diventare più belle. Ovviamente morivano. -Scorcia ,figlio,scorcia-dicevano fra il dolore
E lui-Chi bella vuò parire ,gran duluri ha da sentire-
Dovrei essere quindi preparatissima ....ma si può vivere,, Senza?????
Senza fiducia, senza crederci, senza aspettative, senza verità, senza nick,senza veli e trasfigurazioni,senza viltà,senza dire un'altra età, con il coraggio della responsabilità....essere abile alla risposta...questo vuol dire ...abile non a mistificare ,ma retto onesto....perchè...la fiducia Impegna
rispondi
PURTROPPO
Pubblicato da il_conte_della_... il Gio, 02/02/2012 - 00:07.
Purtroppo queste righe a parer mio trasudano di lacrime, sembra un garbato e dignitoso urlo, di una persona che si chiede il perche'....
Non so se si tratta di uno slancio di assoluta fantasia o celi un'amara realta', so solo che ai miei occhi e' tutto vero...
un caloroso saluto
il conte della calunnia
rispondi
Dal personale all'universale
Pubblicato da redis il Gio, 02/02/2012 - 04:12.
la scrittura oggettivizza un dolore del soggetto e rende l'esperienza universalmente condivisa tanto da sentirmi dire spesso
-Questa è la mia storia,signora-dalle persone più sconosciute.
Perchè la storia di uno è la storia di tutti,se con sensibilità riusciamo ad uscire dal nostro egoismo e cerchiamo un dialogo utile e non futile sul perchè---vero ,quello che dici-perchè siamo ora alla deriva del primo che arriva---in ogni situazione,non solo fra uomo e donna,ma sociale, politica,religiosa.
rispondi
.
Pubblicato da Uriah Heep il Gio, 02/02/2012 - 10:29.
ti manca tanto così per guardare nell'abisso e bu, l'abisso in te.
ma ti ritrai sul ciglio, accorta e intelligente, e mi ritrovo in un epistolario quasi pop.
compi il gesto, ma alla fine il coltello non lo affondi.
mi sei piaciuta,
buonissima giornata.
Una parola non è la stessa in uno scrittore e in un altro. Uno se la strappa dalle viscere, l’altro la tira fuori dalla tasca del soprabito.
Charles Péguy
mailto: uriah-heep@hotmail.it
rispondi
E fanno male queste benedette
Pubblicato da maria elisa il Gio, 02/02/2012 - 10:59.
E fanno male queste benedette lettere che giungono da lontano e, se vogliamo, anche insistenti.
Altro non so dire.
Ora? Penso proprio tu stia risalendo.
Buona giornata
Maria Elisa_______Tomorrow is the first day of the rest of my life FENG SHUI
rispondi
piaciuta la riflessione
Pubblicato da everea de lapalisse il Gio, 02/02/2012 - 13:21.
piaciuta la riflessione letteraria, un po' meno la punteggiatura.
ma son pignola io.
rispondi
Ad Uriah-Everea e Maria Elisa
Pubblicato da redis il Gio, 02/02/2012 - 15:41.
E' vero, Uriah, molti mi dicono così come hai detto tu,mi fermo sul ciglio e guardo giù ,ma soffro di vertigini e mi ritraggo,vero è.
E' vero,Everea,uso la punteggiatura come mi pare,nei compiti la correggerei,ma qui la uso simbolicamente...la virgola un respiro,errata, vero è,ma simbolica. Perdono.
E' vero ,Maria Elisa ,sto risalendo ,ma non erano mail insistenti ,eran mail molto belle,attese con piacere, con il piacere vero della conversazione fra due affinità elettive ...e dopo che ho capito che
la stessa mail veniva poi mandata ad una ,a due , a tre....
la stessa mail,suppongo..
è questo quello che mi sorprende
di altro son felicissima di aver tanto parlato ,di aver tanto scritto di aver tanto studiato con un nick che io credevo fosse un uomo vero
rispondi
Non credo che viviamo momenti
Pubblicato da Barabba il Gio, 02/02/2012 - 19:42.
Non credo che viviamo momenti particolari. Spartiacque nella storia ce ne sono stati sempre tanti. E non credo che si prendano più cantonate sul web rispetto ad altri posti. Anzi...
Esistono persone sincere e altre no.
Esiste la buonafede e la malafede.
Le lettere che hai ricevuto sono vere se chi le ha scritte lo è.
Un saluto
Gaetano
rispondi
Caro Gaetano
Pubblicato da redis il Gio, 02/02/2012 - 20:14.
incipit tradizionale-ti chiami veramente Gaetano,vero???-
sarai un ragazzo
ed io sono una donna adulta
Esistono persone sincere ed altre no-è vero
E' vero anche quel che dice Everea,si può imbrogliare anche senza un nick
ma qui ,nel virtuale tutto si dilata, si amplifica ed uomini ma anche donne con problemi psicologici , con immaturità possono più facilmente mascherarsi su una età che non hanno, su un sentimento che non provano e possono fare sbarellare l'altro o altra che tenacemente vuole convincersi di parlare con un essere umano.
qui manca lo sguardo ,manca la possibilità di verifica,manca il terreno su cui poggiarsi.
E' stata un'esperienza bellissima la mia,non brutta,ho imparato tanto ,lo rifarei,mi ha veramente straorzato.
Ma io ho avuto accanto amiche,familiari, interessi che mi hanno permesso,insieme ai miei studi di disincagliare il gioco e di renderlo positivo ,per altri,credimi ,non è così...ed è un inferno.
rispondi
Catullo al tempo del cell
Pubblicato da redis il Ven, 03/02/2012 - 13:18
Catullo nel 2011- 1 dicembre
L’Amore al tempo del cellulare
Viviamo ,mia Jessica,e mandiamoci un mess
Ed ogni squillo faccia brontolare i tuoi prof
La notte può morire e poi risorgere
Perché noi siamo svegli solo di notte
Al bar,in disco ,ed un giorno infinito dormiremo.
Tu mandami mille sms,quindi cento
Poi altri mille e cento ancora.
