Tromba, sassofono, tamburo, orchestra, l’orchestra Sax in Progress dal Conservatorio Perosi di Campobasso, con Ulisse al teatro stamattina per le scuole. W le scuole che aderiscono a progetti di teatro e permettono ai loro allievi di seguire spettacoli così interessanti. W gli organizzatori che invitano le scuole e fanno seguire allo spettacolo serale una replica mattutina. Un evviva agli attori, ai musicisti, ai tecnici e a chi permette che sempre si avveri la magia del teatro. E in ultimo per esser primo W Sebastiano Lo Monaco nel suo continuo amare il teatro nel continuo raccontare il nostro testo mediterraneo.
Non ho preso appunti e quindi vado a memoria raccogliendo i momenti sulla scena dove approda una barca con un uomo lacero, stanco, approda su un'isola, Itaca, e sa di essere infine ritornato a casa, dopo quel viaggio durato venti anni. Il viaggio della guerra di Troia, più e più volte raccontato nel nostro vissuto da sentirlo ora il racconto nostro, nella memoria dell'Odissea, diretta da Franco Rosi e Mario Bava e interpretato da Bekim Fehmiu, nello sceneggiato televisivo del 1968 che io ho usato a scuola negli anni ottanta.
Qui il testo è di Valerio Massimo Manfredi, un testo quindi più vicino nel tempo eppure sempre aderente a quello che Omero cantò. Elena, Penelope, Athena, Achille, Menelao, il riassunto sarebbe superfluo. Con una musica scritta appositamente per lo spettacolo irrompono spesso gli strumenti ad accompagnare la guerra e la morte ed insieme i momenti più vanesi, l'arrivo dei Proci in festa.
Una orchestra che ha permesso la danza, il gioco, il sorridente e amabile fruire di momenti ilari, come se amando molto poi si rida per amare di più. Ed infatti abbiamo riso malgrado i momenti di grande dolore, malgrado le riflessioni su quanto sia insensata la guerra, su quanto sia terribile sapere di non poter più ritornare, su quanta malinconia opprima l'uomo nel saperlo. Eppure malgrado si sappia che morte sarà, malgrado Achille sappia, malgrado si sappia, ci deve essere qualcosa di più grande della stessa insensatezza e fa agire gli uomini in nome dell'onore, dell'amicizia, della dignità, dell'attesa, dell'amore.
Applausi
Ippolita Luzzo
sabato 18 marzo 2017
giovedì 16 marzo 2017
Occhio e Orecchio Pier Damiano Ori
(Non si viaggia mai davvero)
Il prologo sta alla fine. Eppure che cos'è il prologo?
pròlogo dal lat. prolŏgus, gr. πρόλογος, comp. di προ- «avanti» e λόγος «discorso» monologo o dialogo che introduceva l’azione, e serviva a esporre l’antefatto o a illustrare il contenuto dell’opera. Breve premessa che precede un’opera teatrale in prosa o in musica dal dizionario Treccani.
Pier Damiano Ori mette il prologo alla fine: I mostri non generano cuccioli.
Conosciamo la storia di Raimondo Montecuccoli che ha abitato in un castello fra i calanchi.
Il conte Raimondo Montecuccoli, nato nel castello di Montecuccolo nel Frignano, sull'Appennino modenese, il 21 febbraio1609, nel Ducato di Modena e Reggio; è stato un generale, politico e scrittore italiano.
"Il fine della guerra si è il vincere. Si vince coll'esser superiori e coll'ottener avantaggi sopra il nemico »
(Raimondo Montecuccoli, Discorso della guerra contro il turco)
"Sai, vero? che lo conosciamo solo con la parrucca da generale, secondo te, quando era solo un ragazzo morso da gelo..." ed in questo narrare si arriva ad una tribù in via Contardo Ferrini . Viaggia da infanzia ad infanzia in provincia di Modena.
Mi sembra di aver letto solo ripetendo la lettura dal prologo verso il secondo movimento: Infanzia e giovinezza di Raimondo Montecuccoli.
Nel gioco del tempo sovrapposto troviamo un primo movimento odierno: Effetto contro causa.
