martedì 17 maggio 2016

Luigi Finucci Poesie

Le belle poesie di Luigi Finucci
alcuni versi per restar ancora ad ascoltarlo dalle pagine del suo Le prime volte non c'era stanchezza.
La memoria, il salto, il sasso, il dubbio, termini amati.
Leggo questa sera le delicate liriche di Luigi, un sussurro, mi dicono nella prefazione, io ne sento il canto, sarà per il titolo, immagino questa chitarra e un fiume, un raccontare che mi sembra amico, da sempre.
La fiducia, la consuetudine ed I sensi si sono riposati, ed io, ferita amica, chiedo gioia a questi sogni di carta. Se non ci fosse il balsamo non  supererei quel tradimento di chi credevi cara, quell'abbandono da amica che prima era vicina. Sogni di carta e le gioie ricorderanno un dolore che da solo non sopporterei"
Imparo a memoria qualche verso come se Luigi Finucci fosse qui a leggerle al tavolo dei tasti neri che mi fanno compagnia.
Me li metto in tasca, questo versi, come Wilcock.  

"Ci si stanca spesso
o forse ci si dimentica
del dolore e delle carezze,
si perde lentamente
il diritto
di essere deboli."

"Memorie
Come si può morire due volte?
il perseverare distrugge il cuore,
lo rende di vetro"

"Si può ascoltare ciò
che il tempo ha perso sulla strada?"

"Il mentre che s’accartoccia
in una nostalgia non avuta"

Leggo a mia sorella questi versi, sembrano fatti apposta per la conversazione appena avuta con lei, e lei, sorpresa di ritrovarsi in quella poesia che ora diventa sua, mi chiede la poesia, la imparerà a memoria, in un lascito di sorellanza che cammina. 
Nei versi semplici, trait d'union, i sentimenti complessi, che vorremmo fossero e non sono, trovano la parola per esserci con quel che siamo. Siamo finché parliamo, siamo finché regge il bello dell'unione con un verso. E se non è possibile con te, dicono in tanti, in troppi, allora io posso scrivere due parole dall'odore di solitudine.  
"Poi nella stanchezza
ho scritto due parole
dall'odore di solitudine"
e non sarò più solo finché avrò un libro di poesie in mano. 




Scuola è fare libro

Nel locale a piano terra  del Palazzo Nicotera e nel giardino adiacente stamattina sono ospiti gli alunni della scuola primaria di S.Eufemia e di Gizzeria. La seconda porta Danze e canti arbereshe. Si esibiranno gli allievi in costumi e lingua originale.
La scuola primaria di S. Eufemia porta dei lavori, frutto di un laboratorio artistico, progetto di tutte le insegnanti e curato, grazie alla collaborazione, da Francesco Antonio Caporale,  artista e scultore con prossima mostra al Marca
."L'albero delle mani, l'albero delle parole" e'  uno spazio creativo e mentale.
Il libro e le parole, le immagini incise sulle tavolette di terracotta dagli allievi, numeri e sillabe appese all'albero rosso nell'installazione presente in sala.
Gli alunni hanno composto storie semplici, storie di animali, come le prime storie che si narrarono gli uomini nell'infanzia dell'umanità. Esopo, Fedro, gli apologhi del ghiro, dell'uccellino, storie incise su un lessico universale che ci riguarda tutti.
Il cibo, il sole, la natura che ci fa compagnia donandoci le stagioni della vita. Ascolto le loro storie, le vedo, dalle storie in terracotta alle storie sul foglio coloratissimo del pensiero evolutivo, dai sei agli undici anni, il colore che astrae, dalla forma concreta all'astrazione." Primula Gialla. Storia di un fiore addormentato" Gli alunni leggono le storie, forse io avrei preferito maggiore silenzio e concentrazione, avrei chiuso ogni rumore esterno, per seguire come un rito religioso la lettura delle storie, ma io sono esagerata, tutti hanno ascoltato, le maestre, i genitori, gli alunni, tutti hanno partecipato sentendo proprio quel momento.
Andrea, alunno di scuola media, stringe il suo libro di fogli, gli altri bimbi della prima elementare guardano le loro tavolette, le prendono in mano e ne hanno cura.
La loro insegnante mi confessa quanto sia loro legata, quanto le mancheranno, anche i momenti più difficili. Sempre così ascolto da insegnanti che amano il mondo della scuola come lo amo io, un mondo di relazione affettuosa e di voglia di far conoscere quel che si ama, facendo il viaggio continuo verso l'infanzia che si lasciò. Credo che nessun altro lavoro dia lo stesso biglietto per un viaggio nel tempo. Lasciando gli alunni nella lettura di " Con il mondo nel cuore" ambientato al palazzo dei Conti de Franchis, vado via da Palazzo Nicotera verso un altro regno possibile:La scuola che fa libro.   