Quando poi saranno mille e mille
Il numero ci sfuggirà
Ma con le offerte Tim e Vodafone
L’invidioso non saprà mai
Quanti mess ci siamo dati
Gratis !!!
scherzo , è carnevale !!
Altro
Poesia
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70 letture
Pensavo che fosse tutto vero
Pubblicato da oissela il Ven, 03/02/2012 - 18:07.
Pensavo che fosse tutto vero e alla fine scopro ( ma perché suggerito) che si tratta di uno scherzo.
Mi piace questo modo di comunicare brillante e non resterò sorpreso quando posterai delle fiabe.
Ciao.
Oissela
A me stavano simpatici, ma essi continuavano a spararmi addosso.( Céline )
rispondi
Farò sicuramente,Oissela
Pubblicato da redis il Sab, 04/02/2012 - 06:05.
un raccontino su quei tuoi polli sgozzati e su quello scampatoalla morte......dopo la quaresima
rispondi
Quale scherzo è ottimo.Io ti ricordo il carmen V da me tradotto
Pubblicato da Nikètor il Ven, 03/02/2012 - 22:29.
Pubblicato da Nikètor il Mar, 26/10/2010 - 05:39
Viviamo,Lesbia, facciamo l'amore
che i mugugni dei vecchi severi
insieme tutti non valgono un soldo,
possono i soli calare e sorgere,
spenta che sia la breve luce,
eterna restaci notte a dormire,
dammi di baci mille e poi cento,
mille e poi altri e cento ancora.
Quando n'avremo molte migliaia
li mischieremo a perderne il conto
sì che il maligno invidiarci non possa
senza il conteggio preciso dei baci.
rispondi
Grazie,dottore
Pubblicato da redis il Sab, 04/02/2012 - 06:03.
ma la chandrà quando me la spiegherà??? At-tendo fiduciosa ma non troppo.....rido ,non mi sono mai divertita tanto... come ora...nel giardino delle Muse !!
rispondi
Per Ennio
Pubblicato da redis il Dom, 05/02/2012 - 09:27
Per Ennio
Ennio è sparito-avrà violato il regolamento ed è stato cancellato??
E’ così ???
Io non lo so-io sono con voi da troppo poco ,ma ,leggo ,leggo ,leggoescrivo,per professione,per passione.
La stanza di Montanelli
La cartolina di Barbato
La bustina di Minerva
I miei pezzi-dico io
Avrei voluto fare la giornalista, l’opinionista,la commentatrice,e quel che faccio ora nelle sale , nei ritrovi, ai tavoli di un caffè - letterario,s’intende-
Nella mia curiosità ,sbaglio osservo deformo amplifico
Nella mia curiosità leggo tutto a modo mio.
Ennio Ennio dove sei???
Non ho letto niente di te,solo un tuo commento , e mi dissi :-questo è un uomo onesto,devo proprio conservarlo il suo commento-
Ma stamane ricercando ,qui sul sito, niente ho trovato, posso solo raccontarlo ,-Che peccato!!!!-posso solo riportarlo ..come io me lo ricordo.
Ennio commentava un racconto -Love In Neteditor- che all’improvviso non finiva e lui ,infuriato ,diceva allo scrittore:-Ma ti sembra questo il modo??Farci seguire un romanzo e poi lasciarci così???come cretini????
Romanzo- poi continuava-imbestialito- questo non è un romanzo. Tu usi un sito per trovarti i tuoi appuntamenti erotici,tu usi un sito per trovare e fare le stranezze che racconti ,tu usi il sito e la direzione dovrebbe cancellarti-
Così diceva Ennio allora- ma fu cancellato lui
A me ,allora sembrò eccessivo Ennio, il racconto mi sembrò un gioco,di cattivo gusto ,ma un gioco,troppo esasperato per essere vero ,un gioco del dottore, dell’uomo cerimoniere che si eccita non a fare ma a guardare,ad insegnare, a godere se lei diventa un congegno da avviare da mandare per il mondo a toccare con le mani questo e quello e pure altro.
Bene ammaestrate dal maestro del piacere, dell’eros staccato da un umano sentimento ,un eros di corpi, un eros di eccitamento , senza attesa, senza voglia, senza nessun infingimento.
Mi sembrò che lo scrittore proprio non meritasse tutto quello schifo con cui Ennio lo trattava e presi ad indagare,così per distrarmi un po’,Montalbano docet,ed io li ho letti tutti.
Ho letto ho letto ed ho riletto,anche le donne che avevano commentato ,eravamo solo in due tre in tutto,ma notavo stranamente che una donna poi scriveva anche lei di questi incontri,sicuramente figurati forse vissuti in trance,con lo stesso stile … ma sarà sicuro un caso!!!!
Io poi in tutto questo avevo fatto il parallelo con De Sade e con Valmont, Con Nabokov e con Moravia e poi via via immaginando come il sesso ridotto solo così fosse una metafora del delirio dell’insulsaggine della nostra indecorosa realtà.
Quell’oscuro oggetto del desiderio
Mancato sbeffeggiato irriso manipolato
Ohi ca muaru ca muaru ca muaru pi cchi lla cosa ca ll’uartu ci sta
Non lo so scrivere ,ma era una canzoncina d’altri tempi, sempre gli stessi tempi, una canzoncina sul desiderio sull’esigenza di una soddisfazione di un corpo anelante -uomo o donna-
Giusto- poi si può anelare in forme più svariate
Poi ci si può soddisfare con un piede, con una coscia, feticisti, onanisti, ripetendo all’infinito un gesto naturale………..continua
Articolo critico - recensione
Giallo
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140 letture
Vita da bonobi
Pubblicato da redis il Mar, 07/02/2012 - 07:15
Vita da bonobi 11settembre2011
I bonobi vivono sulla rive gauche del fiume Congo, sulla destra vivono gli scimpanzé.
Gli scimpanzé sono aggressivi, conservatori ,prepotenti,sono di destra.
I bonobi sono liberi ,anticonvenzionali,anticonformisti,emancipati,sono di sinistra.
I bonobi hanno coniato la frase-facciamo l’amore non la guerra-e passano il tempo a trastullarsi,beati loro, senza frustrazioni, senza digiuni,in pace,hanno sconfitto l’aggressività con la sessualità.
