Oggi otto marzo compleanno di mio figlio.
Augurando a lui buon compleanno regalo a me e a tutti noi La Forma Fragile Del Silenzio.
Un titolo che mi ricorda un altro libro da me molto amato: La forma minima della felicità.
Un titolo che mi ricorda un aggettivo molto amato, scritto sulle cose che devono essere maneggiate con cautela: Fragile.
Un titolo che mi ricorda un sostantivo che accompagna gli anni, i mesi, i giorni, le ore, i minuti, dilatando la forma del nostro tempo.
"Il silenzio fa entrare nella vita degli altri come aria."
Strana la storia del suo arrivo da me.
Prima ho conosciuto il personaggio poi l'autore. Infine ho letto il libro, una volta, due volte e, ora, nel giorno della donna, mi regalo la rilettura di questo racconto diversamente abile.
Lo scrivo sorridendo.
Amo questa forma di scrittura che associa rughe al cielo, che avvicina concetti e crea coordinate dove sembra che non ce ne stiano.
Scrittura così "finché la donna spoglia il volto da un sorriso sbagliato"
Leggendo annoto i pensieri dell'adolescente "Cerco attrezzature per immergermi nell'illusione, le narrative sottomarine di zio Baldo mi aiutano. Ci sento colonne sonore, e le rare canzoni dalle note emotive delle pubblicità; è come avere un canale che comunica con ciò che si nasconde. Abbiamo sempre qualcosa che resta assopito dentro di noi, con cui non si riesce a entrare in confidenza."
Questa lettura è un dono per la mia festa, non in quanto donna, ma in quanto genitrice di unico figlio. Oggi compie ventisei anni. Dieci in meno ne ha il protagonista, di sedici anni, e soffre di un mio stesso problema, una difficoltà che io risolvo sedendomi al primo posto negli spettacoli teatrali, piantando gli occhi attenti nelle conversazioni, quasi in bocca al parlante, e vedendo film con sottotitoli oppure rileggendomi la sceneggiatura.
Sedici anni, non sentire ed accorgersi di avere un senso che sta per scomparire " Allora vado per esclusione, consulto, scavo avido nei disaccordi, nei paroloni, e per democrazia scelgo il più frequente, aplasia, cioè una malformazione dell’orecchio interno.
E ancora non so cosa porterò nel futuro afono. La misura di quel luogo mi spaventa, circola attorno"
"Devo fare memoria dei suoni, ne avrò bisogno quando perderanno lingua e traduzione. Ho cercato sui libri e nelle notti sul web una guida, un libretto d’istruzioni, ma il popolo degli audiolesi sembra tanto variegato da avere scarse indicazioni per chiunque."
"Ho bisogni da niente, roba di rincalzo, con la chitarra però sono attento. È lei a darmi le coordinate.Nicola è d’accordo: «Il vero musicista è lo strumento, tu sei solo quello che spinge gli interruttori.» I tasti, le corde sono come l’inchiostro dei libri, ciò che permette di leggere le idee." Suonare la chitarra nonostante ci sia questa diminuzione. Restare con amici e frequentare la compagnia, con Sugar, per esempio.
" Sugar odia le cose durevoli. Le piace tutto ciò che ai normali disorienta: il colore dei petali sfioriti, la testa spettinata, gli occhiali privi di lenti, la cornice dei quadri, rompere le noci senza mangiarle, la scialuppa tra i motoscafi. Il bacio sulla guancia piuttosto che in bocca, più morbido e meno ansioso. Ha una frangetta Siamo uniti su Gallagher"
Mentre leggiamo noi conosciamo il protagonista del racconto con i suoi amici e le sua passione per la musica, prende vita il non luogo dove abita e osserviamo con lui in alto.
"Guardo le nuvole pigre, mentre il cielo sembra invecchiare sotto le rughe del vento. Poi crolla sull'orizzonte, rovesciando rotoli celesti come sbuffi di fumo."
Con nella testa le note della canzone La voce del silenzio, cantata da Mina, io continuo a leggere "La mia grande opportunità è poterlo sondare, esplorare, quel silenzio che agli altri spaventa.
Ha parole che mi cadono davanti minuscole e non ho ragionevoli piani per schivarle, né la voglia di arrendermi alla loro assenza di mete.Vedo le patate che si arrossano, sento l’aroma dialogare coi visceri: manca solo il crepitare dell’olio, lo scoppiettio delle ricette che mamma insegna nei giorni invernali, quando il freddo abbrevia le distanze. I sentimenti sono una lunga costruzione che spesso rallentiamo per farla durare nel tempo, ed alzare il costo del preventivo. Ci adoperiamo a insidiarli nell'animo, perché abbiamo bisogno di guai. E se il guaio non c’è, lo inventiamo. L’ostacolo del silenzio è una parete alta e troppo liscia, ogni tentativo di scavalcarla con gli occhi si spegne prima di scoprire un appiglio."
Amare uno stile narrativo vuol dire questo continuo copia e incolla dal testo per farvi conoscere un passaggio, un accostamento, una musica. Amare è far sentire una musica che vi entrerà in testa con suono e parole, immagini e personaggi.
"Tutte le note hanno melodia, è inutile perseguitarle in un elenco riassuntivo destinato all'addio."
"La vita è musica, mi va bene anche mutilata, ma ogni tanto cado in questi sconforti, vuoti d’aria interiori in cui perdo quota, velivolo senza ali."
Continuo a leggere imponendomi di non continuare a farvi assaggiare i passaggi, la bellezza di un costrutto linguistico personale, continuo a seguire i percorsi, dalla cantina buia dove noi, con Lucio Battisti in testa. Cantine dove si sono riuniti sempre gruppi di adolescenti a suonare il bel suono dell'entusiasmo.
