lunedì 5 giugno 2017

Il pensiero minimo nel mio paesino ino ino ino

Il pensiero minimo è quel pensiero ridotto ai minimi termini del sì e del no, del buono e cattivo, del sei con me o sei contro di me. Un pensiero binario. Nel pensiero minimo due termini esistono, il bianco e nero, il vero e il falso, ragione e torto, amore e odio, amicizia o inimicizia, ti parlo e non ti parlo, lei parla male di me, io parlo male di lei. 
Nel mio paesino ino ino ino oltre queste logiche non si va, una logica piegata anch'essa al pensiero minimo binario che attraversa relazioni e rapporti e si innalza altissimo fra noi. 
In un mondo che non ci vuole più, cantava Lucio Battisti, respiriamo liberi io e te e la verità, beh la verità forse è meglio non dirla, la verità non esiste, sta nel fondo di un pozzo, scrisse Sciascia, e così il pensiero minimo verità non vuole. 
Moltissimi cervelli con pensiero minimo vorrebbero però che fosse un'altro a farsi carico di dire una verità, non si sa perché, visto che non saprebbero cosa farsene. Il pensiero minimo non accetta le tante sfumature esistenti nei rapporti, nei giudizi, nelle parole, e non potrebbe mai vedere se il re è nudo oppure no.
Nell'infelicità mia di vivere in un così fatto paesino ino ino ino informo i leggenti che non mi sottoporrò al gioco innescato del facciamolo dire ad Ippolita ciò che noi non abbiamo il coraggio di dire. Abbiate voi tutti la forza e il coraggio di liberare i vostri pensieri anche soltanto per dire a me di ciò che ho scritto schifo vi fa. 
Non mi interessa il mio paesino ino ino ino, lo guardo con grande benevolenza, e questa è come una crema di relazione  che spalmerei su tutti il pensato locale e non. Pensiero minimo non vi sarà qui nel mio stato della Litweb ed io dal luogo dove mi trovo auguro che  non vi appartenga mai più. 
Ippolita Luzzo  
    

