martedì 9 agosto 2016

Antonio Saffioti: Chi ci capisce è bravo

Antonio, chi ci capirà? Chi capirà un altro? chi capirà l'arte?
La disabilità è una lotta, un'arte, un modo ingegnoso di vivere, così inizia la tua testimonianza, il tuo racconto a Marco Cavaliere, giorno per giorno, un racconto dettato col rumore secco dei macchinari. 
La distrofia muscolare di Duchenne, il disordine neuromuscolare che i medici del Gaslini scrissero come diagnosi a quel bambino con difficoltà nella deambulazione, portò i familiari a conoscere la UILDM, unione italiana lotta alla distrofia, fece  incontrare al padre di Antonio il dottore Carlo Minetti che, col dottore Cordone, si prese in carico Antonio. 
Un padre Pino e una madre di nome Vittoria, vivono in modo diverso la malattia del figlio, sempre uniti però fronteggiano la situazione conoscendo  le associazioni, come la UILDM di Peppino Congiusta. E insieme alla fede, i viaggi, da Natuzza a Paravati,  a Lourdes, a Medjugorje, da Padre Pio. In un dialogo a più voci con tutta la famiglia che parla, scorrono i momenti, affrontati e risolti come per una intercessione divina. E mentre nel papà prevale la fiducia nella scienza medica, nella mamma la fede aiuta. Una scelta di essere felici, una famiglia straordinaria che va oltre la prigionia del corpo.
 Ho incontrato Antonio qualche tempo fa, eravamo alla marcia, scalzi, per garantire la pace nei popoli, ci siamo incontrati ad altre occasioni pubbliche e lui sempre col sorriso, vittorioso su una prigione che riguardava solo il corpo e non la mente.
Sempre attivo in qualsiasi iniziativa partecipa a Il girasole altra associazione alla quale devolve il ricavato del libro, associazione che fa parte del FISH Calabria. 
Dal 1993 impara l'uso del computer, si laurea con una tesi Sulla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e inizia a lavorare ad un progetto finanziato dal MIUR. Il sorriso è la costante di Antonio, penso anche dei suoi cari, genitori e sorella, il sorriso come medicina, come opzione in più per vivere la vita con grande dignità. Sempre. Mi ricordo il suo papà  a rivendicare e a proporre, a costruire, lui, soluzioni, come la pedana a mare, a trovare nuove situazioni,  frutto di intelligenza creativa, tipo la carrozzina triade.
Esempi di ricchezza inventiva, esempi di libertà nella costrizione.
Quanti di noi vivono in prigioni, e trascorrono i loro giorni attendendo la sera, quanti spengono la voglia di vivere per un nonnulla, per una delusione, per un dispetto, per irresolutezza, quanti vivono nella prigione della mente soffocando i giorni, senza volontà? Antonio dalla sua prigione del corpo esce e va per la strada, mostrandoci un modello che... Chi ci capisce è bravo.
Solo chi capirà cosa sia la volontà e la fantasia, solo chi avrà la forza e la determinazione di credere possibile abbattere il muro del corpo è bravo. Come lui. Lui è bravo ed insieme a lui i suoi familiari ed insieme a loro tutte le associazioni che si occupano della disabilità come ricchezza.        

  