Nel gruppo che è forma, da formazione, La Forma Fragile Del Silenzio mi ricorda tutto un Regno degli amici, quel paese che io conosco leggendo e leggendo sullo schermo del PC.
Sotto il segno dei pesci che nuoteranno felici sulle note di un libro, sulle note di mio figlio e di ogni fantasia azzurra. Sincera, come l'acqua di un fiume di sera... Cantando e suonando, non Bruno Lauzi ma Gallagher; aspettando il 30 marzo quando uscirà in libreria.
Ne saremo felici perché più bella cosa non c'è nel regno della Litweb
Con Paolo, il protagonista del libro, che di sé stesso scrive così " Ecco, sono qua per colpa sua, e siccome dovrò starci del tempo, vorrei tanto chiedervi aiuto. In fondo ho solo 16 anni, mi hanno scelto carattere, epoca, luogo e destino senza chiedere nulla. Così. Il fatto che li abbia in un libro mi fa venire il sospetto che restino tali a lungo. Spero non troppo. Abito in una città della pianura padana ma vengo dal sud; sono figlio di genitori separati, suono la chitarra e mi domando ogni giorno perché accidenti Mercury e Justin Bieber siano uno morto e l'altro nato per la mancanza di un profilattico. Ho degli amici; alcuni suonano con me, altri sono compagni di scuola, di vacanze, di sciocchezze.
Sto scoprendo la letteratura di Verga, i primi amori, il lavoro con lo zio. C'è chi, per una sola di queste cose, dice lo strano tipo che m'ha creato, si sente già troppo occupato così.
Di una cosa però sono certo: il viaggio andrà bene se troverò qualcuno con cui parlare, scrivere, scambiare i sogni come compagni di gioia o di malinconia."
martedì 8 marzo 2016
lunedì 7 marzo 2016
La notte in cui gli animali parlano Sante Roperto
In effetti sarebbe meglio non sapere il nostro domani, cosa si pensa di noi, cosa in realtà abbiamo fatto capire.
Mi sembra questo il cuore del racconto che, con due storie parallele, segue un nonno ed un nipote, uno soldato, costretto andare in Africa, nel deserto africano, ad El Alamein, per conquistare Tripoli, bel suol d'amore, cantava la canzone dei tempi, e l'altro di ritorno, come ogni anno, a Conflenti, da Roma dove lavora ad una radio.
Due storie che avranno spinto l'autore con l' urgenza di testarsi in un genere narrativo dopo essere stato corrispondente di Superbasket e aver lavorato per le reti di Lunaset.
Una storia parallela che, anche se le rette non si incontrano mai, poi si riunisce nel racconto che il nonno fa al nipote sulla leggenda della notte dell'Epifania.
" Una notte magica, l'unica nella quale gli animali avevano il dono della parola. Chi aveva animali, quella notte, li accudiva molto bene, per paura che annunciassero disgrazie. Un fattore, però, volle ad ogni costo ascoltare cosa dicessero i suoi animali e si nascose nella stalla del bue e dell'asino.
Loro due erano intenti nella siffatta conversazione: avrebbero dovuto lavorare tanto l'indomani, perché costretti a trasportare su un carro il padrone al cimitero. Nel sentire quelle parole il fattore, terrorizzato, giunto a casa, morì"
Qualcuno raccontava che altri prodigi avvenissero quella notte ma essendovi divieto di uscire per le strade nessuno poté vederli. Vero è che si è sempre creduto che i morti si incarnassero negli animali, vedi il film Fluke, di Carlo Carlei, e affidassero a loro i messaggi per i loro cari viventi.
Resta quindi, sempre in tutti noi, questo desiderio di raccontare storie, di conservarle e ripeterle a nipoti ed amici, come tentativo a volte riuscito, a volte no, di aver ascolto e di tramandare quel messaggio di esserci stati.
Essere stati in un luogo che all'autore sembra bellissimo, un paese in festa, nella processione della Madonna, a fine agosto, una Chiesa dell'Immacolata che stava proprio di fronte la finestra del nonno.
Ogni luogo raccontato diventa altro ed io ho stentato a riconoscere quella Conflenti che, pochi mesi fa, avevo io intravisto, di passaggio.
Una Conflenti sciupata, sedie di plastica di fronte la facciata della chiesa e la quercia tagliata o bruciata e non sostituita. Una Chiesa di San Nicola in lacrime e strade e balconi riadattati a infissi che stridevano, come strideva il senso di abbandono dei luoghi, ben descritto da Vito Teti, ne Il Senso dei luoghi.
Ma qui siamo in una esperienza personale che, anche se non contiene autobiografia, se non nella storia del nonno, continua a vedere il paese come il paese che avrebbe dovuto essere o almeno quello che piace vedere. Con un guardare d'amore. Nella trasfigurazione dell'innamorato.
Infatti il libro inizia con una citazione di Georgi Gospodinov "Gli amori che non sono successi durano tutta una vita" contemplando in questi amori anche l'amore per il proprio paese
Mi sembra questo il cuore del racconto che, con due storie parallele, segue un nonno ed un nipote, uno soldato, costretto andare in Africa, nel deserto africano, ad El Alamein, per conquistare Tripoli, bel suol d'amore, cantava la canzone dei tempi, e l'altro di ritorno, come ogni anno, a Conflenti, da Roma dove lavora ad una radio.
Due storie che avranno spinto l'autore con l' urgenza di testarsi in un genere narrativo dopo essere stato corrispondente di Superbasket e aver lavorato per le reti di Lunaset.
Una storia parallela che, anche se le rette non si incontrano mai, poi si riunisce nel racconto che il nonno fa al nipote sulla leggenda della notte dell'Epifania.
" Una notte magica, l'unica nella quale gli animali avevano il dono della parola. Chi aveva animali, quella notte, li accudiva molto bene, per paura che annunciassero disgrazie. Un fattore, però, volle ad ogni costo ascoltare cosa dicessero i suoi animali e si nascose nella stalla del bue e dell'asino.