Sono molto simili e dissimili da noi. Noi non riusciamo ancora a trovare il filo conduttore dei nostri istinti,malgrado tanta filosofia ,tanta cultura. Gli uomini proprio non riescono ,i bonobi sì. Mai sentito di un bonobi chiamare lei troia,puttana,zoccola,mai. Mai sentito una lei bonobi chiamare lui cornuto,vigliacco ,stronzo,mai. Hanno sconfitto l’aggressività .Noi ,invece,continuiamo ad ondeggiare fra il vecchio e il nuovo ,fra peccato e perversione , fra istinto e repressione ,fra insulto e desiderio, sporcando irrimediabilmente una esigenza naturale. La donna che fa è una grande troia ,chi non fa una sessuofoba ,una che se la tira. Mah! alcune imitano le bonobi , e ondeggiano sugli alberi della comunicazione discinte ,scomposte ,offrendo il prodotto già pronto .Saranno felici,in pace?Chissà!Altre tentano una mediazione , uno status da moglie ,un prodotto da salvaguardare. La terza via è più complicata,prescinde dal prodotto e vorrebbe veramente l’armonia fra sessi bisognevoli uno dell’altro senza zoccole e cornuti. Ma noi ,che non siamo fra i bonobi ,noi siamo complicati ,noi dobbiamo sedurre,e poi dobbiamo abbandonare,noi non ci divertiamo se non facciamo un pò soffrire ,noi che conosciamo il bene e il male. Noi siamo e non siamo,non sappiamo neppure chi siamo,vogliamo e non vogliamo,però se lei ci sta è una puttana. Non so da che parte andare!Guardo solo da lontano!Guardo un mondo sofferente che si uccide per un gioco, che uccide per passione ,per vendetta ,per amore. Guardo un mondo senza pace,senza educazione ,un mondo che non piace ,guardo tutto impoverito,guardo e sogno un altro giorno ,sulla nostra rive gauche,sulla riva del rispetto della nostra umanità.
PS mi vergogno un po’ ,ma le parolacce erano necessarie - Scusatemi
Però mi piace proprio la storia dei bonobi.Chissà come mi è venuta in mente. Non lo so neppure io!E comunque è proprio vera
Io mi sono molto divertita a scriverla e mentre scrivevo ridevo perché tutto fa ridere visto da fuori!
quasi tutto è condizionato dai geni
Pubblicato da Nikètor il Mar, 07/02/2012 - 07:39.
tra il nostro genoma e quello dei bonobi la differenza però non sara più del 2%,come tra le scimmie superiori e noi,cara Redis.Questa è la realtà del regno animale,di cui siamo la punta eccelsa.La progressiva complessificazione del cervello degli animali superiori ha prodottom le così dette qualità emergenti,e si è prodotto l'uomo,dotato di consapevolezza del bene,ma purtroppo anche del male.
Una bella utopia la tua,cara amica.
Namasté
rispondi
Mi piacciono sempre molto
Pubblicato da il Moscone il Mar, 07/02/2012 - 08:39.
i racconti sugli animali, e le comparazioni/confronti con gli esseri umani.
Tra noi e loro c'è e resta comunque un abisso inavvicinabile: loro sono guidati da istinti sicuri, la nutrizione, la riproduzione, la sopravvivenza, il vivere qui e ora.
Noi invece siamo dominati dal principio di godimento e siamo eternamente insoddisfatti. La nostra profonda tendenza è quella di godere al di là di ogni logica naturale e per questo l'umanità ha scelto il capitalismo consumistico per suicidarsi.
Anche adesso che sta distruggendo tutto il pianeta, il capitalismo insiste nella sua Crescita esponenziale, divorando le risorse residue.
Anche adesso che è morto da tempo e il suo cadavere continua a infliggerci sofferenze inenarrabili, nessuno si dà da fare per seppellirne la salma.
Perchè? Freud la chiamava giustamente le pulsione di morte, Thanatos: vogliamo godere, consumare, sprecare fino ad ammazzarci, siamo una razza maledetta, senza speranza...meritiamo ampiamente la fine, proprio perchè ci reputiamo superiori alle scimmie dalle quali avremmo solo tutto da imparare.
Bello scritto Redis
"Per loro natura, le alte vette attirano i tuoni e i fulmini."
rispondi
a Niketor ed al Moscone
Pubblicato da redis il Mar, 07/02/2012 - 09:14.
chi di voi due mi preferisce?????nel senso chi mi ha messo fra preferiti???? Ditemelo
Io ,quando preferisco ,lo dico-ti ho messo nei preferiti-
Mi sembra una buona maniera.
Poi vi preparerò il manuale di monsignore della Casa......... ridendo
rispondi
Posso dire una cosetta, senza
Pubblicato da oissela il Mar, 07/02/2012 - 10:29.
Posso dire una cosetta, senza suscitare ilarità, seria: Ammesso che riuscissimo a sopravvivere all'estinzione di questo
nostro bel pianeta, quanti millenni saranno necessari, per essere civili e socievoli come i Bonobi?
Sempre gradevoli e intelligenti i tuoi post.
Ciao.
Oissela
A me stavano simpatici, ma essi continuavano a spararmi addosso.( Céline )
rispondi
**
Pubblicato da Full il Mar, 07/02/2012 - 22:50.
Vedo che stai aggiustando il tiro con i tuoi post. Ironico e significativo nella sua apparente leggerezza e più curato di altri.
Avrei omesso quel ps.
C
Avventura Diario
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ritratto di Ippi
IL post è solo per gli appassionati e per me che voglio
Pubblicato da Ippi il Sab, 03/03/2012 - 18:36.
raccogliere il lavoro precedente.
Ed adesso vi posso fare l'etica nicomachea tre
ciao
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sabato 7 ottobre 2017
Neteditor chiude il 12 ottobre 2017
Neteditor chiude. La piattaforma web dove ho scribacchiato nel lontano 2012, anche prima, dove ho imparato cosa vuol dire essere bannata e vedere tutto il profilo cancellato di colpo senza un perché, ora chiude. Sic transit gloria mundi. Riesco a salvare un pezzo postato allora, lo trovo per caso, il mio profilo risulta sempre oscurato.