domenica 7 agosto 2016

Tempi sguaiati

L'aggettivo usato da Bianca Berlinguer, di recente estromessa dalla direzione del tg3, per aggettivizzare il comportamento di alcuni, ben si accompagna a questa estate di piedi.
Tempi sguaiati. In un mese di luglio, tragico e luttuoso, impazza il piede della Pm, incaricata di indagare sulla strage del treno in Puglia: Il piede baciato, leccato, meglio, dell'avvocato difensore delle vittime. Una goliardia. Scatto rubato ad una festa privata di alcuni anni fa. I giornali dedicano fogli a questa vicenda, e la strage diventa uno scherzo. Una farsa. 
Tempi Sguaiati. 
Quando ero piccola sentivo questo aggettivo con frequenza, poi nulla più, eppure a noi veniva sempre detto di non essere sguaiati. Dal  verbo sguaiare col significato transitivo di ‘guastare’  che ha poi assunto il sign. intransitivo di ‘deviare, comportarsi fuori dalla norma’ •sec. XVI.
Tempi guastati, quindi.
"Lo sguaiato è ciò che non ha eleganza, che non è posato nei modi. Sarà sguaiata una risata scomposta e incontrollata, di tono volgare; sarà sguaiato un divertimento chiassoso e maleducato."
Nel vocabolario Treccani dei Sinonimi e Contrari sta scritto "sguaiato aggettivo - che dimostra grave mancanza di educazione, di senso della misura; atteggiamenti . Becero, cafone, grossolano, ineducato, inurbano, maleducato, rozzo, sbracato, scomposto, sgangherato, sgraziato, svaccato, zotico. ↑ scurrile, triviale, volgare.
Contrario è ↔ composto, delicato, educato, fine, signorile, urbano. ↑ raffinato.
Sul Dizionario-Online.net   Sinonimo di sguaiato è incivile, maleducato, screanzato, sgarbato, villano, volgare. Contrario di sguaiato: amabile, compito, virtuoso, grazioso, puro.

Le nostre mamme conoscevano sinonimi e contrari, allora, e le loro raccomandazioni giornaliere erano: Non essere sguaiata, figlia mia.
Ora non si usa più.

Da Bianca Berlinguer "Sette anni fa quando ho assunto la direzione nel mio primo editoriale dissi che avrei voluto che il Tg3 fosse un giornale un po’ corsaro. Così è stato, ma evidentemente questo non poteva piacere a tutti e in questi ultimi tempi non sono certo mancate pressioni spesso sgraziate e attacchi altrettanto sguaiati da parte di settori della classe politica, di importanti settori della classe politica."

Tempi guasti

   

sabato 6 agosto 2016

Jazz e vento a Cortale

Da un anno all'altro soffia il vento e le note ritornano in piazza Cefaly, lunedì.
A lunedì. Vi ripropongo mio pezzo su una delle serate di un anno fa e ritornerò lunedì ad applaudire la musica.  Faccio rima musicale per riprendere i suoni sulla rassegna a Cortale, XIII edizione di Jazz & Vento , rassegna gratuita voluta  dell’amministrazione culturale e dal Sindaco Francesco Scalfaro.  La manifestazione, curata da  Maria Teresa Marzano,  direttore artistico e da Simona Papaleo,  assessore alla Cultura, inizierà giorno  9 con il trio Girotto-Servillo-Mangalavite  con Parientes,  omaggio  a due città e due culture, quella di Napoli e quella di Buenos Aires,  unite in una fitta trama di jazz, milonga e folk.  Siamo parenti nel  voler marcare quel rapporto tra Napoli e Buenos Aires, un incontro nato più di un secolo fa, a cavallo del XX° secolo, all'epoca della prima grande emigrazione italiana in America e che il cantante Cuca Noto, così sintetizza: “Nosotros somos argentinos, nosotros somos tamben italianos, somos parientes, “Siamo argentini, ma siamo anche italiani, siamo parenti”. Un sentimento che lo accomuna a  Peppe Servillo: “Sono un cantante napoletano e canto  narrando con  una  “messa in scena”. Questa è un tradizione anche argentina, infatti il modo che hanno i cantanti di quel Paese di narrare le storie raccontate nei testi delle canzoni è molto teatrale. Nei testi si parla di ricordi anche se non in modo nostalgico, l’Argentina è il secondo Paese più italiano al mondo: lì la cultura europea si è riformata e ricreata”. L’unione dei tre musicisti non è stata per nulla casuale. “Siamo un gruppo irregolare e stiamo insieme da oltre dieci anni – dice Peppe – la nostra è una vita fatta soprattutto di concerti. Javier e Natalio sono due musicisti argentini che vivono in Italia da molto tempo, la loro esperienza in campo professionale è maturata soprattutto in ambito jazz”. Il segreto del nostro trio sta nel non esserci mai lasciati. I dischi, le registrazioni possono attendere anche anni, ma i concerti li abbiamo e li continueremo sempre a fare, anche in mezzo agli impegni di ognuno.” In attesa del giorno dei chitarristi (seminario di Gigi Cifarelli e la grande esclusiva con il quartetto di  Bireli Lagrene il 10), appuntamento in piazza Cefaly a partire dalle ore 22. Sulla pagina facebook di Jazz e Vento tutti gli appuntamenti da seguire. Tutti a Cortale, in questi giorni. Ordine dal regno della Litweb. 

