Chiedeva la carità all'angolo di una strada, forse su un marciapiede, "uomo da marciapiede"
Chiedeva la carità e nessuno si fermava.
Sente una voce che gli chiede il suo cartello con su scritto "Fate la carità ad un povero cieco"
Lui porge il cartello e dopo un po' se lo vede restituire.
Cominciano a cadere monete nel piatto e al ritorno della voce, che aveva preso il cartello, domanda cosa fosse cambiato.
Sono un pubblicitario, risponde la voce, ed ho cambiato la scritta "Chiedo la carità" in " Oggi è una bella giornata di sole. Voi potete vederla, io no"
Questo apologo mi accompagna spesso, e nel dire al mondo che oggi è una bella giornata, voi potete viverla, io non potrò, mi avvio alla bella giornata che si vedrà.
Chiedere la carità. Umiliati e offesi. San Paolo e Dostoevskij, tutta la letteratura in un piatto vuoto teso all'angolo di una strada, su un marciapiede, da un cieco che aspetta il pubblicitario
Trovarlo sarà la sua fortuna? forse
Chi lo sa cosa chiediamo noi tutti con quel piatto vuoto?
Chi lo sa cosa spinge i passanti ora a gettare distrattamente la moneta?
vero è che esibire una debolezza ed una mancanza allontana ed infastidisce.
vero è che al mondo non puoi chiedere di più.
Chi è il cieco e chi è il passante?
Nessuno si accorge nemmeno di sé stesso.
Guarda e non vede.
Così la letteratura ha preso a dire baci bacini, caffè e cioccolata, sospiri e caramelle, il bello che avrete, "Un giorno in più" ed a vendere e vendere la carità ad ogni angolo di strada. Connivente con la pubblicità
mercoledì 30 dicembre 2015
lunedì 28 dicembre 2015
Leopoldo Attolico- Pesci
Pesci sì pesci no
Sono circondata da Pesci – zodiacali
–
Personalità affascinanti, donne,
uomini, con progetti inesauribili da realizzare, idee, idee, cervello che
produce senza stare mai fermo a riposare, un fermento. Perseguono le loro idee,
avanzando leggeri ma tenaci, avvolgendo gli altri e coinvolgendoli nel loro
stesso obiettivo. Parlano, convincono.
Grandi, grandissime cose vedrai se tu li
seguirai!
E così io, razionale, ma irretita da una luna
in Pesci, li seguo. E tutto cambia…
I pesci nuotano liberi nell'acqua.
Personalità così acquatiche non lavorano con… loro nuotano da soli nel mare,
nel fiume della vita. E ti trovi a nuotare anche tu, sperando di restare a
galla.
Pesci sì… per un po’ ti prendono per mano,
poi si allontanano, per un po’ sono tutti sorrisi, poi all'improvviso la
malinconia, e non trovi più il loro sguardo… puff… scomparso. Per i pesci, se
sbagli il metodo, se sbagli l’intonazione, se sbagli il momento, sei cancellato
per sempre.
Sono pesci no all'improvviso, lo diventano
senza ragione, così, cambiano direzione,
e tu puoi solo sentire il salato del loro passaggio.
Ma averli conosciuti arricchisce e impoverisce
nello stesso tempo in maniera considerevole la vita e la trasforma.
Spendono, spandono, acquistano,
riacquistano, regalano, donano, prestano, offrono, danno, e tu vorresti
arginare lo sciupio… avara…
Mah! Ma come può uno scoglio arginare
il mare…!
Vuoi andare con un pesce in una
località, vuoi mettere il navigatore, vuoi chiedere una indicazione? No! Loro
vanno per intuito. Il loro intuito non sbaglia mai. Loro sentono che quella è
la direzione giusta. E così ti trovi a girare a vuoto per strade sconosciute,
che non ti portano da nessuna parte e quando esausta stai urlando che non ne
puoi più… ecco all'improvviso imboccano quella giusta e trionfanti ti dicono di
smettere di borbottare perché tu sei già arrivata, dopo tanto, ma sei
arrivata. In ritardo.
Ma i pesci non sanno cos'è il ritardo, non
portano l’orologio, non guardano al tempo scandito da sequenze regolari, non
hanno orari e non ne vogliono.
