mercoledì 24 giugno 2015

Ti ho vista che ridevi- Lou Palanca

La solitudine dell'anello forte. Una storia marginale

Nuto  Revelli e  Isaia, dal libro dei profeti,  capitolo  56, verso 5:Io darò loro, nella mia casa e dentro le mie mura, un posto ed un nome, che varranno meglio di figli e di figlie; darò loro un nome eterno, che non perirà più.
" Dare a ciascuno una rinomanza eterna, una  memoria e un nome.  C’è un senso di dovere civico nel  suo narrare quelle storie."
Revelli: Mondo dei vinti e L’anello forte, letteratura civile italiana in cui parlano i contadini, i montanari, e le donne delle campagne e delle montagne,  sono i primi libri che entrano nelle loro case, i primi libri con cui pezzi interi dell’Italia marginale  entrano in contatto con la parola scritta, superano la diffidenza iniziale del raccontarsi.   Storia che ci riguarda da vicino,nel rispetto che non contempla il morboso e  pettegolo indagare televisivo.
Revelli ricorda come  egli abbia avuto accesso al privato, anche intimo di molte persone. E abbia deciso di non farne parola, di non mostrare le fotocopie agli eredi, dopo la morte dei loro genitori, se questi avevano preferito disfarsene in punto di morte." Il rispetto.
Il museo Yad Vashem o Museo dell'Olocaust, memoria delle vittime dell'olocausto  a Gerusalemme, fondato nel 1953,risponde al medesimo versetto di Isaia.
Dare nome alle persone scomparse per essere storia di tutti.

Annarita Calogero sposata Bogliotti
Marisa Nocito sposata Droero
Franca Cavallaro sposata Minuto
Santina Paletta sposata Accomasso 
Dora Lucà sposata Verderame
Cinque donne per tutte le altre donne che hanno lasciato la terra dove sono nate e hanno sposato uno sconosciuto, altrettanto spaesato, e trascorso intere esistenze, recidendo quasi definitivamente i legami con le famiglie d'origine. 
Cinque o moltissime di loro, tolte dall'oblio, che si raccontano e ci raccontano una storia contemporanea, fatta di rassegnazione e di accettazione, di vita in campagne ed in stalle, di destini più o meno fortunati.  

martedì 23 giugno 2015

La solitudine dell'anello forte. Una storia marginale. Ti ho Vista che ridevi

Annarita Calogero sposata Bogliotti
Marisa Nocito sposata Droero
Franca Cavallaro sposata Minuto
Santina Paletta sposata Accomasso 
Dora Lucà sposata Verderame
Cinque donne per tutte le altre donne che hanno lasciato la terra dove sono nate e hanno sposato uno sconosciuto, altrettanto spaesato, e trascorso intere esistenze, recidendo quasi definitivamente i legami con le famiglie d'origine. 
Cinque o moltissime di loro, tolte dall'oblio, che si raccontano e ci raccontano una storia contemporanea, fatta di rassegnazione e di accettazione, di vita in campagne ed in stalle, di destini più o meno fortunati.  

lunedì 22 giugno 2015

Fernando Muraca- Siamo fratelli nella Terra dei Santi


Fernando Muraca: prima di tutto l'uomo

Nazim Hikmet - Prima di tutto l'Uomo



Non vivere su questa terra
come un estraneo
o come un turista della natura:
Vivi in questo mondo come nella casa di tuo padre;
Credi al grano, alla terra, all'uomo.
Ama le nuvole, le macchine, i libri
ma prima di tutto ama l'uomo.
Senti la tristezza
del ramo che secca,
dell'astro che si spegne,
dell'animale ferito che rantola
ma prima di tutto senti la tristezza
e il dolore dell'uomo.

 Da poco rientrato dal festival internazionale del cinema a  Shanghai,  dove ha presentato “ La Terra dei Santi” suo primo film, uscito nel 2015, nel Focus Italy, gli otto film scelti dai cinesi fra ottanta film italiani per far conoscere ogni anno il nostro mondo, Fernando Muraca, regista, trascorre con noi, spettatrici e scribanti per testata web, ore di felicità.
Prima di tutto l'uomo. Con i versi di Nazim Hikmet su cosa debba dare la gioia, sto ancora nell'intervista, chiacchierata amichevole, che io, Giovanna  Villella e sua sorella  Francesca, abbiamo stasera fatto con Fernando.
Peregrinando dal Chiostro di San Domenico, fin sul palco della piazzetta adiacente, e con alle spalle le mani di Trame, rassegna di libri contro le mafia,  io scrivo,  Giovanna  domanda, Francesca fotografa e lui parla arrotolando minuscole sigarette che hanno l'inconsistenza del foglio.  Lo guardiamo attente per non perdere momenti, spezzoni di un film che si fermerà nelle nostre menti, insieme alla musica che prima ci fece colonna sonora e che chiuderà stasera il festival Trame.

