sabato 18 giugno 2016

Capusutta ovvero Aristofane fra noi

Ho visto Aristofane sorridere nel vedere Socrate, femmineo, inneggiare al ballo, al divertimento, nella confusione delle nuvole che mistificano ogni cosa. Nella risata della corsa, della vitalità del gesto, del gioco, Riminio? è questo il verbo che una roulette vivente con coda di cavallo chiede ai partecipanti ad una tombola. Estraiamo i numeri. Vinciamo. Ed invece alla fine del giro "Anche stavolta non ha vinto nessuno" dice lei. 

"Riminia! Riminia! Urlano gli attori in coro. Girala! Girala! La traduzione dal lametino. Chiara rotea la testa, è lei il gioco del Lotto. Lei estrae i numeri sulla ruota di Lamezia Terme. Gli attori ascoltano e controllano i numeri estratti. In scena è di nuovo la febbre del gioco. La gran truffa legalizzata. Aristofane è vivo e vegeto in mezzo a noi, diventa il mondo di oggi. Ancora una volta la tradizione parla le parole del presente. In questa periferia del mondo in cui succede la magia." da ‪#‎4storieper4luoghidellaNonScuola‬.

Aristofane ci stava tutto, in una contaminazione che rispettava il senso del testo originale, non come tanti altri rimaneggiamenti di teatro dove il testo viene piegato a vaudeville e lontana farsa. No, qui eravamo nel testo, ho proprio percepito la connessione con l'autore che ci regalava il suo assenso.   ‪

Il teatro è luogo di rappresentazione. C'è una scena e ci sono gli attori e in platea gli spettatori. Si mette in scena un testo che, secondo i greci, doveva creare la catarsi fra il pubblico. 

Ogni attore ha un  ruolo. 
A volte i ruoli si mescolano e gli attori stanno fra gli spettatori, e gli attori non sono attori, bensì chiunque voglia cimentarsi a recitare una parte per vincere quella personale difficoltà ad esser fra la gente.
Dal teatro parrocchiale al teatro dialettale, dal teatro scolastico al teatro di strada, sono varie le forme e l'uso di una modalità scenica. C'è chi usa il teatro per far  distrarre, per far la grassa risata della commedia plautina, e mette in scena doppi sensi di pancia per smuovere risata, c'è chi usa il teatro per elegie religiose e recita preghiere edificanti su santi e miracoli, c'è chi usa il teatro come ribellione e chi come integrazione. 
Tantissimi i dilettanti, le compagnie che si dilettano a inscenare un loro omaggio ad Eduardo De Filippo, ricordo un Gennariellu, recitato a Napoli, in una cantina, da una compagnia di avvocati, ricordo poi altri testi, di qualsivoglia costrutto, recitati dappertutto. 
Anche io ho scritto un monologo e un attore lo ha recitato! Dilettanti che ci dilettiamo amando il teatro che ci rappresenterà. 
Non sto parlando di coloro che lavorano nel teatro ma di tutta una folla che calca la scena. 
Dilettanti.
Dilettanti.
Adoro il teatro dei laboratori scolastici, adoro le messe in scena dove il teatro viene usato per integrare, per creare comunità, appartenenza, per far vincere ritrosie e timidezze, per trasformare menti giovani dando a loro entusiasmo e possibilità, curiosità e vivacità.
Per tutto questo sono stata felice ieri sera di assistere allo spettacolo Le nuvole, Riadattamento dalla commedia di Aristofane, che il movimento Capusutta ha portato in scena al teatro Comunale Costabile di Lamezia Terme  
Capusutta III Movimento, dicono nella locandina, ed in effetti nel 2010 è iniziato il progetto Capusutta, guidato da Punta Corsara, Compagnia teatrale, costituitasi nel 2011 a Napoli, che ha continuato quello che era stato iniziato al teatro Mercandante dal regista M. Martinelli, del Teatro delle Albe, di Ravenna  e che univa pratica teatrale e pedagogia ed  ha portato l’esperienza della non-scuola in Calabria, da cui è nata la riscrittura del primo  testo Donne al parlamento di Aristofane.
Punta Corsara ora è una realtà teatrale e così forse mi auguro che diventi anche Capusutta, nella sua specifica estemporaneità di possibile teatro fra diverse commistioni.
Un teatro di spettatori che diventano attori, momentaneamente, e che poi riprendano il testo nella vita per uscirne trasformati. 
Un teatro di ragazzi dai cinque ai venticinque anni, con situazioni complesse di emarginazione, come era il punto di partenza e allo stesso tempo di arrivo del progetto Capusutta e cioè  le esperienze di Scampia e quella di Ravenna.   
"Nel 1983  Martinelli ha fondato a Ravenna la non- scuola del Teatro delle Albe,  così chiamata perché "non vuole creare attori ma incendiare il cuore degli adolescenti con il teatro. Mandare in corto circuito la loro ignoranza in materia con i grandi classici, da Aristofane a Brecht". Questa esperienza è stata poi esportata a Napoli, nel quartiere di Scampia con il nome di  Arrevuoto, progetto triennale del Teatro Mercadante. Nel 2007 il progetto si è trasformato in Punta Corsara che da pochissimo è diventata associazione ed è guidata da Emanuele Valenti. Punta Corsara ha messo su una compagnia costituita dai ragazzi più motivati del quartiere napoletano che ora girano tutta l'Italia con i loro spettacoli.  "Proprio questo è l'obiettivo finale che vogliamo raggiungere - ha affermato Tano Grasso - formare a Lamezia una compagnia stabile che reciti in tutto il Paese". Così scrisse Tano Grasso allora assessore alla cultura di Lamezia Terme. Ora le nuvole di Aristofane dovrebbero sciogliersi in una pioggia che pulisca le mistificazioni del nostro presente