La strada giusta è sicuramente la
loro.
Leopoldo Attolico
Cara felicità,
Leopoldo Attolico
Cara felicità,
qui si sta esagerando:
la gioia ti da troppa libertà.
Tu ne approfitti
lasci caterve di condomìni sfitti
in balìa dei disperati senza casa.
Pensa a quando saranno cacciati;
pensa all'infelicità che abita
ogni gioia privata del diritto di abitarla.
Cara felicità,
diventa dispensatrice di gioia desublimata,
quella legittimata dal diritto alla casa!
Da “ La realtà sofferta del comico “, Aìsara , 2009
la gioia ti da troppa libertà.
Tu ne approfitti
lasci caterve di condomìni sfitti
in balìa dei disperati senza casa.
Pensa a quando saranno cacciati;
pensa all'infelicità che abita
ogni gioia privata del diritto di abitarla.
Cara felicità,
diventa dispensatrice di gioia desublimata,
quella legittimata dal diritto alla casa!
Da “ La realtà sofferta del comico “, Aìsara , 2009
venerdì 25 dicembre 2015
Al Limen Al Limen con Antonio. Dalla Piramide a noi
Un viaggio
Già il viaggio per Vibo diventa un viaggio a Tusa, quel luogo dove Antonio Presti, imprenditore e mecenate italiano ha dato vita alla Fondazione Fiumara d’Arte. Su suggestione di quel che io mi porto dietro, salendo sull'auto. Il libro "La Tusa dei desideri" di Gianfranco Labrosciano
Un viaggio.
Ed è "Un viaggio" l'opera di Giuseppe Stissi, al Limen, un libro aperto per non vedenti quello che leggo e vedo. Un viaggio dall'Africa verso l'occidente, andata e ritorno, raccontato da un bambino a Giuseppe. Un viaggio da toccare.
In macchina parliamo con Antonio, Silvia e Saverio, mentre andiamo al Limen, di Antonio Presti, imprenditore che costruisce un albergo sul mare, decide di realizzare un museo all'aria aperta, dà vita al parco di sculture monumentali Fiumara d'arte, nella valle dei monti Nebrodi in Sicilia, un museo all'aperto, un parco di sculture il più grande d’Europa. Nel suo albergo Atelier sul mare (1991-2013) a Castel di Tusa, in provincia di Messina, decine di artisti sono stati coinvolti per la decorazione di camere d’arte.
L’ultima delle sculture della Fiumara d'arte, la Piramide – 38º parallelo di Mauro Staccioli sull’altura di Motta d'Affermo, noi avremmo dovuto vederla questo anno. Eravamo nei paraggi ma l'autista ci sconsigliò.
Antonio Pujia Veneziano racconta e racconta di come Antonio Presti subì alcune condanne prima di essere riconosciuto e mentre racconta siamo già arrivati a Vibo al Limen Premio Internazionale
alla VII edizione promosso dalla Camera di Commercio di Vibo Valentia.
Un castello reale sembra la sede del Limen questo anno. Felici e felici ascoltammo i relatori, noi seduti ai primi posti riservati a non ben definiti notabili. Ed essendo della stessa stirpe nobiliare dell'arte ci venne concesso l'onore.
Così nel mentre parlava Domenico Piraina, Responsabile del Polo museale e dei Musei scientifici di Milano, io presi appunti mentali. Ricordo che lui, citando Federico Zeri, suo amico, ci raccontò che il genio non vive e produce da solo, ma ha bisogno di avere intorno quel crogiolo di bravi artigiani che lo sostengano e raccontava di quanti bravi scalpellini abbiano partecipato alla creazione di opere sotto la direzione di Michelangelo.
Dunque se intorno non vi è abilità non sorge nulla. Intorno a me avevo due artisti, Silvia Pujia,
già vincitrice del Limen 2013 con una installazione "Soglie" e Saverio Tavano, regista di Patres,
per non parlare di Antonio Puija Veneziano, di cui taccio, per non esser accusata di parzialità. Insomma il genio della lampada non poteva che aver più terreno fertile di quello. Ed infatti nella Litweb eravamo orgogliosi. Nel salutare Massimo Iritano e sua moglie Lara Caccia, già incontrati a Lamezia con Gioacchino da Fiore, abbiamo percorso le opere con la grande meraviglia di stare nel paese dell'immaginazione e quando siamo giunti ai due palazzi in aria con il verde in cielo abbiamo trovato la sede del regno della Litweb.