http://trollipp.blogspot.it/2015/08/richard-galliano-e-gabriele-mirabassi.html

venerdì 5 agosto 2016

Colpo di scena alla Conferenza Stampa di Lamezia Summertime

Come nei migliori atti teatrali i protagonisti vedono le carte scambiate alla fine e cala il sipario con le parole del sindaco che "non resterà inerte alla clamorosa ingiustizia fatta questa mattina: un controdecreto che sconfessa il decreto del 29 luglio 2016, e che taglia del 40% i fondi stabiliti al progetto. 

Il progetto Lamezia Summertime si compone di vari momenti. Teatro, Cinema, Galà mondiale di danze popolari, Festival del Teatro di Strada con compagnie nazionali e internazionali, due giornate su degustazione di eccellenze enologiche con reading teatrali. Un programma corposo, vincitore di un concorso regionale finanziato con i fondi PAC. Classificatosi undicesimo su cinquantuno fra gli aventi diritto. 
Colpo di scena, dunque stamattina, in piena conferenza stampa, la notizia arriva  proprio con le parole del sindaco che annuncia subito un'azione penale del Comune, verso una illegalità manifesta. Dopo il grido di dolore, sono queste le parole del sindaco, verso atti che mancano del senso di responsabilità, bisogna agire con coraggio e senza paura. I vari appuntamenti erano stati presentati da Giovanna Villella, Responsabile Comunicazione Lamezia Summertime, agli assessori ed ai funzionari del Comune, alla Stampa tutta con professionalità e riferimenti dettagliati ed io vi invito sul sito del progetto www.lamezia summertime.it per ogni altra notizia, oppure su pagina facebook con titolo omonimo. Fra tutte le iniziative vorrei segnalare una a me carissima per il ricordo di un caro amico scomparso.
Nel ricorrere i quaranta anni della costituzione di Teatrop, compagnia storica formata da Piero Bonaccurso, il 30 Agosto verrà proiettato il film "Fili" dedicato a  Gianni Piricò. Nel video rivedremo i Fili che uniscono noi a chi ora non è più, e applaudiremo chi fa del teatro una scelta di vita, una passione.
Al di là delle scelte e degli inganni di una politica ormai irrimediabilmente  morta si rivendica la grandezza del teatro e dei suoi innumerevoli colpi di scena. 
   