Le nuvole di Aristofane erano in realtà una parodia della scuola sofista. Una presa in giro di Socrate. Aristofane si divertiva a scoprire gli effetti paradossali dei ragionamenti filosofici e di alcuni insegnamenti. Nelle nuvole vi è un padre che assillato dai suoi creditori manda il figlio dal filosofo affinché impari come difendersi dagli stessi. Come non pagare il debito. Quegli stessi argomenti usati per i creditori però possono essere usati contro di lui in futuro facendolo rammaricare della sua scelta. Credo che sia questo il momento in cui piombiamo nel 2016 direttamente da Atene. 
Ippolita Luzzo 

venerdì 17 giugno 2016

IL ROMANZO

Ad una pizza una persona mi chiede cosa ne pensi io di quel libro. Lo ha scritto un suo compagno di scuderia, scrivono dunque nella stessa casa editrice, eppure al mio diniego, "non ho letto il libro", lei mi fa smorfia e afferma che nel libro nulla ci sta scritto. Nulla e niente. Anche se si tratta di studioso e autore di punta della casa. 
La guardo e mi interrogo sul perché mi debba sentire così male quando questo parlare di lor colleghi raggiunga luoghi come trattorie e tranci di pizze.
Sul Romanzo.
Mi arriva dopo qualche tempo notizia di ennesima presentazione della stessa persona, in pubblica sede titolata, elogiare il suddetto romanzo che in pizzeria non le piaceva, ora avrà aggiunto mozzarella e rucola, e il libro le piace moltissimo al banco di un festival letterario, in una libreria. 
Sul romanzo si dicono tante parole, quelle che però fanno più male sono le smorfie, il disgusto privato e la smanceria pubblica. 
Una nausea.
Il romanzo che si scriverà avrà  dunque come contenuto quella cattiveria, quell'offendere uno scritto, avrà quella recensione eccessiva e benevolente proprio perché fasulla. Più sarà fasulla più benevolente sarà.
Mi prende tentazione di segnarmi tutti loro, che agiscono come quella persona, e di farne i personaggi di un testo, di una sceneggiatura. 
Sul romanzo che nascerà ci saranno come protagonisti i tanti recensori, falsi come sanno essere falsi loro, che improvvisamente, con la legge del contrappasso, saranno infettati dal mio virus, dalla tentazione di dire al festival quel che dicono al tavolo della pizzeria.
E sarà un romanzo, anzi Il Romanzo, che vincerà   