Alessandro Vinci mi fece foto per la stampa, per la posta e le telecomunicazioni ed io andrò ad abitare in uno dei palazzi lasciando l'altro a voi artisti.
Già il viaggio per Vibo diventa un viaggio a Tusa, quel luogo dove Antonio Presti, imprenditore e mecenate italiano ha dato vita alla Fondazione Fiumara d’Arte. Su suggestione di quel che io mi porto dietro, salendo sull'auto. Il libro "La Tusa dei desideri" di Gianfranco Labrosciano
Un viaggio.
Ed è "Un viaggio" l'opera di Giuseppe Stissi, al Limen, un libro aperto per non vedenti quello che leggo e vedo. Un viaggio dall'Africa verso l'occidente, andata e ritorno, raccontato da un bambino a Giuseppe. Un viaggio da toccare.
In macchina parliamo con Antonio, Silvia e Saverio, mentre andiamo al Limen, di Antonio Presti, imprenditore che costruisce un albergo sul mare, decide di realizzare un museo all'aria aperta, dà vita al parco di sculture monumentali Fiumara d'arte, nella valle dei monti Nebrodi in Sicilia, un museo all'aperto, un parco di sculture il più grande d’Europa. Nel suo albergo Atelier sul mare (1991-2013) a Castel di Tusa, in provincia di Messina, decine di artisti sono stati coinvolti per la decorazione di camere d’arte.
L’ultima delle sculture della Fiumara d'arte, la Piramide – 38º parallelo di Mauro Staccioli sull’altura di Motta d'Affermo, noi avremmo dovuto vederla questo anno. Eravamo nei paraggi ma l'autista ci sconsigliò.
Antonio Pujia Veneziano racconta e racconta di come Antonio Presti subì alcune condanne prima di essere riconosciuto e mentre racconta siamo già arrivati a Vibo al Limen Premio Internazionale
alla VII edizione promosso dalla Camera di Commercio di Vibo Valentia.
Un castello reale sembra la sede del Limen questo anno. Felici e felici ascoltammo i relatori, noi seduti ai primi posti riservati a non ben definiti notabili. Ed essendo della stessa stirpe nobiliare dell'arte ci venne concesso l'onore.
Così nel mentre parlava Domenico Piraina, Responsabile del Polo museale e dei Musei scientifici di Milano, io presi appunti mentali. Ricordo che lui, citando Federico Zeri, suo amico, ci raccontò che il genio non vive e produce da solo, ma ha bisogno di avere intorno quel crogiolo di bravi artigiani che lo sostengano e raccontava di quanti bravi scalpellini abbiano partecipato alla creazione di opere sotto la direzione di Michelangelo.
Dunque se intorno non vi è abilità non sorge nulla. Intorno a me avevo due artisti, Silvia Pujia,
già vincitrice del Limen 2013 con una installazione "Soglie" e Saverio Tavano, regista di Patres,
per non parlare di Antonio Puija Veneziano, di cui taccio, per non esser accusata di parzialità. Insomma il genio della lampada non poteva che aver più terreno fertile di quello. Ed infatti nella Litweb eravamo orgogliosi. Nel salutare Massimo Iritano e sua moglie Lara Caccia, già incontrati a Lamezia con Gioacchino da Fiore, abbiamo percorso le opere con la grande meraviglia di stare nel paese dell'immaginazione e quando siamo giunti ai due palazzi in aria con il verde in cielo abbiamo trovato la sede del regno della Litweb.
Alessandro Vinci mi fece foto per la stampa, per la posta e le telecomunicazioni ed io andrò ad abitare in uno dei palazzi lasciando l'altro a voi artisti.
Una zebra a pois al Liceo Campanella
Assemblea d'Istituto in due giorni al Liceo Campanella. L'adolescenza è vivere e non esistere e al canto straorzante di Mina con una canzone di Lelio Luttazzi cominciamo a parlare con gli alunni.
Una zebra a pois
è una grande novità
assomiglia ad un sofà
non a strisce ma a pois
Una zebra a pois
Beh, che c'è!?