Siamo nel tempo del qui e ora, eppure lo capiamo solo alla fine.
Essendo tutto alla rovescia,(delle due, l'una)
Nella storia che ci appartiene, facciamo vivere con noi l'occhio, l'orecchio, sentiamo i suoni, vediamo il gelo del castello "Tutta una vita sotto l'insegna del gelo"
Il tempo e il soggetto mutano continuamente, a testimoniare che la storia è adesso
Tu intervieni quando vuoi nel mio racconto.
Sono così felice di aver con me la prosa e la poesia abbracciati nel tempo del prima e del poi che saluto quella bella lunga ricerca di trovarti nel 2050.
E mi ritrovo a rileggere ancora "Mai senza sempre" l'aforisma numerato color malva interrompendo, se voglio.
Il racconto poetico di Pier Damiano Ori ci fa viaggiare nel tempo saltando il tempo nel quale non si viaggia mai per davvero.
Un viaggio Occhio E Orecchio in un calesse poetico.
Ippolita Luzzo
Il prologo sta alla fine. Eppure che cos'è il prologo?
pròlogo dal lat. prolŏgus, gr. πρόλογος, comp. di προ- «avanti» e λόγος «discorso» monologo o dialogo che introduceva l’azione, e serviva a esporre l’antefatto o a illustrare il contenuto dell’opera. Breve premessa che precede un’opera teatrale in prosa o in musica dal dizionario Treccani.
Pier Damiano Ori mette il prologo alla fine: I mostri non generano cuccioli.
Conosciamo la storia di Raimondo Montecuccoli che ha abitato in un castello fra i calanchi.
Il conte Raimondo Montecuccoli, nato nel castello di Montecuccolo nel Frignano, sull'Appennino modenese, il 21 febbraio1609, nel Ducato di Modena e Reggio; è stato un generale, politico e scrittore italiano.
"Il fine della guerra si è il vincere. Si vince coll'esser superiori e coll'ottener avantaggi sopra il nemico »
(Raimondo Montecuccoli, Discorso della guerra contro il turco)
"Sai, vero? che lo conosciamo solo con la parrucca da generale, secondo te, quando era solo un ragazzo morso da gelo..." ed in questo narrare si arriva ad una tribù in via Contardo Ferrini . Viaggia da infanzia ad infanzia in provincia di Modena.
Mi sembra di aver letto solo ripetendo la lettura dal prologo verso il secondo movimento: Infanzia e giovinezza di Raimondo Montecuccoli.
Nel gioco del tempo sovrapposto troviamo un primo movimento odierno: Effetto contro causa.
Siamo nel tempo del qui e ora, eppure lo capiamo solo alla fine.
Essendo tutto alla rovescia,(delle due, l'una)
Nella storia che ci appartiene, facciamo vivere con noi l'occhio, l'orecchio, sentiamo i suoni, vediamo il gelo del castello "Tutta una vita sotto l'insegna del gelo"
Il tempo e il soggetto mutano continuamente, a testimoniare che la storia è adesso
Tu intervieni quando vuoi nel mio racconto.
Sono così felice di aver con me la prosa e la poesia abbracciati nel tempo del prima e del poi che saluto quella bella lunga ricerca di trovarti nel 2050.
E mi ritrovo a rileggere ancora "Mai senza sempre" l'aforisma numerato color malva interrompendo, se voglio.
Il racconto poetico di Pier Damiano Ori ci fa viaggiare nel tempo saltando il tempo nel quale non si viaggia mai per davvero.
Un viaggio Occhio E Orecchio in un calesse poetico.
Ippolita Luzzo
Strategia dell'addio Elena Mearini
Elena Mearini oggi in libreria con Strategia dell'addio.
Disegni e poesie che si completano regalando a chi legge il piacere del bello, nel verso e nella linea.
Linee essenziali che uniscono punti lasciando il bianco sul foglio, e la figura si staglia pulita, lontana e vicina a noi che leggiamo.
Disegnando e non sporcando, resta la purezza della forma, così nei ritratti e così nel donare versi lineari e pur simili a quell'unire una forma lasciando sul foglio il piacere del bianco.