mercoledì 15 giugno 2016

Trasparenti come bicchieri. Francesco Mendicino.

Fotografa dettagli e suggestioni Francesco Mendicino.
Lui fotografa azioni di artisti nel movimento del fare, nella sua prima mostra, fotografa ora in questa mostra, appesa lungo le pareti della Pecora Nera di Amantea, grate in blu, con la luce oltre la grata, la luce della comprensione dal blu che è serenità. O almeno vorremmo che il blu compensasse la fragilità del nostro vivere fra dettagli che sembrano ininfluenti fino a quando non sono messi nel mirino della visibilità. E così guardiamo i bicchieri trasparenti della festa, immaginandola una festa per noi, che non sia greve,
diremmo alla Leopardi, guardiamo quel ciglio di strada e sotto il marciapiede il rettangolo di scolo, dove l'acqua defluisce e porta via ogni incomprensione. Guardiamo quel lampione, quella luce lungo un muro scrostato dall'umidità
 e Per me la fotografia deve suggerire, non insistere o spiegare con
Brassai ( Gyula Hàlàsz ) insieme alla lucerna la ciotola della luce, con olio,  che ci collega ad un passato che è qui
Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento 
( Henri Carter-Bresson ) e nel dire anche noi che Le fotografie mostrano, non dimostrano, come Ferdinando Scianna ci ha insegnato, vorrei essere nel blu dipinto di blu oltre la grata delle nostre difficoltà, sembra il messaggio. La fotografia è un segreto intorno a un segreto: più rileva e meno lascia capire.
( Diane Arbus )

Le nuvole Capusutta

Il teatro comincia con te.

Venerdì 17 giugno ore 21 al teatro comunale Costabile, il movimento Capusutta è in scena con le Nuvole di Aristofane. 
Stamattina la conferenza stampa al Parco Impastato.
Gianni Vastarella e Guide Christian Giroso di Punta Corsara, illustrano il progetto e lo spettacolo.
Punta Corsara è la compagnia teatrale napoletana, nata anch'essa dallo stesso esperimento con cui nasce Capusutta, dal lavoro del Teatro delle Albe con la direzione artistica di Marco Martinelli. 
Il Teatro delle Albe / Ravenna Teatro si è aggiudicato il Bando MigrArti del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e ha dato vita negli anni scorsi a quattro movimenti analoghi a Capusutta-

