venerdì 8 aprile 2016

Il bravo presentatore come Vespa

La foto chissà a cosa si riferisce ma noi tutti vedendola penseremmo ad un atto della magistratura verso un giornalismo che sfiora il sensazionalismo e gode dei morti e delle disgrazie.
Aggiungo stamani, 25 agosto 2016, queste due domande ad un mio articolo sui tanti che fanno come Vespa, ovvero la stampa morta e non estratta dalle macerie di un luogo nefasto chiamato televisione.
Chi è Vespa? Perché non spegnete quel terremoto vivente che in lui si perpetua? Nel 1987 insegnavo a Mesoraca e ricordo Vespa domandare, gustando la notizia, al cronista sul luogo della sciagura, per un telegiornale:-Quanti morti? Quanti morti?
Che fastidio doverlo ascoltare! Chiusi per sempre il telegiornale


Vediamo chi è Vespa e i tanti vespini

"Il bravo presentatore presenta e presenta col fiore in bocca, un prato, una serra, un mazzo così. Un mazzo di fiori.
Il bravo presentatore presenta giulivo qualsiasi libraccio, librino, libretto, sarà che è sempre stato un liberto così.
Il bravo presentatore dà la parola, dice che è tanto contento di essere stato invitato proprio quel dì.
Signori e signore, inizia col dire, ringrazio la libreria che ci ospita, il comune che ci patrocina, l'ente o il sistema, il gruppo o associazione che fece evento di un vento così.
Grazie e ancora grazie, il libro, lo scritto, l'autore, mi sembrano degni di cotanta attenzione, mi sembra che il tema sia di attualità, scottante o un po' freddo, sul tiepido andante, ma certo gustoso, molto gustoso, da meritare le vostre letture.
Come già dissero De Sartino, Favese  e Bollè, anzi come disse il sommo, oppure la somma di cotanti scritti, qui siamo in presenza di un senso, due sensi, forse anche cinque sensi. Di più, poi ci sta il sesto senso, quello della bellezza, che salverà il mondo, che ci educherà, che siamo belli e lo siamo davvero. Siamo tanta cultura. Non vedete quanto sono istruito io? Quanto sono bello! sono un bello, una bella cultura. 
Il bravo presentatore non sbaglia un avverbio, un congiuntivo, un titolo, un autore citato, porge a memoria sempre lo stesso dettato e voi ascoltatori, se lo imparerete, saprete che cosa dirà nel capoverso seguente, nel periodare.
A memoria e sempre uguale. Passione sempre sarà, conosci i tuoi sogni e fai bei sogni, le emozioni saranno servite come  dolce in cucchiaio a volontà. Vi emozionerete davvero tanto, le budella vi si torceranno e poi felici ed ubbidienti andrete a comprare il libro del giorno con dedica in fronte.
 A questo punto mi sono ricordata la pizza in forno appena salvata prima che mi si bruciasse davvero e non avrei salvato la cena. 
Ma  noi siamo bravi, leggiamo leggiamo, guai se diciamo che il libro fa schifo, come con Vespa al suo Porta a Porta, guai se diciamo   che Riina figlio è uno scemo e Riina padre è un mostro e ha fatto ammazzare Falcone e Borsellino, quelle sono solo Cose di Cosa Nostra, guai se diciamo che anche quaggiù, senza morti ammazzati, i nostri bravi presentatori ammazzano ogni giorno quel poco che resta della libertà.
Non si può. Siamo forse invidiosi di cotanta bravura? Non inneggiamo e ci spelliamo le mani per gli scritti di nuovi emergenti che hanno saputo imboccare la strada dell'omaggio a cotanta speme?  suvvia come sappiamo fare bene benissimo facciamo  un applauso al re e al suo corteo... che tanto qui ne facciamo a meno"  

lunedì 4 aprile 2016

Guido Tonelli a Lamezia Terme

Se il mondo fosse un uovo. Se l'universo fosse un uovo. 
Guardo le due uova cadere perfette nel piatto, con albume come galassia, e vedo nel  tuorlo il non precisato luogo da cui tutto nacque.
Sono queste le visioni che mi porto a casa dopo la mattinata trascorsa al Liceo Campanella ad ascoltare Guido Tonelli, fisico italiano, scopritore, con Fabiola Gianotti, direttrice del CERN, del bosone di Higgs.
 "Il bosone di Higgs  ha il compito di dare massa a tutte le altre particelle e, se così non fosse, il nostro universo non esisterebbe e non esisteremmo neppure noi" 
Il professore Guido Tonelli ce lo ha spiegato stamattina in un auditorium affollato da studenti di più istituti, compreso il Liceo scientifico di Decollatura
"La nascita imperfetta delle cose - La grande corsa alla particella di Dio e la nuova fisica che cambierà il mondo". Il suo libro, la sua vita. 

