Un passo dietro l'altro
Si andava ad un convegno di grande cultura. La cultura della scortesia.
L'educazione questa sconosciuta. Parcheggio e scendo della macchina.
Incrocio con lo sguardo le due amiche che vanno come me alla stessa riunione.
Le saluto.
Penso che rallenteranno per andare insieme. Anche loro sanno che io andrò proprio alla stesso luogo.
Sono pochi passi da fare.
Nulla di tutto questo. Tirano dritto senza attendermi.
Guardo le due signore e metto un piede dietro l'altro ricordando la telefonata di una delle due solo pochi giorni fa per raccontarmi una scortesia che aveva ricevuto da un'altra ancora e guardo entrambe con un misto di commiserazione e disprezzo.
L'educazione al mio paesello non esiste.
I passi verso l'altro sono difficili da percorrere, vero?
Altro passo.
Anni fa mi invitano ad una cena di beneficenza. Insistono anche. Pago 30 euro. Arrivo. L'organizzatrice mi saluta cordiale ma non ha posto al suo tavolo. La Presidente della benefica associazione alla quale chiedo di poter aver posto al suo tavolo, visto che la conosco, mi promette quel posto. Subito dopo però il posto non c'è più. Non posso andare via, sono andata con gli studenti e non ho macchina. Mi siedo in fondo alla sala, una sedia poggiata ad un muro e li guardo tutti. Mi ripeto di aver sbagliato ad accettare. Avrei dovuto regalare i soldi e non andare, mi ripeto tanto altro quando, due passi e mi si avvicina una splendida signora, il sindaco di un paese vicino, mi prende sottobraccio e mi invita al suo tavolo. Al suo tavolo la figlia, i compagni di classe e noi due. Una vera felicità. Ho riconoscenza verso quella rarità di persona sensibile che si accorse del mio disagio.
La rarità è il passo verso l'altro, la consuetudine invece è tenersi stretta l'ancella e proseguire senza fermarsi verso la meta, la grande cultura dell'ineducazione .
La grande cultura della scortesia
venerdì 19 maggio 2017
giovedì 18 maggio 2017
"Respira" di Roberto Saporito
Stamattina il libro di Roberto Saporito "Respira" in anteprima al Salone del Libro di Torino ci aspetta per una fuga con sorpresa.
L'ilarità che non mi spiego. Mi lascia una allegria questo romanzo ad incastri, tanti sono i pezzi che troveremo ben congegnati, un romanzo sulla fuga, dove il protagonista fugge da sé stesso. Si trova a scegliere e fugge. Più che sparire fugge.
L’unica cosa che riesci a pensare è la parola "sparire".
"Sparire" è una parola magica. "Sparire" è un mantra che ti
accompagna. Sparire, sparire, sparire.
Fermo a un semaforo senti un tizio incollato a una radio che dice che è crollata la torre sud, la numero due, quella di fronte a dove tu dovresti essere in questo preciso momento, quella dove sei sempre. Sono morto, pensi.
Inizia così la storia di un uomo che vuole respirare di nuovo.
Finalmente morto, nelle notizie che daranno del crollo delle torri gemelle a New York c'è anche il protagonista. Avrebbe dovuto trovarsi in quelle torri, per le testimonianze era lì, morto, ed è per lui un pensiero piacevole, un moltiplicatore di futuri, un azzeratore di passati.
Puoi ricominciare come Il Fu Mattia Pascal di Pirandello. Hai altre opportunità. Puoi andare via. Sei sparito. Da New York in Francia. Seguiamo il personaggio che compone e scompone i suoi giorni in una realtà che non esiste, senza creare rapporti e relazioni, vivendo di nulla. Un romanzo di macchine lussuose e di imboscate, di sotterfugi, di corse lungo le autostrade.
si ricomincia:Ormai sono tre anni che vivi a Saint-Rémy-de-Provence.
E adesso?
Non si è mai morti abbastanza, pensi.
Il mondo è troppo piccolo per riuscire a sparire veramente.
Il passato non passa mai completamente, qualcosa si impiglia
sempre in spigoli esistenziali troppo appuntiti, acuminati
per non creare danni, per non avere fastidiose conseguenze,
per non farti sanguinare.
– Un lungo allenamento alla vita.
Quando leggi un libro, di chi è la voce che senti nella testa?
Douglas Coupland
Io, leggendo, sto a guardare il gioco che fa lo scrittore con le sue letture, con i noir, con i polizieschi, con i libri che abbiamo già letto che diventano freschi freschissimi come una leggera brezza da respirare.
Il personaggio lo conosciamo, lo abbiamo letto in tantissimi altri libri, qui però si prende gioco di sé stesso, in un ironico intrecciare avvenimenti storici conosciuti, il crollo delle torri a New York, i locali di Alba, la stazione di Santa Lucia.
Il ritorno a New York
Come in un cerchio si ritorna al primo luogo, al lavoro, al museo dove il protagonista ha trascorso i suoi anni in un'altra finzione. Più che finzione in una condizione dalla quale non può essere riconosciuto, nessuno lo conosce. Di nuovo a New York ad agosto.
"La fine di tutto e di tutti.