A pois, a pois, a pois!
1960, L.Luttazzi - M.Ciorciolini - D.Verde
La zebra del divertimento.
Il tema delle due giornate è l'adolescenza e siamo invitate io e Daniela, autrice di Matilde, adolescente in itinere. Io mi porto Cenerentola ascolta i Joy Division di Vernazza, altro racconto sull'adolescente Elly e tutte insieme sotto Litweb- Marchio Depositato con Domenico Dara e le sue coincidenze andiamo al tavolo della concertazione con Michela Cimmino, docente di filosofia e i rappresentanti degli studenti.
Reuel, Maria Sole, Angela e Francesco sono accanto a noi. Evviva
Iniziamo.
Iniziamo col dirci che non esiste l'adolescenza, invenzione dei nostri anni, invenzione per catalogare ogni anno, ogni periodo e generazione in una casella. Siamo tutti adolescenti e giovani, nel momento in cui siamo entusiasti e crediamo in ciò che facciamo, siamo tutti adulti e maturi quando siamo consapevoli dei rischi e delle necessità.
Senza barriere seguiamo Matilde visitare paesi della Calabria seguendo il piacere di essere come si sente, libera e non costretta in una festa di compleanno stereotipata e conforme al diktat dei tempi.
Sempre noi incontreremo ma saremo un impasto di altri. Nelle coincidenze di Dara e nel mio Litweb Marchio Depositato, che portai il giorno dopo, si sono depositati gli occhi di tanti ragazzi attenti e innamorati, fiduciosi che stavano ascoltando non adulti andati da loro per far lezione ma persone che si stavano divertendo di poter partecipare ancora una volta ad una assemblea studentesca che, come ben ha detto il Dirigente scolastico,
Evviva Evviva. Nello scherzo genuino poi ci siamo premiate e felicemente usando due palle e un fiore, poggiati sul tavolo, alla maniera degli antichi greci, Paride diede Mela rossa e Pomo d'oro, con fiore simbolo della primavera a me, Michela e Daniela, fra i sorrisi degli alunni che hanno capito come solo decontestualizzando ogni momento possiamo divertirci con ciò che impariamo. Liberi.
Studio, serietà, responsabilità e luce sorrisi e gioia nelle due giornate al Liceo Campanella. Con un grazie ancora
giovedì 24 dicembre 2015
Gli occhi piccoli di mia madre
Un ergastolo a vita.
Forse il carcere, per quanto sia terribile, non riesce a riassumere con una immagine la sua vita.
Carcerata da carcerieri inconsapevoli e brutali, esigenti di affettuosità scontate e riconosciute, è stata ammanettata e messa ai ceppi.
Al timone di una nave senza nocchiero, ha navigato con tutte le sue forze per salvare i suoi cari dalle tempeste.
Le metafore del carcere e dei ceppi sono poca cosa.
Lei saltellava con le sue trecce ed era piena di vita e sorridente alle adunate dei figli della lupa. A quel tempo erano tutti lupacchiotti.
Andava a scuola e le piaceva.
Avrebbe voluto insegnare e ridere, scherzare, cantare con i suoi alunni.
Oplà la vita è tutta qua
Saltando dall'infanzia con lei che accende il fuoco con la carbonella a lei che impara i segni per parlar con suo papà muto e paralizzato, Saltando anni e giorni lei diventa mamma di due gemelli, uno muore a dieci mesi, per una gastroenterite mal curata, e l'altro a quattro anni si ammala di meningite. Mal riconosciuta dai medici di famiglia.
Lui, il gemello sopravvissuto, diventerà uno dei suoi carcerieri inconsapevole.
Saltando fra braciere da preparare, quanti bracieri avrà preparato nei lunghi inverni!, saltando sul pane caldo e sui taralli, le parmigiane e le camicie da stirare, saltando sul niente di un accudimento senza sole, senza svaghi e senza felicità, un sorriso lei lo ha sempre avuto. Anche per chi non le permise nulla, nemmeno mettersi un vestito a giro maniche oppure andare a messa.
La messa fu una conquista degli anni della senescenza.
Oplà- saltiamo le offese, i tradimenti, le ingiurie, le umiliazioni.
Saltiamo anni, sempre uguali, senza vacanze, senza un giorno di cinema e teatro, senza una passeggiata.
