sabato 11 marzo 2017

Mia figlia, Don Chisciotte di Alessandro Garigliano

Intanto arriva Don Chisciotte in Litweb direttamente da Cabaret Bisanzio a cavallo di Ronzinante

“Nessun eroe ha mai saputo intuire quando deporre le armi. Ciò che distingue un eroe è l’arroganza, la tracotanza, la certezza dell’infallibilità e il sentimento superbo di essere immortale. Don Chisciotte della Mancia non si allontana da un simile modello”
“Invece sul suo cammino sta per apparire l’incarnazione del potere: la realtà.”
Un libro composto da un saggio su Don Chisciotte della Mancia, celeberrimo romanzo del seicento, titolo originale in lingua spagnola: El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha, opera di  Miguel de Cervantes Saavedra, invenzione di personaggi fra i più importanti nella storia della letteratura mondiale e la vita domestica di un padre precario alle prese con l’educazione di una bimba di tre anni. Fra finzione e realtà leggiamo le analisi pregevoli sulle avventure del Cavaliere e le sue sconfitte. “Ogni qualvolta la realtà viene liberata e stimolata a sognare la reazione esplode brutale contro chi ha provocato lo scarto”
Il romanzo nel seicento ebbe così tanta fortuna che il suo autore scrisse una seconda parte, disgustato da un altro scrittore che ne aveva confezionato un prosieguo. Nella seconda parte amarissima ci sarà la ferocia scatenata del potere, dei duchi che sono capaci di ridere esibendo una violenza circense angosciante: una specie di tortura psicologica contro gli eroi più puri di sempre.
Credo vada letto soprattutto come saggio questo libro, come un interrogarsi sul libero arbitrio, sulla finzione che aiuta e sulla realtà che esiste per sconfessare quella maschera.
Simulando obblighi che nella realtà non esistono il padre veste un abito da matrimonio e recita la parte del professore universitario impegnato nella stesura del saggio che leggeremo.
Un pretesto dunque l’ambiente domestico se non fosse che ogni tanto all'autore verrebbe di catapultarsi nel testo chiedendosi “Ma perché non sono stato generato in tempi poetici? Perché le parole, ai miei tempi, non possono più acuirsi soprane frantumando la sobrietà con cui abbiamo scelto di castigarci?”
Al tempo del mimetismo difficile è trasportare o creare Dulcinea e Ronzinante, Sancho Panza e l’investitura. Un nuovo modo di spiegare la letteratura e di nuotare in un libro, oppure di abitarci dentro, volendo costruirne un altro ancora come nelle matrioske russe.
Sorridendo mi trovo ad annotare un Telefono Azzurro da chiamare per supposte sevizie alla bimba quando il padre desidererebbe fare imparare a memoria alla figlia un passo del Cervantes e poi chiederle di svegliarlo ogni mattina con la recita richiesta. Alessandro Garigliano ci regala questo amore infinito verso la letteratura, verso questo capolavoro che io avrò sicuramente letto, ci regala quella voglia che abbiamo tutti noi di scrivere e scrivere ancora sui libri dopo averli letti.
Ippolita Luzzo

martedì 7 marzo 2017

Il Padre d'Italia di Fabio Mollo al cinema

Fabio è qui.
Dopo Il sud è niente, fortemente voluto, amato e visto e rivisto da me, ora siamo qui ad aspettarlo in tanti. Nella giornata dei giusti Fabio è un giusto, anzi un angelo, ed il film racconta quel suo essere romantico, quel voler mettere al primo posto gli incontri magici, i sentimenti, le relazioni che ora potrebbero legarci in questo viaggio chiamato amore. 
Futuro, lo chiama Fabio, questa proposizione semplice col tempo all'infinito, credere nel futuro, assumere una responsabilità e legarsi d'affetto verso un essere indifeso che nascerà ed avrà bisogno di cure. 
Nel film Fabio sceglie di raccontare anche se stesso, di farsi vedere o almeno intravedere, sceglie una sorta di confessione affidando ai due personaggi la sua voce ed a volte i suoi gesti. 
Dolce e indulgente infatti una lei che si vorrebbe complicata, e dolce e angelico un lui di una bontà sconosciuta ormai. 
Sembra che tutta l'Italia sia attraversata dal pulmino di questi due angeli che come Gli angeli sopra Berlino e al contrario irradiano sorrisi e voglia di abbracciarli. Nel rosa dei capelli di Isabella Ragonese, nella camicia a fiori di Luca Marinelli, nel mare e nel cielo, il tempo del futuro si tingerà di rosa, della pelle rosa d'Italia, appena nata.
Una scelta voluta questa di Fabio, di raccontarci una fiaba possibile, di superare ogni solitudine e incomprensione, ogni rifiuto e abbandono con un incontro casuale ed eccezionale.
Per caso certo,  ma poi voluto, accettato e condiviso. 
E tutto si tingerà di rosa fra canzoni cantate come nenie e canzoni cantate come lavoro, fra musica e strade, con il gioco delle parti che possono cambiare. 
Un film di inquadrature di spalle, tante spalle, dal giubbino con la madonna luccicante di strass di Mia al giubbino con zaino di Paolo, alle spalle di quella mamma che un tempo si allontanò, un film in cui la protagonista  allarga le braccia incontro al futuro prossimo venturo che porterà un Tatuaggio sul braccio e sul cuore.
Ti chiamerò Futura o Italia...   