È la fine di agosto, sono passati praticamente dieci anni da
quando sei scappato da New York: dieci anni fa la città era
terrorizzata dal crollo delle Twin Towers e oggi da un uragano
e dalle notizie di quello che potrebbe accadere nei prossimi
minuti, ore. Ormai eri convinto di essere l’unico abitante di New York, e l’idea non ti dispiaceva, per niente, anche tu, ormai, dentro un film tutto tuo. Protagonista assoluto di una realtà-finzione personale."
Quando muori e rinasci lo scorrere del tempo acquista un altro significato o forse perde del tutto il suo vero significato, qualunque esso sia.
"Ci riempiamo la vita di cose inutili...
Le cose e le persone sono alibi potentissimi nei confronti
di qualunque cosa."
In una libreria di libri usati compri una copia di La fortezza
della solitudine di Jonathan Lethem, I grandi romanzi nascono da minimi spunti. John Updike
Vai a piedi dalla stazione Santa Lucia alla Punta della Dogana,
alla Fondazione Pinault, perdendoti innumerevoli volte
in strade sempre più strette e buie, scansando piccole pozzanghere da post acqua alta, con un’esile pioggia che cade
e smette di cadere ogni pochi minuti, una pioggia che non
ti bagna quasi, il fantasma della pioggia. Scansando turisti,
pochi, studenti, molti.
Entri, nel museo. Paghi
Sei morto. Finisco di leggere ilare questo racconto, mi lascia sorridente e felice e mi sembra una ottima ragione per leggere questo "Respira" di Roberto Saporito che avrà giocato a far scomparire il suo personaggio dall'America alla Provenza, a Roma ed a Venezia. Morte a Venezia. Non racconto nulla di più per non far perdere la piacevolezza della sorpresa, mi resta una lettura che consiglierò anche ad un mio amico curatore di mostre d'arte.
Come un quadro ci sembra di vedere raffigurato qui i momenti del comparire e scomparire con poche pennellate decise e nitide, nette, eppure questa linearità ci dona anche gli strumenti per giocare anche noi seguendo lui che va e scompare e ricompare in un quadro, ma non ci sarà nessuno a vederlo. Abituata io ad essere fatta scomparire mio malgrado, abituata ad essere cancellata, ho capito l'ilarità e la complicità verso uno scrittore che ci presenta invece l'esatto opposto. Sorrido pensando a chi vorrebbe cancellare il passaggio sulla terra e sarà cancellato nel giudizio universale delle relazioni umane e ben gli sta. Ridendo di me che respiro. "Respira" ci allena al respiro del leggere.
Ippolita Luzzo
L'ilarità che non mi spiego. Mi lascia una allegria questo romanzo ad incastri, tanti sono i pezzi che troveremo ben congegnati, un romanzo sulla fuga, dove il protagonista fugge da sé stesso. Si trova a scegliere e fugge. Più che sparire fugge.
L’unica cosa che riesci a pensare è la parola "sparire".
"Sparire" è una parola magica. "Sparire" è un mantra che ti
accompagna. Sparire, sparire, sparire.
Fermo a un semaforo senti un tizio incollato a una radio che dice che è crollata la torre sud, la numero due, quella di fronte a dove tu dovresti essere in questo preciso momento, quella dove sei sempre. Sono morto, pensi.
Inizia così la storia di un uomo che vuole respirare di nuovo.
Finalmente morto, nelle notizie che daranno del crollo delle torri gemelle a New York c'è anche il protagonista. Avrebbe dovuto trovarsi in quelle torri, per le testimonianze era lì, morto, ed è per lui un pensiero piacevole, un moltiplicatore di futuri, un azzeratore di passati.
Puoi ricominciare come Il Fu Mattia Pascal di Pirandello. Hai altre opportunità. Puoi andare via. Sei sparito. Da New York in Francia. Seguiamo il personaggio che compone e scompone i suoi giorni in una realtà che non esiste, senza creare rapporti e relazioni, vivendo di nulla. Un romanzo di macchine lussuose e di imboscate, di sotterfugi, di corse lungo le autostrade.
si ricomincia:Ormai sono tre anni che vivi a Saint-Rémy-de-Provence.
E adesso?
Non si è mai morti abbastanza, pensi.
Il mondo è troppo piccolo per riuscire a sparire veramente.
Il passato non passa mai completamente, qualcosa si impiglia
sempre in spigoli esistenziali troppo appuntiti, acuminati
per non creare danni, per non avere fastidiose conseguenze,
per non farti sanguinare.
– Un lungo allenamento alla vita.
Quando leggi un libro, di chi è la voce che senti nella testa?
Douglas Coupland
Io, leggendo, sto a guardare il gioco che fa lo scrittore con le sue letture, con i noir, con i polizieschi, con i libri che abbiamo già letto che diventano freschi freschissimi come una leggera brezza da respirare.
Il personaggio lo conosciamo, lo abbiamo letto in tantissimi altri libri, qui però si prende gioco di sé stesso, in un ironico intrecciare avvenimenti storici conosciuti, il crollo delle torri a New York, i locali di Alba, la stazione di Santa Lucia.
Il ritorno a New York
Come in un cerchio si ritorna al primo luogo, al lavoro, al museo dove il protagonista ha trascorso i suoi anni in un'altra finzione. Più che finzione in una condizione dalla quale non può essere riconosciuto, nessuno lo conosce. Di nuovo a New York ad agosto.