Purezza dei versi in Strategia dell'addio.
Io comincio e finisco/tutta in un punto,/per avermi ti basta/il tocco della matita sul foglio.
Essere foglio,/ affidare alle pieghe della carta/ ogni mio cambiamento.
Continuo a leggere...
Inventandomi sarta/col centimetro in mano
Ippolita Luzzo
Elena Mearini È nata nel 1978 e vive a Milano. Ha pubblicato i romanzi 360 gradi di rabbia, Excelsior 1881, Premiogiovani lettori “Gaia di Manici-Proietti” nell’ambito della rassegna“Umbria Libri”; Undicesimo comandamento, Perdisa pop, PremioSpeciale UNICAM- Università di Camerino, terzo classificato al ConcorsoNazionale di Narrativa “ Maria Teresa di Lascia” e Premio giovanilettori “Gaia di Manici-Proietti” nell’ambito della rassegna “UmbriaLibri”; A testa in giù, Morellini editore;Bianca da morire, Cairo editore, Premio“Lago Gerundo” per la narrativa.Firma due raccolte di poesie: Dilemma di una bottiglia, Forme Libere editore e Persilenzio e voce, Marco Saya editore.
sabato 11 marzo 2017
Mia figlia, Don Chisciotte di Alessandro Garigliano
Intanto arriva Don Chisciotte in Litweb direttamente da Cabaret Bisanzio a cavallo di Ronzinante
“Nessun eroe ha mai saputo intuire quando deporre le armi. Ciò che distingue un eroe è l’arroganza, la tracotanza, la certezza dell’infallibilità e il sentimento superbo di essere immortale. Don Chisciotte della Mancia non si allontana da un simile modello”
“Invece sul suo cammino sta per apparire l’incarnazione del potere: la realtà.”
Un libro composto da un saggio su Don Chisciotte della Mancia, celeberrimo romanzo del seicento, titolo originale in lingua spagnola: El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha, opera di Miguel de Cervantes Saavedra, invenzione di personaggi fra i più importanti nella storia della letteratura mondiale e la vita domestica di un padre precario alle prese con l’educazione di una bimba di tre anni. Fra finzione e realtà leggiamo le analisi pregevoli sulle avventure del Cavaliere e le sue sconfitte. “Ogni qualvolta la realtà viene liberata e stimolata a sognare la reazione esplode brutale contro chi ha provocato lo scarto”
Il romanzo nel seicento ebbe così tanta fortuna che il suo autore scrisse una seconda parte, disgustato da un altro scrittore che ne aveva confezionato un prosieguo. Nella seconda parte amarissima ci sarà la ferocia scatenata del potere, dei duchi che sono capaci di ridere esibendo una violenza circense angosciante: una specie di tortura psicologica contro gli eroi più puri di sempre.
Credo vada letto soprattutto come saggio questo libro, come un interrogarsi sul libero arbitrio, sulla finzione che aiuta e sulla realtà che esiste per sconfessare quella maschera.
Simulando obblighi che nella realtà non esistono il padre veste un abito da matrimonio e recita la parte del professore universitario impegnato nella stesura del saggio che leggeremo.
Un pretesto dunque l’ambiente domestico se non fosse che ogni tanto all'autore verrebbe di catapultarsi nel testo chiedendosi “Ma perché non sono stato generato in tempi poetici? Perché le parole, ai miei tempi, non possono più acuirsi soprane frantumando la sobrietà con cui abbiamo scelto di castigarci?”
Al tempo del mimetismo difficile è trasportare o creare Dulcinea e Ronzinante, Sancho Panza e l’investitura. Un nuovo modo di spiegare la letteratura e di nuotare in un libro, oppure di abitarci dentro, volendo costruirne un altro ancora come nelle matrioske russe.
Sorridendo mi trovo ad annotare un Telefono Azzurro da chiamare per supposte sevizie alla bimba quando il padre desidererebbe fare imparare a memoria alla figlia un passo del Cervantes e poi chiederle di svegliarlo ogni mattina con la recita richiesta. Alessandro Garigliano ci regala questo amore infinito verso la letteratura, verso questo capolavoro che io avrò sicuramente letto, ci regala quella voglia che abbiamo tutti noi di scrivere e scrivere ancora sui libri dopo averli letti.