La tappa lametina verrà raccontata, assieme alle altre di Ravenna, Roma e Milano da Cristiano Sormani Valli che scriverà ‘4 – racconti migranti per quattro luoghi della non-scuola’
Un lavoro, questo di Lamezia,  possibile grazie alla collaborazione di associazioni e comunità, di cooperative e in particolare all'associazione La Strada, di cui fa parte Cecè, più volte ringraziato da Gianni, per il suo concreto aiuto.  
Con noi stamattina il sindaco parla di teatro medicina.
Un teatro portato, anzi portati al teatro sono i ragazzi  Rom, i ragazzini e giovani, dai cinque fino a 25 anni, che non vivono nel campo, fra lo scolo e i fiumi tossici di roghi accesi con frequenza, e di cui si auspica la chiusura,  bensì nelle palazzine. 
Un teatro medicina.
Medicina che possa far diventare attiva una popolazione, che possa guarire l'isolamento e favorisca la cittadinanza, l'appartenenza, il senso del luogo, del rispetto. 
Medicina che trasforma chi l'assume da fruitore passivo a  soggetto carico di entusiasmo che scintilli così come scintillano i talenti, quelle monete date in dono da Gesù nel vangelo per farli fruttare.
Medicina che porti la conoscenza del teatro come salvezza, salute, che allontani ciascuno dalle dipendenze siano esse alcoliche che mentali. 
Un teatro di grande partecipazione corporea questo di Capusutta, di Punta Corsara, e si nota nella inconsueta conferenza stampa in cui Gianni di Punta Corsara, racconta con gli occhi brillanti, di quanto loro fossero come i ragazzi di Capusutta, e del perché poi siano diventati una compagnia teatrale, molto premiata e seguita.
Punta Corsara è tra i vincitori del Premio della Critica 2014, è Premio IN-BOX 2013 per Il Convegno, Premio Ubu Nuovo Attore Under 30 2012, Premio Ubu Speciale e Premio Hystrio Altre Muse 2010, premio I Teatri del Sacro 2015 per lo spettacolo Io mia moglie e il miracolo" e a Luglio 2016 

 Lui e Christian non hanno accennato ai premi ma a me fa piacere riportare e diffondere la grandezza delle persone che con umiltà aiutano gli altri a diventare grandi, diventano grandi e continuano a sentirsi piccoli. Evviva. 
Anche Capusutta sarà una grande realtà, dalle Donne in Parlamento agli Uccelli e ora Le Nuvole, la trilogia di Aristofane sarà augurale ad un teatro urlato, gesticolato, che corre, corre dalla scena alla platea e poi di nuovo alla scena, coinvolgendo lo spettatore che, all'uscita, come ci ha raccontato Cristiano, possano dire" Però, che talento!"
4 storie per 4 luoghi della non scuola, Eresia della felicità, il libro a cura di Cristiano Sormani Valli che uscirà ad ottobre e conterrà l'esperienza di Capusutta, insieme alle altre elettricità del momento, le fotografie, e... il teatro comincia con te: Capusutta.
Ippolita Luzzo  
  

lunedì 13 giugno 2016

Il profilo etico della politica

Siamo nella Sala Convegni Giovanni Paolo II nel pomeriggio di una domenica di giugno, festiva doppiamente per i Lametini. La notte sarà la lunga notte fatta per devozione al Santo protettore della Città, Sant'Antonio, di cui oggi si celebra la sua festa.

Al tavolo Pino Soriero, Sottosegretario di Stato per i trasporti e la navigazione nel governo Prodi del 1996, e commissario straordinario di Garanzia del Partito Democratico di Lamezia Terme, nella delicata fase politica delle primarie nella città di Lamezia, e quella immediatamente successiva della composizione delle liste fino alle elezioni comunali del mese di maggio 2015.
Insieme a lui il dottor Luigi Maffia, il professore Vittorio Mete, e il giornalista Salvatore D'Elia che coordina la presentazione del libro di Soriero: Sud, vent'anni di solitudine.
Nell'altra faccia del Mezzogiorno, articolo apparso sull'Unità proprio il 12-06-2016, Pino Soriero scrive che la vera sfida culturale e civile per il sud e per l'Italia sta nel ridefinire un profilo etico della politica, correggendo in tempo gli errori, prima che intervenga la magistratura.
Si riferisce alla pubblica amministrazione, ai partiti, ad un tessuto che Stato è, Lo Stato di Hegel, lo Stato morale.
Credo sia lo spunto più interessante, fra i tanti, ed io, da studiosa di Hegel, mi fermo a questa riflessione e faccio mie le parole del professore Vittorio Mete " è tutto questione di metodo. Dal discorso sul metodo di Descartes al metodo. Ed è la cattiva amministrazione che porta il dissesto e poi comporta ai comuni scioglimento per ndrangheta quando il problema è nella amministrazione"
Sulle domande di D'Elia e sull'intervento del Procuratore Maffia, come abbiamo raccontato il Mezzogiorno in questi anni? 1)“Sud sprecone, inefficiente”, “Sud palla al piede che impedisce al Nord di decollare”, oppure vittimismo del Sud o ripiegamento nostalgico ai tempi dei Borboni.
2)Come è avvenuta la Formazione e selezione della classe dirigente?
3) Quale Modello economico e sociale?
La risposta sta sempre nel metodo.