Loro due erano intenti nella siffatta conversazione: avrebbero dovuto lavorare tanto l'indomani, perché costretti a trasportare su un carro il padrone al cimitero. Nel sentire quelle parole il fattore, terrorizzato, giunto a casa, morì"
Qualcuno raccontava che altri prodigi avvenissero quella notte ma essendovi divieto di uscire per le strade nessuno poté vederli. Vero è che si è sempre creduto che i morti si incarnassero negli animali, vedi il film Fluke, di Carlo Carlei, e affidassero a loro i messaggi per i loro cari viventi.
Resta quindi, sempre in tutti noi, questo desiderio di raccontare storie, di conservarle e ripeterle a nipoti ed amici, come tentativo a volte riuscito, a volte no, di aver ascolto e di tramandare quel messaggio di esserci stati.
Essere stati in un luogo che all'autore sembra bellissimo, un paese in festa, nella processione della Madonna, a fine agosto, una Chiesa dell'Immacolata che stava proprio di fronte la finestra del nonno.
Ogni luogo raccontato diventa altro ed io ho stentato a riconoscere quella Conflenti che, pochi mesi fa, avevo io intravisto, di passaggio.
Una Conflenti sciupata, sedie di plastica di fronte la facciata della chiesa e la quercia tagliata o bruciata e non sostituita. Una Chiesa di San Nicola in lacrime e strade e balconi riadattati a infissi che stridevano, come strideva il senso di abbandono dei luoghi, ben descritto da Vito Teti, ne Il Senso dei luoghi.
Ma qui siamo in una esperienza personale che, anche se non contiene autobiografia, se non nella storia del nonno, continua a vedere il paese come il paese che avrebbe dovuto essere o almeno quello che piace vedere. Con un guardare d'amore. Nella trasfigurazione dell'innamorato.
Infatti il libro inizia con una citazione di Georgi Gospodinov "Gli amori che non sono successi durano tutta una vita" contemplando in questi amori anche l'amore per il proprio paese
mercoledì 2 marzo 2016
Il ponte che arriverà. Con Giorgio Lupattelli
Sono passati più giorni dalla domenica del 21 febbraio, quando io, in macchina con Silvia Pujia, felice, mi avvio al Marca di Catanzaro per assistere alla costruzione del ponte con mattoncini Lego.
Il viaggio, in allegria, racconta la duplicità dell'arrivo di due bimbi a maggio, e i due gemelli Plutino volteggiano in auto con le loro ellissi e coordinate simmetriche.
Silvia lavora al Marca e si ferma al suo tavolo, mentre io salgo le scale e raggiungo la mostra, l'autore, i ragazzi presenti e i responsabili del luogo.
Saluto Giorgio e gli altri, comincio a prendere appunti.
L'idea è di costruire un ponte, in omaggio, quasi, al ponte di Catanzaro.
In realtà il ponte avrebbe dovuto essere pronto per l'inaugurazione della mostra, il 16 gennaio, però, quando furono richiesti i mattoncini, si era già nelle prossimità del periodo delle festività natalizie e la Lego aveva esaurito le scorte. Solo il primo febbraio avrebbe potuto accettare nuovi ordini.
Questi mattoncini, provenienti dalla Danimarca, sono stati ordinati a Londra, dagli organizzatori della mostra, Michele Prencipe e Gerardo Tenza.
Arrivata presto vedo aprire lo scatolo con i mattoncini, rossi, blu, bianchi, vedo i ragazzi dell'Accademia delle Belle Arti di Catanzaro consultare il tablet di Lupattelli e fotografare l'immagine del ponte già disegnato sul loro cellulare.
Un ponte un po' diverso dall'originale. Ha per base i due lobi del cervello, un emisfero blu, razionale, e uno rosso, irrazionale, istintivo, ed insieme questi due dovrebbero sorreggere il filo bianco dell'irrazionale.
Il titolo dell'opera è "Il ponte sopra le acque torbide"da una citazione di un brano di Samuel Garfunkel
Mac, il cane di Giorgio, gironzola per la sala, si inizia.
Il problema è l'inizio...
Bisogna far star fermi i primi due o tre piani...
In sintonia con l'imperfezione...
perché una cosa è disegnare sulla carta e un'altra cosa è la sua realizzazione...
Speriamo che bastino questi mattoncini...
Questo ponte potrebbe cadere ma...
Importante è che non cada quello vero.
Ora la responsabilità va ai ragazzi...
Sono queste le frasi che io carpisco a Giorgio ascoltandolo.
Daniele, al primo anno della specialistica Grafic design, viene investito della carica di direttore artistico da Giorgio.
Le ore trascorrono ed è arrivata Anna Russo, direttrice dell'Accademia delle Belle Arti,e subito dopo il direttore del museo Racco Guglielmo.
Vedo nelle mani di una giornalista la colla MultiPattex che servirà per fermare i mattoncini a rischio crollo, vedo il fotografo posizionare i suoi scatti verso le fasi della realizzazione, e dei bimbi unirsi all'opera. Uno di loro, Antonio, mi dice la mamma, sta costruendo, a casa sua, con i mattoncini Lego uno stadio.
Devo andare via, siamo già alle 13 e con Silvia torniamo a casa.
Al Marca riprenderanno nel pomeriggio, il ponte per quel pomeriggio crollerà, ma non ha importanza, è l'imperfezione del momento, poi arriverà il 4 marzo, incollato con un'altra colla, la colla del tempo per fare: Le ore trascorse a studiare gli incastri, le ore che si poggiano sui due lobi del nostro cervello chiedendo quell'equilibrio che tutti sappiamo si regge su fili. Che ondeggiano.
Oggi 5 Marzo e ora il ponte con noi
Il viaggio, in allegria, racconta la duplicità dell'arrivo di due bimbi a maggio, e i due gemelli Plutino volteggiano in auto con le loro ellissi e coordinate simmetriche.