Ippolita Luzzo
“Nessun eroe ha mai saputo intuire quando deporre le armi. Ciò che distingue un eroe è l’arroganza, la tracotanza, la certezza dell’infallibilità e il sentimento superbo di essere immortale. Don Chisciotte della Mancia non si allontana da un simile modello”
“Invece sul suo cammino sta per apparire l’incarnazione del potere: la realtà.”
Un libro composto da un saggio su Don Chisciotte della Mancia, celeberrimo romanzo del seicento, titolo originale in lingua spagnola: El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha, opera di Miguel de Cervantes Saavedra, invenzione di personaggi fra i più importanti nella storia della letteratura mondiale e la vita domestica di un padre precario alle prese con l’educazione di una bimba di tre anni. Fra finzione e realtà leggiamo le analisi pregevoli sulle avventure del Cavaliere e le sue sconfitte. “Ogni qualvolta la realtà viene liberata e stimolata a sognare la reazione esplode brutale contro chi ha provocato lo scarto”
Il romanzo nel seicento ebbe così tanta fortuna che il suo autore scrisse una seconda parte, disgustato da un altro scrittore che ne aveva confezionato un prosieguo. Nella seconda parte amarissima ci sarà la ferocia scatenata del potere, dei duchi che sono capaci di ridere esibendo una violenza circense angosciante: una specie di tortura psicologica contro gli eroi più puri di sempre.
Credo vada letto soprattutto come saggio questo libro, come un interrogarsi sul libero arbitrio, sulla finzione che aiuta e sulla realtà che esiste per sconfessare quella maschera.
Simulando obblighi che nella realtà non esistono il padre veste un abito da matrimonio e recita la parte del professore universitario impegnato nella stesura del saggio che leggeremo.
Un pretesto dunque l’ambiente domestico se non fosse che ogni tanto all'autore verrebbe di catapultarsi nel testo chiedendosi “Ma perché non sono stato generato in tempi poetici? Perché le parole, ai miei tempi, non possono più acuirsi soprane frantumando la sobrietà con cui abbiamo scelto di castigarci?”
Al tempo del mimetismo difficile è trasportare o creare Dulcinea e Ronzinante, Sancho Panza e l’investitura. Un nuovo modo di spiegare la letteratura e di nuotare in un libro, oppure di abitarci dentro, volendo costruirne un altro ancora come nelle matrioske russe.
Sorridendo mi trovo ad annotare un Telefono Azzurro da chiamare per supposte sevizie alla bimba quando il padre desidererebbe fare imparare a memoria alla figlia un passo del Cervantes e poi chiederle di svegliarlo ogni mattina con la recita richiesta. Alessandro Garigliano ci regala questo amore infinito verso la letteratura, verso questo capolavoro che io avrò sicuramente letto, ci regala quella voglia che abbiamo tutti noi di scrivere e scrivere ancora sui libri dopo averli letti.
Ippolita Luzzo
martedì 7 marzo 2017
Il Padre d'Italia di Fabio Mollo al cinema
Fabio è qui.
Dopo Il sud è niente, fortemente voluto, amato e visto e rivisto da me, ora siamo qui ad aspettarlo in tanti. Nella giornata dei giusti Fabio è un giusto, anzi un angelo, ed il film racconta quel suo essere romantico, quel voler mettere al primo posto gli incontri magici, i sentimenti, le relazioni che ora potrebbero legarci in questo viaggio chiamato amore.
Dopo Il sud è niente, fortemente voluto, amato e visto e rivisto da me, ora siamo qui ad aspettarlo in tanti. Nella giornata dei giusti Fabio è un giusto, anzi un angelo, ed il film racconta quel suo essere romantico, quel voler mettere al primo posto gli incontri magici, i sentimenti, le relazioni che ora potrebbero legarci in questo viaggio chiamato amore.