Ippolita Luzzo 
  
  


In anteprima nazionale a Cosenza, Lamezia Terme, Milano oggi, e domani a Reggio Calabria il film di Fabio Mollo, regista e sceneggiatore insieme a Josella Porto. 
Presentato da Gian Lorenzo Franzì e sostenuto dal Presidente della Film Commission di Calabria che ha ricordato il sostegno del Mibact per la realizzazione. 
 Siamo ripartiti dal meglio della nostra autorialità – aveva già affermato il Direttore di Calabria Film Commission, Paride Leporace -Fabio Mollo è la migliore espressione del nostro talento e della capacità di fare cinema moderno.

venerdì 3 marzo 2017

Quella sera a VertigoArte. Ponte di conversazione con Paolo Aita

Per abitare il cielo
La Guglia
Da semplice occasionale spettatrice di una fruizione artistica mi trovo quella sera a VertigoArte per lo stesso gioco delle combinazioni amicali che mi portano stasera al Complesso Monumentale San Giovanni all'inaugurazione della mostra in ricordo di Paolo Aita.
VertigoArte era una sua creazione scopro, ricordando quella sera a Cosenza, in attesa che Franco Araniti giungesse e mi portasse in regalo i suoi libri "Es Senza" "Di quel via vai... D'amore" 
Orfeo con la tua voce/voleva portarmi via dal mondo
... è per farti vivere/che ti chiamai per nome/e dileguandomi
ti ho fatto voltare
L'ombra di Euridice che dice di voltarci indietro per perderla.
A VertigoArte conosco Orazio Garofalo, Ex stasis, da fuori, con suo video, Estasi, che proietta le ombre sul muro fuori dallo schermo. Ombra sei, come non ti vedi mai. Tua ombra le spalle.
Febbraio 2015- Marzo 2017
Sono qui al Complesso Monumentale San Giovanni, i relatori hanno già iniziato, io raccolgo la testimonianza di Ghislain Mayaud su Paolo Aita che conosco solo questa sera attraverso le parole, le immagini degli artisti, degli amici, dalle lacrime della mamma. 
Lo conosco con in mano un libro di John Berger E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto 
Ponte di conversazione con Paolo Aita,
Glislain Mayaud: Paolo è qui, inizia, mostrando il catalogo con Paolo che vi abita e si sporge quasi dallo spazio. In quale spazio noi decidiamo di abitare lo scegliamo in base alla nostra sensibilità e lui aveva scelto di abitare il cielo.
Cerchiamo di dare forma a questa grande ansietà che è la morte, la vita è luce, giorno, ed è il giorno, la luce, che permette il farsi, il pubblicare.
Con la luce e con l'ironia si vive nel mondo poetico e trasversale che attraversiamo.
Un uomo a cui piaceva far da ponte fra linguaggi diversi, giocare con il francese e parlare con il suo amico in un misto di italiano e francese. La vitalità degli interessi, i libri, le poesie, la musica, le mostre, gli incontri, il ponte, mettere in contatto, creare... Mi sembra che la vita sia bellissima, vista così, dallo spazio dell'arte, dalla valigia che ci porteremo. Materia e idea hanno la stessa sostanza. 
Con la coda dell'occhio di Daniele Rizzuti che dissolve i passanti per fotografare l'anima colorata, all'oro, all'argento e al bianco di Elena Diaco Mayer, Le cose sono più forti di ogni immaginazione, passano sul video di Orazio Garofalo i giorni  di Paolo Aita bambino, di lui adulto, saluto Paolo e lo conosco.
Con un filo in mano, anzi una guglia. 
Leggendo John Berger E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto. Per abitare il cielo.
Ippolita Luzzo  