Saltiamo il terribile "scura oggi che viene domani" sempre uguale di un carceriere anche esso inconsapevole del suo vivere inutile, egoistico e una partita la domenica al campo, unico suo svago.
I giornali sempre presenti, ed ora la settimana enigmistica, per lenire il vuoto immenso delle relazioni.
Saltiamo via agli occhi di mia madre che, ieri mattina, si fecero piccoli piccoli e lei tentò di aprirli allo specchio ingrato della vita.
Asciugandosi la prima lacrima che io le vedo in volto.
In novantadue anni mia mamma ha sempre sorriso, nel suo carcere, con pazienza e saggezza.
Saltiamo, oplà, oltre il giardino, con me che vorrei dare un sorriso e non riesco, essendo anche io una sua carceriera.
Saltiamo sulla scuola che mai la vide in cattedra, se non nei suoi sogni nella notte, saltiamo su un inferno che sta in terra, e saltiamo ancora nella cella della vita, con lei che mai un lamento e solo pace chiede.
Forse il carcere, per quanto sia terribile, non riesce a riassumere con una immagine la sua vita.
Carcerata da carcerieri inconsapevoli e brutali, esigenti di affettuosità scontate e riconosciute, è stata ammanettata e messa ai ceppi.
Al timone di una nave senza nocchiero, ha navigato con tutte le sue forze per salvare i suoi cari dalle tempeste.
Le metafore del carcere e dei ceppi sono poca cosa.
Lei saltellava con le sue trecce ed era piena di vita e sorridente alle adunate dei figli della lupa. A quel tempo erano tutti lupacchiotti.
Andava a scuola e le piaceva.
Avrebbe voluto insegnare e ridere, scherzare, cantare con i suoi alunni.
Oplà la vita è tutta qua
Saltando dall'infanzia con lei che accende il fuoco con la carbonella a lei che impara i segni per parlar con suo papà muto e paralizzato, Saltando anni e giorni lei diventa mamma di due gemelli, uno muore a dieci mesi, per una gastroenterite mal curata, e l'altro a quattro anni si ammala di meningite. Mal riconosciuta dai medici di famiglia.
Lui, il gemello sopravvissuto, diventerà uno dei suoi carcerieri inconsapevole.
Saltando fra braciere da preparare, quanti bracieri avrà preparato nei lunghi inverni!, saltando sul pane caldo e sui taralli, le parmigiane e le camicie da stirare, saltando sul niente di un accudimento senza sole, senza svaghi e senza felicità, un sorriso lei lo ha sempre avuto. Anche per chi non le permise nulla, nemmeno mettersi un vestito a giro maniche oppure andare a messa.
La messa fu una conquista degli anni della senescenza.
Oplà- saltiamo le offese, i tradimenti, le ingiurie, le umiliazioni.
Saltiamo anni, sempre uguali, senza vacanze, senza un giorno di cinema e teatro, senza una passeggiata.
Saltiamo il terribile "scura oggi che viene domani" sempre uguale di un carceriere anche esso inconsapevole del suo vivere inutile, egoistico e una partita la domenica al campo, unico suo svago.
I giornali sempre presenti, ed ora la settimana enigmistica, per lenire il vuoto immenso delle relazioni.
Saltiamo via agli occhi di mia madre che, ieri mattina, si fecero piccoli piccoli e lei tentò di aprirli allo specchio ingrato della vita.
Asciugandosi la prima lacrima che io le vedo in volto.
In novantadue anni mia mamma ha sempre sorriso, nel suo carcere, con pazienza e saggezza.
Saltiamo, oplà, oltre il giardino, con me che vorrei dare un sorriso e non riesco, essendo anche io una sua carceriera.
Saltiamo sulla scuola che mai la vide in cattedra, se non nei suoi sogni nella notte, saltiamo su un inferno che sta in terra, e saltiamo ancora nella cella della vita, con lei che mai un lamento e solo pace chiede.
martedì 22 dicembre 2015
Discorso di fine anno 2015- A Ciascuno il suo
A Ciascuno il suo
Un anno che completa una cinquina.
Adesso faremo tombola.
