C'è un quadro che inizia e finisce il film nel circolare che chiude una storia di un viaggio fatto da quattro amiche sorprese nel passaggio da una vita all'altra.
C'è un trasloco da una stanza universitaria ad una vita di lavoro e responsabilità. Passano libri dagli scaffali negli scatoloni nel momento di abbandonare un luogo e c'è il quadro che viene preso da una delle quattro amiche a testimoniare un momento che resta. Resta il quadro alla parete della nuova casa di Caterina, una casa da adulta, con tanto di fiori alla finestra e con quel quadro che, per fortuna c'è, rimane, appeso alla parete, col rosso del colore la passione della vita.
Nella trama il viaggio verso il lavoro di una delle amiche, la nascita di un figlio per un'altra, il ritorno alla cura, per una malattia e lo svelamento di un tradimento per le altre due protagoniste.
Un film che ho letto quasi solo in immagini, mancandomi il testo per un audio non perfettamente calibrato nel pur bellissimo teatro dove è stato proiettato.
Moltissimi i momenti in cui mi è sembrato di veder quadri di pittori famosi e riferimenti a libri e ad altri registi, del resto Piccioni stesso poi nella conversazione fatta alla fine del suo applaudito film ha raccontato di aver "rubato" ai registi serbi, a Tolstoj di Guerra e Pace, alle tante letture le suggestioni fatte vivere sullo schermo.
Nella vita interiore che il film ha, mi restano le dissolvenze, l'ombra del corpo di Liliana che si alza dal letto, nella sua stanza, il surreale delle teste delle clienti, con i capelli in attesa della parrucchiera, la madre di Liliana, alla ricerca di una verità intuita. "Conviene ciò che accade" ci ripete Piccioni, nel conversare, e nel continuo sorprendersi che la vita sia un attimo, che il passato non si sa dove sia andato, ma è passato, e come è stato possibile? una domanda eterna, io scrissi, nel mio pezzo " Ciò che non muta" in quel continuo arrovellarci non muta lo stupore.
E non muta la voglia della giovinezza, di guardarla la giovinezza, con occhi teneri, delicati e rispettosi, come momento fragile, ma tenace, dove ritornare per un sorriso in più. E col sorriso che ci dona la voglia di alzarci ogni mattina il film dipinge su una tavolozza andata e ritorno on the road i colori di Questi Giorni
Ha vinto Margie: Un bacio
Margie: il tempo del perdono.
Il corto di Domenico Modafferi condensa in pochissimi minuti il passaggio dalla disperazione all'accettazione, al perdonare e perdonarsi e riprendere il dono della vita che si voleva buttar via. Sul terrazzo di un condominio si incontrano un cieco, il vate cieco, quasi, e la ragazza seduta sul muretto con le gambe penzolanti nel vuoto.
Vertigine.
La vertigine del nulla davanti. Un dialogo attento, una stesura senza sdolcinature, misurata e di una semplicità umana, ci coinvolge sul terrazzo e insieme a lei, alla ragazza, scenderemo dal muretto
Nella magia del cinema il signore cieco sembra l'inviato della speranza, e la sua sigaretta lasciata a spegnersi su quel muretto sembra che abbia fatto beffa alle Parche.
Vi dovrete accontentare di un mozzicone- sembra dica alla signora in nero che stava sul muretto a ghermire la ragazza
Due i colori: il nero soprattutto e il rosso del rossetto, del papillon,
il rosso che vincerà su nero nella dicotomia eterna fra vincere e perdere al gioco della vita
E il bianco a far da contraltare, a dare tutte le sfumature che renderanno possibile ogni diversità
Inizio l'anno ospite del blog di Giacomo Verri con un mio pezzo su Libri tanto amati. Ve lo ripropongo qui rimandandovi al blog di Giacomo.
Ho comprato I Miei Premi di Thomas Bernhard dopo.