Una ricerca astratta che produce cambiamenti nella vita di tutti noi, è la fisica.
I fisici si fanno le domande che si fanno i bambini. Da dove veniamo? quale l'origine dell'universo?
I fisici si mettono in viaggio per capire, e con un equipaggio di esperti vanno a vedere cosa ci sia al di là. In un universo di 13,8 miliardi di anni. Un universo vecchio e freddo.  Cosa ci sarà?
La curiosità prende il sopravvento, senza curiosità nessuna scoperta è possibile, sta dicendo il professore, mentre io sto felice ad ascoltare, da digiuna di fisica. 
Le sue parole semplici e chiare mi giungono. Continuo a prendere appunti mentre lo vedo nel suo tentativo di riportare la materia verso un non luogo dove non ci sia tempo e spazio.  
Ci mostra le diapositive:
gli strumenti utilizzati per la ricerca. Due strade complementari si sono seguite. I super microscopi per guardare i dettagli ed i super telescopi per osservare gli ammassi stellari. 
Tutto è nato da un punto infinitesimo in un tempo spaventosamente piccolo, con un gonfiamento improvviso e poi il punto continua ad allargarsi finché finirà nel buio. Dalla luce al buio. E luce Fu. 
Guido Tonelli ci porta via con lui e ci mostra la materia di cui noi siamo fatti, polvere di stelle.
La materia è fatta di particelle che interagiscono con altre particelle attraverso l'elettromagnetismo. Interazione di particelle che è la stessa cosa di interazione fra rapporti amicali, io spesso parlo di elettricità nelle scelte. Certo poi trovo spesso chi spegne la luce, ma non stamattina. 
Stamattina siamo tutti felici perché in fisica la massa pesante muore e la massa leggera va. Cos'è la massa?  Nulla senza interazione. Impossibile qualunque forma di vita intelligente senza interazione. 
Nell'affascinante viaggio delle particelle prive di massa che attraversano una ragnatela e qualcuna viene imprigionata, si ferma, assume massa, in questo sta la ricerca del Cern: trovare la particella che formò massa nella tela del ragno universale. Per far questo si è costruito un anello di 27 chilometri, 16 anni di lavoro, con quella idea in testa. 
Idea che ha dato Premio Nobel per la fisica nel 2013 ad Englert, 81 anni, della Libera Università di Bruxelles, e Higgs, 85 anni, dell’università di Edimburgo. Essi  hanno teorizzato l’esistenza del bosone di Higgs in modo indipendente nel 1964. Englert aveva pubblicato il suo articolo insieme all'americano Robert Brout, morto nel maggio 2011... lo aggiungo  Brout fra i due, dice il professore Guido Tonelli.
Restano dopo questa scoperta molte domande: energia oscura, materia oscura, un quarto dell'universo fatto di materia oscura. Oscura. E ritorniamo con i filosofi a sapere di non sapere.  Al Mondo conosciuto fatto di quattro dimensioni forse potrebbe aggiungersi un mondo da esplorare con sei sette, otto, dieci dimensioni.
Nell'incrociare fantascienza e filosofia, etica ed immaginazione, nella capacità di costruire congetture e nell'osservazione dei fenomeni sta la fisica, mentre io ricordo i sofisti ed Eratostene  misurare il raggio della terra senza errori con lo «gnomone», un bastone piantato verticale in un terreno pianeggiante. 
Le idee nascono dai singoli, sta dicendo ora, mentre con le mani ci racconta i greci, le Parche, il destino, il filo. Noi siamo appesi ad un filo, l'intero universo è appeso ad un filo, in quella precarietà che dovrebbe insegnarci la giustizia per tutti e la sincerità, l'umiltà e non la supponenza, la pace e non la guerra, ed invece come girini in uno stagno continuiamo a farci del male anche nelle interazioni più semplici. Nel suo ringraziare il professore di filosofia che al Liceo Classico gli insegnò la logica, l'importanza del metodo deduttivo, del ragionare con la propria testa, ritorna a sottolineare la determinazione nel credere in idee nuove e nell'immaginazione come strumenti necessari. Uno su mille ce la fa, sorridendo al bosone che ce l'ha fatta a fermarsi, sorridendo ad un universo onda su onda, della celebre canzone, sorridendo alle onde gravitazionali dell'undici febbraio, data dell'uscita del libro, racconta un apologo persiano. 
Un uomo chiede ad un saggio come diventare un poeta. Costui gli consiglia di imparare tutte le poesie del mondo, ma, quando egli  torna da lui, dopo averle imparate tutte, il saggio  gli ordina di dimenticarle. Solo imparando e dimenticando ci sarà la creazione, quell'imponderabile che nasce all'improvviso. Arte è, come nella  Fisica. All'improvviso.  
   

mercoledì 30 marzo 2016

Il caso Spotlight

Per LameziaSummertime ritorna Il Caso Spotlight, da me visto all'indomani dell'Oscar. Questo il mio pezzo di quella sera.