domenica 4 giugno 2017

Matilde: Una Prefazione mai postata sul blog

Mi accorgo solo ora di non aver postato questa prefazione scritta nel 2015 

Matilde letta da me
Matilde, il racconto di una parabola ascendente e discendente, come la vita di tutti noi.
Quarant'anni allo scoccar della mezzanotte di Agosto ed è tempo di bilanci.
Per tutti i compleanni sono giorni fastidiosi, ci costringono a guardare la sinossi di giorni e giorni, ci invitano a non perder tempo, visto che il tempo va via per i fatti suoi.
Solidarizzo subito con Matilde e la seguo nel suo decidere di trascorrere quel giorno in viaggio, accompagnata da una scrittura che segue i pensieri di una giovane donna su sé stessa ed intanto attraversa i paesi di una Calabria che ama.
Intimista e descrittiva la prosa dell’autrice, alterna i momenti, fra pensieri e viaggio, a Placanica giunge di primo mattino per una preghiera alla Madonna.
Intanto la conosco, fra le righe, conosco la stranezza dell’essere speciale, della sensibilità, del vivere fuori del consueto e "lei di messaggi sociali era convinta di darne tanti e a tutti. Quei tutti che si incontrano per caso nel proprio cammino. Il caso; ma non esiste il caso, Matilde lo sapeva bene dentro di sé, esiste una mano invisibile che lega i puntini, esiste la provvidenza o il destino ma non il caso cieco, ambedue ci vedono benissimo invece. Siamo noi esseri umani miopi, ipermetropi, orbi e con le pupille offuscate che non riusciamo a vedere, che guardiamo in trasparenza, che focalizziamo più ombre che luci, siamo noi che perdiamo di vista l’orizzonte."
Seguendo e "leggendo Democrito “il clinàmen”, il cambiamento immediato delle circostanze senza che l’uomo abbia partecipazione volitiva alcuna, una sorta di sliding doors; ella scopriva così semplicemente ogni giorno su di sé l’attuazione di una verità filosofica studiata nel passato."
Si ritrova a Maida, davanti la Chiesa di San Francesco, la fontana a forma di scoglio le ricorda una sua caratteristica "e fu l’acqua ad andarle incontro sugli occhi, sulle labbra, in gola. Proprio al centro della gola dove Matilde si era convinta da un po’ di tempo si fosse ubicata la sua anima."
Sant'Andrea, Nardodipace, scorrono i paesi della Calabria, come i pensieri di Matilde che, ribellandosi a vivere come le altre, decide di leggere, di scrivere, di scegliere la branda al posto di una confortevole stanza da letto, decide se vuole curare o no i capelli, cosa mangiare e quando mangiare in una rivendicazione di libertà che sfiora l’assoluto. 
Precari. "Ilde aveva immortalato il suo tempo in un certo qual modo, lei si sentiva vivere nello scorrere degli avvenimenti ma al contempo li attraversava restando immobile. Le capitava di vivere quel concetto fisico dello stare su un treno come passeggero immobile rispetto al treno ma in quiete rispetto alla terra. Una quiete assolutamente errabonda."
Stalettì, Pietragrande, Montepaone… la bellezza di luoghi azzurri di mare e di cielo, Tiriolo, Torre Ruggero e  la musica. Musica.
Fra noi ed universo un animismo, questo sente Matilde.
“Nardodipace era essenzialmente paesaggi e i megaliti, queste pietre che Ilde toccò, baciò, assaporò con le mani credendo di tenere in lei la sensazione rocciosa oltre il tatto. Le sensazioni la invasero, la pervasero. I colori, i profumi, un’aria innaturale, un senso di non appartenenza in quel momento a nessuna parte del mondo, un sentirsi ella stessa pietra con una massiccia consistenza."
 "anche le pietre sono animate"
Nel ritornare si ferma spesso al Parco della biodiversità,  si ferma e attratta dalle opere d’arte non si accorge di scendere con la sua auto i gradini. Love difference del Pistoletto, differente modo di guidare…
Un atto d’amore verso i luoghi e gli abitanti, un omaggio alla bellezza e alla commozione, a Cropani, ai gradini che portano al Duomo, alle mille foto fatte davanti quella splendida facciata luogo di moltissimi matrimoni.
Fra l’infanzia che ritorna e gli affetti che scompaiono per riapparire in altra sembianza, fra il giro degli anni che chiedono scelte lavorative sta la canzone di un amico. "L’astronomo" dell’amico Carmine, il cantautore, che dicevano "L’astronomo sempre con il pallino fisso delle stelle"
E come il postino di Domenico Dara trova a San Floro lo svelamento delle sue origini, del suo significante stare al mondo, così Matilde, da San Floro a Cortale, cercherà e troverà nella lettera, scoperta per caso, una guida. Le tante coincidenze che non avvengono per caso se vengono cuciti quei puntini che sembrano distanti.
Un racconto di formazione, scritto con stile leggero e veloce, quasi trascritto direttamente dal pensiero sui tasti neri di un computer  per esser regalato come un fiore, come un papavero rosso nei campi ondeggianti le spighe del sapere.
Ippolita Luzzo  

venerdì 2 giugno 2017

Brian Turner La mia vita è un paese straniero.