"La fine di tutto e di tutti.
È la fine di agosto, sono passati praticamente dieci anni da
quando sei scappato da New York: dieci anni fa la città era
terrorizzata dal crollo delle Twin Towers e oggi da un uragano
e dalle notizie di quello che potrebbe accadere nei prossimi
minuti, ore. Ormai eri convinto di essere l’unico abitante di New York, e l’idea non ti dispiaceva, per niente, anche tu, ormai, dentro un film tutto tuo. Protagonista assoluto di una realtà-finzione personale."
Quando muori e rinasci lo scorrere del tempo acquista un altro significato o forse perde del tutto il suo vero significato, qualunque esso sia.
"Ci riempiamo la vita di cose inutili...
Le cose e le persone sono alibi potentissimi nei confronti
di qualunque cosa."
In una libreria di libri usati compri una copia di La fortezza
della solitudine di Jonathan Lethem, I grandi romanzi nascono da minimi spunti. John Updike
Vai a piedi dalla stazione Santa Lucia alla Punta della Dogana,
alla Fondazione Pinault, perdendoti innumerevoli volte
in strade sempre più strette e buie, scansando piccole pozzanghere da post acqua alta, con un’esile pioggia che cade
e smette di cadere ogni pochi minuti, una pioggia che non
ti bagna quasi, il fantasma della pioggia. Scansando turisti,
pochi, studenti, molti.
Entri, nel museo. Paghi
Sei morto. Finisco di leggere ilare questo racconto, mi lascia sorridente e felice e mi sembra una ottima ragione per leggere questo "Respira" di Roberto Saporito che avrà giocato a far scomparire il suo personaggio dall'America alla Provenza, a Roma ed a Venezia. Morte a Venezia. Non racconto nulla di più per non far perdere la piacevolezza della sorpresa, mi resta una lettura che consiglierò anche ad un mio amico curatore di mostre d'arte.
Come un quadro ci sembra di vedere raffigurato qui i momenti del comparire e scomparire con poche pennellate decise e nitide, nette, eppure questa linearità ci dona anche gli strumenti per giocare anche noi seguendo lui che va e scompare e ricompare in un quadro, ma non ci sarà nessuno a vederlo. Abituata io ad essere fatta scomparire mio malgrado, abituata ad essere cancellata, ho capito l'ilarità e la complicità verso uno scrittore che ci presenta invece l'esatto opposto. Sorrido pensando a chi vorrebbe cancellare il passaggio sulla terra e sarà cancellato nel giudizio universale delle relazioni umane e ben gli sta. Ridendo di me che respiro. "Respira" ci allena al respiro del leggere.
Ippolita Luzzo
mercoledì 17 maggio 2017
Alessandro Pedretta da "Dio del cemento" a "È Solo Controllo"
Alessandro Pedretta scrive in versi e in prosa giorni difficili. Una vita difficile, mi viene da ripetere, con il titolo di uno dei film più belli interpretati da Alberto Sordi. In quel film l'Italia usciva dal dopoguerra, la seconda guerra mondiale e sembrava a tanti di poter ritornare a rivivere, se non fosse che questa possibilità non era per tutti. Oggi viviamo in una lunga e nascosta guerra di posizione durante la quale le possibilità di vivere si assottigliano fino a scomparire per alcuni e si dilatano fino alla vergogna di potere qualsiasi cosa per altri, per pochissimi, cerchiamo quindi "quell'asfittico spazio del destino" da un verso di una poetessa, Pina Majone Mauro.
Alessandro prima in poesia ed ora prosa racconta: La nostra guerra apocalittica e integrata vista con lo spaesamento di un altro luogo, il luogo inventato, la distanza dalla città vera da quella immaginata, il fantasy horror di Luxor, il luogo da dove si tenta di fuggire.
Una scrittura decisa e lucida, a me ricorda Saramago nelle sue invenzione del Saggio sulla Lucidità, sulla città dove nessuno vota più ed allora bisogna trovare l'organizzatore del complotto, bisogna controllare.
Anche qui è solo controllo, come in Saramago.
"Luxor è la città del controllo perché chiunque vi viva controlla ed è controllato, consapevolmente e no."
"Su questo consapevolmente e no" dobbiamo riflettere.
Seguiamo l'uomo che vuole fuggire, ha perso il suo amico, scomparso nel tentativo della fuga, vediamo la fuga farsi sempre più difficile, allontanarsi, confondersi e man mano strane figure appariranno.
Vi sentirete fuggitivi così come mi sono sentita io, a fuggire dal natio borgo selvaggio simile negli abitanti a Luxor, Troppo simile per esserne quasi uno specchio.
Nello straniamento del foglio appaiono i disegni di JAB, uomini-polpi giganti, uomini con collo e testa da giraffa, uomini-insetti. Non sembrano i nostri vicini di casa? Scherzo ma non troppo, nel sarcasmo che vorremmo attutire. Nei vicini di casa che non ci salutano e controllano, negli incontri sempre troppo simili al letterario crudele e onirico.È un incubo tutto ciò?
"Sicurezza ed orrore."
"Io sono qui ma sono da un'altra parte"
"Non c'è niente da fare, in questo mondo vivo emozioni altalenanti continue, non esiste uno stato mentale che perduri per più di una manciata di minuti, da una percezione di relativo rilassamento momentaneo ripasso ad un'angoscia terrificante, a una paura che, sempre vigile sottopelle, viene a galla prorompente."