mercoledì 1 marzo 2017

Il cocomero di nonna Maria. Tina Anselmi con Anna Vinci

La prima pagina dove metto il segno nella lettura è pagina sei. Tina Anselmi, raccontando la sua storia ad Anna Vinci, ricorda la nonna materna nel gesto del portare un cocomero ai nipoti.
"Nel nostro mondo di bambini con pochissimi giocattoli, la fantasia era la bacchetta magica che trasformava le piccole incombenze quotidiane in occasioni di svago e, così, anche portare a casa il cocomero  diventava per noi una festa. La nonna lo tagliava in due parti uguali, una per me e una per mio fratello, le poggiava sulle nostre teste, e noi ogni tanto ci fermavamo e ne assaggiavamo un po'; poi riprendevamo il cammino e il succo colava, le mani erano appiccicaticce e sporco di rosso, e avevamo i semini neri sul collo e sul viso."
Un mondo fatto di piccole felicità nei lontani  anni trenta del millenovecento. Un secolo che aveva i fanali delle biciclette come odierno messenger. Tina Anselmi ragazza e partigiana durante la seconda guerra mondiale racconta come si preparavano ai lanci degli alleati
"Mettevamo le biciclette con i fanali disposti in modo da formare una lettera dell'alfabeto;quando la lettera era infine composta andavamo a fare girare le ruote i fanali si accendevano. Nell'oscurità della notte la lettera illuminata era il segnale per gli alleati: potevano sganciare il paracadute. E dopo bisognava nascondere il materiale prima di smistarlo." 
La ritroviamo nel 1946 ai lavori del congresso della Democrazia Cristiana "Impacchettate e indottrinate... doppiamente sprovvedute e non pronte a fronteggiare una invasione della vita pubblica nella nostra esistenza" con l'entusiasmo di conoscere De Gasperi, Dossetti, Pertini, Togliatti. Da protagonista sulla scena politica internazionale; incontri alla Casa Bianca nel 1962 con Kennedy, incontro con il Papa Giovanni XXIII e quello con Papa Giovanni Paolo II e il suo gesto conforto a lei alle prese con la vicenda P2.
" Forza, Forza" quando le augurò buon lavoro sapendola presidente della Commissione d'inchiesta parlamentare, incarico che ricoprì dal 1981 al 1984. 

Una vicenda umana e politica senza trucchi, sempre se stessa, senza costruzione di un personaggio, con l'intento di far aderire le promesse a ciò che sarebbe stato possibile.
Nel 1968, prima volta eletta nel Parlamento, i giornalisti presero farle domande sul suo privato, sulle sue scelte e lei si accorse di quanto fosse  forte la curiosità verso una donna che sceglie la politica. Nella grande verità che nessuna vittoria è irreversibile, che dopo aver vinto possiamo anche perdere, Tina Anselmi resta un riferimento di grande idealità e concretezza, di dignità e di affetto per chiunque voglia cominciare ad interessarsi davvero a far politica
Nel compito serio  assunto nell'indagare sulla  P2 spiegò che la P sta per propaganda. "Ora a tutte le associazioni è consentito di propagandare le proprie idee purché si rispetti la trasparenza e non si abbia come obiettivo il sovvertimento delle istituzioni E non fu nella trasparenza che Gelli agì" 
Ne parleremo ancora...
Rimaniamo nella serietà del suo cammino umano e nella giocosità del suo ricordo d'infanzia che ritrovo alla fine del libro non senza un fremito di piacere e di sintonia fra me che leggo ed Anna Vinci che ha raccolto la testimonianza di Tina Anselmi.
Otto Marzo con Tina Anselmi. 

Ippolita Luzzo 

  
Anna Vinci, scrittrice, autrice del documentario" Una vita per la democrazia" insieme a Tina Anselmi ha scritto il libro biografico “Storia di una passione politica” queste le sue parole: " Storia di una passione politica è un ritratto di Tina Anselmi a tutto tondo, che emerge dalle sue stesse parole, raccolte da Anna Vinci con un lavoro fatto con cura, con delicatezza e amore, e durato anni. Una storia integra, di vita e di lavoro in cui Tina compare con quell'intelligenza liquida che la fa scivolare sicura senza mai fermarsi davanti a preconcetti o a inutili divieti.
Cattolica praticante, Tina è impegnata dentro la Dc, ma il suo credo religioso non sarà mai per lei un ostacolo alla comprensione e al giudizio, «La politica è organizzare la speranza. E per sperare negli uomini bisogna amarli. (…) E per questo un politico eletto dai cittadini, che li rappresenta (…) se utilizza"

martedì 28 febbraio 2017

Gianluigi Colin al Marca


No so nulla di Gianluigi Colin fino al momento in cui salgo al piano superiore del Marca, l'altra sera, e già in chiusura, temendo di esser chiusa dentro, passeggio nei giornali e nei collage di Colin, rimanendo con la testa nella mostra fino a stamattina, quando interrogatami del motivo inizio a cercare chi sia Colin per scoprire prima di ogni cosa che è nato, come me, il 13 settembre. Due anni di differenza con un mio gemello. Questa coincidenza me lo rende ancora più caro e leggendo suoi articoli e sua vita rimango felice, felicissima di esser salita ed aver ammirato ciò che ora vi proporrò dal sipario socchiuso di una vita che non ho.
Appunti in bozza da ottobre 2016
Ippolita Luzzo 