Al cinema, al cinema, ore 22, al cinema ieri sera.
La sala al completo.
Molti gli spettatori venuti per vedere Il Caso Spotlight da poco Oscar 2016 come miglior film e migliore sceneggiatura.
Anche io, grazie a Carla, sono al cinema. Grazie di nuovo per avermi dato l'opportunità di vedere un bel film.
Da una storia vera: un’inchiesta premiata col premio Pulitzer.
Un film che dovrebbero dare nelle scuole, nei corsi di giornalismo, nelle redazioni che non ci sono più. 
Una lezione di giornalismo investigativo.
Vedo il film  con nella testa i racconti di alcuni  giornalisti che vanno a chiedere nelle procure atti processuali e nelle cartellette, spariti i fogli, non stanno più documenti importanti, testimonianze. Seguo il ricercare le fonti e fare verifica che siano prove certe e non per sentito dire, vedo l'andare di persona a bussare porta per porta, a chiedere e chiedere ancora senza cercare quella scappatoia del fare come fanno tutti: Copiare quel che si è già detto. 
Vediamo i giornalisti sottolineare testi, raffrontarli, selezionare  nomi, cercare quelle associazioni che illuminano di verità i fatti. Credo sia quello il momento più importante del film, quella lettura minuziosa dei nomi, delle motivazioni con cui i preti venivano spostati dalle diocesi, a premiare il film, l'inchiesta, ed il giornalismo tutto, se fatto come si deve fare. 
Spotlight: luce della ribalta; proiettore, riflettore, faretto. Puntare il riflettore su qualcuno, su qualcosa. Dal vocabolario. 
 attenzione  pubblica, ribalta. Essere al centro dell’attenzione.
Siamo nel 2001 in pieno crollo delle torri, l'inchiesta continua. 
Un film in un giornale. Il quotidiano The Boston Globe. 
Un film in una stanza di questo giornale, la stanza della squadra di Spotlight, quattro giornalisti "Il caporedattore del team Spotlight, Walter “Robby” Robinson, i cronisti Sacha Pfeiffer e Michael Rezendes e lo specialista in ricerche informatiche Matt Carroll"  indagano, su suggerimento del nuovo direttore, ad un caso di abuso sui minori perpetrato da un prete, da molti preti, troppi preti,  e coperti dal cardinale Bernard Law  autore di un libro sul catechismo.  Il catechismo del cardinale mi sembra l'ultima irrisione verso abusi continui che molti hanno subito sotto la grande istituzione della Chiesa. Lo stesso Cardinale ora sta a Roma e compiuti ottanta anni  il 21 novembre 2011 è diventato arciprete emerito della Papale Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore.
Al di là quindi se una inchiesta possa cambiare e scalfire un Totem granitico come La Chiesa, nei suoi comportamenti più omertosi, resta la grande lezione giornalistica del gruppo, della validità di credere possibile la verità, se supportato dalla  fiducia di un direttore.  Sempre il Capo fa un giornale. Nello stesso giornale molti anni prima erano arrivati lettere sui fatti e non erano stati presi in considerazione. Il direttore di un giornale è l'anima di un giornale. Questa la grande verità premiata agli Oscar questo anno.  

martedì 29 marzo 2016

Leggo

Leggo negli occhi, nei gesti, nei vestiti, leggo il romanzo che non fu scritto mai.
Leggo da voi, nei vostri messaggi, nelle confidenze, nel silenzio di tutti.
Leggo al di là del vostro vestito, della professione, della famiglia e dell'età.
Leggo e poi chiudo con un sospiro, con rassegnazione, quel libro che scriver non so.
Certo potrei, se mi impegnassi, scriver di quello che ho letto in giro, nelle giornate della pasquetta, nel martedì del carnevale, nel giovedì del capodanno, nel venerdì di ferragosto.
Sarebbe un bel libro in bianco, con frasi e risate, quante risate!, su chi non è presente quel dì, sul parlare e mangiare tanto per fare una bella festa.
Leggo e continuo su quella pagina a fermare il dito, a prender matita e a sottolineare quel verso, quella risata che, all'improvviso, mi appare di scherno su chi la legge e su chi la fa.  
Leggere è quell'azione che non si vede, leggere non è come il parlare, il camminare, oppure il mangiare. 
Puoi leggere tranquilla ogni persona senza che lei si accorga di niente, puoi fare i tuoi appunti, puoi metter le orecchie a quel suo libro, in ogni momento. 
Infatti lo faccio e non mi diverte sgualcire il libro della vostra esistenza.
Mi sto di lato, sto in un canto a leggere soltanto una pagina scritta.
Quella che scrivono i veri autori  