Le vedove bianche
Partivano intorno agli anni trenta o subito dopo gli uomini dalla Lucania dalla Calabria dalla Sicilia, partivano da una realtà di miseria, di stenti e andavano lontano all'estero per lavorare.
Emigravano i nostri contadini da una campagna aspra e assolata, da un lavoro malpagato e vilipeso e non tornavano più.
Andavano troppo lontano,oltreoceano.
Lasciavano al paese donne bambine, donne già adulte, già mamme, appena gravide, lasciavano le mogli nelle loro case, dalle loro mamme, ad aspettarli.
Scrivevano, a volte, e qualcuno leggeva le loro lettere, attese con trepidazione da donne sole che tenevano al collo il piccolo già pesante, reclamante, esigente.
Sottoposte al controllo sociale, al dominio delle suocere, sfiorivano perdevano i denti, invecchiavano e s’imbruttivano.
Incattivivano.
Da noi un tempo cattiva, da captiva, essere privata, veniva detta la vedova.
E Carlo Levi intitolò così il libro-Le vedove bianche-
Donne sposate, mamme, senza un uomo.
Non siamo più negli anni trenta ma negli anni duemila, negli anni sciocchi e banali di un benessere cieco e ottuso, eppure stasera seduta a guardare La signora delle vigne di Ritsos, seduta ad ascoltare le parole ho visto il silenzio, la solitudine delle donne, delle tante donne, vedove bianche tra noi.
Sposate, sposatissime, con mariti rispettabili, rispettabilissimi, ma lontani.
Donne mamme con figli già grandi, donne che guidano lavorano parlano.
Lasciate vivere in case grandi comode confortevoli vuote.
Loro gli uomini sono altrove in un continente lontano, molto spesso con altre donne nella testa, con altre sequenze.
Sono partiti ed hanno lasciato sul divano sulla poltrona un corpo senza sangue. A volte nemmeno quello.
Sul palcoscenico del teatro le ballerine eseguono il sirtaki conclusivo trascinante e dietro di me una bella signora con due splendide ragazzine.
Le ho già incontrate spesso. Al cinema, al teatro. Lei sembra me. Sembra me quando mio figlio stava alla mia mano, si lasciava condurre da una mamma anelante vita al recital di Ornella Vanoni, al concerto di Fabrizio de Andrè, io e lui in braccio, poi si è fatto uomo troppo presto e non è più venuto ed io sempre più raramente sono andata.
Il controllo sociale psicologico su uno status virtuale da rispettare, insacca donne volitive e capaci in un telo stretto e anaerobico.
"E tu mi vieni a dire che l’amore come se l’amore" fosse un gioco la seduzione un divertissement, la distrazione, e lo vieni a dire proprio alle vedove bianche che per aver creduto ad una promessa non sanno più chi sono, chi hanno sposato e sono incapaci di muoversi in una realtà sempre più arida.
Certo anche a loro piacerebbe recuperare l’aspetto ludico delle emozioni, sorridere con l’uomo di una burla di un pensiero, trasmettere un fremito se no che vita è? Un fremito non costruito a tavolino, non stabilito a freddo, senza trasfigurare, senza altrove, solo per il piacere vero di riderne insieme. E' possibile ancora tutto ciò?No.
Lei diventa quella, lei scompare, rimane per casa una prestatrice di servizi, una estranea da isolare, irridere, negarle lo status, toglierle il terreno solido, la leva da cui sollevarsi.
Una palude la vita matrimoniale. Le ballerine continuano il sirtaki. L’uomo continua a dire che ama quella donna più di se stesso, gli crediamo, la ama ma non sa più il suo nome, cosa le piace, di cosa sorride, perché è sempre così scostante. Non la conosce più e lei non conosce più lui. Stanno insieme per i figli, per la casa, per viltà, per paura, stanno sotto lo stesso tetto senza saperlo.
Forse esagero, come sempre, forse sono solo sensazioni dilatate da un vissuto ai margini, forse leggo tutto con eccessive pretese. Basta accontentarsi, basta adeguarsi, la vita non è letteratura… La vita è prosaica; abitudini, pranzi, inviti, parenti, nessuno.
Ci rassicura la banalità, ci preoccupa l’originalità, il pensiero stravagante. Che peccato! Quanta ricchezza di affetti viene sciupata così senza consapevolezza di farlo. Quanto vissuto pregevole se solo si recuperasse il piacere di guardarsi negli occhi!
9 agosto 2011
Lamezia, secondo appuntamento all'Abbazia con il Magna Graecia Teatro
Lunedì 08 Agosto 2011 18:14 all’Abbazia Benedettina per il Magna Graecia teatro con “La signora delle vigne” per la regia (e coreografia) di Simonetta Pusceddu e che vede la partecipazione, tra gli altri, dell’attrice Cristina Maccioni. “La Signora delle Vigne” è una produzione che nasce appositamente come spettacolo per i siti archeologici nei quali, di volta in volta, viene riallestita originalmente. Lo spettacolo è diviso in due parti. Nella prima parte gli spettatori compiono un percorso alla scoperta del luogo che è “abitato” e “illuminato” dalla presenza della danza, di voci, suoni e immagini proiettate. Un percorso a sua volta diviso in due sezioni: “II labirinto” come il luogo dell’infinito susseguirsi delle immagini, luogo determinato non dagli elementi costruttivi ma dal vuoto, dallo spazio interno in cui gli uomini camminano e vivono...”.
“Le Agorà, i cortili” in cui lo spazio si frammenta e viene occupato totalmente con diverse azioni contemporanee di danza. La seconda parte si svolge, invece, in un luogo circoscritto (palco). In questa seconda parte il protagonista del racconto teatrale e coreografico è l’universo femminile: le madri, le vedove, le spose di ogni tempo. Un universo che si muove all’interno di una ambientazione che evoca il mare, quel mare che allontana gli affetti ma poi li riconduce rinforzandoli. Fra danza e teatro nello spettacolo si crea un meraviglioso clima di gioco e melanconia dal sapore antico e prende vita una dimensione di fiaba eterna: la guerra, la gloria, il mare, le bonacce e le tempeste, le terre ignote e profumate, la stanchezza, il dolore, l’approdo, l’attesa. Una fiaba abitata da personaggi contemporanei e classici ad un tempo: non umili comparse della storia, non strumenti della volontà degli Dei. Personaggi ora sfumati e dissimulati dietro immagini e simboli, ora intravisti dietro veli e nebbie, ora immersi nella loro smascherata quotidianità.