Silvia lavora al Marca e si ferma al suo tavolo, mentre io salgo le scale e raggiungo la mostra, l'autore, i ragazzi presenti e i responsabili del luogo.
Saluto Giorgio e gli altri, comincio a prendere appunti.
L'idea è di costruire un ponte, in omaggio, quasi, al ponte di Catanzaro.
In realtà il ponte avrebbe dovuto essere pronto per l'inaugurazione della mostra, il 16 gennaio, però, quando furono richiesti i mattoncini, si era già nelle prossimità del periodo delle festività natalizie e la Lego aveva esaurito le scorte. Solo il primo febbraio avrebbe potuto accettare nuovi ordini.
Questi mattoncini, provenienti dalla Danimarca, sono stati ordinati a Londra, dagli organizzatori della mostra, Michele Prencipe e Gerardo Tenza.
Arrivata presto vedo aprire lo scatolo con i mattoncini, rossi, blu, bianchi, vedo i ragazzi dell'Accademia delle Belle Arti di Catanzaro consultare il tablet di Lupattelli e fotografare l'immagine del ponte già disegnato sul loro cellulare.
Un ponte un po' diverso dall'originale. Ha per base i due lobi del cervello, un emisfero blu, razionale, e uno rosso, irrazionale, istintivo, ed insieme questi due dovrebbero sorreggere il filo bianco dell'irrazionale.
Il titolo dell'opera è "Il ponte sopra le acque torbide"da una citazione di un brano di Samuel Garfunkel
Mac, il cane di Giorgio, gironzola per la sala, si inizia.
Il problema è l'inizio...
Bisogna far star fermi i primi due o tre piani...
In sintonia con l'imperfezione...
perché una cosa è disegnare sulla carta e un'altra cosa è la sua realizzazione...
Speriamo che bastino questi mattoncini...
Questo ponte potrebbe cadere ma...
Importante è che non cada quello vero.
Ora la responsabilità va ai ragazzi...
Sono queste le frasi che io carpisco a Giorgio ascoltandolo.
Daniele, al primo anno della specialistica Grafic design, viene investito della carica di direttore artistico da Giorgio.
Le ore trascorrono ed è arrivata Anna Russo, direttrice dell'Accademia delle Belle Arti,e subito dopo il direttore del museo Racco Guglielmo.
Vedo nelle mani di una giornalista la colla MultiPattex che servirà per fermare i mattoncini a rischio crollo, vedo il fotografo posizionare i suoi scatti verso le fasi della realizzazione, e dei bimbi unirsi all'opera. Uno di loro, Antonio, mi dice la mamma, sta costruendo, a casa sua, con i mattoncini Lego uno stadio.
Devo andare via, siamo già alle 13 e con Silvia torniamo a casa.
Al Marca riprenderanno nel pomeriggio, il ponte per quel pomeriggio crollerà, ma non ha importanza, è l'imperfezione del momento, poi arriverà il 4 marzo, incollato con un'altra colla, la colla del tempo per fare: Le ore trascorse a studiare gli incastri, le ore che si poggiano sui due lobi del nostro cervello chiedendo quell'equilibrio che tutti sappiamo si regge su fili. Che ondeggiano.
Oggi 5 Marzo e ora il ponte con noi
martedì 1 marzo 2016
Lettere alle amiche Céline Adelphi
Casa editrice Adelphi mi piace fin dalla consistenza della carta scelta per la copertina, quel granuloso che mi appoggio sulla guancia per sentirne lo spessore. Piccola Biblioteca 683
Louis-Ferndinand Céline Lettere Alle Amiche
Sei donne consegnano le lettere ricevute da Céline, durante la frequentazione e conoscenza, alla storia letteraria.
Erika, una studentessa tedesca che poi diventerà giornalista e romanziera, N, ebrea austriaca, insegnante di ginnastica, che frequentava i circoli studiosi di psicoanalitica, Eveline, letterata belga, Karen, ballerina danese, Lucienne, pianista francese, ed Elisabeth Porquerol, giornalista, che fu semplicemente amica. Costoro hanno raccolto e consegnato le lettere facendo, suppongo, una prima scelta.
"Purtroppo sì, sono io!" una lettera a Simone Saintu, nel 1932, apre l'epistolario di Céline.
Purtroppo, vorrei rispondergli, noi chi siamo non sappiamo.
Inizio a leggere queste lettere e mi sento defraudata delle 15 euro che ho speso. Chiudo per qualche giorno. Riprendo a leggere dalla fine verso l'inizio e stavolta ne rimango conquistata. Cosa era successo?
Ciascuno di noi diventa a secondo del rapporto che ha con un'altra persona, cambia cambiando interlocutore e le ultime lettere a Lucienne mi hanno consegnato l'uomo e lo scrittore insieme, completando il puzzle che io avevo visto frammentato nelle prime pagine. A pezzetti.
26 agosto 1935 lui scrive: " La normalità della vita, la realtà della vita mi schiaccia" ed ancora "per me la realtà è un incubo continuo e lo sa Dio se la vita m'ha trattato bene come esperienze! se la realtà m'ha favorito!"
Ricordando la mamma sempre intenta su una montagna di trine da riparare per pochi franchi, scrive:" ho sempre sul mio tavolo come lei un enorme mucchio d'Orrore in sospeso che vorrei rappezzare prima di finirla."
" S'aggiusta tutto, niente è essenziale, si sostituisce tutto, tranne il povero rifugio dove viene traslato e dimenticato tutto" e continua consigliando a Lucienne, come se parlasse con sé stesso, difatti è questo che facciamo tutti scrivendo, di evitare i calabroni, gli impostori, gli sbaciucchioni. Un artista non sa che farsene di queste melensaggini.