  

sabato 11 giugno 2016

Alessandro Raveggi Il grande regno dell'emergenza

Dal regno della Litweb al regno dell'emergenza una alleanza fra regni.
Leggo Il grande regno dell'emergenza di Alessandro Raveggi  il venerdì 10 giugno 2016 e già scrivendo così mi accorgo di quanto mi abbia preso la lettura.
Alessandro Raveggi termina ognuno dei racconti con la data e la rivista dove lo ha pubblicato: Nazione Indiana, La Nuova Frontiera, Nuova Prosa, oppure su quale  giornale e in quali antologie si trovano. Così ora faccio io, inconsciamente prima e poi consapevole di aver letto e riletto quelle date e quel modo inconsueto di presentare un racconto col suo indirizzo di casa e data di nascita. Come una persona, quasi che ci dica dov'è nato e dove abita.
Il libro mi parla da subito, con quei tre fratelli, uno in copertina e due nascosti nel retro, un lupo, una giraffa e un colibrì, con maschera in  testa e col corpo antropomorfico.
Tre fratelli e un quarto lontano, in Giappone, a far corrispondente, da destinatario di lettere. 
Il libro, con la sua camicia floreale ben ampia quasi smanicata, mi regala I nostri oggetti paterni, i rapporti fra fratelli, che sarebbero sconosciuti se non fosse il legame, quasi una nemesi, con il padre, Destino. Più che un padre, un Deus, una divinità che, bizzarra, si diverte con i suoi prodotti. 
Nel Romanzo da spiaggia trovo Firenze da me amata, una città con troppi ponti, per questo una città di tante solitudini.
Siamo nel regno. 
Nell'emergenza del terremoto sia esso familiare che individuale si cerca spesso il fermo, la zeppa della scrittura, colei che tutto tiene, il collante del nostro continuo girovagare fra un paese e un altro, fra una casa e un'altra o semplicemente, come accade a me, fra una stanza e un'altra. Una zeppa alla porta. 
La porta del regno della letteratura. Eppure anche questo regno  ha subito una catastrofe, ci racconta Alessandro, nel suo racconto Essi Scrivono, che mi rileggerò tante volte per ridere ancora.
La differenza fra Loro Scrivono ed Essi scrivono diventerà un mio must, e sono felice di aver trovato quel discrimine fra letteratura e scrivere la qualsivoglia chiamandola narrativa. Nella mia battaglia quotidiana verso Essi che scrivono e vogliono presentati.
" Rilassati" mi dice un'amica. Io mi rilasso così, leggendo testi scritti per bene e invitandola a leggersi questi racconti.   
Il decimo capitolo "Altre vite illustri" è il risultato di interviste a personaggi reali trasfigurati, e noto, sempre diventando consapevole dopo, che il suo far parlare i cibi nell'Eloquente menu di Tribeca, fa parlare ogni pagina del suo libro con me.
Come se ogni pagina fosse quell'insalata, quel risottino,  quei piatti introspettivi, che ragionano, ragionano, e amano. 
I racconti di Alessandro Raveggi sono scritti come uno studioso può scriverli. 
Lui è Una specie di Rimbaud che aveva rinunciato al genio del secchione accademico per inoltrarsi nell'Africa nera.
Il  libro di Alessandro ama la letteratura Panamericana, mi riporta Fuentes e Tutte le famiglie felici, mi cita Gregory Corso di cui ho recentemente presentato Bomb!Burning Fantasy, fa tanti rimandi, alcuni li so, altri no, e ci invita a leggere fermandoci sui termini, sulle costruzioni, sulle frasi complesse del suo personalissimo immaginario plasmato e ricreato dalle letture fatte.