Le vedove bianche
Partivano intorno agli anni trenta o subito dopo gli uomini dalla Lucania dalla Calabria dalla Sicilia, partivano da una realtà di miseria, di stenti e andavano lontano all'estero per lavorare.
Emigravano i nostri contadini da una campagna aspra e assolata, da un lavoro malpagato e vilipeso e non tornavano più.
Andavano troppo lontano,oltreoceano.
Lasciavano al paese donne bambine, donne già adulte, già mamme, appena gravide, lasciavano le mogli nelle loro case, dalle loro mamme, ad aspettarli.
Scrivevano, a volte, e qualcuno leggeva le loro lettere, attese con trepidazione da donne sole che tenevano al collo il piccolo già pesante, reclamante, esigente.
Sottoposte al controllo sociale, al dominio delle suocere, sfiorivano perdevano i denti, invecchiavano e s’imbruttivano.
Incattivivano.
Da noi un tempo cattiva, da captiva, essere privata, veniva detta la vedova.
E Carlo Levi intitolò così il libro-Le vedove bianche-
Donne sposate, mamme, senza un uomo.
Non siamo più negli anni trenta ma negli anni duemila, negli anni sciocchi e banali di un benessere cieco e ottuso, eppure stasera seduta a guardare La signora delle vigne di Ritsos, seduta ad ascoltare le parole ho visto il silenzio, la solitudine delle donne, delle tante donne, vedove bianche tra noi.
Sposate, sposatissime, con mariti rispettabili, rispettabilissimi, ma lontani.
Donne mamme con figli già grandi, donne che guidano lavorano parlano.
Lasciate vivere in case grandi comode confortevoli vuote.
Loro gli uomini sono altrove in un continente lontano, molto spesso con altre donne nella testa, con altre sequenze.
Sono partiti ed hanno lasciato sul divano sulla poltrona un corpo senza sangue. A volte nemmeno quello.
Sul palcoscenico del teatro le ballerine eseguono il sirtaki conclusivo trascinante e dietro di me una bella signora con due splendide ragazzine.
Le ho già incontrate spesso. Al cinema, al teatro. Lei sembra me. Sembra me quando mio figlio stava alla mia mano, si lasciava condurre da una mamma anelante vita al recital di Ornella Vanoni, al concerto di Fabrizio de Andrè, io e lui in braccio, poi si è fatto uomo troppo presto e non è più venuto ed io sempre più raramente sono andata.
Il controllo sociale psicologico su uno status virtuale da rispettare, insacca donne volitive e capaci in un telo stretto e anaerobico.
"E tu mi vieni a dire che l’amore come se l’amore" fosse un gioco la seduzione un divertissement, la distrazione, e lo vieni a dire proprio alle vedove bianche che per aver creduto ad una promessa non sanno più chi sono, chi hanno sposato e sono incapaci di muoversi in una realtà sempre più arida.
Certo anche a loro piacerebbe recuperare l’aspetto ludico delle emozioni, sorridere con l’uomo di una burla di un pensiero, trasmettere un fremito se no che vita è? Un fremito non costruito a tavolino, non stabilito a freddo, senza trasfigurare, senza altrove, solo per il piacere vero di riderne insieme. E' possibile ancora tutto ciò?No.
Lei diventa quella, lei scompare, rimane per casa una prestatrice di servizi, una estranea da isolare, irridere, negarle lo status, toglierle il terreno solido, la leva da cui sollevarsi.
Una palude la vita matrimoniale. Le ballerine continuano il sirtaki. L’uomo continua a dire che ama quella donna più di se stesso, gli crediamo, la ama ma non sa più il suo nome, cosa le piace, di cosa sorride, perché è sempre così scostante. Non la conosce più e lei non conosce più lui. Stanno insieme per i figli, per la casa, per viltà, per paura, stanno sotto lo stesso tetto senza saperlo.
Forse esagero, come sempre, forse sono solo sensazioni dilatate da un vissuto ai margini, forse leggo tutto con eccessive pretese. Basta accontentarsi, basta adeguarsi, la vita non è letteratura… La vita è prosaica; abitudini, pranzi, inviti, parenti, nessuno.
Ci rassicura la banalità, ci preoccupa l’originalità, il pensiero stravagante. Che peccato! Quanta ricchezza di affetti viene sciupata così senza consapevolezza di farlo. Quanto vissuto pregevole se solo si recuperasse il piacere di guardarsi negli occhi!
9 agosto 2011
Lamezia, secondo appuntamento all'Abbazia con il Magna Graecia Teatro
Lunedì 08 Agosto 2011 18:14 all’Abbazia Benedettina per il Magna Graecia teatro con “La signora delle vigne” per la regia (e coreografia) di Simonetta Pusceddu e che vede la partecipazione, tra gli altri, dell’attrice Cristina Maccioni. “La Signora delle Vigne” è una produzione che nasce appositamente come spettacolo per i siti archeologici nei quali, di volta in volta, viene riallestita originalmente. Lo spettacolo è diviso in due parti. Nella prima parte gli spettatori compiono un percorso alla scoperta del luogo che è “abitato” e “illuminato” dalla presenza della danza, di voci, suoni e immagini proiettate. Un percorso a sua volta diviso in due sezioni: “II labirinto” come il luogo dell’infinito susseguirsi delle immagini, luogo determinato non dagli elementi costruttivi ma dal vuoto, dallo spazio interno in cui gli uomini camminano e vivono...”.