La fantasia come ribellione. Come rivolta. Come fuga, avevo scritto presentando Dio del Cemento, la sua raccolta in versi.
Voglio ricordare due versi sulla crudeltà. Così come è crudele Luxor. Crudele e cattiva.
"Crudele la carne che ti si appressa addosso/ crudele la verità che cambia vestito spesso/ crudele il tempo che s'allunga distratto/ crudele il tratto dismesso tra testa, pancia e petto/ crudelissimi noi"
Fuggiamo dunque verso la lettura di Alessandro Pedretta al quale auguriamo una via di fuga, via dagli uomini-gallo che incontra il protagonista del racconto, via nella Città del sole di Campanella. Anche lì però non scherzavano quanto a controllo!
Vado a rileggermi Alessandro come antidoto alle nostre città, come antidoto a Luxor o Lamezia, i nomi si assomigliano tutti...
Un applauso dalla Litweb ad Alessandro domani in visita al Salone del libro di Torino fra stand e uomini-libri.
Ippolita Luzzo
Alessandro prima in poesia ed ora prosa racconta: La nostra guerra apocalittica e integrata vista con lo spaesamento di un altro luogo, il luogo inventato, la distanza dalla città vera da quella immaginata, il fantasy horror di Luxor, il luogo da dove si tenta di fuggire.
Una scrittura decisa e lucida, a me ricorda Saramago nelle sue invenzione del Saggio sulla Lucidità, sulla città dove nessuno vota più ed allora bisogna trovare l'organizzatore del complotto, bisogna controllare.
Anche qui è solo controllo, come in Saramago.
"Luxor è la città del controllo perché chiunque vi viva controlla ed è controllato, consapevolmente e no."
"Su questo consapevolmente e no" dobbiamo riflettere.
Seguiamo l'uomo che vuole fuggire, ha perso il suo amico, scomparso nel tentativo della fuga, vediamo la fuga farsi sempre più difficile, allontanarsi, confondersi e man mano strane figure appariranno.
Vi sentirete fuggitivi così come mi sono sentita io, a fuggire dal natio borgo selvaggio simile negli abitanti a Luxor, Troppo simile per esserne quasi uno specchio.
Nello straniamento del foglio appaiono i disegni di JAB, uomini-polpi giganti, uomini con collo e testa da giraffa, uomini-insetti. Non sembrano i nostri vicini di casa? Scherzo ma non troppo, nel sarcasmo che vorremmo attutire. Nei vicini di casa che non ci salutano e controllano, negli incontri sempre troppo simili al letterario crudele e onirico.È un incubo tutto ciò?
"Sicurezza ed orrore."
"Io sono qui ma sono da un'altra parte"
"Non c'è niente da fare, in questo mondo vivo emozioni altalenanti continue, non esiste uno stato mentale che perduri per più di una manciata di minuti, da una percezione di relativo rilassamento momentaneo ripasso ad un'angoscia terrificante, a una paura che, sempre vigile sottopelle, viene a galla prorompente."
La fantasia come ribellione. Come rivolta. Come fuga, avevo scritto presentando Dio del Cemento, la sua raccolta in versi.
Voglio ricordare due versi sulla crudeltà. Così come è crudele Luxor. Crudele e cattiva.
"Crudele la carne che ti si appressa addosso/ crudele la verità che cambia vestito spesso/ crudele il tempo che s'allunga distratto/ crudele il tratto dismesso tra testa, pancia e petto/ crudelissimi noi"
Fuggiamo dunque verso la lettura di Alessandro Pedretta al quale auguriamo una via di fuga, via dagli uomini-gallo che incontra il protagonista del racconto, via nella Città del sole di Campanella. Anche lì però non scherzavano quanto a controllo!
Vado a rileggermi Alessandro come antidoto alle nostre città, come antidoto a Luxor o Lamezia, i nomi si assomigliano tutti...
Un applauso dalla Litweb ad Alessandro domani in visita al Salone del libro di Torino fra stand e uomini-libri.
Ippolita Luzzo
lunedì 15 maggio 2017
Arpa e tromba con Paola Testa e Andrea Lombardo
La musica del tango ci parlerà ancora...
Questa sera il Maggio dei libri ci riserva una sorpresa: ascoltare e apprezzare Paola Testa all'arpa e Andrea Lombardo alla tromba. Una Grande Paola e un Grande Andrea ci hanno deliziati con un concerto dall'intensità musicale ed emotiva super.
Paola ci ha raccontato che è inusuale ascoltare Tromba ed Arpa insieme essendo questa più una tradizione dei popoli del nord Europa.
Tanti i brani famosi. La serata è iniziata con la Carmen di Bizet e proseguita con Santa Lucia e la Cumparsita.
Musiche di Musiche di Damase, Schubert, Caramiello, Bizet, Bohme..
Il concerto fu stupendo ed era già finito, tutti, dopo gli applausi, andavano via, quando è arrivata l'insegnante di Paola al Liceo Campanella con una sua amica.
Saluti, abbracci, e Paola rifà a richiesta nostra un tango che prima ero stata lì per lì per chiedere il bis e non avevo osato.