Dopo aver trascorso un quinquennio a scribacchiare, aver strappato tutto il pensiero precedente io avessi scritto su fogli, quaderni e diari, aver donato libri, enciclopedie, al sistema bibliotecario lametino, senza aver nemmeno una targhetta, tipo minuscola e con su impresso nome della donante, dopo insomma essermi liberata di cose inestimabili, per me, eccomi qui, all'alba di un nuovo quinquennio.
Faremo tombola e vinceremo i tanti soldini sul tavolo, faremo tombola e a ciascuno il suo sarà dato.
Dal luogo dove mi trovo voi non potete vedermi, non potete neppure eguagliarmi, voi che siete fatti di carne, di sangue e materia, voi che siete fatti di vere relazioni, case editrici e fiere, stand e convegni, associazioni e cooperative, scuole e giornali.
Voi siete la realtà.
Dal luogo dove mi trovo io posso però vedervi, ammirarvi e leggervi, desiderare di essere come voi, sapendo però che è inutile.
Nessuna realtà ci sarà per me.
Dal luogo dove mi trovo posso ricevere i vostri libri, i vostri file, le vostre mail, esultare del genio, e sostenere con tutto il mio entusiasmo chi io creda che valga.
Mi sembra un compito che possa alleviare lo sconforto di non possedere quella bellissima bacchetta magica per poter sistemare ogni cosa, raddrizzare i torti e punire i cattivi, eliminare le idiozie, e ghigliottinare il superfluo, la piaggeria.
A Ciascuno il suo, nel regno della Litweb, gli applausi ai bravi, agli artisti, tanti di voi, che hanno preso premi che valgono, nel cinema, nel teatro, nella letteratura e nel giornalismo.
A ciascuno il suo
Ad altri, che non stanno nella Litweb, uno sberleffo per aver accettato premi ridicoli, premi di scambio, io premio te, tu poi premi me, oppure premi di accatto, ti compro con un premio e poi, servo eri, servo resterai.
Nella disistima più totale verso i molteplici premi cosiffatti, la stima verso i premi vinti da chi è bravo davvero.
Nella Litweb abbiamo già fatto classifica dei libri, una classifica che appartiene al mio modo di stare al mondo.
Più bella cosa non c’è
A ciascuno il suo
Un anno che completa una cinquina.
Adesso faremo tombola.
Dopo aver trascorso un quinquennio a scribacchiare, aver strappato tutto il pensiero precedente io avessi scritto su fogli, quaderni e diari, aver donato libri, enciclopedie, al sistema bibliotecario lametino, senza aver nemmeno una targhetta, tipo minuscola e con su impresso nome della donante, dopo insomma essermi liberata di cose inestimabili, per me, eccomi qui, all'alba di un nuovo quinquennio.
Faremo tombola e vinceremo i tanti soldini sul tavolo, faremo tombola e a ciascuno il suo sarà dato.
Dal luogo dove mi trovo voi non potete vedermi, non potete neppure eguagliarmi, voi che siete fatti di carne, di sangue e materia, voi che siete fatti di vere relazioni, case editrici e fiere, stand e convegni, associazioni e cooperative, scuole e giornali.
Voi siete la realtà.
Dal luogo dove mi trovo io posso però vedervi, ammirarvi e leggervi, desiderare di essere come voi, sapendo però che è inutile.
Nessuna realtà ci sarà per me.
Dal luogo dove mi trovo posso ricevere i vostri libri, i vostri file, le vostre mail, esultare del genio, e sostenere con tutto il mio entusiasmo chi io creda che valga.
Mi sembra un compito che possa alleviare lo sconforto di non possedere quella bellissima bacchetta magica per poter sistemare ogni cosa, raddrizzare i torti e punire i cattivi, eliminare le idiozie, e ghigliottinare il superfluo, la piaggeria.
A Ciascuno il suo, nel regno della Litweb, gli applausi ai bravi, agli artisti, tanti di voi, che hanno preso premi che valgono, nel cinema, nel teatro, nella letteratura e nel giornalismo.
A ciascuno il suo
Ad altri, che non stanno nella Litweb, uno sberleffo per aver accettato premi ridicoli, premi di scambio, io premio te, tu poi premi me, oppure premi di accatto, ti compro con un premio e poi, servo eri, servo resterai.