 Giovanna vuole sapere tutto del film, e chiede il come, il perché, e le sequenze  diventano  quasi una persona fra noi.
Il film narra  l'incontro fra una  giudice, Vittoria, Valeria Solarino,   e una  madre -Assunta, Daniela Marra-  due sistemi antitetici di vita.
Assunta è  costretta a sposare il fratello del marito morto e madre di un giovane 'ndranghetista,   è  divisa fra i due mondi di Vittoria, la legge,  e della cognata Caterina -Lorenza Indovina, questa  una versione cattiva della persona totalmente amorale.
Come sono state scelte le donne protagoniste?
“Per trovare Assunta ho fatto più di  cento provini, volevo una donna che ricordasse il sud, che fosse del sud, che lo facesse vedere sulla pelle, perché è la pelle che fa la differenza.
Caterina doveva essere il male assoluto, quindi avevo bisogno di una  attrice come Lorenza, ed il magistrato, Valeria Solarino, essere elegante. Insieme umana e rappresentante istituzioni certe. In cui credere. “
Come mai il film è ambientato in Puglia e non in Calabria, a Lamezia?
“ La regione Calabria si è sempre disinteressata al progetto. Infatti ci sono voluti   sei anni per realizzarlo. La  Puglia ha favorito il lavoro, contribuendo  a che si realizzasse.  Ho spostato l’ambientazione a Manfredonia e dintorni perché luoghi più somiglianti al mare di Lamezia, all'anfiteatro del Parco Mitoio di Caronte, dove avrei voluto svolgere la scena dell’uccisione del figlio di Assunta, una scena da tragedia greca.”
Il film, ci sorprende Fernando, non è sulla ‘ndrangheta, in senso stretto, ma sul dolore.  Sulla scelta fra credere possibile alleviarlo ed avere speranza, oppure non credere e vivere nel buio, nel vuoto. Lui ci  ricorda infatti che noi viviamo nella terra dei santi ed antropologicamente  siamo strutturati per amare, per essere generosi , non solo  cose da riempire, ma esseri che vogliono donare. Non possediamo nulla, malgrado ciò tutti  vorremmo riempire questo nulla con cose,  dimenticando che  possediamo l’umanità.
Tutto questo modo di pensare precede il Cristianesimo, non appartiene ad un credo religioso, benché il regista sia cristiano. Questo pensiero risale ai filosofi che si interrogarono su chi e cosa fosse l’uomo, da Socrate in poi, su come bisognasse educare, dando fiducia a ciascuno, cercando di vedere al di là di ogni atto e situazione contingente l’uomo.