Ma come nelle magie vere ora Paola lo suona solo per noi, con Andrea, ed io batto e ribatto i tasti sentendo e risentendo questo tango El Choclo di Villaldo suonato solo per noi. Fantastico. Meraviglia in Litweb.
Quante volte lo sto ascoltando, per tutte e tante le volte che avrei voluto ascoltare il tango in vita mia! Nella felicità più assoluta di una tromba che dialoga con una arpa, nel respiro di Andrea e nel tatto di Paola che pizzica e accarezza la sua arpa facciamo i passi del tango che incontrano la nostra serata. https://www.facebook.com/ippo.lu/videos/1477697978919272/
Ippolita Luzzo
domenica 14 maggio 2017
I nostri figli non sono i nostri figli
I nostri figli non sono i nostri figli –
Titolo alla maniera di Gibran- 30 settembre 2011-
I figli non sono di chi li genera.
Ogni figlio è un uomo e una donna
Ogni figlio è un essere a sé
Non si fanno figli per noi stessi
Si fanno per tutti - perché così è
Non sono le nostre proiezioni, i nostri desideri non avverati,
le nostre soddisfazioni.
Non sono il nostro ego che si espande.
Sono solo degli altri esseri umani.
Amare i figli-non si può- non si deve-
Amare è un sentimento cannibalesco, una lotta fra pari, fra eguali.
Non si mangiano i figli.
Non si sostituisce un primo piatto con il dessert, con il dolce.
I figli si fanno per un’esigenza vitale,
per appartenere al flusso eterno della sopravvivenza della specie.
Poi certo a loro si vuole bene, molto, moltissimo
Si è responsabili verso di loro, ci richiedono impegno, guida,
vogliono la nostra cura.
E noi siamo sempre lì, presenti, solleciti, pronti.
Noi li allattiamo, li svezziamo, e gli regaliamo l’autonomia.
Non è così? Dov'è che io sbaglio?
Non sono amici, non sono amanti, non sono giochi,
non sono per noi.
Sono solo per loro.
Sbaglia chi vuole da loro un alleato, una vendetta, un riscatto
Sbaglia chi allontana la moglie, il marito,
il suo amore per un essere fragile, appena nato.
Che grande ingiustizia! Che storia sbagliata!
A volte i figli si fanno per tante ragioni,
per ragioni diverse dal semplice atto, del solo piacere di generare.
Si fanno per garantirsi un uomo legato, un patrimonio da ereditare, un habitus da esporre.
Come Cornelia :-Ecco i miei gioielli-
dicono giulivi femmine e maschi
A volte si fanno con una violenza, con uno stupro, senza coscienza
Per un preservativo bucato, per una voglia improvvisa.
Si fanno alla cieca e si continua ad usarli senza una disciplina
Considerandoli solo dei piccoli puffi, dei mostri, dei cicciobelli.
Restano così per anni, bimbetti e bambine, alla mercé di adulti cretini, egoisti, sadici
che rubano loro infanzia e stupore.
Ne fanno uso, un abuso e vogliono poi il corrispettivo
Vogliono loro, i genitori, essere protetti, vogliono essere amati,
vogliono, vogliono.
Ma non si può! Lasciateli vivere! Lasciateli in pace!
Che possano loro respirare felici,
che possano loro capirci di più,
che possano loro amare la vita
Quella che noi gli abbiamo donato.
Ippolita Luzzo
Titolo alla maniera di Gibran- 30 settembre 2011-
I figli non sono di chi li genera.
Ogni figlio è un uomo e una donna
Ogni figlio è un essere a sé
Non si fanno figli per noi stessi
Si fanno per tutti - perché così è
Non sono le nostre proiezioni, i nostri desideri non avverati,
le nostre soddisfazioni.
Non sono il nostro ego che si espande.
Sono solo degli altri esseri umani.
Amare i figli-non si può- non si deve-
Amare è un sentimento cannibalesco, una lotta fra pari, fra eguali.
Non si mangiano i figli.
Non si sostituisce un primo piatto con il dessert, con il dolce.
I figli si fanno per un’esigenza vitale,
per appartenere al flusso eterno della sopravvivenza della specie.
Poi certo a loro si vuole bene, molto, moltissimo
Si è responsabili verso di loro, ci richiedono impegno, guida,
vogliono la nostra cura.
E noi siamo sempre lì, presenti, solleciti, pronti.
Noi li allattiamo, li svezziamo, e gli regaliamo l’autonomia.
Non è così? Dov'è che io sbaglio?
Non sono amici, non sono amanti, non sono giochi,
non sono per noi.
Sono solo per loro.
Sbaglia chi vuole da loro un alleato, una vendetta, un riscatto
Sbaglia chi allontana la moglie, il marito,
il suo amore per un essere fragile, appena nato.
Che grande ingiustizia! Che storia sbagliata!
A volte i figli si fanno per tante ragioni,
per ragioni diverse dal semplice atto, del solo piacere di generare.
Si fanno per garantirsi un uomo legato, un patrimonio da ereditare, un habitus da esporre.
Come Cornelia :-Ecco i miei gioielli-
dicono giulivi femmine e maschi
A volte si fanno con una violenza, con uno stupro, senza coscienza
Per un preservativo bucato, per una voglia improvvisa.