Futuro, lo chiama Fabio, questa proposizione semplice col tempo all'infinito, credere nel futuro, assumere una responsabilità e legarsi d'affetto verso un essere indifeso che nascerà ed avrà bisogno di cure.
Nel film Fabio sceglie di raccontare anche se stesso, di farsi vedere o almeno intravedere, sceglie una sorta di confessione affidando ai due personaggi la sua voce ed a volte i suoi gesti.
Dolce e indulgente infatti una lei che si vorrebbe complicata, e dolce e angelico un lui di una bontà sconosciuta ormai.
Sembra che tutta l'Italia sia attraversata dal pulmino di questi due angeli che come Gli angeli sopra Berlino e al contrario irradiano sorrisi e voglia di abbracciarli. Nel rosa dei capelli di Isabella Ragonese, nella camicia a fiori di Luca Marinelli, nel mare e nel cielo, il tempo del futuro si tingerà di rosa, della pelle rosa d'Italia, appena nata.
Una scelta voluta questa di Fabio, di raccontarci una fiaba possibile, di superare ogni solitudine e incomprensione, ogni rifiuto e abbandono con un incontro casuale ed eccezionale.
Per caso certo, ma poi voluto, accettato e condiviso.
Per caso certo, ma poi voluto, accettato e condiviso.
E tutto si tingerà di rosa fra canzoni cantate come nenie e canzoni cantate come lavoro, fra musica e strade, con il gioco delle parti che possono cambiare.
Un film di inquadrature di spalle, tante spalle, dal giubbino con la madonna luccicante di strass di Mia al giubbino con zaino di Paolo, alle spalle di quella mamma che un tempo si allontanò, un film in cui la protagonista allarga le braccia incontro al futuro prossimo venturo che porterà un Tatuaggio sul braccio e sul cuore.
Ti chiamerò Futura o Italia...
Ti chiamerò Futura o Italia...
Ippolita Luzzo
In anteprima nazionale a Cosenza, Lamezia Terme, Milano oggi, e domani a Reggio Calabria il film di Fabio Mollo, regista e sceneggiatore insieme a Josella Porto.
Presentato da Gian Lorenzo Franzì e sostenuto dal Presidente della Film Commission di Calabria che ha ricordato il sostegno del Mibact per la realizzazione.
Siamo ripartiti dal meglio della nostra autorialità – aveva già affermato il Direttore di Calabria Film Commission, Paride Leporace -Fabio Mollo è la migliore espressione del nostro talento e della capacità di fare cinema moderno.
venerdì 3 marzo 2017
Quella sera a VertigoArte. Ponte di conversazione con Paolo Aita
Per abitare il cielo
La Guglia
Da semplice occasionale spettatrice di una fruizione artistica mi trovo quella sera a VertigoArte per lo stesso gioco delle combinazioni amicali che mi portano stasera al Complesso Monumentale San Giovanni all'inaugurazione della mostra in ricordo di Paolo Aita.
VertigoArte era una sua creazione scopro, ricordando quella sera a Cosenza, in attesa che Franco Araniti giungesse e mi portasse in regalo i suoi libri "Es Senza" "Di quel via vai... D'amore"
Orfeo con la tua voce/voleva portarmi via dal mondo
... è per farti vivere/che ti chiamai per nome/e dileguandomi
ti ho fatto voltare
L'ombra di Euridice che dice di voltarci indietro per perderla.
A VertigoArte conosco Orazio Garofalo, Ex stasis, da fuori, con suo video, Estasi, che proietta le ombre sul muro fuori dallo schermo. Ombra sei, come non ti vedi mai. Tua ombra le spalle.
Febbraio 2015- Marzo 2017
Sono qui al Complesso Monumentale San Giovanni, i relatori hanno già iniziato, io raccolgo la testimonianza di Ghislain Mayaud su Paolo Aita che conosco solo questa sera attraverso le parole, le immagini degli artisti, degli amici, dalle lacrime della mamma.
Lo conosco con in mano un libro di John Berger E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto
Ponte di conversazione con Paolo Aita,
Glislain Mayaud: Paolo è qui, inizia, mostrando il catalogo con Paolo che vi abita e si sporge quasi dallo spazio. In quale spazio noi decidiamo di abitare lo scegliamo in base alla nostra sensibilità e lui aveva scelto di abitare il cielo.