Nella disistima più totale verso i molteplici premi cosiffatti, la stima verso i premi vinti da chi è bravo davvero.
Nella Litweb abbiamo già fatto classifica dei libri, una classifica che appartiene al mio modo di stare al mondo.
Più bella cosa non c’è
A ciascuno il suo
giovedì 17 dicembre 2015
Se tornasse Natale di Giacomo Cacciatore
L’assenza non è tempo né strada.
L’assenza è un ponte fra noi
più sottile di un capello
più affilato di una strada.
Nazim Hikmet, Poesie d’amore, Mosca 1961
Se tornasse Natale, Natale non tornerà.
"Scomparire" è il libro di Claudio Marinaccio,
"Se tornasse Natale" il libro di Giacomo Cacciatore sembra faccia dialogo con l'altro.
Scomparire
Il protagonista, Natale Lo Bianco, Bianco Natale ( lo hai fatto apposta?), scompare, o per meglio dire, viene dissolto.
Sappiamo del suo destino attraverso l'attesa che suo figlio, di otto anni, consuma nell'auto paterna all'altezza del "corrimano di ferro dello scalone che lega via Roma, la strada grande, più in alto – dove si circola con le macchine – a quella del mercato della Vucciria,
più in basso – dove si vende, si compra e si cammina solo a piedi "
Bruno è lì, in macchina ad aspettare il suo papà, con in mano la torta al profumo dei pinoli abbrustoliti comprata per il suo compleanno. La storia poi prende due cavetti e si accende con Bruno. "Così, alla fine, il figlio di Natale Lo Bianco detto «u mago» stacca e collega i cavi come si deve. La scintilla scocca, il motore canta senza chiave. L’automobile rutta fumo nero verso la scalinata. Via Roma sembra infinita a uno piccolo come Bruno, dentro una macchina così grande, che colleziona sguardi curiosi, ma lesti a dimenticarsi di affari che non li riguardano"
Con lo stile del racconto orale onirico, Giacomo Cacciatore ci presenta i due personaggi dal dualismo perfetto di un divenire vitale per la città.
Bruno, il bimbo supereroe mancato, il mago che con la bacchetta magica di Silvan tenterà di modellare o meglio fare sparire quello che della realtà non piace, e Vicio Miraggio, cantante melodico guastato da un vivere falso ed ora in preda a quella falena che lo perderà per sempre, la donna che ama.
Un miraggio proprio.
Ho letto con molto interesse il libro di Giacomo, quasi contendendomelo al suo primo apparire.
Quella sua copertina favolosa, quelli della Baldini & Castoldi hanno copertina ipnotizzanti, ricordo sempre" La forma minima della felicità" di Francesca Marzia Esposito, anch'essa stupefacente, però dopo la copertina ci stanno libri dal contenuto ugualmente ipnotici.
In una Palermo che mi sembra di conoscere dal film " Belluscone" di Franco Maresco, dove i cantanti neo melodici sembrano Vicio Miraggio, si aggira Tatti Sanguineti, critico cinematografico, alla ricerca del regista, sparito.
Un documentario etno-musicologico, il film, che alterna il ritratto in bianco e nero del più famoso impresario palermitano di cantanti neomelodici, Ciccio Mira, sostenitore dei vecchi valori mafiosi, alle riprese di concerti di piazza degli idoli locali, Maresco vi fa capolino con la sua voce stentorea, e ogni tanto entra in scena ed è nostalgia vederlo in azione, adesso che è sparito.
A me sembra di vedere Giacomo Cacciatore, al posto di Maresco, girare in bianco e nero un film romanzo che io ho visto scorrere davanti ai miei occhi già in pellicola, pronto ad aver distribuzione in tutte le sale del regno.
Palermo amata e sciupata, la Palermo che io ho visto una sola volta e con una guida in lacrime che mi mostrava la conca d'oro che non c'era più, sparita, sotto l'assalto dei costruttori, il sacco di Palermo, e la guida piangeva... dissolto l'oro della civiltà restava il marcio di una vita mala.
Giacomo Cacciatore racconta e racconta, facendoci amare il piacere di leggere, facendoci amare la pagina scritta, come se, come Bruno, potesse anche lui "Scuotendo la bacchetta davanti a sé, con furia fosse convinto di poter tagliare a morte la tristezza.
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