Si fanno alla cieca e si continua ad usarli senza una disciplina
Considerandoli solo dei piccoli puffi, dei mostri, dei cicciobelli.
Restano così per anni, bimbetti e bambine, alla mercé di adulti cretini, egoisti, sadici
che rubano loro infanzia e stupore.
Ne fanno uso, un abuso e vogliono poi il corrispettivo
Vogliono loro, i genitori, essere protetti, vogliono essere amati,
vogliono, vogliono.
Ma non si può! Lasciateli vivere! Lasciateli in pace!
Che possano loro respirare felici,
che possano loro capirci di più,
che possano loro amare la vita
Quella che noi gli abbiamo donato.
Ippolita Luzzo
giovedì 11 maggio 2017
Il florilegio di Floris
Floris è qui per presentare il suo libro oppure per parlare di bullismo? La domanda si esaurisce ben presto nell'aula convegni della Scuola media che lo ospita davanti agli alunni composti in sedia. Sono presenti anche le terze liceali del Classico e alcune classi dell'Istituto tecnico economico.
Si parlò solo del libro, avete comprato il libro? Chi ha comprato il libro? Quasi tutti avevano comprato il libro. Il libro non è autobiografico anche se alcuni episodi sono successi davvero nella cronaca. Il personaggio alla fine non esiste, o se esiste non lo conosceremo, esiste la mamma, una cattivella, a detta dell'autore.
Il bullismo è dappertutto e tutti possiamo essere bulli e bullizzati a secondo le situazioni.
Queste le interessantissime asserzioni di un convegno iniziato più o meno così: Lascio la parola, do la parola, e via, parola per parola, aspettiamo Floris abbia la parola augurandoci capiscano di aver davanti alunni della scuola media. Mi sorprende sempre come autorità e presentatori parlino nello stesso modo sia abbiano ad ascoltarli bimbi oppure adulti. Interessante cosa disse il sindaco:La perdita dello sguardo. Guardatevi dunque! Ha ragione, guardiamoci. Con chi?
Floris ci disse di apprezzare la molteplicità delle occasioni che si hanno, fu felice quando poté avere queste opportunità dalla scuola pubblica, W La scuola Pubblica, ci raccontò quella volta in cui un giornalista del Messaggero andò nella sua scuola a fare un corso di giornalismo e lui rimase giornalista a vita. Le scelte che segnano. La bellezza delle scelte.
I ragazzi facevano domande sul libro, ad un ragazzo della Terza C Floris fece una battuta che avranno capito in pochissimi. Non sei ripetente, chiese. Il giornalista accanto a me spiegò il significato rimandandomi ad un telefilm degli anni '80.
Il florilegio ad un certo punto mi spinse a raccontare un episodio della mia classe. Prendo il microfono. In una terza media Romeo, alunno dolcissimo e angelico, era continuamente vessato dal suo compagno di banco. Un giorno Romeo trova il coraggio di difendersi e dà uno schiaffo al prepotente che platealmente attira la mia attenzione lamentandosi di aver ricevuto uno schiaffo. Io non rimprovero Romeo, certo argomento che non bisogna alzare le mani, però mi esce dal cuore un Bravo Romeo, per un ragazzo che trova la forza di reagire ai soprusi, finalmente. I compagni sono contrari al mio gesto ed io lo racconto per questo, per dire che in classe non si accetta la violenza ma nel caso di Romeo è difesa. Quindi non punisco. Lui Floris non è d'accordo sul mio gesto, lui avrebbe punito Romeo, il debole, perché l'alunno avrebbe dovuto trovare altre forme per difendersi rivolgendosi all'autorità costituita, in quel caso all'insegnante o al preside. Quindi caro Floris noi tutti per ogni ingiustizia, violenza, offesa, ci rivolgeremo all'autorità costituita? Capisco che sembra difficilissimo difendere un debole che reagisce, capisco che è più facile ornarsi di belle parole e demandare, e così ridò il microfono sconsolata da tanto conformismo al comune sentire. Le autorità dovrebbero quindi risolvere ogni difficile incontro fra i banchi? Mi riesce impossibile non difendere i deboli davvero...
Bravo Floris che avrebbe mandato Romeo dal Preside. Così mi disse. Avete comprato il libro?
Si parlò solo del libro, avete comprato il libro? Chi ha comprato il libro? Quasi tutti avevano comprato il libro. Il libro non è autobiografico anche se alcuni episodi sono successi davvero nella cronaca. Il personaggio alla fine non esiste, o se esiste non lo conosceremo, esiste la mamma, una cattivella, a detta dell'autore.
Il bullismo è dappertutto e tutti possiamo essere bulli e bullizzati a secondo le situazioni.
Queste le interessantissime asserzioni di un convegno iniziato più o meno così: Lascio la parola, do la parola, e via, parola per parola, aspettiamo Floris abbia la parola augurandoci capiscano di aver davanti alunni della scuola media. Mi sorprende sempre come autorità e presentatori parlino nello stesso modo sia abbiano ad ascoltarli bimbi oppure adulti. Interessante cosa disse il sindaco:La perdita dello sguardo. Guardatevi dunque! Ha ragione, guardiamoci. Con chi?
