venerdì 18 aprile 2014

Paolo Scarfone- Galleria muta



Paolo Scarfone- Le Urla dal silenzio


linguaggio-non linguaggio.

 Il nostro  braille quotidiano

Il braille è per i ciechi, ma se è solo stampato e non tangibile il cieco non sentirà nulla e il vedente non capirà nulla.

A testa bassa accetteremo supini maree di immagini che non rimandano, questa è ora la nostra comunicazione.

Galleria muta

La monade di Leibniz in galleria muta di Paolo Scarfone.

 L'insostenibile leggerezza dell'essere.

 Unidirezionale galleria ci porta verso la vita, spingendoci fuori con contrazioni. Solo contraendosi le pareti noi vedremo la luce. Mai potremo parlare tanto. Lo abbiamo già fatto andando fuori. Il primo urlo ci vien richiesto, aria nei polmoni. Urliamo alla vita, per respirare, dopo tanta acqua, tanto silenzio. Poi parleremo. Dopo mesi. Dopo anni. Forse mai. Paolo Scarfone ricerca sempre quel primo luogo della comunicazione. Ricerca in lui, nel foglio bianco, il foglio amico, ricerca in carta che fa da solo, impastando, unendo cellulosa, pezzi di corteccia, di alberi diversi, ricerca lui un motivo comune a sordi e a ciechi, a noi che non lo sappiamo se lo siamo o non lo siamo. Siamo sordi? Mi dice un po' la dottoressa che mi porge protesi, ma io con quelle sento meno, meglio quindi stare più attenta. Sono cieca? Certo che se non metto occhiali non potrei guidare. In una galleria non guiderei mai. Siamo tutti impediti anche se non lo sappiamo. Arrivare però con disciplina ad affermarlo comporta studio sperimentazione passione. Quella che tu, Paolo, trasmetti, con le tue carta con carta orientale per segni braille, carta occidentale per paesaggi, mi ripeti, da google, presi dai tanti non paesaggi che troviamo qui, su internet, la galleria muta.

Quadri che come possiamo mettere sulle nostre pareti anonime?- Mi sono domandata entrando in galleria ieri sera. Quadri senza cornice, un solo spillo appuntava il foglio sul suo post-it. Quadri come appunti. Ti appunto un quadro per dirti quello che non so, quello che potrei dirti solo se conoscessi il codice tuo che non è il mio. Dove potrei mettere il tuo libro che libra dalla parete? Dove? In libreria no, in openspace si perderebbe e allora?

Io non lo so. Non sono quadri, sono tentativi, sono strumenti per dire. Come può parlare un muto? Con i segni.

Il foglioamico, con me sta, invece Paolo Scarfone crea il foglio. Il fogliofiglio, per lui è. Il foglio che ci salverà. Con un foglio in mano noi tutti possiamo dirlo, scriverlo a tutti e non dire a nessuno, ognuno di noi sa quel che sa, sente  quel che sente, ognuno di noi ha un riferimento. Ripeto sempre Levi- Strauss e il suo fenomeno di riferimento necessario alla comprensione. Dobbiamo sapere di cosa parliamo quando parliamo, di cosa ascoltiamo quando ascoltiamo. Cosa conosco di Paolo? Che lui ci crede, crede moltissimo nella ricerca, crede moltissimo nel foglio bianco, è lui il quadro.

Il bianco foglio, il suo candore che urla insieme a chi non può. Ai tanti imbavagliati di Massimiliano, ai tanti carcerati, ai tanti menomati, impediti da leggi fisiche e mentali, sociali e ingiuste di parlare. Un silenzio che batte e batte sui tasti di una comunicazione che non vuol morire. Ascoltate la voce del silenzio- Ci dice Paolo- L'ho ritagliata da Internet.

Per non dover tagliarmi il cuore- Marianna Ucrìa

La lunga vita dal silenzio

La voce del silenzio. Paolo Scarfone




Alcuni cose che ho letto di te dopo aver scritto di te
E’ Paolo Scarfone il vincitore di Alterazioni visive 2013, il concorso di arte contemporanea dedicato  al tema “Il Risveglio delle origini”
L’opera con cui il ventiquattrenne calabrese si è classificato primo è  “Appartenenza”, una composizione in 24 fogli di carta, che ha realizzato artigianalmente seguendo le tecniche delle cartiere del ‘600 italiano. Le immagini prese da google maps, e trattate una per una, raffigurano vedute paesaggistiche di Catanzaro, luogo di nascita dell’artista. Oltre al tema delle origini, il lavoro pone una riflessione sulle difficoltà di fruire del paesaggio reale: è la denuncia di un mondo vissuto sempre più sulle tastiere e sempre meno dal vivo.
Quindi la parte paesaggistica è la carta, l’utilizzo della carta lavorata a mano, quello che non si vede è proprio la parte più paesaggistica, perché più sono le foto e meno è la fruizione del paesaggio: è la denuncia esasperata del tentativo di esplicare la memoria su un tabulato di cerchi e in più vivere quei paesaggi che sono solo nella memoria. È l’idea della serialità, l’idea del paesaggio ma al contempo c’è l’antitesi ovvero la presenza della naturalezza del supporto che nel momento in cui è fatto a mano non è più solo supporto ma è testimonianza di un processo che ti porta a contatto con la materia: dalla pianta al foglio finito.
L’antitesi nell’installazione è la leggerezza/peso nella concezione calviniana
Paolo Scarfone, l’artista che non sapeva di aver vinto
martedì 6 agosto 2013 ·
, del progetto per i diritti dei detenuti “Le urla dal silenzio” e delle sue prossime sfide artistiche.
Dimenticate per un attimo la geolocalizzazione dello smartphone e concedetevi il tempo per leggerla.


giovedì 17 aprile 2014

Nel nome del Padre e del Figlio



Nel nome del padre e del figlio
Il padre e il figlio che non scegliamo
Facciamo gli stessi gesti del padre
Vorremmo essere visti, accettati dal padre
-         Padre mio , perché mi hai abbandonato?-
Siamo in tanti nell’orto degli ulivi a chiedere ad un padre assente, egoista, ad un padre eccessivo oppure semplicemente inutile, a chiedere di essere accettati, di essere presi per mano-.
Molti hanno padri guida e vengono traghettati nelle procelle, altri hanno padri ostacolo, padri prepotenti oppure violenti o assenti, che non ci sono.
Padri che avranno imposto ragioni insensate, un vivere asociale, una terribile noia di dover dire sì.
Padri de- ficienti.
Nel nome del padre che ci portiamo dentro tutti deficienti poi siamo.
Nel nome del figlio che poi abbiamo creato, credendo noi immuni
dai nostri padri, credendo noi capaci di esser padri di cotanti figli.
Nel nome del figlio che è arrivato, uno sconosciuto gira in casa e noi, orbi di tanto spiro, “così percossa e attonita la terra al nunzio sta” Anche l'ultima speranza di lasciare ai posteri la memoria di sé risulta vana.
Nel nome del figlio, dei nostri figli ai quali auguriamo che il dì seguente non sia grave, noi, che figli siamo ancora, preghiamo, preghiamo che venga lo Spirito, qualsiasi spirito, che ci porti i doni, che ci dia respiro, che poi ci regali quella mano che unisca i padri ai figli e i figli ai padri nella fiducia di lenire un viaggio che senza mappa si fa.