“Le Agorà, i cortili” in cui lo spazio si frammenta e viene occupato totalmente con diverse azioni contemporanee di danza. La seconda parte si svolge, invece, in un luogo circoscritto (palco). In questa seconda parte il protagonista del racconto teatrale e coreografico è l’universo femminile: le madri, le vedove, le spose di ogni tempo. Un universo che si muove all’interno di una ambientazione che evoca il mare, quel mare che allontana gli affetti ma poi li riconduce rinforzandoli. Fra danza e teatro nello spettacolo si crea un meraviglioso clima di gioco e melanconia dal sapore antico e prende vita una dimensione di fiaba eterna: la guerra, la gloria, il mare, le bonacce e le tempeste, le terre ignote e profumate, la stanchezza, il dolore, l’approdo, l’attesa. Una fiaba abitata da personaggi contemporanei e classici ad un tempo: non umili comparse della storia, non strumenti della volontà degli Dei. Personaggi ora sfumati e dissimulati dietro immagini e simboli, ora intravisti dietro veli e nebbie, ora immersi nella loro smascherata quotidianità.
giovedì 5 ottobre 2017
Paradisi Minori di Megan Mayhew Bergman
La compagnia giusta "The Right company"
" Una volta mia madre mi aveva detto, Non sottovalutare mai l'elusione come metodo efficace di affrontare la vita. Ho sentito parlare di una donna che dopo un ictus utilizzava solo la parte destra del cervello. aveva perso l'io, come una valigia dimenticata in un altro paese.E così aveva trovato la felicità"
Paradisi minori. Uno dei paradisi sarà forse la dimenticanza?
Le Balene di Ieri "Yesterday'S Whales"
"Quando il massimo ideale di una persona è l'assenza di ogni vita umana, i gesti romantici fanno quasi ridere.
"Sopportavo questo suo bisogno di controllare e dare consigli... anche se mia madre lo trovava di un'arroganza spaventosa." Bisognerebbe sempre ascoltare i consigli delle madri!
Paradisi Minori: Uno dei Paradisi sarà forse l'assenza?
Il cuore artificiale "The Artificial Hearth"
" Riconosci l'autorità di qualcuno solo quando se l'è guadagnata, diceva sempre."
Paradisi Minori: Uno dei Paradisi sarà forse l'autorità?
Nel giorno della scelta del Premio Nobel della letteratura dedico questo pezzo ad una casa editrice, la NN EDIZIONE che ci propone sempre autori da premiare.
"Mi viene in mente che ogni tanto finiamo per abitare in luoghi che non ci appartengono" e ancora"So sempre quando ho fatto qualcosa di sbagliato. È una sensazione che ho provato ogni singolo giorno della mia vita." a pagina 81
Gioia Guerzoni, la traduttrice, scrive di questi racconti "c'è una specie di morale del cuore, di rivelazione, di speranza"
Ci sta tutto ciò che abbiamo in testa in Paradisi minori, il desiderio e la mancanza, la scelta e l'istinto, l'affetto e le fissazioni.
Le favole di Esopo e le favole dei Fratelli Grimm, le favole crudeli che mi raccontava la nonna.
Mi sembrano infatti favole questi racconti, favole di questi tempi, aggiornati al nostro mondo, ma pur sempre le favole che avrebbero voluto insegnarci, come le favole dell'infanzia, la durezza e la difficoltà di vivere, la solitudine e la compagnia giusta per affrontarla.
Ippolita Luzzo
" Una volta mia madre mi aveva detto, Non sottovalutare mai l'elusione come metodo efficace di affrontare la vita. Ho sentito parlare di una donna che dopo un ictus utilizzava solo la parte destra del cervello. aveva perso l'io, come una valigia dimenticata in un altro paese.E così aveva trovato la felicità"
Paradisi minori. Uno dei paradisi sarà forse la dimenticanza?
Le Balene di Ieri "Yesterday'S Whales"
"Quando il massimo ideale di una persona è l'assenza di ogni vita umana, i gesti romantici fanno quasi ridere.
"Sopportavo questo suo bisogno di controllare e dare consigli... anche se mia madre lo trovava di un'arroganza spaventosa." Bisognerebbe sempre ascoltare i consigli delle madri!
Paradisi Minori: Uno dei Paradisi sarà forse l'assenza?
Il cuore artificiale "The Artificial Hearth"
" Riconosci l'autorità di qualcuno solo quando se l'è guadagnata, diceva sempre."
Paradisi Minori: Uno dei Paradisi sarà forse l'autorità?
Nel giorno della scelta del Premio Nobel della letteratura dedico questo pezzo ad una casa editrice, la NN EDIZIONE che ci propone sempre autori da premiare.
"Mi viene in mente che ogni tanto finiamo per abitare in luoghi che non ci appartengono" e ancora"So sempre quando ho fatto qualcosa di sbagliato. È una sensazione che ho provato ogni singolo giorno della mia vita." a pagina 81
Gioia Guerzoni, la traduttrice, scrive di questi racconti "c'è una specie di morale del cuore, di rivelazione, di speranza"
Ci sta tutto ciò che abbiamo in testa in Paradisi minori, il desiderio e la mancanza, la scelta e l'istinto, l'affetto e le fissazioni.
Le favole di Esopo e le favole dei Fratelli Grimm, le favole crudeli che mi raccontava la nonna.
Mi sembrano infatti favole questi racconti, favole di questi tempi, aggiornati al nostro mondo, ma pur sempre le favole che avrebbero voluto insegnarci, come le favole dell'infanzia, la durezza e la difficoltà di vivere, la solitudine e la compagnia giusta per affrontarla.
Ippolita Luzzo
lunedì 2 ottobre 2017
Dal Premio Brancati Zafferana la treccia di Giulia
Per Immagini Essenziali: La treccia di Giulia Caminito, vincitrice nella categoria esordienti con La Grande A, il cortometraggio "Il Principe Azzurro" di Vladimir Di Prima con la colonna sonora sulle note di"Cos'è la vita senza l'amore e e è solo un albero che foglie non ha più.E sorge il vento, un vento freddo come le foglie le speranze butta giù. Ma questa vita cos'è se manchi tu." Il Gruppo di lettura "Il Vicolo" di Riccione e le bellissime risate insieme dopo l'incontro da Donna Peppina, amicizia nata sulla condivisione del voto.