Floris ci disse di apprezzare la molteplicità delle occasioni che si hanno, fu felice quando poté avere queste opportunità dalla scuola pubblica, W La scuola Pubblica, ci raccontò quella volta in cui un giornalista del Messaggero andò nella sua scuola a fare un corso di giornalismo e lui rimase giornalista a vita. Le scelte che segnano. La bellezza delle scelte.
I ragazzi facevano domande sul libro, ad un ragazzo della Terza C Floris fece una battuta che avranno capito in pochissimi. Non sei ripetente, chiese. Il giornalista accanto a me spiegò il significato rimandandomi ad un telefilm degli anni '80.
Il florilegio ad un certo punto mi spinse a raccontare un episodio della mia classe. Prendo il microfono. In una terza media Romeo, alunno dolcissimo e angelico, era continuamente vessato dal suo compagno di banco. Un giorno Romeo trova il coraggio di difendersi e dà uno schiaffo al prepotente che platealmente attira la mia attenzione lamentandosi di aver ricevuto uno schiaffo. Io non rimprovero Romeo, certo argomento che non bisogna alzare le mani, però mi esce dal cuore un Bravo Romeo, per un ragazzo che trova la forza di reagire ai soprusi, finalmente. I compagni sono contrari al mio gesto ed io lo racconto per questo, per dire che in classe non si accetta la violenza ma nel caso di Romeo è difesa. Quindi non punisco. Lui Floris non è d'accordo sul mio gesto, lui avrebbe punito Romeo, il debole, perché l'alunno avrebbe dovuto trovare altre forme per difendersi rivolgendosi all'autorità costituita, in quel caso all'insegnante o al preside. Quindi caro Floris noi tutti per ogni ingiustizia, violenza, offesa, ci rivolgeremo all'autorità costituita? Capisco che sembra difficilissimo difendere un debole che reagisce, capisco che è più facile ornarsi di belle parole e demandare, e così ridò il microfono sconsolata da tanto conformismo al comune sentire. Le autorità dovrebbero quindi risolvere ogni difficile incontro fra i banchi? Mi riesce impossibile non difendere i deboli davvero...
Bravo Floris che avrebbe mandato Romeo dal Preside. Così mi disse. Avete comprato il libro?
domenica 7 maggio 2017
Fabio Strinati Dal Proprio Nido Alla Vita
Edito a novembre 2016 nella collana I Tascabili da Il Foglio Letterario, diretto da Gordiano Lupi, giunge in Litweb nel giorno della Libertà di stampa, questo poemetto, così lo chiama il suo autore ed io lo porto con me alla libreria Ubik di Catanzaro lido dove quella sera leggerò un mio pezzo su Sacro fuoco, Storie di libertà di stampa, in ricordo di Alessandro Bozzo. Parlo con Gianluca Pitari, poeta e narratore, di Fabio Strinati, gli faccio leggere il libro e lui mi dice: Vedi, di queste letture noi possiamo venire a conoscenza solo in coincidenze fortuite come queste.
E si segna il nome dell'autore.
Io sorrido ricordando le parole di Domenico Dara: La coincidenza è una risposta ad una domanda forte.
Mi giungono così le risposte alle mie domande al mondo che ha preso a rispondermi così, con i libri, facendomi recapitare nell'esilio di un luogo solitario la vita di tanti, Dal proprio nido alla loro vita.
Anche Fabio si fida, come si fidano in tanti, della mia lettura attenta e affettuosa, del mio scrivere senza filtro e di impulso, oggi pomeriggio sono proprio accanto ai pensieri di Fabio e casa mia, silenziosa, ospita Piombino, Il cielo Sopra Piombino, il trailer tratto dal libro di Gordiano Lupi, Miracolo a Piombino, il romanzo presentato al Premio Strega che è stato fonte di ispirazione di questo poema. Non ho ancora letto "Miracolo a Piombino Storia di Marco e un gabbiano" di Gordiano Lupi, edito dalla casa editrice cesenate Historica di Francesco Giubilei, al Premio Strega 2014, non sapevo quasi nulla di Piombino se non le sue coordinate geografiche però ora sfogliando e leggendo vedo le immagini di Claudio Conti, fotografie in bianco e nero, e mi faccio compagnia con questo viaggio personale sui tasti di un pc.
Ho messo al libro tantissime orecchiette "Ho sempre desiderato poter raccontare la mia vita a qualcuno" scrive Fabio a pagina 46, in questa confessione di una vita che vorrebbe volare come una rondine.
Diario di rondine mi viene in mente, della Nothomb, in cui al di là della vicenda che mi rapì, fu un diario sottratto a dare il senso del tutto, ed in questo diario di Fabio "la maturità è quel succoso frutto appeso all'albero, è l'ingresso che ci permette di soffocare i nostri ricordi"
Un diario sincero fino alla naturalità del gesto, all'adesione al vento, all'edera dei campi, al fiorellino di campagna, alla rondine che è quella della poesia e del romanzo inedito, così come è inedita la vita della giovinezza, io aggiungerei la vita che sa ricominciare a qualsiasi età si trovi ad esordire. Non tutti cominciano a vivere con il respiro iniziale ed abbiamo un tempo diverso in cui riusciremo ad andare dal nido alla vita, al volo. "Se riuscissimo a capire il freddo, la sua pungente ironia che sa attraversare le nostre meningi come coltelli nel burro" sarei tentata di continuare a scrivervi ampi stralci di questo diario "Un giorno ricordo che c'era un sole che sembrava essere più grande del solito... il sole mi appariva più grande, più cocente"
Quell'amplificazione del sentire che una condizione di solitudine può regalare, quel sole gigantesco non riesce a riscaldare il freddo, l'enorme cella frigorifera, un ragazzo insicuro, preso di mira dai ragazzi del vicinato.