lunedì 1 agosto 2016

Innesti Contemporanei - Squillace Teatro Festival

Non guido e ringrazio sempre le persone gentilissime che mi permettono di assistere a spettacoli lontani da Lamezia, spettacoli a cui io tengo molto, stimando chi li organizza e li interpreta.Così ho potuto seguire  al castello di Squillace alla perfomance dei Fratelli Plutino, e alLa Magara, monologo di Emanuela Bianchi, in prima serata.
Ieri sera Erostrato di Jean Paul Sartre recitato da Alessio Bonaffini e La Marcia Lunga scritta da Saverio Tavano...
Innesti contemporanei, spiega Saverio, il direttore artistico della rassegna, innesti, la pratica con cui su una pianta originaria si inserisce un nesto nuovo. La buona riuscita dell'innesto dipende da una tecnica perfetta, che consiste nel creare tagli dell'innesto e del portainnesto il più possibile uguali o coincidenti  nel giusto periodo, solitamente in primavera o alla fine dell'estate, quando cioè le piante sono 'in succhio', cioè recettive. Sul passato, che è nostro, sulla linfa che scorre, sta il nostro immaginare.
Mi piace parlare dell'immaginazione, come filo conduttore fra le frasi rubate agli attori, Io sono un tipo immaginativo, dice Erostrato, e senza immaginazione come fai a vivere, e nella  Marcia Lunga si ripete questo bisogno di immaginare una vittoria, un riscatto, come tensione vitale, vita, proprio. Mi piace lo sguardo di Emanuela Bianchi sul palco, nel presentare la rassegna, mi piacciono le sue parole, quel bisogno di credere possibile poter tornare in Calabria, con l'esperienza e con il piacere, con la voglia di proporre Cose Belle.
Cultura è il sostantivo più irriso nei luoghi del potere calabro, dalla Regione che finanzia sciocchezze alle varie proposte scemotte presenti sul territorio, eppure Cultura è ancora possibile fuori dalla Regione Calabra e con l'ausilio di enti e assessori comunali che credono. Forse Erostrato non aveva tutti i torti"“Gli uomini, bisogna vederli dall'alto. Spegnevo la luce e mi mettevo alla finestra: essi neppure sospettavano che si potesse osservarli dal disopra. Curano la facciata, qualche volta la parte posteriore, ma tutti i loro effetti son calcolati per spettatori d’un metro e settanta. Chi ha mai riflettuto sulla forma d’un cappello duro visto dal sesto piano? Gli uomini dimenticano di difendere spalle e crani con colori vivi e stoffe vistose, non sanno combattere questo grande nemico dell’umanità; la prospettiva dall'alto”.
Tratto dall'Erostrato di Sartre, un racconto che compare nella raccolta Il muro, il testo, recitato da Alessio Bonaffini, prende vita sul palcoscenico, stasera. Io sono un tipo immaginativo, sta dicendo. Fra me e gli altri un muro, credo.  
Credere è il verbo di questa rassegna. "Noi crediamo e vogliamo portare i nostri spettacoli, già in giro per tante piazze d'Italia, qui, a Squillace, qui, in Calabria e ve li regaliamo". 
Il verbo regalare che usa Saverio Tavano è il verbo della Litweb, da sempre. Credo anche io che regalare sia rivoluzionario.  
Nel regalare il link dell'articolo di Giovanna Villella che ha scritto sulla Lunga Marcia già dopo la prima la rappresentazione al Teatro Umberto di Lamezia regaliamoci il desiderio di correre nella Marcia Longa al volante di una macchina che sapremo guidare: la nostra fantasia. 

Lunga strada alla Marcia!""E il riscatto di una terra può passare anche attraverso il suo “fare teatro”. Un teatro che, rifuggendo il mero recupero folklorico di storie e tradizioni del passato, sia in grado di esprimere una propria identità culturale,  attraverso una cifra drammaturgica contemporanea esportabile su altri palcoscenici.