Non sapevo più da tempo dove fosse quel mio simile e simile di Bernhard che mi chiamava zia, ma nel mio letterario immaginario era esistito uguale, se pur nell’espace d’un matin, quel giovane che, a me adulta, lui, come Bernhard, chiamava zia. Gli avrei fatto leggere Bernhard, se solo avessi avuto altra opportunità, ed ora, che nel tempo ogni cosa svanisce, voglio ricordare come i rapporti filiali, affettivi, parentali, sono scelte e vanno ben al di là dello schema usuale.
Thomas Bernhard, lo scrittore austriaco, geniale e ironico, scomparso nel 1989, viveva con una donna molto più anziana di lui, una donna che lui chiamava zia, in una famiglia scelta per grande comprensione, per somiglianza.
https://giacomoverri.wordpress.com/2017/01/02/libri-tanto-amati-ippolita-luzzo-e-thomas-bernhard/
Discorso di fine anno alla Fabio Volo.
Tre puntini sospensivi e una pagina bianca, tante pagine bianche...
Tre puntini sospensivi e siete tutti scrittori come Céline...
Alleluia Alleuia
la bacchetta magica arrivò, il regno trionfò e l'anno passò.
Discorso fra il serio e il faceto, più faceto che serio, sull'anno che arriva e che paura ci fa, come ignoto, poco noto, sconosciuto. Chissà come sarà...
Meglio lo sconosciuto che il conosciuto, direte voi, e su questa certezza che approvo, iniziano le danze, i brindisi e i canti.
Oh Lallà Faccela vedè faccelà toccà... facci vedere l'alba di un nuovo giorno, di un nuovo mese, di un nuovo anno.
E nel chiederci con Aristotele e Platone: che cos'è un anno nuovo se non un uovo? Leggeremo il libro della Metafisica e della meraviglia.
Oh Che stupore! c'è un nuovo odore! Sarà l'uovo.
E nel domandarci domande antiche se sia nato prima l'uovo o la gallina e nel risponderci risposte antiche trascorreremo felici e contenti i giorni i mesi e l'anno del serpente.
Mi dicono che sia l'anno del gallo e non quello del serpente ma serviva una rima di sera e di mattina. Io misi, in vignetta, la gallina!
Sarà il 2017 l'anno della Litweb? A dir il vero sono già quattro anni che si veleggia felici e contenti nel mare magnum della lettura, della scrittura e della frittura con tutto il piacere della scultura e della visura... catastale.
Auguri Auguri a grandi e piccini, leggete, bevete, non birra e vino ma acqua corrente, mangiate genuino e guardatevi intorno, siate liberi e attenti nel paludume del circondario e sarete salvi dallo stupidario generale.
Auguri
Pezzo di Ippolita Luzzo su vignetta di Fabio Magnasciutti
Siamo nella Casa di riposo Bosco Sant'Antonio, struttura comunale gestita dalla cooperativa Cepros e Primavera, che ospita anziani assistiti da personale specializzato. Come Stampa alternativa impropria io vengo invitata dalla cerimoniera del Lions Club Di Lamezia, Avvocato Anna Moricca, per assistere al dono di un defibrillatore che il Lions fa alla Casa di Riposo quale attenzione del Club alle realtà del territorio. Sono presenti il presidente del comparto Silvio Serrao, la responsabile del Service, Ippolita Lo Russo, il Sindaco e tutta la stampa vera che vi farà articolo circostanziato.
Io vi porgo i miei appunti dal titolo " Da Trieste a Gaspare"
La Casa di riposo si trova nel cuore storico, accanto al Convento di Sant'Antonio, protettore della città, e su una collinetta che ai più sembra Fiesole.
Non ero mai stata a visitare questo luogo e ringrazio Anna dell'invito, ho trascorso un piacevolissimo pomeriggio fra storia e vicinato, chiacchierando con gli ospiti.
La signora Trieste ha compiuto 100 anni a Novembre ed il suo papà era militare a Trieste durante la guerra nel 1916, è originaria di Carlopoli, e da casa sua vedeva i monti della Sila.