Nel darci lo scoop della serata, ci rivela in anteprima per Lameziaterme.it  il titolo del suo nuovo film “ Siamo Fratelli” scritto con Angela Iantosca, questa volta sugli uomini della ‘ndrangheta e nello stesso tempo un film su un popolo che non può essere capito solo con processi cognitivi e applicazioni di leggi, ma ha bisogno di essere compreso con l’intelligenza emotiva.  Un popolo, quello della ‘ndrangheta, che può essere disarmato se togliamo  l’oggetto del gioco, i fucili, ed al loro posto regaliamo le bolle di sapone.    Un popolo che deve essere accolto dai  rappresentanti della legge non solo con pene detentive  e carcere ma applicando quei meravigliosi articoli della Costituzione Italiana, articolo 13 e articolo 27  in cui le pene  tendono  alla rieducazione.
Il giudice, continua ora Fernando, di fronte a tre avvocate, che si sono fermate per salutare, deve avere altezza di intendimento, trovare l’uomo nello spirito della legge e così devono fare gli avvocati penalisti, non relegarsi a  semplici passacarte ma  uno specchio in cui l’altro possa riflettersi. Specchio di umanità.
Con le parole alte di una società civile che debba camminare dando la mano a chi sta in difficoltà, accogliendo e a  fermarsi se qualcuno  sbaglia, con gli esempi  della Fazenda appena inaugurata a Lamezia,  veniamo trasportati nel regno di una idealità fattiva. Ciascuno di noi, ci chiede Fernando, può, nel suo campo, portare la buona novella, evangelica, mai tramontata.
Prima di tutto l’uomo e Fernando ci raccomanda di non lasciare soli coloro che danno vita  al progetto  della "Fazenda da Esperança", che ha aperto in Italia la sua prima sede in località Lenza Viscardi a  Lamezia Terme, in una struttura confiscata alla criminalità organizzata e affidata dal Comune di Lamezia alla Caritas Diocesana nel dicembre 2014.
"opere segno", progetti che esprimano  il riscatto morale e sociale attraverso la promozione della giustizia e della solidarietà, dicono tanti giornalisti.
 "Quattro fondatori – Nelson Giovanelli, Frate Hans Steppel, Lucylene Rosendo e Iraci Leite – che all'inizio degli anni '80 diedero vita in Brasile alla prima comunità per il recupero di giovani tossicodipendenti, con  un metodo fondato sulla vita evangelica e sulla riscoperta della dignità della persona
12 giovani saranno accolti nella comunità lametina, che sarà guidata da Marden Svicero, Clayton Ribeiru e Padre Joseph Citumba." da un articolo del Dispaccio. 
Prima di tutto l’uomo.
"Intanto  escono le nomination dei Globi d'oro: Siamo nella cinquina per il premio Miglior Opera Prima" leggo sulla bacheca di facebook
Fernando  Muraca con  noi. Da Il Visconte di Bragelonne di Dumas,  libro che stava per andare al macero, fra i tanti dello scaffale, e che invece la zia  portò a lui, a Divisione Cancro di   Solženicyn, libro comprato, a nove anni, dopo aver letto il Visconte, con la richiesta fatta al libraio di dargli il  libro più difficile che ci fosse,  Fernando ha aperto il suo mondo nello stesso modo in cui la lettura ha aperto a lui un mondo.  Sono passate le ore e dobbiamo salutarci convinte che questo modo di fare cinema, di fare scuola, di fare informazione sia il migliore dei modi e dei mondi  possibili.
con Hikmet nella chiusa della sua poesia un augurio felice di realtà condivise

Ti dian gioia
tutti i beni della terra.
L'ombra e la luce ti dian gioia,
le quattro stagioni ti dian gioia
ma soprattutto, a piene mani
ti dia gioia l'uomo.



                                                                                Ippolita Luzzo

Nazim- sua poesia

Nazim Hikmet - Prima di tutto l'Uomo



Non vivere su questa terra
come un estraneo
o come un turista della natura:
Vivi in questo mondo come nella casa di tuo padre;
Credi al grano, alla terra, all'uomo.
Ama le nuvole, le macchine, i libri
ma prima di tutto ama l'uomo.
Senti la tristezza
del ramo che secca,
dell'astro che si spegne,
dell'animale ferito che rantola
ma prima di tutto senti la tristezza
e il dolore dell'uomo.
Ti dian gioia
tutti i beni della terra.
L'ombra e la luce ti dian gioia,
le quattro stagioni ti dian gioia
ma soprattutto, a piene mani
ti dia gioia l'uomo.
Fernando Muraca: Prima di tutto L'uomo.

venerdì 19 giugno 2015

Franco La Torre- La scelta criminale

Franco La Torre parla al festival dei libri delle mafie a Lamezia Terme. Presenta suo libro e io prendo appunti sui quali dovrò scrivere.
Giovedì ore 20.00 in piazzetta San Domenico la giornalista Raffaella Calandra fa una domanda a Franco La Torre e riesce a condurre la serata ripetendo la stessa  per tutto il tempo a disposizione. 