Un grande regno dell'emergenza nella duplice alleanza con il regno della Litweb.
  

venerdì 10 giugno 2016

Antonio Padellaro a Lamezia

Saranno state cinque o sei volte che Antonio Padellaro è venuto a Lamezia e tutte le volte con grande partecipazione di pubblico. D'altronde lui esordisce così stasera " di esser venuto per ascoltare i lettori, per aver quel contatto con i lettori che manca  perché il lavoro del giornalista è stare chiuso in una redazione e sono poche le occasioni di stare con loro."

Tavella, proprietario della libreria che lo ospita, presenta il libro del giornalista " Il Fatto Personale" sottotitolato Giornalisti Rimorsi Vendette, come un libro in cui la fine si specchia nel suo inizio, e il suo autore un giornalista con lo stato d'animo di un sopravvissuto a tanti avvenimenti.

"Un testimone dietro le quinte di quaranta anni di cronaca politica, un io c'ero, un raccontare con un filo che riesca a legare tanti episodi ed il filo è un paese che non cambia mai." 
Padellaro non citò il Gattopardo ma è lì che pensammo.
Interrogato da Giandomenico Crapis Antonio Padellaro rispose sui punti fermi del suo vedere il problema italiano. Una continua ripetizione di fatti. Urge quindi uscire dalla ripetitività in politica, che da Craxi a Renzi passando per  Berlusconi vede i partiti ormai personificati nel loro condottiero, nel loro leader, nella mutazione antropologica che dal Psi arrivò a Forza Italia ed ora al PD.
Il libro è però anche una autobiografia che fa i conti con i suoi inizi, con la sua potente e influente famiglia, con il suo papà che lo aiutò malgrado vedesse nel figlio nascere ideologia diversa dalla sua. Questa una grande lezione di rispetto, molto rara.
Continua così a scorrere gli anni da quando, a venti anni, va a fare il sostituto all'Ansa, per prova, sotto Sergio Lepri direttore, a quando passò al Corriere della Sera e fu mandato all'idroscalo per la morte di Pasolini. 
A lui fra il caso e la curiosità capitarono dunque alcuni momenti topici. Resta fermo che vi sono fatti accantonati che stimolano l'interesse. Come fu l'inizio di ogni momento? come fu che Trump fece il primo milione?
Fatti accantonati.
Racconta e racconta quel suo soffrire alla redazione romana del Corriere della Sera per via della concorrenza con La Repubblica, racconta la direzione dell'Unità con Furio Colombo.
Una ferita per lui ora vedere come sia finita l'Unità. 
Racconta quelle mattine a dover litigare con i politici al telefono, quell'interferire, quel premere contro i giornali che poi non porta bene, quelle aggressioni e punizioni, quelle minacce subite  di veder tolti i fondi, nel caso dell'Unità.
Poi il desiderio di fondare un giornale senza padroni e l'incontro con Casaleggio, in quattro, lui, Marco Travaglio e Piero Gomez, e la profezia di Casaleggio al termine di un pranzo " Finirete nel lastrico. Dovete fare un giornale in rete e non cartaceo!"
Nella primavera del 2015 Antonio Padellaro lascia la direzione del Fatto Quotidiano a Marco Travaglio e rimane editorialista.
di questo stasera non si parlò.
Mi sarebbe piaciuto che la serata continuasse con il racconto della svolta del giornale su un momento difficile in cui tutto si confonde. 
Lui certo finì con la parola "sentimento" nel senso che bisogna sentire quando è il momento di dire quella notizia, quando è il momento di rischiare, rispondendo al bisogno forte di essere veri.
Nel contatto con i lettori.