Trieste, deliziosa, mi racconta che è infastidita dalle tante domande che le fanno, e mentre mi parla del suo papà in guerra, a Trieste, nel 1916, mi sembra di vedere la sua mamma star per partorire e decidere col marito di chiamare la bambina Trieste come la città dove lui in quel momento rischiava ogni giorno la sua vita.
Gaspare ha 87 anni. Alla mia domanda su come si chiami lui mi dice che ha il nome con cui i suoi genitori lo hanno sempre chiamato e mi porge l'indovinello dei tre magi. Mi chiamo come uno dei re magi...
Da Trieste a Gaspare aggiungo il nome di una splendida assistente, Jessica, ed il nome non può che ricordarmi come la televisione abbia sostituito nell'immaginario collettivo i nostri nomi Trieste, Gaspare e Ippolita. Un secolo si può raccontare anche così con i nostri nomi che cambiano, dando identità del tempo che attraversiamo.
Storia fatta di piccole gesti, di particolari e di ricorrenze, ora sta parlando Ippolita, mia omonima, nel porgere in dono un defibrillatore affinché i cuori battano con regolarità al passaggio della Storia universale nel nostro cuore individuale.
Sold Out al Teatro Politeama "F.Costabile" di Lamezia Terme per I Conqueror, un gruppo musicale di Santa Teresa di Riva, Messina, da 22 anni con attitudine "progressive" che stasera suonano De Andrè.
"Un concerto curato fin nei minimi particolari, un'esperienza unica a cui gli estimatori di De Andrè non possono assolutamente rinunciare."
Così scrive Marcello Nicotera Presidente dell'Associazione Suoni del Sud Lamezia, per coloro che amano la musica di qualità.
Presentati dall'avvocato Anna Moricca, la formazione a sette elementi proprio come la PFM del 1979, I Conqueror, stasera ci regalano gli anni da Via Del Campo al Pescatore che, all'ombra dell'ultimo sole, si era assopito e aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso.
"Ama e ridi se amor risponde
piangi forte se non ti sente
dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior
dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior."
Via del Campo era, ai tempi in cui fu scritta, una tra le vie più povere e degradate di Genova, città natale di De Andrè.
Dal primo album alla Buona Novella, a Storia di un Impiegato del 1973, i Conqueror ci hanno portato De Andrè, rispettandolo e ricordandolo con i loro suoni guizzanti. Guardavo i componenti della band sul palco guizzare proprio come i loro suoni, avevo vicino il violinista e ne potevo cogliere ogni colpo di bacchetta sulle corde del violino.
Fra una prima e seconda parte dello spettacolo il gruppo ci propone,
per la prima volta in pubblico, una loro canzone che farà parte della ristampa del secondo album, ormai fuori catalogo: Storie fuori dal tempo del 2005 e il brano presentato sarà incluso come "bonus track. Mentre io prendo appunti dai loro primi album del 2003 - Istinto al 2005 - Storie fuori dal tempo a Sprazzi di Luce del 2009,
scopro che i Conqueror hanno suonato con Bernardo Lanzetti, cantante della PFM, in Belgio e sono molto conosciuti e apprezzati in Giappone. La suite Morgana è un capolavoro.
Intanto le note di Andrea s'è perso, Dolce Nera, Bocca di Rosa, La Canzone di Marinella, Sally, Geordie..."Mentre attraversavo London Bridge,un giorno senza sole, vidi una donna pianger d'amore, piangeva per il suo Geordie. Impiccheranno Geordie con una corda d'oro, è un privilegio raro. Rubò sei cervi nel parco del re vendendoli per denaro. Né il cuore degli inglesi, né lo scettro del re Geordie potran salvare, anche se piangeranno con te, la legge non può cambiare." risuonano chiedendo giustizia, carità e comprensione.