La domanda è già di per sé una distorsione. Infatti Franco La Torre non risponde e ottiene mio plauso silenzioso e attestato di stima. 
Unica cosa che sembra interessare la giornalista è sapere come mai si dimenticarono di Pio La Torre i suoi colleghi di partito ( non pronuncia la parola compagni, come se si chiamassero colleghi nel partito, allora ) 
Franco La Torre conduce a suo modo la  serata, con tensione e con rabbia trattenuta da grande equilibrio. Risponde ricordando la legge Rognoni-La Torre applicata dopo l'uccisione di suo padre, ma lo fa riprendendo tutto un cammino di vita, di scelta di vita, di scuola. Pio La Torre, fu ucciso il 30 Aprile del 1982. Nato in una famiglia contadina nel 1927, va a scuola, quando la scuola era divisa in scuola per poveri e scuola per ricchi,  esattamente come ora. 
Incontra un professore di filosofia che sarà quasi il suo Virgilio, colui che indica una strada verso la dignità ed il rispetto, dopo aver attraversato inferno e purgatorio. Per sostenere  rivendicazioni di trattamento salariale e giustizia sociale  partecipa a lotte con la Confederterra e  con la Cgil come segretario regionale della Sicilia, infine  nella segreteria nazionale del partito comunista, partito per il quale  fu eletto deputato  nel 1972. Sua la legge proposta con Rognoni e votata dopo la sua morte,  dopo la morte di Dalla Chiesa e di tutti gli uomini veri dello Stato.  Una legge che introduceva il reato di associazione mafiosa Art 416 Bis C.P.  ed una norma che prevedeva la confisca dei beni ai mafiosi.
Di quelle stragi, antecedenti l'applicazione della legge, abbiamo le immagini dei vari telegiornali e giornali assemblati nel poetico film di Pif  " La Mafia uccide solo d'estate"
Sono passati più di trenta anni. Franco La Torre ha ora 59 anni, suo padre fu ucciso che di anni ne aveva 54. Si fa la conta degli anni rubati agli affetti, all'impegno, anni rubati dalla violenza di un potere criminale. 
La politica ha delegato, in questi anni, alla magistratura il compito di fare scelte, di fermare i corrotti, di impedire che slealtà e compravendite delle indulgenze divenissero comportamento corrente. Il mondo della politica  chiede, da allora,  alla magistratura di fermare il comportamento non politico dei suoi abitanti. Abitanti impauriti, ci dice Franco La Torre
 Un conto è essere coerenti nel ricordare un sacrificio di qualcuno che è morto, un conto è fare scelte sulla base di una legge Rognoni- La Torre. 
E chiedendo la coerenza, parola quanto mai fuori moda, Franco La Torre continua a stare sulle ginocchia di Pio La Torre, raccontando una storia vera di libertà. 





giovedì 18 giugno 2015

Luigi Lo Cascio a Trame

"La Forza della parola" Lettura  di Luigi Lo Cascio al Chiostro San Domenico.

"Leggerò i testi di Giuseppe Fava, ricorderò il suo impegno per la ricerca della verità". #trame5
Legge infatti i testi di Fava e per ultimo l’ultimo articolo di Giancarlo Siani,  scritto prima che i colpi lo uccidessero e fermassero lui e la sua Méhari, verde allegria.

In Piazzetta San Domenico  Luigi Lo Cascio a bordo della 'Méhari" di Giancarlo Siani, il giornalista de “Il Mattino” simbolo di questa edizione del festival.  Da Siani « Quella pioggia poteva fare pulizia, ma anche la pioggia a Torre Annunziata diventava subito fango. »
Esempi e simboli, segni e significato di un modo di fare, di voler esser padroni di dire.
La forza delle parole, dai riti antichi ai riti moderni, ai festival che dovrebbero esorcizzare un male che toglie la parola.
Luigi Lo Cascio legge articoli di Pippo Fava da I Siciliani, rivista fondata da lui nel 1983. Due sue romanzi.  Negli anni ’70 Fava era noto forse più come scrittore e drammaturgo che come giornalista. Due suoi romanzi, Gente di rispetto e Prima che vi uccidano. Titoli profetici.

Luigi Lo Cascio legge, superlativo della voce del verbo, atto del leggere davvero, la storia di Palma di Montechiaro:  La salvezza dell’uomo qui è anche la sua condanna; il destino di nascere a Palma di Montechiaro, patire febbri, stenti, malattia, ignoranza, umiliazione, si può spezzare soltanto cercando altrove per il modo la maniera di sopravvivere.(da “Processo alla Sicilia”, 1967)