Cerchiamo di dare forma a questa grande ansietà che è la morte, la vita è luce, giorno, ed è il giorno, la luce, che permette il farsi, il pubblicare.
Con la luce e con l'ironia si vive nel mondo poetico e trasversale che attraversiamo.
Un uomo a cui piaceva far da ponte fra linguaggi diversi, giocare con il francese e parlare con il suo amico in un misto di italiano e francese. La vitalità degli interessi, i libri, le poesie, la musica, le mostre, gli incontri, il ponte, mettere in contatto, creare... Mi sembra che la vita sia bellissima, vista così, dallo spazio dell'arte, dalla valigia che ci porteremo. Materia e idea hanno la stessa sostanza.
Con la coda dell'occhio di Daniele Rizzuti che dissolve i passanti per fotografare l'anima colorata, all'oro, all'argento e al bianco di Elena Diaco Mayer, Le cose sono più forti di ogni immaginazione, passano sul video di Orazio Garofalo i giorni di Paolo Aita bambino, di lui adulto, saluto Paolo e lo conosco.
Con un filo in mano, anzi una guglia.
Leggendo John Berger E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto. Per abitare il cielo.
Ippolita Luzzo
La Guglia
Da semplice occasionale spettatrice di una fruizione artistica mi trovo quella sera a VertigoArte per lo stesso gioco delle combinazioni amicali che mi portano stasera al Complesso Monumentale San Giovanni all'inaugurazione della mostra in ricordo di Paolo Aita.
VertigoArte era una sua creazione scopro, ricordando quella sera a Cosenza, in attesa che Franco Araniti giungesse e mi portasse in regalo i suoi libri "Es Senza" "Di quel via vai... D'amore"
Orfeo con la tua voce/voleva portarmi via dal mondo
... è per farti vivere/che ti chiamai per nome/e dileguandomi
ti ho fatto voltare
A VertigoArte conosco Orazio Garofalo, Ex stasis, da fuori, con suo video, Estasi, che proietta le ombre sul muro fuori dallo schermo. Ombra sei, come non ti vedi mai. Tua ombra le spalle.
Febbraio 2015- Marzo 2017
Sono qui al Complesso Monumentale San Giovanni, i relatori hanno già iniziato, io raccolgo la testimonianza di Ghislain Mayaud su Paolo Aita che conosco solo questa sera attraverso le parole, le immagini degli artisti, degli amici, dalle lacrime della mamma.
Lo conosco con in mano un libro di John Berger E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto
Ponte di conversazione con Paolo Aita,
Glislain Mayaud: Paolo è qui, inizia, mostrando il catalogo con Paolo che vi abita e si sporge quasi dallo spazio. In quale spazio noi decidiamo di abitare lo scegliamo in base alla nostra sensibilità e lui aveva scelto di abitare il cielo.
Cerchiamo di dare forma a questa grande ansietà che è la morte, la vita è luce, giorno, ed è il giorno, la luce, che permette il farsi, il pubblicare.
Con la luce e con l'ironia si vive nel mondo poetico e trasversale che attraversiamo.
Un uomo a cui piaceva far da ponte fra linguaggi diversi, giocare con il francese e parlare con il suo amico in un misto di italiano e francese. La vitalità degli interessi, i libri, le poesie, la musica, le mostre, gli incontri, il ponte, mettere in contatto, creare... Mi sembra che la vita sia bellissima, vista così, dallo spazio dell'arte, dalla valigia che ci porteremo. Materia e idea hanno la stessa sostanza.
Con la coda dell'occhio di Daniele Rizzuti che dissolve i passanti per fotografare l'anima colorata, all'oro, all'argento e al bianco di Elena Diaco Mayer, Le cose sono più forti di ogni immaginazione, passano sul video di Orazio Garofalo i giorni di Paolo Aita bambino, di lui adulto, saluto Paolo e lo conosco.
Con un filo in mano, anzi una guglia.
Leggendo John Berger E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto. Per abitare il cielo.