Una grande ammirazione e tenerezza in questo uomo nei riguardi di Lucienne, tanto da consegnarle il suo impossibile desiderio di uscire dall'incubo piatto e banale del detto e fuggire via nella perfezione sfuggente dell'arte, della musica.
Attraverso lo sguardo dell'artista la realtà è nuda come nella scena della Szymborska " All"Aeroporto"
Sarà quell'essere nudi che Céline usava, esprimendo pensieri non mediati, che tanto infastidì il suo tempo?
Cara amica, scrive a Lucie Porquerol, nel giugno del '33, quando ha 39 anni "Lei mi informa che raccontano delle cose su di me. Credevo m'avessero dimenticato. Io non vedo nessuno. Non leggo nulla. Non so. E non parlo. La mia vita è finita Lucie, il mio non è un esordio, è un epilogo nella letteratura una cosa ben diversa-o piuttosto le mie vite, poiché insomma ne ho avute tre o quattro."
Ed ancora ad Evelyne Pollet, agosto del '33 " Siamo destinati al tedio. La nostra vita non è che una morte senza slancio. Insomma questa è, mi rileggo, una bruttissima lettera. Un'altra sarà più frivola"
Non ho finito...
Louis-Ferndinand Céline Lettere Alle Amiche
Sei donne consegnano le lettere ricevute da Céline, durante la frequentazione e conoscenza, alla storia letteraria.
Erika, una studentessa tedesca che poi diventerà giornalista e romanziera, N, ebrea austriaca, insegnante di ginnastica, che frequentava i circoli studiosi di psicoanalitica, Eveline, letterata belga, Karen, ballerina danese, Lucienne, pianista francese, ed Elisabeth Porquerol, giornalista, che fu semplicemente amica. Costoro hanno raccolto e consegnato le lettere facendo, suppongo, una prima scelta.
"Purtroppo sì, sono io!" una lettera a Simone Saintu, nel 1932, apre l'epistolario di Céline.
Purtroppo, vorrei rispondergli, noi chi siamo non sappiamo.
Inizio a leggere queste lettere e mi sento defraudata delle 15 euro che ho speso. Chiudo per qualche giorno. Riprendo a leggere dalla fine verso l'inizio e stavolta ne rimango conquistata. Cosa era successo?
Ciascuno di noi diventa a secondo del rapporto che ha con un'altra persona, cambia cambiando interlocutore e le ultime lettere a Lucienne mi hanno consegnato l'uomo e lo scrittore insieme, completando il puzzle che io avevo visto frammentato nelle prime pagine. A pezzetti.
26 agosto 1935 lui scrive: " La normalità della vita, la realtà della vita mi schiaccia" ed ancora "per me la realtà è un incubo continuo e lo sa Dio se la vita m'ha trattato bene come esperienze! se la realtà m'ha favorito!"
Ricordando la mamma sempre intenta su una montagna di trine da riparare per pochi franchi, scrive:" ho sempre sul mio tavolo come lei un enorme mucchio d'Orrore in sospeso che vorrei rappezzare prima di finirla."
" S'aggiusta tutto, niente è essenziale, si sostituisce tutto, tranne il povero rifugio dove viene traslato e dimenticato tutto" e continua consigliando a Lucienne, come se parlasse con sé stesso, difatti è questo che facciamo tutti scrivendo, di evitare i calabroni, gli impostori, gli sbaciucchioni. Un artista non sa che farsene di queste melensaggini.
Una grande ammirazione e tenerezza in questo uomo nei riguardi di Lucienne, tanto da consegnarle il suo impossibile desiderio di uscire dall'incubo piatto e banale del detto e fuggire via nella perfezione sfuggente dell'arte, della musica.
Attraverso lo sguardo dell'artista la realtà è nuda come nella scena della Szymborska " All"Aeroporto"
Sarà quell'essere nudi che Céline usava, esprimendo pensieri non mediati, che tanto infastidì il suo tempo?
Cara amica, scrive a Lucie Porquerol, nel giugno del '33, quando ha 39 anni "Lei mi informa che raccontano delle cose su di me. Credevo m'avessero dimenticato. Io non vedo nessuno. Non leggo nulla. Non so. E non parlo. La mia vita è finita Lucie, il mio non è un esordio, è un epilogo nella letteratura una cosa ben diversa-o piuttosto le mie vite, poiché insomma ne ho avute tre o quattro."
Ed ancora ad Evelyne Pollet, agosto del '33 " Siamo destinati al tedio. La nostra vita non è che una morte senza slancio. Insomma questa è, mi rileggo, una bruttissima lettera. Un'altra sarà più frivola"
Non ho finito...
sabato 27 febbraio 2016
8 marzo 2016 Donne del Mediterraneo velate e svelate. Con Daniele Natali
Ok 8 marzo 2016,"Una ragazza canterà nella lingua greka, che parlano a Bova" nel dirmi questo Daniele Natali mi informa della iniziativa e mi fa conoscere questa associazione a Bologna: ANNASSIM - Donne native e migranti delle due sponde del Mediterraneo
Mi chiama, nello stesso giorno, una scuola di Lamezia Terme per chiedermi di partecipare ad un 8 marzo di integrazione. La stessa esigenza.