Ed ancora, la similitudine con cui Renzo Paris mi legò a Dario Bellezza, a cena, il telefonino, antichissimo, quasi un reperto archeologico, di Renzo Paris, la disponibilità e l'amicizia di Renzo, qui con me e la bibliotecaria del comune di Zafferana Etnea, Angela Calì.
Per Immagini Essenziali: La gentilezza degli organizzatori tutti, indistintamente, dall'autista che mi attese a Giarre, col treno in ritardo, al benvenuto della Signora Cettina del B&B Apria Dell'Etna, a Francesco, suo figlio, al Sindaco e all'Assessore alla cultura di Zafferana Etnea, ai dirigenti tutti.
Per Immagini Essenziali: La soddisfazione di Raffaele Mangano, direttore artistico e conduttore della serata, il convegno su "Chi ha paura delle donne?" la musica dell'Orchestra A Plettro "Città di Taormina" le letture di Jacopo Cavallaro, con noi, in fotografia, al tavolo della cena, nei momenti finali. Senza gli incontri magici sul social web non avrei mai potuto partecipare anche io, come osservatrice esterna, da Litweb, al mondo letterario.
Ai saluti si intrecciano ancora e ancora i fili della conversazione, delle letture, degli incontri, in una treccia composta come la treccia di Giulia.
Ippolita Luzzo
Ed ancora, la similitudine con cui Renzo Paris mi legò a Dario Bellezza, a cena, il telefonino, antichissimo, quasi un reperto archeologico, di Renzo Paris, la disponibilità e l'amicizia di Renzo, qui con me e la bibliotecaria del comune di Zafferana Etnea, Angela Calì.
Per Immagini Essenziali: La gentilezza degli organizzatori tutti, indistintamente, dall'autista che mi attese a Giarre, col treno in ritardo, al benvenuto della Signora Cettina del B&B Apria Dell'Etna, a Francesco, suo figlio, al Sindaco e all'Assessore alla cultura di Zafferana Etnea, ai dirigenti tutti.
Per Immagini Essenziali: La soddisfazione di Raffaele Mangano, direttore artistico e conduttore della serata, il convegno su "Chi ha paura delle donne?" la musica dell'Orchestra A Plettro "Città di Taormina" le letture di Jacopo Cavallaro, con noi, in fotografia, al tavolo della cena, nei momenti finali. Senza gli incontri magici sul social web non avrei mai potuto partecipare anche io, come osservatrice esterna, da Litweb, al mondo letterario.
Ai saluti si intrecciano ancora e ancora i fili della conversazione, delle letture, degli incontri, in una treccia composta come la treccia di Giulia.
Ippolita Luzzo
mercoledì 27 settembre 2017
Dietro l'arazzo. Conversazioni sulla scrittura con Antonio Tabucchi
Ho comprato questo libro al Salone del libro di Torino. Ho poi lasciato tutto il sacchetto con i libri accanto al letto da allora e ieri sera, per quella mia empatia con loro, mi sono sentita chiamare da questo libro piccino ma delizioso. Chiamare, proprio con il suono del verbo chiamare. Ho trascorso una stupenda serata leggendo e popolando la stanza dagli incontri con Alessandro Iovinelli che chiacchiera con Tabucchi a Parigi, da Tabucchi che chiacchiera con Luca Cherici, da Tabucchi che si trasforma in Pessoa, mentre io leggo di loro.
Una intervista chiesta a Tabucchi da Luca Cherici. Si erano incontrati a Pontedera per la presentazione di "Tristano muore" e si erano accordati per questa intervista.
Luca Clerici conosceva tutti i romanzi di Tabucchi, e "Il filo dell'orizzonte" sarà una sua guida spirituale e fisica della città di Genova, dove lui si trova per lavoro. Tornato a Pisa Luca Clerici telefona a Tabucchi, a casa, a Vecchiano. "Mi rispose lui in persona"
Leggo partecipe, amando ogni rigo scritto, lo leggo e mi sento presente.Vedo Tabucchi scrivere queste risposte e subito dopo le risposte si trovano scritte, alcune in corsivo, alcune a penna, alcune sui tasti, con le correzioni.Una vertigine di piacere.
Per la collana diretta da Paolo Di Paolo "Racconti d'Autore" questa intervista "Dietro l'arazzo" Conversazioni sulla scrittura, io penso sia un vademecum. Una guida. Comincia con "Consiglio" una poesia di Pessoa, citata da Tabucchi a memoria. Ciò che si deve mostrare agli altri, consiglia Pessoa, è una cosa coltivata, come un giardino. Non falsa, coltivata. Come un giardino. La letteratura come un giardino. La scenografia della letteratura. E, continua Tabucchi, con Rilke, "Lettere a un giovane poeta" sulla inversione del tempo per leggere la nostra vita, per leggere come se ripercorressimo in un imbuto la nostra vita, la nostra vita come uno specchio, "lo sguardo ritornato"e tutto si capovolge.
"In questo senso posso accettare che ci sia una immissione della biografia nella scrittura. Ma solo in questo senso. Il resto non mi interessa. La vita e la letteratura stanno su diversi piani:la vita si può solo vivere" risponde Tabucchi.
"La letteratura è una forma di conoscenza. Non fornisce le istruzioni per l'uso personale"
La letteratura racconta l'imprevisto. La vita è fatta di imprevisti. E questo mi sembra la congiunzione. Nella letteratura puoi leggere l'imprevisto, nella vita lo subisci, mi ritrovo a pensare dopo aver letto Tabucchi. Quello che nella letteratura ti sorprende, ti spiazza, nella vita non hai il tempo di riflettere, ti succede e basta.
Ippolita Luzzo
Una intervista chiesta a Tabucchi da Luca Cherici. Si erano incontrati a Pontedera per la presentazione di "Tristano muore" e si erano accordati per questa intervista.