domenica 15 maggio 2016

Liceo Classico in Sogno di una notte di mezza estate

Il laboratorio teatrale del Liceo Classico Fiorentino di Lamezia Terme, accompagnato dalla professoressa Olga Sirianni e guidato da Greta Belometti e PierPaolo Bonaccurso, rappresentante della cooperativa Teatrop, mette in scena il 16 maggio, alla Rassegna Nazionale Scuola e Teatro a Campagna (Sa), dopo aver fatto anteprima al Teatro Costabile della propria città, la commedia di William Shakespeare "Sogno di una notte di mezza estate"

In un bosco costruito con aste di legno, come le asticelle elementari basiche con cui si iniziava la scrittura, leggiamo un testo recitato su un canovaccio sempre antico e moderno. Dalle metamorfosi di Ovidio a Romeo e Giulietta seguiamo gli intrecci di un testo giocoso, nel quale una improbabile aiutante di scena con in mano una cartelletta verde dona le parti al contrario.
 Piramo, verrà interpretato da una donna e Tisbe, da un uomo con i baffi. Il muro sarà una ragazza vestita di un bianco lenzuolo e lei stessa parteciperà alla vicenda. 
"Piramo e Tisbe, due fanciulli babilonesi, abitano in due case contigue; grazie alla vicinanza nasce l’amore. Il muro comune alle due case è solcato da una sottile fessura. La crepa viene così usata dagli innamorati per sussurrarsi dolci parole. Dopo essersi a lungo lamentati, tentano di uscire di casa nel silenzio della notte e di  incontrarsi al sepolcro del re Nino e nascondersi al buio sotto l’albero" Questo l'antefatto che si snoda poi nelle immagini similari, e nelle parti salienti,  alla tragedia Romeo e Giulietta, anch'essa più volte recitata sul palco, con i tempi tecnici di una commedia, suscitando quindi il riso e l'applauso tra gli spettatori.
Nel bosco che vede l'uccisione di Tisbe, convinta che sia morto Piramo, gli equivoci si susseguono fra le coppie di innamorati che scambiano il sogno per realtà e confondono amori, alla mercé di un fiore rosso che viene spruzzato sulle loro palpebre addormentate da un dispettoso folletto. La magia. 

Gli alunni del Liceo Classico si muovono sulla scena e fra gli spettatori con grazia e abilità di attori già smaliziati, dimostrando di aver interiorizzato la disciplina dei gesti, della mimica, della postura  richiesta  dal contesto. Fra inseguimenti e colpi di scena, un testo del seicento prende forma nel 2016 con la freschezza immutabile dei classici, che non hanno tempo, perché sono di ogni tempo.
Da Ovidio al mito ellenistico, dal teatro che Shakespeare donava al suo pubblico al nostro tempo, in cui è la scuola a dar vita al teatro.
 