Enfatizzando la parola pezzi mi metto a scrivere di Brian Turner e del suo libro. Un libro edito dalla NNE alla quale si dà il merito di proporre sempre il meglio della narrativa contemporanea e tradotto da Guido Calza con bravura e senso della musicalità nel verso e nella prosa.
Un libro senza pagine numerate, bensì fatto di pezzi, di passi.
136 pezzi da sistemare facendo attenzione, come dice l'autore, ogni pezzo all'appartenere a quel momento, a quel corpo, con l'analisi sul DNA. Incursioni in tante guerre, incursioni scritte dall'autore mentre stava in Albania, in Bosnia-Erzrgovina, in Macedonia, in Portogallo, in Thainlandia, in Turchia, nel Regno Unito e al reparto di oncologia ad Orlando. Un libro assemblato sorvolando come con un drone e "Guardando la linea dell'orizzonte si ha la netta sensazione che passato e futuro scompaiono. La circonferenza del mondo si ritira fino a fermarsi sotto il crepuscolo stellato nel mio campo visivo... Comincio ad immaginare un paesaggio di spettri... i fuochi bruciavano a Mostar... e Sarajevo. A ciascun pezzo veniva attribuito un numero. Dettagliare il lutto, rimpicciolirlo perché stia in una mano" C'è in questo libro il pezzo in cui Brian Turner cerca il motivo, il motivo per cui accetta di arruolarsi nell'esercito americano, nella Fanteria. C'è sempre un motivo. Più di uno. Passo dopo passo Brian Turner ci porta la guerra, le guerre, le armi, i cadaveri, in casa, passo dopo passo anche noi a Stoner l'inventore del fucile M16 del Vietnam, della Somalia, vorremmo chiedere con i soldati morti: "Caricamento, percussore, sparo, estrazione, espulsione. Sono questi i principi che ci hanno portato qui?"
Come droni sorvoliamo le macerie, le vittime, noi come occhi, impotenti, e capiamo quando leggiamo "Perseguitare. è questo il compito del pilota di droni." Ho copiato e ricopiato intere pagine del libro, un libro amato fin dalla sua impaginazione. Accarezzo la pagina grigia da un verso e dall'altro, la accarezzo questa pagina non scritta che sta fra un drone e la situazione. Il drone sorvola nei confini della mappa sottostante poi il grigio. Mi accorgo dopo aver quasi sfiorato con le labbra quel grigio, ogni passaggio del libro è una pagina grigia, bifronte solo il foglio iniziale ed alla fine tante pagine grigie per annotare. Capisco il motivo o forse lo immagino e guardo il giallo, il verde della copertina fiancheggiando con l'autore gli eucalipti della mia infanzia.
Anche io vorrei trovare un mondo in cui vivere e per ora vivo nel passo 122 dove "I paesi toccano altri paesi e io li attraverso uno dopo l'altro, e provo a scuotere il passato per trovare un modo in cui vivere"
Pezzi ho sempre chiamato quel che io ho scritto, pezzi li chiama Brian Turner, da poeta narratore, dal lontano e dal vicino rumore del silenzio "È tutto percepito, in qualche modo, come una vastità di spazi, dove l'architettura della civiltà non interviene, l'ambiente del consorzio umano è chissà come assente o sospeso. Uno spazio in cui le regole sono sottosopra. Teatro di guerra, lo chiamano alcuni. Lo spazio in cui la guerra si svincola dalle strutturate regole degli umani per dibattersi nel mondo naturale, nell'idea di bellezza, in tutto ciò che su questa terra vi è forse di più simile a una perfezione inviolabile. E questo fa parte dell'ebbrezza, di tutta quanta la patologia. Fa parte di ciò che ho cominciato a imparare fin da piccolo: che spingersi negli spazi desolati, dove gli interrogativi profondi trovano risposte violente e inesorabili, che attraversare il fuoco e tornare indietro sono esperienze determinanti nel fare un uomo. Per essere uomo avrei dovuto camminare nella tempesta e nel tuono di un mondo spogliato di ogni ragionevolezza, come prima di me avevano fatto altri nella mia famiglia. E se fossi stato abbastanza forte, è capace, e maledettamente fortunato, un giorno sarei potuto ritornare protetto da un silenzio incrollabile. Tornare al mondo, come dicono."Nel silenzio delle nostre letture il mondo ci viene incontro, ci porge la sorte straziata di corpi, di paesi distrutti, la guerra entra qui sul monitor e siamo con lo stupore della testa mozzata del samurai in Giappone, siamo al passo 77 con i soldati non smettono di marciare, generazione dopo generazione, nel fango e nella pioggia, nel sole soffocante, con la luce, con l'albeggiare, nel ritmo del verso, nel suono delle parole, nel canto della strofa.
Passo dopo passo.
A pezzi, per essere ricongiunto al corpo universale. 
Ippolita Luzzo 