Integrazione sarà. Un Otto Marzo di integrazione. Per conoscere la migrazione al femminile. Proprio quello che fa Annassim
Mi documento su questa associazione e leggo un articolo del 2010:"Alla periferia di Bologna c’è un orto dove accanto a verze, insalata e pomodori crescono, nella terra emiliana, tè marocchino, cardamomo e coriandolo. Nel quartiere San Donato, a due passi dall'Autostrada del Sole e a qualche chilometro dal centro di
Bologna, gli orti comunali di via Salgari sono macchie verdi fra le case popolari. Non siamo a Marrakesh o ad Alessandria d’Egitto, ma nella pianura padana. Gli orti occupano circa 15 mila metri quadrati, dove -grazie all'impegno di un gruppo di donne migranti- si sono trovati appezzamenti di terra per le donne arrivate in Italia con il chador. Motore del progetto d’integrazione orticola c’è l’Associazione Annassim, “brezza del mattino”, nata nel 2004 da trenta donne provenienti da diversi Paesi del Mediterraneo, che si sono aggregate per valorizzare i saperi tradizionali dei migranti. Da qui l’idea del progetto “Coltiviamo/Ci insieme”, presentato due anni fa. Obiettivo: sviluppare un percorso di integrazione culturale a partire dalla terra e dalla sua coltivazione."
8 Marzo 2016: quest'anno l'Associazione ANNASSIM - (Donne native e migranti delle due sponde del Mediterraneo) con il contributo organizzativo e artistico di Daniele Natali, giovane scrittore, e di Susanna Matikainen, fotografa, è lieta di invitarvi a ricordare tutte le Donne esemplari delle due sponde del Mediterraneo
Ed eccoci a diffondere da Bologna a Lamezia
un 8 marzo necessario.
Questo il programma che leggo da Daniele:
Si ricorderanno i 70 anni (1946-2016) dell'omicidio di Giuditta Levato, martire calabrese, le brigantesse, definite "Drude" dal loro nemico o spesso "donne di malaffare", nei verbali di cattura, del Maghreb, le eroine del Popolo palestinese, che sta resistendo ad un'apartheid di ferocia inaudita; le madri negli abissi, le donne migranti mai arrivate a destinazione
Durante la Giornata, Antonella Selva, presenterà il suo libro "Femministe".
Mentre il giovane pittore e street-artist, Filippo Zoli, dipingerà per noi "in diretta" "grandi donne ricordate sul muro", ai dialoghi si avvicenderanno...
tarantella calabrese, alternative rock, musica unplugged, pizzica, musica palestinese ed italiana, in lingua greka di Calabria ed in Occitano, suonate con strumenti tradizionali
ospite internazionale sarà l'attivista araba e giornalista della BBC Medio-Oriente, Reem Itani, che sta lavorando per i diritti delle donne nei paesi arabi
L'evento è autogestito e autofinanziato.
SENZA PATRUNI!
Sono passati ormai quasi 100 anni da quell'8 marzo 1917, quando le donne si rivoltarono in massa a San Pietroburgo per chiedere la fine della guerra.
Quella data fu scelta nel 1921 quale la "Giornata internazionale dell'operaia".
Un 8 marzo necessario
Porterò questa testimonianza nella scuola di Lamezia
Mi chiama, nello stesso giorno, una scuola di Lamezia Terme per chiedermi di partecipare ad un 8 marzo di integrazione. La stessa esigenza.
Integrazione sarà. Un Otto Marzo di integrazione. Per conoscere la migrazione al femminile. Proprio quello che fa Annassim
Mi documento su questa associazione e leggo un articolo del 2010:"Alla periferia di Bologna c’è un orto dove accanto a verze, insalata e pomodori crescono, nella terra emiliana, tè marocchino, cardamomo e coriandolo. Nel quartiere San Donato, a due passi dall'Autostrada del Sole e a qualche chilometro dal centro di
Bologna, gli orti comunali di via Salgari sono macchie verdi fra le case popolari. Non siamo a Marrakesh o ad Alessandria d’Egitto, ma nella pianura padana. Gli orti occupano circa 15 mila metri quadrati, dove -grazie all'impegno di un gruppo di donne migranti- si sono trovati appezzamenti di terra per le donne arrivate in Italia con il chador. Motore del progetto d’integrazione orticola c’è l’Associazione Annassim, “brezza del mattino”, nata nel 2004 da trenta donne provenienti da diversi Paesi del Mediterraneo, che si sono aggregate per valorizzare i saperi tradizionali dei migranti. Da qui l’idea del progetto “Coltiviamo/Ci insieme”, presentato due anni fa. Obiettivo: sviluppare un percorso di integrazione culturale a partire dalla terra e dalla sua coltivazione."
8 Marzo 2016: quest'anno l'Associazione ANNASSIM - (Donne native e migranti delle due sponde del Mediterraneo) con il contributo organizzativo e artistico di Daniele Natali, giovane scrittore, e di Susanna Matikainen, fotografa, è lieta di invitarvi a ricordare tutte le Donne esemplari delle due sponde del Mediterraneo
Ed eccoci a diffondere da Bologna a Lamezia
un 8 marzo necessario.
Questo il programma che leggo da Daniele:
Si ricorderanno i 70 anni (1946-2016) dell'omicidio di Giuditta Levato, martire calabrese, le brigantesse, definite "Drude" dal loro nemico o spesso "donne di malaffare", nei verbali di cattura, del Maghreb, le eroine del Popolo palestinese, che sta resistendo ad un'apartheid di ferocia inaudita; le madri negli abissi, le donne migranti mai arrivate a destinazione
Durante la Giornata, Antonella Selva, presenterà il suo libro "Femministe".
Mentre il giovane pittore e street-artist, Filippo Zoli, dipingerà per noi "in diretta" "grandi donne ricordate sul muro", ai dialoghi si avvicenderanno...
tarantella calabrese, alternative rock, musica unplugged, pizzica, musica palestinese ed italiana, in lingua greka di Calabria ed in Occitano, suonate con strumenti tradizionali
ospite internazionale sarà l'attivista araba e giornalista della BBC Medio-Oriente, Reem Itani, che sta lavorando per i diritti delle donne nei paesi arabi
L'evento è autogestito e autofinanziato.
SENZA PATRUNI!
Sono passati ormai quasi 100 anni da quell'8 marzo 1917, quando le donne si rivoltarono in massa a San Pietroburgo per chiedere la fine della guerra.