 http://www.lameziaterme.it/2016/02/08/quelle-scarpe-appese-a-un-filo/   

sabato 30 luglio 2016

Goffredo Fofi a Cropani:appunti da Litweb

Futura di Lucio Dalla raggiunge ogni testa con "Chissà chissà domani su che cosa metteremo le mani" e "Telefonami tra vent'anni non ti preoccupare di tempo per cambiare ce n'è". Inizia così la sera a Cropani e intanto giungono tutti, tanti, Masnadieri e non, a sedere sui gradini del duomo, a salutare gli amici, ad aspettare Goffredo Fofi. 
Cropani Città del libro, grazie alla Masnada. "Aurora" ha vinto il premio di Piccoli masnadieri crescono e "Io mi chiamo io" è il ciondolo che resta nelle sue mani. Questa la trama del racconto scritto dalla ragazza vincitrice.
Raffaele Mercurio nel presentare  ringrazia  Pino Fabiano, scrittore e anarchico, per aver favorito la presenza di Goffredo Fofi a Cropani.
Arriva Goffredo sul palco e scorrono i video scelti dagli organizzatori.
Andiamo da  "In nome del popolo italiano" del 1971 con la scena in cui Ugo Tognazzi butta, nel fuoco di una macchina capovolta e incendiata, un dossier, butta le sue indagini di magistrato, e tutta brucia nel tifo calcistico fino  alla scena di " Zabriskie point" di Antonioni,  dove esplode tutto il castello, e fuoco sarà, ma non rosso del comunismo bensì fumo a bruciare le torri gemelle nel 2001 ad opera del terrorismo. "Brucia ragazzo brucia" del 1969 ci starebbe bene  in questo bruciare, istinto di vita, orgasmo di morte e distruzione per rinascere, in questo eterno desiderio di un falò.
 Il fuoco dentro, la voglia di dire ognuno la propria opinione, un giudizio. Il conflitto come momento vitale.
Della lunga conversazione con Goffredo Fofi, nei miei appunti molti titoli di libri citati, io raccolgo il sapore che ci rende liberi. Goffredo Fofi ama la comunicazione nonostante con questa oggi si impongano modelli di comportamento. La convinzione e la propaganda demonizzano concetti vitali come conflitto e storpiano il senso e il significato delle parole. Comunicazione viene dalla stessa famiglia di Comune, Comunione, Comunità, Comunismo... diventate ora parole ambigue, tutte. Nella terribile manomissione delle parole.
Goffredo Fofi ritorna all'adolescenza, ai suoi miti di allora: Davis un cittadino del mondo, che girava il mondo con un passaporto di sua invenzione e Zamenhof l'inventore dell'esperanto. La lingua del futuro, dei cittadini del mondo.
Quando si è scoraggiati bisogna avere la forza di reagire, sta dicendo Mastroianni al telefono di "Una giornata particolare", e benché Fofi ci dica di essere stanco e incazzato, rivendica l'arte come creatività, il gesto individuale della fruizione personale nei musei, contro chi ci spiega un quadro, perché l'arte è comunicazione, quindi merce, ma l'arte è anche ricerca quindi dialogo fra artista e spettatore. L'arte che fa pensare contro l'arte che non fa pensare. Arte è visione, religione, immaginario. Criminali sono coloro che addormentano il pensiero dei lettori, criminali sono i giornalisti, che stretti anche loro e diventati merce nascondono l'arte per davvero. Nella tensione di Boezio fra vero e falso sta Fofi, indicando un film vero, "Bella e Perduta" di Pietro Marcello, regista casertano."l film è la storia dell’incontro tra Tommaso Cestrone (l’angelo di Carditello, il volontario che nella vita reale accudì la reggia borbonica in stato d’abbandono contribuendo a rilanciare il dibattito sul degrado del casertano) e un bufalotto di nome Sarchiapone altrimenti destinato a morte certa."
Film che non vedremo nelle multisale. Un film che dovremmo accudire come Cestrone accudiva un patrimonio in abbandono. Ci sarebbe da scrivere una lettera lunghissima sui luoghi abbandonati, sui libri abbandonati, su un sapere abbandonato  e su una critica che non c'è più. Sul giudicare come atto di responsabilità. Dalla  lettera al mondo di Emily alle lettere del postino di Dara, alla critica come lettera, una lettera del critico al pubblico e al regista, in un triangolo isoscele, dai lati uguali, suppongo. Da semplice fruitrice di avvenimenti mi rendo conto di aver raccolto poco degli spunti ma mi riprometto di ritornare su Fofi, sul cerchio magico, su Letteratura e irriverenza, partendo da Grazia Cerchi, questa volta. Parleremo ancora di  "Il Negus. Splendori e miserie di un autocrate" scritto dallo scrittore e giornalista polacco Ryszard Kapuscinsk nel 1983, più volte ricordato questa sera, e conosciuto grazie a Elsa Morante, parleremo di Svetlana Aleksievič  la prima giornalista a vincere un premio Nobel con libri da cronista, parleremo di una letteratura che fa servizio e mostri al mondo "Preghiera per Černobyl".  Ritornando a casa, al futuro, si naviga a vista, nel futuro che stiamo vivendo. L'aurora si tinge di rosa, o di rosso...