Legge, sempre voce del verbo leggere, voce e anima, legge Fantastica intervista col presidente della regione D’Acquisto, presidente della regione Sicilia dal primo Maggio 1980,e poi insignito dal governo  Berlusconi della carica di presidente di Italia Lavoro Sicilia, carica che terrà fino al 2009.
Dopo tre giorni di anticamera Pippo Fava sale nei saloni stuccati della regione Sicilia e inizia una storia clownesca, di equivoci plautini, una atellana, una storia di rimandi storici e di dipinti alla vucciria. Come Guttuso.  Rido e rido dell’intelligenza di questo uomo, giornalista, scrittore,  un eclettico, non incasellabile nelle scatole del mondo letterario.
Rido tanto che mia compagna di scuola mi riconosce dalla risata e da dietro mi saluta. Avrò esagerato nel ridere? Riprendo a ridere con il riso della consonanza alle parole di Fava, ai gesti di Luigi Lo Cascio, al terribile sberleffo che Fava fa del potere, dei soldi chiusi in cristallerie, in banche, ai soldi, polvere bianca che serve al potere.
I siciliani sono ricchi- D’Acquisto docet
Ritorno a casa e rileggo una favola raccontata  da  Fava. C’era una volta nel paese di Camporeale Pasquale Almerico, un sindaco che  rifiuta le tessere di quattrocento mafiosi.  Una favola siciliana. Come tutte le favole siciliane il sindaco, onesto, verrà fatto passare per pazzo, denigrato e irriso, lasciato solo e poi ucciso dopo averne  ucciso la  temerarietà. Fava verrà ucciso come Siani, come il sindaco.  La forza delle parole rimane nell'ammirazione. Non ci sarebbe bisogno di eroi se tutti fossimo come loro.

Ieri sera un grande Luigi Lo Cascio ci ha dato vivi Fava e Siani, semplicemente leggendo per  davvero.
Giuseppe Fava nacque a Palazzolo Acreide (SR) il 15 settembre del 1925. Del segno della vergine dunque. Come Rita Atria.





martedì 16 giugno 2015

Conferenza stampa Trame

Conferenza stampa Trame web. Appunti scherzosi ed ironici, puro divertimento. Mi trovo a spiegare l'approccio ironico e mi accorgo che dovrei cominciare dalla parola ironia e dalla parola gioco. Così se scrivo " Insieme ai riflettori del New York Times e del The Economist  gli appunti riflettenti del sito web www.lameziaterme.it" è ovvio che sto amplificando, sorridendo, una comparazione di termini presi dal giornale La Gazzetta del sud. 

Trame, Festival dei libri sulle mafie, a Lamezia Terme, dal 17 al 21 giugno. Quinto anno di vita. 
Pronto quindi, il festival ed i suoi volontari,  a  frequentare la  scuola primaria e a  continuare gli studi.
Esercito di volontari, e mi riferisco al titolo dell'articolo appena letto,   mi sembra  stessa amplificazione che io avevo applicato a me medesima paragonando il portale web  al New York Times. 
Festival vuol dire manifestazione,  di festa, non una guerra, ed infatti qui nessuno ha equipaggio da lottatore, da guerriero.
 Solo un bel momento, questi giorni, in cui Lamezia Terme ospiterà spettacoli e vedrà film, insieme a letture di brani di qualcuno che per davvero rischiò sua vita. In nome di dignità.
I festival servono alla cultura? Sarà la domanda che si farà Massimo Bray a chiusura delle cinque giornate, ricordando altre famose cinque giornate del quadrilatero.
  Associazione scherzosa per dire che un festival permette incontri, giornate piacevoli e scambi di idee, di storia, di conoscenze e che tutti parteciperemo con felicità. Guardo e ascolto il programma nella lingua dei segni,
da Mery Maiolino, per Ente nazionale sordi di Lamezia, guardo e fotografo sognante ragazza accanto,
ed intanto interviene il sindaco, sindaco da appena due ore, nella sua prima uscita pubblica. E nel parlare lui non cita, ma  ricorda le tematiche  del film di Fernando  Muraca " La terra dei santi", affidando alla comprensione, caso per caso, dei probabili  collusi con criminalità. Comprensione ed apertura verso qualunque familiare voglia allontanarsi dalla malavita, senza condanne totalizzanti su interi gruppi familiari di appartenenza.
Bisogna dare la mano, dice lui, a chi, pur parente di criminale, se ne discosti, non ne faccia parte, senza condannare a priori.
 Nel palazzo Nicotera ora la redazione si riunisce per ultimi ritocchi di rassegna ed io  saluto la stampa vera che scriverà davvero.