Ippolita Luzzo
mercoledì 1 marzo 2017
Il cocomero di nonna Maria. Tina Anselmi con Anna Vinci
La prima pagina dove metto il segno nella lettura è pagina sei. Tina Anselmi, raccontando la sua storia ad Anna Vinci, ricorda la nonna materna nel gesto del portare un cocomero ai nipoti.
"Nel nostro mondo di bambini con pochissimi giocattoli, la fantasia era la bacchetta magica che trasformava le piccole incombenze quotidiane in occasioni di svago e, così, anche portare a casa il cocomero diventava per noi una festa. La nonna lo tagliava in due parti uguali, una per me e una per mio fratello, le poggiava sulle nostre teste, e noi ogni tanto ci fermavamo e ne assaggiavamo un po'; poi riprendevamo il cammino e il succo colava, le mani erano appiccicaticce e sporco di rosso, e avevamo i semini neri sul collo e sul viso."
Un mondo fatto di piccole felicità nei lontani anni trenta del millenovecento. Un secolo che aveva i fanali delle biciclette come odierno messenger. Tina Anselmi ragazza e partigiana durante la seconda guerra mondiale racconta come si preparavano ai lanci degli alleati
"Mettevamo le biciclette con i fanali disposti in modo da formare una lettera dell'alfabeto;quando la lettera era infine composta andavamo a fare girare le ruote i fanali si accendevano. Nell'oscurità della notte la lettera illuminata era il segnale per gli alleati: potevano sganciare il paracadute. E dopo bisognava nascondere il materiale prima di smistarlo."
La ritroviamo nel 1946 ai lavori del congresso della Democrazia Cristiana "Impacchettate e indottrinate... doppiamente sprovvedute e non pronte a fronteggiare una invasione della vita pubblica nella nostra esistenza" con l'entusiasmo di conoscere De Gasperi, Dossetti, Pertini, Togliatti. Da protagonista sulla scena politica internazionale; incontri alla Casa Bianca nel 1962 con Kennedy, incontro con il Papa Giovanni XXIII e quello con Papa Giovanni Paolo II e il suo gesto conforto a lei alle prese con la vicenda P2.
" Forza, Forza" quando le augurò buon lavoro sapendola presidente della Commissione d'inchiesta parlamentare, incarico che ricoprì dal 1981 al 1984.
Una vicenda umana e politica senza trucchi, sempre se stessa, senza costruzione di un personaggio, con l'intento di far aderire le promesse a ciò che sarebbe stato possibile.
Nel 1968, prima volta eletta nel Parlamento, i giornalisti presero farle domande sul suo privato, sulle sue scelte e lei si accorse di quanto fosse forte la curiosità verso una donna che sceglie la politica. Nella grande verità che nessuna vittoria è irreversibile, che dopo aver vinto possiamo anche perdere, Tina Anselmi resta un riferimento di grande idealità e concretezza, di dignità e di affetto per chiunque voglia cominciare ad interessarsi davvero a far politica
Nel compito serio assunto nell'indagare sulla P2 spiegò che la P sta per propaganda. "Ora a tutte le associazioni è consentito di propagandare le proprie idee purché si rispetti la trasparenza e non si abbia come obiettivo il sovvertimento delle istituzioni E non fu nella trasparenza che Gelli agì"
Ne parleremo ancora...
Rimaniamo nella serietà del suo cammino umano e nella giocosità del suo ricordo d'infanzia che ritrovo alla fine del libro non senza un fremito di piacere e di sintonia fra me che leggo ed Anna Vinci che ha raccolto la testimonianza di Tina Anselmi.
Otto Marzo con Tina Anselmi.
Ippolita Luzzo
Anna Vinci, scrittrice, autrice del documentario" Una vita per la democrazia" insieme a Tina Anselmi ha scritto il libro biografico “Storia di una passione politica” queste le sue parole: " Storia di una passione politica è un ritratto di Tina Anselmi a tutto tondo, che emerge dalle sue stesse parole, raccolte da Anna Vinci con un lavoro fatto con cura, con delicatezza e amore, e durato anni. Una storia integra, di vita e di lavoro in cui Tina compare con quell'intelligenza liquida che la fa scivolare sicura senza mai fermarsi davanti a preconcetti o a inutili divieti.