giovedì 28 luglio 2016

La Svezia Terme: Lamezia terme nel 2016

Carmen Pellegrino, scrittrice di Cade la terra, attenta ai luoghi abbandonati così scrive oggi
"Ieri sera seguivo un documentario sulla Svezia; su come ci si ritrovi soli in quel civilissimo e organizzato Paese; su come l'individuo venga prima di ogni gruppo; su quanto frequentemente accada che si muoia in una stanza e si venga ritrovati dopo due anni, perché l'automatismo dei pagamenti dei conti non permette al Sistema di rilevare il piccolo intoppo della morte del contribuente. 
Nel documentario veniva intervistato Zygmunt Bauman, sulle nostre società che respingono l'interdipendenza fra gli individui, in nome di una indipendenza che è già solitudine.
Sono sempre stata convinta che uno dei mali peggiori del nostro tempo sia la determinazione a recidere ogni legame con gli altri (e con i luoghi), in nome di un utilitarismo farneticante, in base al quale frequento chi può servirmi per il tempo utile a quanto devo realizzare. 
I social poi, di cui tutti facciamo uso, non ci permettono di cogliere la reale portata della solitudine in cui siamo immersi. 
La nostra infelicità è figlia anche di questa solitudine: l'altro è solo a un passo, ma quel passo non lo compiamo mai.
Stamattina una mia amica ha affrontato il caldo e ventimila fermate di metropolitana per accompagnarmi a una visita medica, per una stupida congiuntivite che non si toglie. E' quasi certo che da sola non ci sarei andata. Così, mi sono ritrovata a ringraziare il cielo di avere un'amica e di avere un legame con lei.
C'è un neologismo francese, reliance, che rimanda proprio al concetto di legame. C'è poi questo verso di Bécquer: La solitudine è molto bella... quando si ha vicino qualcuno a cui dirlo.
In questo tempo in cui possiamo avere tutto, siamo infelici soprattutto perché siamo soli..."
Io rispondo subito così,  seguendo  l' osservazione esatta di Giuseppe Giglio "La solitudine la avverti proprio stando in mezzo agli altri, diceva Pirandello. Ed erano ancora di là da venire, i social..."
Cara Carmen, vengo da una infanzia con i vecchi seduti sulle porte e i bimbi per le strade. Ora anche il sud non è più. Chiuse le porte e bimbi in casa o in palestre. Con i miei vicini di cooperativa mi saluto con educazione ma quando il primo anno proposi e attuai abbellimento natalizio di strada comune mi guardarono con diffidenza come se avessi soldi da buttare. Quando feci una visita ad un vicino che conoscevo,  mi dissero, entrambi i coniugi, che si guardavano bene dal far andare gente in casa
Così meglio qui. Ho rapporti affettuosi e vi sento partecipi. Certo se devo fare una puntura bisogna chiederlo alla vicina, lo so, ma qui esiste una vicinanza mentale.
Rispondo a Carmen e mentre a fare la spesa faccio queste considerazioni. Nessun vicino di casa esiste più, nessuno. Mia mamma di 92 anni ha tenuto in piedi una famiglia patriarcale, ha cucinato e fatto bottiglie di salsa, taralli e maiale, per una pletora di parenti fantasmi. Scomparsi. Ogni giorno io e mia sorella ci diamo il turno, ogni giorno sempre uguali passano le giornate, ogni giorno mio padre, affetto da disorientamento, esce con la signora che l'accompagna, ogni giorno mio fratello sta al fianco di mia madre ripetendole la sua litania, da sessantasei anni. Ci sarebbe da impazzire anche nella civile Svezia eppure Lamezia non è da meno. Dove sono queste tavole imbandite? Ci saranno, ma non per molti, per moltissimi. Dove sono queste visite e questo accorrere di tutta la gente? Una volta andavo in un centro anziani per fare un corso di alfabetizzazione volontario e loro mi raccontavano di figli fuori, al nord, di figli vicini che non li parlavano, di solitudini infinite. Svedesi a Lamezia. Lamezia come la Svezia.
Io ho risolto le  mie domeniche, e i miei lunedì fino a sabato, con un foglio in mano da scrivere o da leggere, ho un luogo oltre il polo artico dei rapporti amicali che mi fa navigare e dalla Svezia terme sono lontana, per non sentire il ghiaccio dei comportamenti umani. 
Provai un periodo ad invitare, feci pranzi e ricevimenti, venivano a mangiare anche persone non invitate e poi mi accorsi che il rapporto svedese restava, anzi misterioso, perché qui si aggiungeva l'omertà anche per semplici domande. Sto ora rimestando un periodo lontano, mi piacciono le persone e sono felice di stare a chiacchierare, di preparare, di accogliere, ed ho svoltato l'accoglienza verso chi ama leggere, verso chi scrive, amando l'arte che si fa vita e rapporto di relazione. Social o non social qualsiasi mezzo è utile per sentirsi vivi. Se poi abbiamo bisogno di una puntura troveremo chi la fa...   
Ippolita Luzzo