venerdì 25 marzo 2016

Una Via Crucis Continua


Sembrano tante le stazioni che con la croce sulle spalle pellegrini e fedeli stiano facendo stamattina. Più del consueto. Le 15 Stazioni della Via Crucis cominciano davanti al Sinedrio dove Gesù è condannato a morte. Ed il volto di Gesù stamattina è il viso di Giulio Regeni, torturato in Egitto dai servizi segreti per farlo parlare, per sapere da lui qualche verità. Gli avranno chiesto chi lui fosse, cosa sapesse, quali documenti avesse in mano, e nel chiedere gli toglievano le unghie ad una ad una. Ho letto pochissimo sulle torture inflitte, ho letto pochissimo, eppure stamattina Giulio Regeni con il volto di Gesù mi racconta la sua stazione, con la Croce sulle spalle.
Seconda stazione. 
Dopo averlo schernito, i soldati spogliarono Gesù della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. 
Dice Gesù: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua". 
Seconda stazione.
La croce, simbolo di umiliazione, di scherno e di uomini in mano ad aguzzini, mi porta nelle stanza di Foffo e Prato, questi due che seviziano Varani, lo uccidono perché lui grida, ci mette troppo a morire, nella terza stazione lui cade sotto la croce. 
Nel cammino verso il Calvario Gesù incontra il Cireneo, la Veronica che asciuga il suo volto e Gesù cade la seconda e la terza volta accorgendosi che molti godono della sua caduta. Come i tanti commentatori insulsi godono nell'avere carne fresca dilaniata ogni mattina per riempire i loro talk show senza nessun rispetto.

 Le nostre stazioni quotidiani continuano così, nei vestiti stracciati dei morti in Siria, nei barconi capovolti in un mare sempre più tomba, nello sguardo sbrecciato delle nostre vie deturpate, stanno qui  tutte le stazioni di un dolore senza fine. Esplosioni di un malessere voluto da concentrazioni di interessi a noi sconosciuti. Noi vediamo solo il sangue, la Via Crucis continua senza una Resurrezione.

Quel che mi dispiace è che Regeni non possa resuscitare. Quel che mi dispiace è che dopo tre giorni non possano resuscitare le tante persone uccise e annegate in ogni luogo di questo mondo crudele. Quel che mi dispiace rimane una preghiera silenziosa. Una Via Crucis continua


martedì 22 marzo 2016

The Final XXI Sec Paolo Zardi Romasecretstore

Auguri al libro che compie un anno. XXI Secolo di Paolo Zardi
Auguri cari con mio pezzo in regalo. Non potendo essere a Roma a The Final XXI Sec- Romasecretstore- organizzato da Satellite Libri, sarà come esserci con un post. 