martedì 30 maggio 2017

Carlo Animato Il falsario di Reliquie

Carlo Animato scrive da sempre. Da Il Libraio prendo queste note
"Nato a Napoli, Carlo Animato si è occupato di giornalismo, teatro, scienze ermetiche, agiografia e giochi di società, con una particolare vocazione per la ricerca storica attraverso documenti d’archivio. Da sempre interessato al campo della pseudoepigrafia, al suo quotidiano mestiere di correttore di bozze alterna l’attività di saggista e scrittore. Con Il falsario di reliquie ha vinto il torneo letterario IoScrittore, nel 2015."
Lo leggo questo inverno accanto al caminetto ed ora a Maggio decido di raccogliere tutto per riportarlo sotto forma di pezzo. Un pezzo ricomposto per un omaggio a Carlo che scrive con passione e verità. Il romanzo è vivo quando vive dopo e dopo la lettura e il racconto di Carlo Animato su quelle reliquie su quell'imbroglio sulle reliquie mi parla ancora. Narrato su una storia storia vera Carlo Animato costruisce una storia di suspense e di indagini. Una storia che vi piacerà per quanto lontana e vicina nello stesso tempo. Manipolare è facile, oltre l'apparenza la sostanza non c'è, eppure quell'apparenza creerà sofferenze e tormenti veri, morti e prigionie.
Leggo questo romanzo storico e fantasy insieme e intanto mi sposto quasi in quei luoghi. Siamo a Berna, nel maggio del 1507. Qualcuno fa a pezzi un bambino
Un monaco sente il rantolo, sente i colpi eppure non interviene. Sa anche cosa faranno dopo di quel corpo. Berranno il sangue. Rodolfo fatto a pezzi vive nella luce e il priore che non è intervenuto per salvarlo non riesce più a vivere
Giovedì 20 maggio 1507 due morti accanto ad una fontana con dei fiori fra i glutei
Viene convocato un fornaio per risolvere il giallo. Chi ha ucciso costoro? Chi sono? Due francesi. Strani e francesi. Tutti i francesi sono strani. Come darti torto, Carlo?
Esistono tempeste e tempeste e bagagli spariti
E la statua della Santa Vergine prende a lacrimare sangue
Piange e piange lacrime e sangue...
Leggetelo e poi continueremo a parlarne con Carlo Animato.
Un pezzo ricomposto pezzo a pezzo. Ne farà una reliquia?
Ippolita Luzzo 

lunedì 29 maggio 2017

TerraRossa Edizioni Jenny La Secca di Claudia Lamma

TerraRossa Edizioni al primo Salone del Libro a Torino con uno stand tutto suo. Battesimo di felicità. Riesco ad andare lunedì in chiusura della mia prima visita al Salone del libro, per giunta con accredito Stampa, quindi felicità doppia per il Regno della Litweb. Mi sento un po' la madrina di questa casa editrice che ho visto nascere, leggendo e seguendo Giovanni Turi sul suo Blog.
Trovo al banco due splendidi ragazzi, Alessandra e Angelo, io mi fermo, carico il cellulare, guardo i libri, mangio il mio pezzo di pane e provola e ritorno a casa con Jenny La Secca, il primo romanzo, esordio di Claudia Lamma. Storia di pugni, inizia già con Trip legato ed a me ha ricordato la storia di cronaca di Marco Prato e Manuel Foffo quando uccidono Luca Varani... qui sono amici di vecchia data che legano il protagonista dopo averlo preso a pugni"Non lo sai che ciascuno reagisce alle brutte notizie un po' come gli pare?"
Puoi darmi del cinico se vuoi, non saresti il primo.
La storia a me ha riportato I ragazzi della via Paal, ed è una storia dura. "Se pesco chi un giorno ha detto che il tempo è un gran dottore lo lego ad un sasso stretto stretto e poi lo butto in fondo al mare" così scrive una mano femminile.
Dall'infanzia alla età adulta è un attimo lunghissimo, il sorrisetto strafottente di Bimbo resterà incollato su di lui ed il transito si era trasformato in sosta permanente.  Scritto con uno stile deciso e con forma diretta il libro può anche essere fin troppo duro per chi come me chiede alla lettura un compito consolatorio dal difficile stare con gli altri benché riconosca  nella trama e nei personaggi sia verità che realtà ed in più un visivo da sceneggiare. Nel libro ho infilato un origami di Delia, un coniglietto dolce, affinché il gioco diventi un foglio di carta. 