Quella data fu scelta nel 1921 quale la "Giornata internazionale dell'operaia".
Un 8 marzo necessario
Porterò questa testimonianza nella scuola di Lamezia
lunedì 22 febbraio 2016
La felicità è facile Massimiliano Nuzzolo
Ballando al
ritmo del libro. Una lettura battendo le mani sopra i tasti e i piedi sotto il tavolo
Buco Buio Buco
e poi di nuovo buco, per il primo racconto, una lettera b che bordata sta in una baleniera a caccia di capodogli.
Pequod, la
baleniera da cui prende il nome la casa editrice
Rileggo i
racconti brevi di Massimiliano, li rileggo con una lente diversa, osservo le
lettere che ripetono suoni, bum bum bam. Tutte le b del primo racconto. Quel
buco ripetuto. Non a caso. Per risuonare. “Fine della corsa”
Economia di
parole continue con la lettera b, un bicchiere ripetuto e un barista che
assiste un bicchiere da riempire. Fine della conversazione.
Il maestro e
l’allievo, infatti Fine della conversazione, brusca fine.
E con la
lettera b ci sta il basket e Belen del mongoloide, la borsetta e il bianco di Mestre tossica. Boh… Bob
Nel suono
che mi riporta a te trovo i Joy Division di Romeo Vernazza.
La sua, da me molto amata, “ Cenerentola ascolta i Joy Division” e già
immagino vostro dialogo ironico, surreale, e sento le risate liberatorie su
ogni b come barba, che barba! Alla maniera della Sandra Mondaini.
Ho afferrato il senso ma ho perso la
sensibilità dei Joy Division
Nella lettura “L’amore è alieno e fa morire” sta Tommaso Pincio del
quale ho letto Panorama, ci sta il bacio, baciare e, bam, muore il cardellino
per troppa abnegazione, generosità, muore per credere vero uno stato d’animo.
Piango, più che ridere, mi scendono due gocce ad inumidire gli occhi,
sui mille e mille sacrifici dimenticati, sui sacrifici che richiedono vittime,
sui sacrifici di coloro che si
immolarono per un capriccio altrui, sia amore o ideologia. Capriccio volubile.
“Anna e io”, bella Anna, ma non siamo più gli stessi.
Gli avvenimenti
forgiano i nostri sentimenti, li stravolgono, ci impediscono di tornare
indietro, ci mutano per sempre.
Leggendo il libro di Massimiliano Nuzzolo sento che il suono del libro,
iniziato con le note basse ora si innalza nella commozione del cardellino
trafitto dalla spina, nel sangue dello stupro, nei Led Zeppelin di Mario. Una
battuta che risuona. Un grande male fatto per gioco.
Il buio resta, vero Massimiliano?
E.T. e la bicicletta, dobbiamo fare avere questo racconto a Victor e Paola Rambaldi insieme alla
battaglia del barone rampante fatta nelle campagne di una estate dell’entroterra
campano.Il nonno è come i Rockets, ha un vocoder, ma non voleva dipingersi d’argento.
Il bambino ora scrive, sta suonando l’elettronica, e sento che il ritmo
ha raggiunto una sua chimica.
Nella chiusa delle formule che vorrei saper leggere, lo so, sono formule da dover sapere, avendo fatto quel liceo classico, l’autore mi decifrerà la sua formula che posso quasi sospettar d’aver capito.
Nella chiusa delle formule che vorrei saper leggere, lo so, sono formule da dover sapere, avendo fatto quel liceo classico, l’autore mi decifrerà la sua formula che posso quasi sospettar d’aver capito.
La felicità è la musica di essere svegli
venerdì 19 febbraio 2016
Dio del cemento Alessandro Pedretta
CRUDELE
Crudele la carne che ti si appressa addosso/ crudele la verità che cambia vestito spesso/ crudele il tempo che s'allunga distratto/ crudele il tratto dismesso tra testa, pancia e petto/ crudelissimi noi
TRA LE DITA
Ci sono tumori e poi ciliegie/ sonni turpi e veglie vive/ formicolanti incanti e dannate voglie/ e vigile comunque sempre un desiderio/ tale perché non puoi coglierlo/ seppur nascosto tra le dita.
Uno dei tanti inferni, altro titolo dei versi di Alessandro Pedretta che gridano con serietà il destino di tanti. Di troppi. Noi.
Adoro poi questa sua affermazione che faccio mia
SCEMO
Sono così scemo/ che mi reputo un genio,/ di quelli che si stendono al sole/ sopra i formicai/ e aspettano la mattina/ come una sciagura.
Mi piace la mia vita stesa al sole sopra i formicai, stavo sempre a guardare le formiche sul piccolo terrazzo della cucina. Tutte le estati a guardar formiche. Chi può essere più scema di me? e chi può credersi più genio di me?
Io sono uno di quegli scemi
che ti aspetta ma se ne frega,
che potrebbe ma ha un grande dubbio:
voler credere in questa vita
è un dispetto, un diritto o un’idiozia?
Adoro Alessandro Pedretta
Pezzo in itinere... riprendo
L'immagine di copertina è di Alessandro Bertuccioli: il nero, il grigio e il verde di una città cementificata.
Una E che si staglia e che chiede ancora.
Una architettura sempre meno umana, sempre più carcere, sempre più.
Alessandro Bertuccioli in sintonia con i versi di Alessandro Pedretta, mi sembra un unicuum, un solo sentire e ho sfogliato ogni canto di Alessandro immaginandolo abitante di quel luogo disegnato da Alessandro. Stesso nome per autore dei versi e per il grafico della copertina.
Sarà un altro il luogo che vorremmo abitare e forse non sarà, per questo il discutere diventa constatazione in una rassegnazione ribelle e viva.