Volta la Carta, una filastrocca contro la guerra, le tante guerre."E anche se vi sentite assolti siete pur sempre tutti coinvolti, da una Canzone del Maggio che loro non fecero ma che io ho molto amato"
"Madamadorè ha perso sei figlie tra i bar del porto e le sue meraviglie Madamadorè sa puzza di gatto volta la carta e paga il riscatto paga il riscatto con le borse degli occhi piene di foto di sogni interrotti Angiolina ritaglia giornali si veste da sposa canta vittoria chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria."
Non è facile ricantare De Andrè ad un pubblico che lo ha amato, ma I Conqueror sono riusciti con il rigore della disciplina, con il rispetto e l'attenzione, con una musicalità rock di vera personalità.
Applausi quindi ai musicisti dal pubblico e dal sindaco, il concerto era organizzato dall'Associazione Suoni del Sud Lamezia e dalla Pro Loco e patrocinato dal Comune di Lamezia Terme. Applausi a Suoni del Sud Lamezia e a Gedeone, altra associazione che si affianca in questa difficile impresa di proporre qualità e rispetto della musica, del suono. "Noi miseri sconosciuti non abbiamo mai avuto un teatro così pieno" dichiara il portavoce de I Conqueror a fine concerto, ma i loro concerti hanno avuto i teatri strapieni in Belgio, a Parma e in Sicilia sempre, in Calabria è la prima volta è vero, però lui lo dice con l'umiltà dei grandi, di chi suona per amore e per vivere così. Come De Andrè.
Ippolita Luzzo
Intervista di Clara Cerri a me
https://sogninelcalamaio.blogspot.it/2016/12/intervista-ai-blogger-ippolita-luzzo-la.html
Eccola:Intervista ai blogger: Ippolita Luzzo, La Regina della Litweb
Ippolita non è una blogger, è una regina. Il suo regno della Litweb è un progetto cavalleresco per dare spazio ai libri che le piacciono, all'amore per l'arte, per la lettura, per il teatro: uno spazio che ama creare anche nel mondo reale. In questi giorni è a Roma per ricevere come blogger letteraria il Premio Radio Libri: il podcast della sua intervista è stato il più ascoltato.
Sabato 10 dicembre alle 12 sarà nella sala Ametista della Mostra Più libri Più liberi, assieme alle storie che ha amato in questi anni.
Benvenuta e grazie per aver accettato questa intervista. Chi sei nella vita di tutti i giorni?
Nella rappresentazione letteraria del personaggio, regina vien da sé, visto il nome che ricorda quello della regina delle Amazzoni, donne mitologiche e guerriere. Il sostantivo riguarda tutte le donne, regine del focolare, secondo la classica iconologia, oppure regine nelle canzoni, come ne "La Chimera" di Moustaki. Io uso "regina" nel significato irridente verso il contesto. Nulla di più lontano dal termine, che comunque riguarda il titolo del blog. Nella realtà sono lontana dal personaggio, essendo io una persona vissuta ai margini, nel nulla di un luogo inospitale, quanto la Recanati per Leopardi. Una persona quindi senza stemma e decorazione e non facile da mettere in casella.
Che posto hanno i libri nella tua vita?
Proprio perché il nulla è troppo doloroso da subire e la voglia di elaborare paesaggi e situazioni invece resta fortissima, i libri mi sono compagni fedeli fin dalla prima infanzia e adolescenza, e poi via via mi hanno accompagnato fin sulla soglia di una senectus, di una vecchiaia che mi auguro abitatissima.
Perché hai deciso di aprire un blog letterario?
Io non ho deciso nulla, tutto succede per caso, per stranissime strade che si sono incrociate. Come nel libro di Laborit Elogio della fuga a un certo punto, quando nella tempesta la nave non sa più dove andare, allora una rotta mai prima affrontata ci porta per lidi sconosciuti. Ero quell’anno, nel 2012, su un sito letterario, e fui bannata come troll: mi indignavo sulla cortigianeria e sull’uso di siti letterari per nascondere seduzioni e altri giochi, devastanti per alcuni. Appena bannata ci fu chi mi aprì il blog, lo ripeto sempre, regalandomi la felicità.