"Un uomo deve poter essere uomo per poter vedere dentro di sé"
Torniamo sempre a pagina 46 dove i treni fischiano, il dolore è una fitta al cuore, e ogni "uomo deve poter camminare con le sue gambe per poter capire i luoghi." Sentendo la musicalità interiore del canto di una anima, sento il concerto grande di tutta una natura che partecipa al destino individuale di ciascuno di noi, e così ogni passaggio di Fabio rimanda ai miei mille e più pezzi anche essi diario di "offese che creano quella bolla spessa ed invisibile"
Due però sono gli aggettivi che ci appartengono come proprietà privata qualsiasi cosa ci possa succedere nel volo dal proprio nido alla vita e sono l'essere Sincero e l'essere Saggio, ed il vento ci porterà lontano.
Nella vita che ci somiglia pur nella diversità, il mio omaggio a Fabio che a sua volta scrive per Gordiano che a sua volta... nel cerchio magico del nostro volo. Un sacro fuoco ci riscalderà
Ippolita Luzzo
E si segna il nome dell'autore.
Io sorrido ricordando le parole di Domenico Dara: La coincidenza è una risposta ad una domanda forte.
Mi giungono così le risposte alle mie domande al mondo che ha preso a rispondermi così, con i libri, facendomi recapitare nell'esilio di un luogo solitario la vita di tanti, Dal proprio nido alla loro vita.
Anche Fabio si fida, come si fidano in tanti, della mia lettura attenta e affettuosa, del mio scrivere senza filtro e di impulso, oggi pomeriggio sono proprio accanto ai pensieri di Fabio e casa mia, silenziosa, ospita Piombino, Il cielo Sopra Piombino, il trailer tratto dal libro di Gordiano Lupi, Miracolo a Piombino, il romanzo presentato al Premio Strega che è stato fonte di ispirazione di questo poema. Non ho ancora letto "Miracolo a Piombino Storia di Marco e un gabbiano" di Gordiano Lupi, edito dalla casa editrice cesenate Historica di Francesco Giubilei, al Premio Strega 2014, non sapevo quasi nulla di Piombino se non le sue coordinate geografiche però ora sfogliando e leggendo vedo le immagini di Claudio Conti, fotografie in bianco e nero, e mi faccio compagnia con questo viaggio personale sui tasti di un pc.
Ho messo al libro tantissime orecchiette "Ho sempre desiderato poter raccontare la mia vita a qualcuno" scrive Fabio a pagina 46, in questa confessione di una vita che vorrebbe volare come una rondine.
Diario di rondine mi viene in mente, della Nothomb, in cui al di là della vicenda che mi rapì, fu un diario sottratto a dare il senso del tutto, ed in questo diario di Fabio "la maturità è quel succoso frutto appeso all'albero, è l'ingresso che ci permette di soffocare i nostri ricordi"
Un diario sincero fino alla naturalità del gesto, all'adesione al vento, all'edera dei campi, al fiorellino di campagna, alla rondine che è quella della poesia e del romanzo inedito, così come è inedita la vita della giovinezza, io aggiungerei la vita che sa ricominciare a qualsiasi età si trovi ad esordire. Non tutti cominciano a vivere con il respiro iniziale ed abbiamo un tempo diverso in cui riusciremo ad andare dal nido alla vita, al volo. "Se riuscissimo a capire il freddo, la sua pungente ironia che sa attraversare le nostre meningi come coltelli nel burro" sarei tentata di continuare a scrivervi ampi stralci di questo diario "Un giorno ricordo che c'era un sole che sembrava essere più grande del solito... il sole mi appariva più grande, più cocente"
Quell'amplificazione del sentire che una condizione di solitudine può regalare, quel sole gigantesco non riesce a riscaldare il freddo, l'enorme cella frigorifera, un ragazzo insicuro, preso di mira dai ragazzi del vicinato.
"Un uomo deve poter essere uomo per poter vedere dentro di sé"
Torniamo sempre a pagina 46 dove i treni fischiano, il dolore è una fitta al cuore, e ogni "uomo deve poter camminare con le sue gambe per poter capire i luoghi." Sentendo la musicalità interiore del canto di una anima, sento il concerto grande di tutta una natura che partecipa al destino individuale di ciascuno di noi, e così ogni passaggio di Fabio rimanda ai miei mille e più pezzi anche essi diario di "offese che creano quella bolla spessa ed invisibile"
Due però sono gli aggettivi che ci appartengono come proprietà privata qualsiasi cosa ci possa succedere nel volo dal proprio nido alla vita e sono l'essere Sincero e l'essere Saggio, ed il vento ci porterà lontano.
Nella vita che ci somiglia pur nella diversità, il mio omaggio a Fabio che a sua volta scrive per Gordiano che a sua volta... nel cerchio magico del nostro volo. Un sacro fuoco ci riscalderà
Ippolita Luzzo
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