Agostino Tulumello da Be Cause

Si chiama Poesia Visiva  e nasce, come movimento negli anni sessanta " "cultura del neo-ideogramma" la nuova civiltà dell'immagine, della tecnologia e dei mass-media, in cui l'Arte e la Letteratura divenivano un semplice messaggio, uno strumento dell'informazione e della comunicazione, a vantaggio del contenuto e del significato. È nella cultura del neo-ideogramma che la poesia diviene un segno, più precisamente un segno culturale e semiologico." Segno verbale e segno visivo assumono un rapporto reciproco di equilibrio senza subordinarsi a vicenda, avendo lo stesso peso nell'insieme dell'opera d'arte. 
Dopo lo studio sulla corrente a cui possiamo ascrivere Agostino Tulumello, artista del segno, visivo e verbale, seguiamo le sue opere appese in scala cromatica lungo le bianche pareti della galleria Be Cause. 

Assaggiando gli aranci che, nel trionfo di mandarini della Sicilia, arrivano al giallo solare dei limone di Amalfi, ci vestiamo delle trame e dei colori di Missoni, del tweed, quel tipo di tessuto in lana originario della Scozia, un tessuto con rigatura diagonale o disegni ricavati da varie combinazioni come la lisca di pesce e giungiamo nelle gradazioni del verde, dal verde bosco al verde prato, al leggerissimo verde delle foglie appena nate.

Nei colori di Agostino non mancano i rossi e il bianco, il grigio ed il celeste, il viola, l'azzurro che, dall'intenso, si accompagna al cielo del celeste che albeggia. 

Trame e colori, presentati da Gianfranco Labrosciano, in apertura della mostra, come poesia visiva, un lungo lavoro di struttura e sovrastruttura alla De Sassure," Nella lingua, al contrario, non v’è altro che l’immagine acustica, e questa può tradursi in una immagine visiva costante..."
Agostino rende concreta la parola, la scrive e la riscrive fino a fonderla con il colore, viaggia sulla tela con i pennelli, scrivendo in orizzontale, in verticale, in trasversale, facendo sovrapposizioni di strati, uno sull'altro, così come i giorni si sovrappongono uno sull'altro sui mesi, sugli anni, sull'eterno. 
Guardiamo noi quel lavoro impresso sulla tela, quel movimento di tempo, di mani, di spazio, che va a colorare, a riempire una tela che non finisce, potrebbe continuare, l'artista, a sovrapporre ancora  un'altra scrittura ed avremmo un libro aperto verso l'infinito creativo della meraviglia. 
D'altronde l'artista si chiama Agostino, e come Agostino D'Ippona, nelle Confessioni, ci domanda e si domanda "Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede non lo so più." 
Il tempo come distendere su tela, come sovrapposizione, come azione della nostra gioia per essere partecipi ad un flusso eterno.
Negli occhi dell'artista quella passione, quel colore nel gesto, quella soddisfazione di poter giocare con un meccanismo che potrebbe ingabbiare. Il tempo per lui è un gioco che si può colorare.    

venerdì 13 maggio 2016

Teatro: La bevuta libertà

Didattica alternativa, chiama questo progetto di teatro la dirigente del Liceo Scientifico Caterina Calabrese.

Teresa Bevilacqua, dirigente del Liceo Classico, conferma sul valore pedagogico che da oltre quattro anni le fa scegliere la guida d di PierPaolo Bonaccurso, maestro di teatro e attore premiato a livello nazionale nonché rappresentante della Cooperativa sociale TeatroP, come regista e direttore del laboratorio di alunni del liceo Classico, già premiati in prove nazionali ed in partenza domenica per altri riconoscimenti.
Il 13 maggio fanno anteprima al Teatro Politeama con Sogno di una notte di mezza  estate. Laboratorio svolto con la collaborazione di Valentina Arichetti. 
Intanto stamattina
per la rassegna Teatro Ragazzi, Concorso nelle scuole 2015-2016, gli alunni del Liceo Scientifico di Lamezia Terme ci hanno stupito e deliziato  con "The White Side Of The Moon" Il lato bianco della luna, Ipertesto, miscellanea, composto alla maniera di una Enciclopedia Einaudi Anni Settanta, con in mano un PC, le conoscenze e leggendo i link correlati e cuciti dal rigore del significato.
Una lettura che volge in bianco, nel senso di luminoso, di possibile riscatto, ogni momento difficile, ogni tragedia. Dal testo, fermo a sangue, vendetta, invidia, gelosia e follia, via verso una decisione di libertà.
Gli alunni del Liceo Scientifico hanno iniziato da questo anno, spinti dal suggerimento della loro insegnante di Materie letterarie  Mara Perri, accolto dalla Dirigente, stamattina in platea a batter loro le mani. 
Avevo già visto questo testo, in itinere, qualche tempo fa, nei locali del liceo stesso, ma il testo che ho avuto il piacere di applaudire stamattina è cresciuto, gli alunni preparati e padroni della scena, otto ragazze e un ragazzo, una compagnia vera e propria, con costumi e musiche, scenografie e tempi da professionisti.
Un testo ottimo, una rielaborazione sensata, uso il termine
"sensata" perché è ormai raro vedere testi così ben legati e mescolati, nuovi e antichi, con rispetto della tradizione del grande teatro di Carmelo Bene e insieme Osho e Capossela.