Sembra che Alessandro ci dica: Anche se sarà così, anche se il dio del cemento trionferà, anche se mi chiudono in case celle, gli architetti, i costruttori, la nuova ingegneria dell'infelicità, anche se il cemento avanza, come la lava dal vulcano piano regolatore delle città, anche se anche se anche se
io cosa
dovrei
fare?
darmi ragione nel mio torto atavico?
mangiarmi i funghi sulla pelle
o credermi un composto di sano rancore
mentre l’alba, da dietro, mi tende agguati
e io che penso alla luna che si stupra da sé?
Sono attriti di pensiero
con fughe nei solstizi dei turbamenti di ieri,di gioie di domani,
degli enigmi di oggi
penso che cadrò in depressione
o diverrò un dio
devo decidermi entro oggi
e nel non rassegnarsi Alessandro avverte le pareti, il chiuso di un modo di abitudini e di frasi inculcate come panacea al vivere da servi ai margini del sistema capitale che ci chiede l'obbedienza
Ecco che ci dicono che il mondo
non è poi così male,
basta tagliarsi le unghie
e usare il profumo giusto,
chiedere poco
e sniffare droga
per stare svegli e un poco
incoscienti.
Nulla evoluto
Ed è questa la ragione per cui Alessandro, come chi diverge, ci dice:
PER QUALSIASI NECESSITA'
SONO DA UN'ALTRA PARTE
Mi piacciono molto questi versi di Alessandro, li faccio miei nella Litweb, accogliendo il suo pensiero, un pensiero condiviso ed autentico. Noi siamo da un'altra parte, nel regno della Litweb.
La fantasia come ribellione. Come rivolta. Come fuga.
Versi questi di Alessandro ai quali auguro di camminare e camminare nelle strade fisiche delle orecchie, degli occhi e delle mani chi li leggerà.
Ippolita Luzzo
Dio Del Cemento di Alessandro Pedretta Mora editrice – Edizioni Leucotea Srl - Sanremo
Crudele la carne che ti si appressa addosso/ crudele la verità che cambia vestito spesso/ crudele il tempo che s'allunga distratto/ crudele il tratto dismesso tra testa, pancia e petto/ crudelissimi noi
TRA LE DITA
Ci sono tumori e poi ciliegie/ sonni turpi e veglie vive/ formicolanti incanti e dannate voglie/ e vigile comunque sempre un desiderio/ tale perché non puoi coglierlo/ seppur nascosto tra le dita.
Uno dei tanti inferni, altro titolo dei versi di Alessandro Pedretta che gridano con serietà il destino di tanti. Di troppi. Noi.
Adoro poi questa sua affermazione che faccio mia
SCEMO
Sono così scemo/ che mi reputo un genio,/ di quelli che si stendono al sole/ sopra i formicai/ e aspettano la mattina/ come una sciagura.
Mi piace la mia vita stesa al sole sopra i formicai, stavo sempre a guardare le formiche sul piccolo terrazzo della cucina. Tutte le estati a guardar formiche. Chi può essere più scema di me? e chi può credersi più genio di me?
Io sono uno di quegli scemi
che ti aspetta ma se ne frega,
che potrebbe ma ha un grande dubbio:
voler credere in questa vita
è un dispetto, un diritto o un’idiozia?
Adoro Alessandro Pedretta
Pezzo in itinere... riprendo
L'immagine di copertina è di Alessandro Bertuccioli: il nero, il grigio e il verde di una città cementificata.
Una E che si staglia e che chiede ancora.
Una architettura sempre meno umana, sempre più carcere, sempre più.
Alessandro Bertuccioli in sintonia con i versi di Alessandro Pedretta, mi sembra un unicuum, un solo sentire e ho sfogliato ogni canto di Alessandro immaginandolo abitante di quel luogo disegnato da Alessandro. Stesso nome per autore dei versi e per il grafico della copertina.
Sarà un altro il luogo che vorremmo abitare e forse non sarà, per questo il discutere diventa constatazione in una rassegnazione ribelle e viva.
Sembra che Alessandro ci dica: Anche se sarà così, anche se il dio del cemento trionferà, anche se mi chiudono in case celle, gli architetti, i costruttori, la nuova ingegneria dell'infelicità, anche se il cemento avanza, come la lava dal vulcano piano regolatore delle città, anche se anche se anche se
io cosa
dovrei
fare?
darmi ragione nel mio torto atavico?
mangiarmi i funghi sulla pelle
o credermi un composto di sano rancore
mentre l’alba, da dietro, mi tende agguati
e io che penso alla luna che si stupra da sé?
Sono attriti di pensiero
con fughe nei solstizi dei turbamenti di ieri,di gioie di domani,
degli enigmi di oggi
penso che cadrò in depressione
o diverrò un dio
devo decidermi entro oggi
e nel non rassegnarsi Alessandro avverte le pareti, il chiuso di un modo di abitudini e di frasi inculcate come panacea al vivere da servi ai margini del sistema capitale che ci chiede l'obbedienza
Ecco che ci dicono che il mondo
non è poi così male,
basta tagliarsi le unghie
e usare il profumo giusto,
chiedere poco
e sniffare droga
per stare svegli e un poco
incoscienti.
Nulla evoluto
Ed è questa la ragione per cui Alessandro, come chi diverge, ci dice:
PER QUALSIASI NECESSITA'
SONO DA UN'ALTRA PARTE
Mi piacciono molto questi versi di Alessandro, li faccio miei nella Litweb, accogliendo il suo pensiero, un pensiero condiviso ed autentico. Noi siamo da un'altra parte, nel regno della Litweb.
La fantasia come ribellione. Come rivolta. Come fuga.
Versi questi di Alessandro ai quali auguro di camminare e camminare nelle strade fisiche delle orecchie, degli occhi e delle mani chi li leggerà.
Ippolita Luzzo
Dio Del Cemento di Alessandro Pedretta Mora editrice – Edizioni Leucotea Srl - Sanremo
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