Cattolica praticante, Tina è impegnata dentro la Dc, ma il suo credo religioso non sarà mai per lei un ostacolo alla comprensione e al giudizio, «La politica è organizzare la speranza. E per sperare negli uomini bisogna amarli. (…) E per questo un politico eletto dai cittadini, che li rappresenta (…) se utilizza"
"Nel nostro mondo di bambini con pochissimi giocattoli, la fantasia era la bacchetta magica che trasformava le piccole incombenze quotidiane in occasioni di svago e, così, anche portare a casa il cocomero diventava per noi una festa. La nonna lo tagliava in due parti uguali, una per me e una per mio fratello, le poggiava sulle nostre teste, e noi ogni tanto ci fermavamo e ne assaggiavamo un po'; poi riprendevamo il cammino e il succo colava, le mani erano appiccicaticce e sporco di rosso, e avevamo i semini neri sul collo e sul viso."
Un mondo fatto di piccole felicità nei lontani anni trenta del millenovecento. Un secolo che aveva i fanali delle biciclette come odierno messenger. Tina Anselmi ragazza e partigiana durante la seconda guerra mondiale racconta come si preparavano ai lanci degli alleati
"Mettevamo le biciclette con i fanali disposti in modo da formare una lettera dell'alfabeto;quando la lettera era infine composta andavamo a fare girare le ruote i fanali si accendevano. Nell'oscurità della notte la lettera illuminata era il segnale per gli alleati: potevano sganciare il paracadute. E dopo bisognava nascondere il materiale prima di smistarlo."
La ritroviamo nel 1946 ai lavori del congresso della Democrazia Cristiana "Impacchettate e indottrinate... doppiamente sprovvedute e non pronte a fronteggiare una invasione della vita pubblica nella nostra esistenza" con l'entusiasmo di conoscere De Gasperi, Dossetti, Pertini, Togliatti. Da protagonista sulla scena politica internazionale; incontri alla Casa Bianca nel 1962 con Kennedy, incontro con il Papa Giovanni XXIII e quello con Papa Giovanni Paolo II e il suo gesto conforto a lei alle prese con la vicenda P2.
" Forza, Forza" quando le augurò buon lavoro sapendola presidente della Commissione d'inchiesta parlamentare, incarico che ricoprì dal 1981 al 1984.
Una vicenda umana e politica senza trucchi, sempre se stessa, senza costruzione di un personaggio, con l'intento di far aderire le promesse a ciò che sarebbe stato possibile.
Nel 1968, prima volta eletta nel Parlamento, i giornalisti presero farle domande sul suo privato, sulle sue scelte e lei si accorse di quanto fosse forte la curiosità verso una donna che sceglie la politica. Nella grande verità che nessuna vittoria è irreversibile, che dopo aver vinto possiamo anche perdere, Tina Anselmi resta un riferimento di grande idealità e concretezza, di dignità e di affetto per chiunque voglia cominciare ad interessarsi davvero a far politica
Nel compito serio assunto nell'indagare sulla P2 spiegò che la P sta per propaganda. "Ora a tutte le associazioni è consentito di propagandare le proprie idee purché si rispetti la trasparenza e non si abbia come obiettivo il sovvertimento delle istituzioni E non fu nella trasparenza che Gelli agì"
Ne parleremo ancora...
Rimaniamo nella serietà del suo cammino umano e nella giocosità del suo ricordo d'infanzia che ritrovo alla fine del libro non senza un fremito di piacere e di sintonia fra me che leggo ed Anna Vinci che ha raccolto la testimonianza di Tina Anselmi.
Otto Marzo con Tina Anselmi.
Ippolita Luzzo
Cattolica praticante, Tina è impegnata dentro la Dc, ma il suo credo religioso non sarà mai per lei un ostacolo alla comprensione e al giudizio, «La politica è organizzare la speranza. E per sperare negli uomini bisogna amarli. (…) E per questo un politico eletto dai cittadini, che li rappresenta (…) se utilizza"
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