Mi piacerà rileggere il testo, mi piacerà seguire ancora questi ragazzi che con Caterina in scena si liberano di Petruzzo,  liberano il rum dall'uso terribile e solitario dello sballo, dando al teatro, nella finzione, al rum il ruolo di risate dissacranti su un dolore immenso sull'abbandono dell' amore. Una bevanda che si chiama libertà, liberazione dalle strette maglie del dispiacere, dal sentirsi inadeguati. Nel ballo finale, dove tutti ridono e giocano, poi arriva lei, la saggezza, di celeste vestita, che riprende Shakespeare ed i sogni che si realizzeranno con studio e... respirando.
Ogni storia trova la sua soluzione, cambiando, e sono queste le parole del papà di uno degli attori stamattina, nel ringraziare la scuola, dirigente e insegnanti, nel ringraziare Pierpaolo. " Mio figlio è cambiato, da quando ha iniziato questo corso. Più sicuro, deciso, sciolto.
Una libertà bevuta che si chiama teatro. Un viaggio nel pensiero con  una carrozza fatta  di reti con le ragnatele più sottili.
 Applausi e ancora applausi al teatro per davvero.
   E dopo gli applausi il dolce e un fiore fra i capelli 

lunedì 9 maggio 2016

Fausta Genziana Le Piane: Dipingere collages

Dipingere è amare di nuovo

Scrivere per collage.
Quel che ci accomuna con Fausta è questo nostro raccogliere e conservare in borsa, riponendo e dimenticando, ritrovando e rifacendo altro pensiero da quello fatto nel momento iniziale.
Un pensiero originale, nuovo, una sorpresa, su quell'oggetto, quel pezzo di carta, quel filo conservato per chissà quale scopo.
Credo di sentirmi, pur nella giocosità adulta, una compagna di Fausta, anche e solo nel gesto del raccogliere, io raccolgo pensieri, gesti, attimi, per poi buttare o fissare su brevissimi formati word.
Un foglio. 
Lei mette su cartoncino i suoi pezzi di ogni materiale, crea collages,  alcuni ora in mostra, giovedì 9 giugno, ore 17,00, in via Clitunno, 5, Quartiere Coppedé. Ci saranno 5 collages incentrati sui volti femminili e poi in autunno di nuovo con il progetto Dall'Emozione all'Immagine con Jole Chessa Olivares e Daniela Fabrizi.
... riprendo oggi 19 maggio a scrivere di Fausta, dopo aver tenuto  i suoi collages con me, sul tavolo da cucina, sul comodino, accanto al PC come amici a far bello il mio tempo. 
C'è un grande prato verde che si chiamano ragazzi, cantava Gianni Morandi, in una delle sue canzoni, ed io ripeto con lui stamattina che c'è un grande prato verde, il prato dell'amore per le cose belle.
Una grazia compositiva che ingentilisce le piccole cose, osservate e raccolte, riproposte con gesti delicati, oggetti da amare di nuovo.