TerraRossa Edizioni è la casa editrice creata da Giovanni Turi un nuovo marchio editoriale raccontata con le parole di Giovanni Turi dal suo blog. 
"Sono trascorsi quasi tre anni da quando Angelo De Leonardis mi contattò su Messenger per chiedermi di cosa mi stessi occupando e invitarmi a fare una chiacchierata.
Pierfrancesco Ditaranto e Giuseppe Moliterno hanno creato la linea grafica, il lavoro di correzione di bozze di Tiziana Giudice, l’ufficio stampa ad Elena Manzari. Questo lavoro svolto in sordina prende ora forma in TerraRossa Edizioni, che ha esordito al Salone del Libro di Torino (18-22 maggio) portando in anteprima i suoi primi volumi.
Il catalogo, per il momento, si articolerà in due collane. Fondanti riproporrà opere contemporanee di autori meridionali  Si comincia con Nicola Rubino è entrato in fabbrica di Francesco Dezio, uno dei primi romanzi della letteratura post-industriale, edito da Feltrinelli; Né padri né figli di Osvaldo Capraro Il cadetto, un romanzo duro e ironico che ha rappresentato l’esordio con Marsilio di Cosimo Argentina; Adesso tienimi, opera prima di Flavia Piccinni. Il proposito è quello di delineare un canone della letteratura meridionale
L’altra collana, Sperimentali, pubblicherà inediti che coniugano storie incisive e radicate nel nostro tempo. Fra i primi tre libri Jenny la Secca di Claudia Lamma, un romanzo corale che ci presenta un gruppo di amici alle prese con le conseguenze dei legami adolescenziali e dei compromessi ai quali la vita ci costringe. Aveva vinto il concorso SpiritiLibri ed era stato scelto da CaratteriMobili."
Auguri carissimi da tutto il Regno della Litweb.
Ippolita Luzzo

domenica 28 maggio 2017

Al Cafè Retrò scostumati e no

Passeggiano gli splendidi abitanti di Lamezia Terme sul marciapiede del corso Numistrano. Sullo stesso marciapiede un gruppo musicale si esibisce in una performance organizzata dal Cafè Retrò. 
Sono  the4TUNES https://www.youtube.com/channel/UCCL-zmHAM2ULZzgvhI-OZZA
Valentina Ielà: Voce
Vittorio Viscomi: chitarra acustica
Emmanuele Sacco: basso
Marco Vinci: batteria
LaLLallà, lallàllà, canta la brava voce solista mentre i miei concittadini, non tutti per la verità, passano e spassano a pochi centimetri dal suo microfono pur di non deviare di qualche centimetro il loro incedere verso la meta.
Lallallà lallalà e la meta è questa qua: L'ineducazione.
Noto con piacere invece altri che scendono dal marciapiede e si soffermano ad ascoltare.
Il pomeriggio e la sera di una domenica qualsiasi sul trespolo del Cafè Retrò, locale che da anni propone eventi vari, di teatro, di musica, di cinema, abbinando poi aperitivi a proposte diverse ad un paese, il mio, che sta nella pianura. 
Nella piana piana piana. https://www.facebook.com/retro.bianchi/ 
Sorridendo io del mio leggere come se fosse letteratura ogni incertezza dei miei compaesani se passare o non passare proprio davanti alla cantante, mi diverto a segnalare la gentilezza dei gestori nei miei riguardi,  a chiacchierare con Saverio, Silvia, a salutare Mario, e a ritmare con il gruppo: Io l'amavo, la odiavo, ero pazzo di lei, la canzone di Celentano che il gruppo sta cantando quasi in omaggio  al mio amore odio verso la città. 
Solo me ne vò per la città...
Ippolita   