Dici sempre che il tuo non è un blog ma un regno. Perché?
Da subito mi sembrò un paese, il paese inventato del ricordo, il paese della relazione, della mia mente. Come nel libro di Pippo Russo (Memo) esiste una Oblivia:
Oblivia è un luogo incantato. Vive immerso in una natura d'irreale bellezza, lontano dal mondo e in un tempo senza tempo. La gente di Oblivia non conosce altri che la gente d'Oblivia, e in quell'angolo di paradiso la vita è un costante ripetersi del quotidiano, attraverso i riti di una comunità che ha saputo conservarsi uguale a se stessa senza sapere cosa fosse l'Altro.
Così a me il blog, come un diario, sembrò un giornale, un luogo, il luogo che nella realtà non era mai stato concesso, ed essendo mio avrei potuto regnare, nel senso di esserne responsabile e di popolarlo di autori, di libri, di film, di pittura, di ciò io creda faccia bello il vivere.
Qual è il genere che preferisci leggere e recensire?
Ho letto di tutto e non ho in effetti letto niente, mi trovo sempre impreparata nei discorsi sulle correnti letterarie e sul romanzo. Non credo nei generi, forse nei colori, giallo, rosa, noir. Ho letto moltissimo per anni, ho letto, dico sempre, scherzando ma è vero, anche il cartone dei detersivi, poi, appena ho imparato il pc, sui siti letterari, quindi autori che mai pubblicheranno. Ho letto i classici e la letteratura russa, i francesi, Maupassant che amo, e ho letto In Fine di Shabtai Yaakov, il testamento di una vita. Mi affido all’intuito, al caso.
Quando leggi un libro, cerchi di goderti i pregi o vai in cerca dei difetti?
Con un libro ho un rapporto vivente, di simpatia e antipatia, di noia o di piacere, di rifiuto e nausea oppure di amore incondizionato. I difetti a volte mi procurano dolori fisici, mal di stomaco assicurato e quindi lascio alle prime avvisaglie nel libro ci sia falso, la storia non stia in piedi, ci siano troppi diminuitivi, leziosaggini, frasi da baci perugina. Se il libro mi piace divento quasi una stalker, lo consiglio a tutti, ci scrivo su e vorrei che tutti potessero gioirne della lettura. Come facevo a scuola con i miei alunni ai quali portavo i testi da casa e loro leggevano Calvino e sentivano quanto io lo amassi. Con Carte scoperte di Walter Pozzi, ultimo libro recensito, è stato amore ed ancora non ho letto altro.
Ti è mai capitato di recensire un libro che non ti piaceva?
Spessissimo mi succede che dovrei recensire scempiaggini. Me la cavo asserendo di non scrivere alcunché, confermando che non faccio recensioni, che non saprei proprio. Alcune volte poi faccio dire all’autore stesso che il suo libro non è granché. Estrapolo frasi da lui scritte dove si evince la negatività. Tempo fa una scrittrice mi ha fatto cancellare la recensione al suo supposto libro. Una volta feci una recensione benevola a un libro che mi aveva annoiato. Subito mi venne un gran malessere, un mal di testa persistente e solo quando alla fine aggiunsi che nel libro c’era un solo tono narrativo, cioè mono-tono, allora mi tranquillizzai. Non potrei fare recensioni delle quali non sono convinta, pena malessere fisico mio.
Cosa è cambiato in peggio, nell'editoria degli ultimi anni?
La grande concentrazione dei gruppi editoriali in mano a un solo padrone mi sembra abbia creato un mostro, d’altronde vedo moltissime belle realtà nella piccola e media editoria.