Prato di fiori   
Ritaglio di stoffa e fili di lana. Dal prato verde gli steli esili hanno colori verde pallido, verde intenso, quasi a darci l'età del fiore, il fiore più alto ha il verde più scuro nel suo stelo. Girandole di fiori, come giocattoli realizzati su una ruota per incanalare l'aria e roteare su un perno attaccato ad un bastoncino. Sarà sufficiente soffiarci per farla girare o orientarla ad un debole vento. Così i fiori di Fausta girano al vento, colorati di rosa, di grigio, di blu, a righe, a cerchi, con quadrotti, losanghe, petali inconsueti finora. 
Pioggia
Ritagli di giornale, carta lucida, fiori di carta vellutata.
Piove sul prato che ora sembra un campo di grano, ci sono le spighe qua e là, e la pioggia sono chicchi che cadono, il pane che sarà.

Donne
Stencil, colori acrilici, carte veline disegnate, porporine colorate.
come fiori anche le donne ci appaiono nel fregio di un mosaico, tra l'architrave e la cornice. Donne vestite di colori, arabescate, in foglie, e a puzzle con tanti quadretti, oppure in tinta unica, in verde, in rosaaranciocolorcarne, donne che fanno esercizi in una palestra ideale ed io sono lo specchio e di lato c'è un istruttore, un efebo di Mozia, simbolo dei giochi olimpici della città di Atene. 
"Ha sorvolato cieli, continenti, mari, dopo aver trascorso millenni senza testa sotto una spessa coltre di terra in un tempio ormai devastato dalla furia degli eventi umani, naturali. L’efebo era lì a rammentarmi che la bellezza resiste, non ha paura,  la bellezza classica conforta e concilia un’armonia vera fra uomo e uomo, uomo e natura, uomo e divino. Il movimento del  suo braccio, ripiegato indietro, sulla spalla,come se reggesse un’elsa, increspa le pieghe del peplo, l’altra mano, poggiata sul fianco, sposta leggermente il suo baricentro. Sinuoso, fermo, ci aspetta, si offre al nostro sguardo con l’atteggiamento distaccato di chi ne ha viste e non ne ha viste tante da ritenerle tutte importanti ma superflue." così scrissi io un tempo lontano  e con l'efebo nella palestra ideale di Fausta Genziane Le Piane noi stiamo. " Gli oggetti hanno un potere magico" Scomporre la realtà e ricomporla a piacimento, con le parole di Fausta, sorprende. L'oggetto che vive " Freme e respira" a dirla con Kandinskij, e stamattina l'efebo di Mozia si presentò nel fotomontaggio di un collage, nel frottage surrealista di Max Ernst.  Il profumo del caffè raggiunge il foglio, le tante copertine che Fausta ha creato per i suoi "Ostaggio alla vallata" " La Chiave di Se Stessi" "Duo Per Tre" e Volo sul mare per il libro di poesie di Iole Chessa Olivares "In Pura Perdita" ed altre ancora. Per Kenavò, rivista da lei creata.  
Da Casa Duir " il castello di cui è regina,  un angolo di terra celtica trapiantato in Sabina,  in una bellissima campagna nei pressi di Casperia." riprendo da Patti, Fausta regala a noi tutti poesie e collages, parole e colori per amare di nuovo dipingere.  