"Dal 16 settembre al 30 ottobre 2016 il MARCA di Catanzaro ospita nelle sue sale No News Good News, la nuova personale di Gianluigi Colin, uno dei più famosi art director italiani, per ripercorrere la sua ricerca all'interno del mondo dei media (collabora da anni con il Corriere della Sera ed è l’ideatore del format de La Lettura, l’inserto settimanale dedicato alla cultura che segue la strada del dialogo tra informazione e arte contemporanea).

Gianluigi Colin- La mostra, a cura di Arturo Carlo Quintavalle, presenta un centinaio di opere dagli anni Ottanta a oggi ed è realizzata in collaborazione con l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, la Fondazione Rocco Guglielmo e
la M77 Gallery di Milano." http://www.linkingcalabria.it/primo-piano/vernissage-gianluigi-colin-al-marca/

lunedì 27 febbraio 2017

Il metodo Stanislavskij a Samarcanda

Terra, aria, acqua e fuoco, i quattro elementi sono il tema della
mostra che nei giorni del Carnevale si tiene a Samarcanda.

Nella serata di inaugurazione Mario Maruca, attore e regista, ha interpretato davanti ad attenti visitatori ed artisti il testo del

Rig Veda Libro X, 129 La creazione nel Rig Veda e la creazione egiziana: i sensi come DEI
Il veggente sgomento guarda il momento in cui nasce l'universo.
La creazione, il venir in essere dell'universo. 

"Allora non c'era il non-essere, non c'era 
l'essere; non c'era l'atmosfera, né il cielo, (che è) 
al di sopra. Che cosa si muoveva? Dove? sotto la 
protezione di chi? che cosa era l'acqua (del mare) 
inscandagliabile, profonda? 
Allora non c'era la morte, né l'immortalità; 
non c'era il contrassegno della notte e del giorno. 
Senza produrre vento respirava per propria forza 
quell'Uno  oltre di lui non c'era niente altro."
Mario ha declinato il testo nelle diverse sfumature del respiro, facendo una interessante lezione di teatro. 
In ognuno di noi l'espressione non è razionale bensì gestuale, e noi ci muoviamo e comunichiamo col respiro. Il respiro della terra, la tragedia, il respiro dell'aria, la commedia, il respiro dell'acqua, il dramma, il respiro dell'ira, il fuoco. 
Unendo arte ad arte, arte a realtà di rapporti, la lezione ci sarà utilissima per dosare respiri e sorrisi, per regolare su un registro educato rapporti che potrebbero scivolare fatalmente da uno all'altro registro. 
Tutti coinvolti, qualcuno ha asciugato una lacrima, e siamo rimasti a riflettere ancora guardando il Narciso che si specchia sull'acqua, la coperta gonfia dal vento al balcone di Conflenti, i Mori, in gioielli e ceramica, le maschere di Calabria, le maschere duplici, le sirene nell'acqua, i segni grafici e ogni altra esplosione di fuochi artificiali visti da una barca sul fiume della Cina. 

Ippolita Luzzo 
   

Il tempo stonato

Vai a tempo.
Non sai andare a tempo.

Ditemi da quando si va a tempo?

Conta: uno, due, tre e quattro.
La musica è matematica.

Conto. Vi prometto che conto.

24 Aprile Auditorium Liceo Statale
Una folla di alunni davanti a me, i loro insegnanti, il dirigente,
                                                        le autorità, ed io dovrei contare.

Dietro di me, in alto,le note della pianola mi accompagnano,
un sottofondo musicale in versi,
alla miscellanea di versi, non miei, che ho scelto e dovrei leggere.

Mi concentro e conto.
Uno, due, tre e quattro.

Inizio a leggere piano, chiara, sento più il suono che le mie parole.
Dovrei andare a tempo.
Attendo fra una stasi e un'altra, riprendo ad una nuova battuta.
Rispetto il verso.

Sono pochi minuti, solo una manciata di versi, 
un peregrinare nel mare che ci vide andare via emigranti
che ci vede inadeguati ad affrontare scafi insanguinati 
                                                                             che arrivano a anni.

Uno, due, tre e quattro. 

Come vorrei andare a tempo!

Ho finito, mi applaudono, per cortesia, penso io, cattiva con me                                                                                                        stessa.
Poi mi riconcilio e mi do un tempo, il mio,
stonato e ormai irrimediabilmente amato 

Ippolita Luzzo 

Racconto in versi del 24 aprile 2013