Siamo davanti ad una trasformazione epocale, un cambiamento di mezzi e di modi, velocissimo, siamo già Oltre il giardino di Jerzy Kosinski ed ognuno può essere Chance. Anche Chance, il timido giardiniere, può essere consultato. Saprà, mi chiedo io, una editoria più o meno variegata, interpretare lo spirito del tempo? Non so, me lo auguro.
Cosa è cambiato in meglio?
In meglio credo ci sia questa opportunità di fare intervista, di conoscerci oltre gli strumenti soliti delle relazioni fra addetti, di scrivere su blog e di animare circoli letterari, di poter far parte di un fermento che ci dimostra quanto sia impetuosa e viva la voglia di raccontare.
Spesso ti lamenti che si fa cultura per finta. Cosa contraddistingue le iniziative che fanno cultura per davvero?
Facciamoci la domanda su cosa sia vero o falso. Ed io ti rispondo che vedo molto falso. Falsa la maggior parte degli avvenimenti spacciati per culturali, falsi i premi (noi addirittura ci facciamo un gioco sui premi), falsa la produzione, e una enorme falsità tutto avvolge. Nel mio post recente scrivo: "Ricchezza e cultura: il respiro che non c'è.
Valanghe di soldi sulla cultura arrivano dagli enti proposti. Valanghe benefiche nelle tasche dei dirigenti, di dirigenti e animatori addetti. Valanghe culturali che poi diventano rivoli sempre più piccoli quando giungono a dover pagare gli artisti che stanno con il cappello in mano, con la mano tesa a chieder mercede. Ricchezza si sposa con ricchezza da sempre, e ora perché dovrebbe far eccezione? Ricchezza si sposa e vuole al suo matrimonio il canto di menestrelli educati, i quadri e i ninnoli per far bella la festa, il cibo del cuoco che sia di nome acclarato, il vestito e gli invitati tutti abbinati. Respiro non c'è, c'è solo la festa. Ricchezza e cultura si mettono in macchina e partono insieme in viaggio di nozze. Evviva gli sposi. Un matrimonio deleterio". Angelo Maggio, fotografo del non finito calabro e Francesco Lesce, professore all’Unical, ti saprebbero rispondere con dati alla mano su ogni iniziativa "finta" in Calabria. Io mi limito a dire che ora cultura è affari.
Tu hai saputo segnalare negli ultimi anni molti debutti che si sono rivelati sorprendenti: secondo te cosa occorre a un libro oggi per distinguersi in un mercato così affollato?
Un libro deve essere vero. Questo è l’imperativo categorico dello scrittore quando ha in testa di scrivere, non può prendere in giro il lettore. Questa mia fissazione sul vero e sul falso mi riporta a Boezio, però ognuno di noi ha una sua misura. Io misuro sul vero. Posso sbagliare, di sicuro, mi succede di dare ragione anche a chi critica un libro che a me sembra vero. Ricordo le discordanze di opinioni su Crocifisso Dentello, sia con Nicola Vacca che con Antonio Russo De Vivo, recensioni e idee diverse che accetto, eppure, anche se penso validi punti di vista discordanti, parto sempre dalla sincerità con cui sia stata scritta una storia. Lo stile, il ritmo, il linguaggio sono lo strumento con cui una storia raggiunge il suo inverarsi nel libro.
Anche gli incontri con gli esordienti mi sono capitati per caso. Mi fa piacere ricordare l’arrivo questo anno di Francesco Borrasso La bambina celeste, sono stata la prima a leggerlo e a far recensione positiva e poi è andato benissimo, Fabio Ivan Pigola con La forma fragile del silenzio e in tempi lontani quel libro bellissimo di Francesca Marzia Esposito, La forma minima della felicità; Adieu mon coeur di Angelo Calvisi, che ha vinto il premio “Il libro nel cassetto”. Ogni loro vittoria è come se avesse vinto tutto il regno della Litweb, essendo stata io a crederci per prima. Potrei continuare fino a Dodici posti dove non volevo andare di Clara Cerri che è stato premiato… ma questo lo sai.