mercoledì 4 maggio 2016

Franz Krauspenhaar Grandi Momenti

Grandi Momenti: "Abiura oblio aberrazione"
"La mia vita di parole la sento passare e leggermente trafiggermi."
Questo è lo scrittore, personaggio del libro che Franz fa vivere nel suo romanzo appena uscito nelle librerie con la NEO edizioni.
"Un economo dell’umore."
Lo conosciamo in day hospital mentre fa gli esami di routine per i post infartuati.
 Leggendo di Franco, il personaggio che narra in prima persona, partecipiamo ai suoi esercizi, agli incontri con altri infartuati e alle sue passioni, le automobili. Dalla Jaguar alla Porsche, passando per l'Alfa.
Ci mettiamo dalla sua parte forse per empatia fra ammalati e però, man mano, ci allontaniamo vedendo sempre di più quanto sia un individuo moralmente vuoto e nichilista, malgrado le sue tirate anarchiche.
Nei suoi momenti migliori, quelli che a me sono piaciuti di più, dialoga con le sue automobili, come nei Monologhi Automobilistici, che Francesco Stella aveva immaginato anni or sono, dialoga con la lepre che corre e che lui vorrebbe finalmente raggiungere e uccidere, nel tentativo di liberarsi dall'immaginario paterno andato via anni prima. 
Tenta il dialogo, o almeno una certa affettuosità con il fratello, pittore che "ha dipinto un cervello stilizzato e dentro, con poche
pennellate di colore scuro, ha creato come una cella, o un sentiero
che si perde dentro se stesso" per chiudere l'immenso nel piccolo.
Tenta anche una scrittura che non lo emancipa, anzi si fa beffa di lui, non è riconosciuto per i suo romanzi, ma giunge al successo con uno pseudonimo e per gialli, polizieschi che scrive senza prenderci gusto.
In effetti sembra che non prenda gusto a nulla, e il mondo letterario viene mostrato opaco, in questo atomo opaco del male, come nel 
X agosto di Pascoli. Forse la parte più fragile del libro è nel livore o nel caratterizzare così un luogo che ha a che fare con la scrittura. Critici contrari  e editore che consiglia una bella passata di botte pronta per l'uso. 
"Sento delle fitte al petto. Mi spavento, naturalmente,
però con una certa classe." ed è la classe quella che lui cerca, lo stile che, a volte, felicissimo, mi fa sorridere, malgrado la tentazione di prendere a schiaffi il personaggio, specie quando argomenta di donne, che non ci sono, se non in veste di pelo.
Pelo da raggiungere.
Lo stile comunque mi fa superare la rabbia e leggo il racconto come se l'autore abbia voluto fare un personaggio all'incontrario, senza un messaggio che non sia una riflessione sui tempi senza tempo, nel tempo che è una convenzione, concetto da me sempre molto ripetuto, sulla vita che si arrotola su sé stessa e si incontra nei periodi di infanzia e maturità lasciando un cratere al centro.

"La cosa che più mi sconcerta è che,
pur ripassando le fasi salienti della mia vita dal 1984 ad oggi,
come nel cortometraggio che i moribondi vedono in chiusura
 dei conti, io non trovo nulla di veramente importante. Nonostante
i lutti, le umiliazioni, gli insuccessi e anche i successi,
io non vedo, in fondo, nient’altro che un cratere. Nemmeno
grande: un cratere seminascosto in mezzo alla campagna"
Sulle note della canzone di Gaber, che amiamo entrambi, cantiamo uguale.
 "Da solo
lungo l’autostrada
alle prime luci del mattino.
Giorgio Gaber. L’illogica allegria.
Vorrei che parlasse di me.
Lo vorrei tanto. Vorrei essere felice come in questa canzone, ma
è impossibile."

"Finché, verso i quaranta, come un pazzo esagitato in fuga
dal manicomio, ho abbracciato la letteratura e i suoi meccanismi
insensati. Allora ho capito esattamente che il successo è
un otre vuoto, anzi svuotato"

e per dirla con lui, morte e vita  "Ma tutto mi dice che fuori da questo schifo non esiste altro, che la natura è limitata È come quando vieni addosso a una donna, sei alla fine degli spasmi violenti, dell’invasione, e riprendi a pensare con un certo ordine: ecco che metti a fuoco i fiotti di sperma sulla sua pelle bianca, rilassata, come una specie di pioggia spaziale, esoterica. È la sostanza vitale che s’è spersa nel cosmo. Tutto vive e tutto muore, in quel momento. Un momento dolce e brutale al contempo"

Un applauso a Franz Krauspenhaar che con stile andrà in giro, guidando una Porsche!