" Il giorno in cui trovò il telefono" forse il titolo sarebbe stato questo se l'urgenza di universalizzare a tutto un secolo la mutevolezza e la distanza fra pulsioni e realtà non avesse avuto la meglio. Quindi il particulare, la vicenda di Eleonore, in coma, e del marito, che trovò il suo telefono e vide nella memoria centinaia di foto salvate, e l'universale, il mondo intorno che erutta croste e cacche di cani, al guinzaglio di imbecilli, questi due elementi si incontrano e animano il romanzo nella mente di un venditore di filtri per l'osmosi inversa. Un depuratore. Il protagonista è un uomo di quarantacinque anni, padre di due figli, sposato, con mamma ottantenne, sorella e cognato, ed una moglie in coma.
Intorno tutto sbrecciato; "nel momento in cui la sua vita si era trasformata in una lunga, macchinosa indagine" nessun poliziesco lo aiuterà a trovare risposta ai suoi dubbi. Lo soccorrerà l'infanzia, la ricerca di luoghi abitati da Eleonore, con segni tali da aprire un pianeta sconosciuto. E Poi? 
Sconosciuti. Con una scrittura essenziale e con un tono narrativo sempre teso, seguiamo il marito alla ricerca di rapporti amicali, intrattenuti dalla moglie. Rapporti con sconosciute, per lui. Ci siamo interrogate, un giorno, con mia sorella, su cosa sapessimo una dell'altra, oltre ai legami familiari. Era pochissimo, eppure viviamo a cinquanta metri di distanza. Così per tutti, ed il libro chiede una seria e composta riflessione su affetti, attenzioni e rispetto di identità e scelte. Dove vogliamo e con cosa vogliamo riempire un vuoto che il secolo in corso ci mostra con una crudezza impietosa. 
Nel coma di un secolo che stenta a vivere con dignità ci sta la tragica coscienza di essere, come individui, preda  di  inconfessabili verità. Nel film recente anche  Paolo Genovese, regista, nel  sottotitolo di Perfetti sconosciuti ha usato una frase di Marquez: "Ognuno di noi ha tre vite, una vita privata , una vita pubblica e una vita segreta" continuando  "C'è in tutti noi una parte inconfessabile, qualcosa di noi che non vogliamo far conoscere agli altri, e oggi questa parte passa attraverso i cellulari." Sembra lo stesso dialogo che si faceva un anno fa Paolo Zardi nel dare a noi lettori il suo romanzo da leggere. Un altro titolo di un libro di Zardi " Il giorno che diventammo umani" sembra essere il perfetto sigillo di chiusura del libro XXI secolo, con l'augurio che libri così possano sempre trovare lo spazio per giungere nel particulare delle case di ognuno di noi.  

sabato 19 marzo 2016

Veronica Montanino al Marca. Paint it black

Al Marca con Veronica Montanino Paint it black

Senza confini se non lo smalto, la vernice lucida e nera che cola uniforme su tutto. Entriamo nel mondo nero, nerissimo di Veronica, La canna da pesca e l'amo, in evidenza, i tubi, i salvagenti, l'ombrello, e sembra che il mondo sia tutto nero come nella famosa canzone dei Rolling Stones
poi andiamo oltre, senza confini, nel colore che rutilante ci accoglie nelle altre sale e giungiamo al suo video, alle stanze dei bottoni di un potere che colorare ci può, tanto, troppo, per far diventare tutto nero. 

Una scatola di bottoni in una merceria coloratissima. Molte scatole di bottoni rovesciate su un piano smaltato e lucido. 
Tantissimi smarties sui volti dei bambini al cioccolato, sui corpi spennellati per essere preparati al sacrificio del rito. Era così un tempo il colorare i visi, i corpi, nel sacro offrire al Dio un corpo disegnato. 

Entriamo nella stanza dei giochi, nella festa di compleanno dei tanti adolescenti, nelle bamboline messe in ordine in una ciotola,
nel telefono e nel braciere in rosa fucsia dei tantissimi blog letterari, nel cerchio e nelle spirali, nelle torte e nei piatti su tavole sempre più smaltate. Antologia di segni. Insieme alla soffitta che, svuotata dai mille oggetti, sta qui colorata, come pavimento.
Il trionfo del non color. Oltre il color.
La profusione dello smalto, della vernice, mi ricorda le unghie super lavorate che donne in nero mostrano ad ogni cerimonia. Il troppo raggiunge il nero e così mi si svela forse il gioco dell'artista nel mettere il nero in prima pagina. Dal titolo dei giornali della cronaca. Sbatti il mostro in prima pagina.
" Vedete?" Sembra ci dica Veronica, " Il mondo è tutto nero, sempre. Con il gioco dei colori poi possiamo spennellare e divertirci sia sui corpi che sui luoghi per prepararci al nulla. Perché festa non ci sarà."
E nessuna letizia giunge da quei colori, nessuna liberazione, nessuna voglia di combattere. Sazi e scontenti.
Alan Jones, newyorchese, scrittore, critico e curatore di mostre d’arte, uno dei massimi conoscitori della scena della Pop Art, questa sera con noi parla di fantasia, di fantasmagoria e poi lancia la provocazione che l'arte vada cercata nelle osterie, perché nei musei, l'arte non è più arte è ideologia. 

Mi soccorre Pessoa stamattina e con lui un grazie infinito ad Antonio Pujia Veneziano che, strappandomi alla monotonia della mia esistenza, ieri sera mi portò al Marca, regalandomi una bellissimo incidente, non di certo insignificante.
Alan Jones nelle presentazioni gli disse:" Veneziano? Stamattina ero con i veneziani a Venezia e stasera sono con un Veneziano." Sorridendo della coincidenza con noi.
Evviva l'amore per l'arte che ci unisce e che ci meraviglia.  
Saggio è colui che rende monotona l’esistenza, poiché in questo modo ogni incidente insignificante offre il privilegio della meraviglia
Fernando Pessoa