venerdì 26 maggio 2017

Verso qualcuno: Il libro di Roberto Pallocca

Mi aspetta nella buca della posta, ora in disuso, accanto alla porta di casa, in disuso perché nuove disposizioni imposero cassette della posta fuori dello spazio condominiale. Io diedi facoltà al postino di accedere o farsi aprire cancello e lasciarmi i libri nella precedente cassetta accanto all'ingresso di casa mia. "Verso Qualcuno" non poteva che aver posto migliore e raggiungermi al ritorno dal Salone del Libro di Torino con il suo benvenuto.
Trascorro il pomeriggio leggendolo e comprendo Roberto Pallocca in Verso qualcuno come sia riuscito a far vivere il personaggio nella trama della realtà. Il personaggio vive dentro il libro la sua opportunità del racconto. 
Io sono appena di ritorno e sembra di parlare con me leggendo "Sono tanti i motivi per cui si parte. Si parte per amore, si parte per dolore, si parte per curiosità o per caso, per lavoro o per vacanza, per interesse o per studio, per guarire, per capire, per pentirsi o per fuggire... Sono infiniti i motivi per cui si parte... non ho mai capito il motivo per cui si torna, però. Chi torna deve avere innanzitutto un luogo, un posto chiamato casa, nel quale si senta al sicuro." Poi lo scrittore azzarda altro, il ritrovare un amore che aspetti il ritorno. Il tempo del ritorno. "Il tempo di una vita si riassume in uno scarso numero di bivi epocali, in poche scelte fondative, da cui ha preso forma- e consistenza- tutto ciò che è venuto dopo."
Il racconto di Roberto  azzera la differenza fra lettore e personaggio, azzera il trascorrere e il passaggio fra gioventù e maturità, azzera il passato e il presente, donandoci di una vita gli attraversamenti. Attraversiamo con l'autore ciò che il protagonista dovrebbe o potrebbe scegliere, ci ritroviamo a dirgli che sta sbagliando, vorremmo intervenire a deviare qualche situazione e già siamo anche noi su una scelta sbagliata. 
Mettere a fuoco la nostra di vita, leggendo quella di Giuseppe, il protagonista. Viaggia Giuseppe e poi torna. Viaggiamo con lui e poi torniamo. Lo scrittore usa tempi e modi precisi.  Lo stile della scrittura segue il viaggio, un modo di raccontare al presente, come se il presente esistesse, quei verbi all'indicativo presente conservano l'illusione che tutto sia possibile, anche vivere nel presente del racconto, del raccontarsi, del momento in cui noi tutti, con sintesi estreme, doniamo le nostre vite al racconto affinché qualcuno le accolga. Il tempo dell'imperfetto indicativo, il tempo delle favole delle nonna, il tempo del "C'era una volta un uomo... Giuseppe era innamorato di tutto"
Gli avverbi, quante volte, quanto, come, tante volte come, ecco, la vita. 
Sono tante le storie che ascoltiamo, moltissime, vere o inventate, sono pochissimi i momenti  in cui siamo liberi di consegnare al foglio una storia vera. "E c'è un tempo esatto entro cui è pensabile portare qualcosa in salvo." Una lettura quasi con note bibliche, il tempo poi non c'è più, i confini di questo tempo posseggono margini stretti, strettissimi.
Affabulante, Roberto Pallocca partecipa e ci partecipa della vita di Giuseppe, portando anche noi nello stesso momento in cui lui lo ha  incontrato. Ci troviamo con Roberto e insieme partiamo e ritorniamo Verso qualcuno.
Ippolita Luzzo