Luca Clerici conosceva tutti i romanzi di Tabucchi, e "Il filo dell'orizzonte" sarà una sua guida spirituale e fisica della città di Genova, dove lui si trova per lavoro. Tornato a Pisa Luca Clerici telefona a Tabucchi, a casa, a Vecchiano. "Mi rispose lui in persona"
Leggo partecipe, amando ogni rigo scritto, lo leggo e mi sento presente.Vedo Tabucchi scrivere queste risposte e subito dopo le risposte si trovano scritte, alcune in corsivo, alcune a penna, alcune sui tasti, con le correzioni.Una vertigine di piacere.
Per la collana diretta da Paolo Di Paolo "Racconti d'Autore" questa intervista "Dietro l'arazzo" Conversazioni sulla scrittura, io penso sia un vademecum. Una guida. Comincia con "Consiglio" una poesia di Pessoa, citata da Tabucchi a memoria. Ciò che si deve mostrare agli altri, consiglia Pessoa, è una cosa coltivata, come un giardino. Non falsa, coltivata. Come un giardino. La letteratura come un giardino. La scenografia della letteratura. E, continua Tabucchi, con Rilke, "Lettere a un giovane poeta" sulla inversione del tempo per leggere la nostra vita, per leggere come se ripercorressimo in un imbuto la nostra vita, la nostra vita come uno specchio, "lo sguardo ritornato"e tutto si capovolge.
"In questo senso posso accettare che ci sia una immissione della biografia nella scrittura. Ma solo in questo senso. Il resto non mi interessa. La vita e la letteratura stanno su diversi piani:la vita si può solo vivere" risponde Tabucchi.
"La letteratura è una forma di conoscenza. Non fornisce le istruzioni per l'uso personale"
La letteratura racconta l'imprevisto. La vita è fatta di imprevisti. E questo mi sembra la congiunzione. Nella letteratura puoi leggere l'imprevisto, nella vita lo subisci, mi ritrovo a pensare dopo aver letto Tabucchi. Quello che nella letteratura ti sorprende, ti spiazza, nella vita non hai il tempo di riflettere, ti succede e basta.
Ippolita Luzzo
lunedì 25 settembre 2017
Tatty, il romanzo di Christine Dwyer Hickey
Fra le tante e tante storie ogni tanto si trova la storia, narrata e romanzata, la storia dell'infanzia di Tatty.
Al telefono, prima, raccontavo ad una amica, quanto fosse vero e quanto fosse plausibile quel modo di vedere le cose di una bambina. La bambina narrante, Tatty, diventa così tutti noi, osservatrici di un mondo familiare, di uno spazio abitato da casa, scuola, strada e chiesa. Vedremo anche noi, squarciato il velo, vedremo anche noi, come il fratello di Tatty, appena nato, invece di sagome, la famiglia.
Tutti noi, alla nascita, vediamo come se ci fosse un velo, man mano nel velo si formeranno dei buchi, sempre più grandi e "i buchi diventeranno sempre più grossi, finché non ci sarà più nessun velo. Quando questo succederà riuscirà a vederci: riuscirà a vedersi. Ci guarderà e riconoscerà le nostre voci. Allora non saremo più delle sagome. Saremo invece la sua famiglia" Lukey, il fratello di Tatty prende vita dal momento in cui viene battezzato con un nome che significa luce. Parenti, vicini, papà e mamma, fratelli e sorelle da sagome diventeranno familiari. Nel percorso all'inverso che mi è successo io leggo il libro con una partecipazione interiore, da lettrice, ed una partecipazione esteriore, da osservatrice.
Ho scritto quasi a memoria le frasi iniziali del romanzo, scritto e tradotto con pulizia estrema, rarefatto quasi, con frasi aderenti al pensiero, al ritmo del pensiero e degli occhi.
Ha cinque anni la protagonista quando si perde alle corse dei cavalli, dove è andata col suo papà. Lei sa di non essersi persa e sarà la prima cosa che dirà alla mamma rientrando, malgrado la promessa fatta a suo padre di tacere. L'episodio, trasformato e manipolato, le varrà l'appellativo di Tatty, pettegola vuol dire Tatty, con cui suo padre l'apostrofa. Un padre che le offre una pinta di birra da bere!
Una famiglia speciale, come tutte le famiglie, speciale come la sorella di Tatty, Deirdre, una bimba con gravi difficoltà, con frequenti attacchi epilettici e ritardo nell'apprendimento, direbbero le schede. Siamo negli anni sessanta, dal sessantaquattro al settantaquattro. Seguiamo i dieci anni di Tatty, capitolo per capitolo, dai cinque ai quattordici anni, Dall'adorazione del padre alla delusione della figura paterna, al momento in cui, qualsiasi adolescente riesce a togliere il velo sulle sagome che ha adorato e a vederle nella loro verità, fuori dal mito.
Una storia avvincente, viva e capace di lasciare quella voglia di leggere ancora questa autrice, di leggere ancora su questa famiglia, di leggere ancora buoni libri.
Una famiglia problematica, Tatty comincia a strapparsi i capelli, grandi buchi nei capelli di Tatty. Sono i buchi a raccontarci oppure no? In dieci anni si cresce,si diradano alcuni buchi e si creano altri veli, da squarciare ancora. Crescere allontanandosi e crescere osservando, fra lei e il mondo. Crescere e diventare una stella. Tatty si chiama Caroline, anzi si chiama Cara, ed è una ragazza premiata con una stella d'oro, a scuola dove vive da tempo, trova una amica, per poco, pochissimo... e cara, dolce Caroline sei tutti noi.
Ambientato in una Irlanda simile alla Calabria, simile ad un luogo chiamato Famiglia, simile ad una scuola conosciuta, simile e perciò da subito amico diventerà questo romanzo. E vedremo come nello schermo tutti i familiari, vedremo tutti, ma Tatty non vede sè stessa. "Come una piccola fotografia buia sprofondata al centro dello schermo. Come se stessero lì a guadare loro stessi alle tele" Ricordando Aristotele e il primo libro della Metafisica sullo stupore di vedere, sulla meraviglia di vedere. Ricordando Platone e le sagome sulla caverna.
Il libro, amato e tradotto da Sabrina Campolongo con sensibilità e tecnica affettuosa, sarà una lettura amata e cercata da tanti. A novembre al Book Festival di Pisa
Ippolita Luzzo
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