mercoledì 8 gennaio 2014

La parola infetta. Cultura



Non sto bene. 
Sono allergica alla cultura.
Quello che non ami ti ammala

La cultura del popolo.
Ogni popolo ha una sua cultura
La cultura del vino.
Ogni vino ha una sua cultura
La cultura del maiale.
Ogni maiale ha una sua cultura
La cultura dell’ovvio.
Ogni ovvio ha una sua  cultura
Non amo più la cultura e le culture, forse le culture sì, perché bisogna coltivare il terreno se vogliamo trovare nell'orto le verdure, sugli alberi i frutti e nei prati i fiori.
Spontaneamente questi crescerebbero pure ma non per tutti, non in tutte le stagioni, non in quantità e diversità di gusti.
Non bisogna esagerare però nel coltivare e non bisogna piegare le verdure fuori stagione, infatti non hanno sapore, non esportare improbabili frutti da luoghi esotici ai nostri, oppure costringere mucche e galline in scatolette per far latte e uova già confezionati.
 Esiste anche cultura dei cartoni animati in cui terribili maiali rosa vanno al cinema e al supermercato, si danno da fare a sgomitare per replicare la borghesia vecchia piccola ipocrisia
Cultura all'ammasso condita con sesso, libero solo per soddisfare un corpo sciolto da tutti i legami tranne il serio legame con l’atto stesso.
Un corpo culturale fatto di varie posizioni da arrotolare intorno ad un palo, facendo credere quanto sia facile, quanto sia sano poter praticare e fornicare due o tre volte o sette volte  durante al dì.
Una cultura canaglia e scorretta, una cultura che proprio non c’è
Invece di far ragionare invita tutti a pavoneggiare titoli e libri, conoscenze e circoli, amici colti freschi nell'orto, prodotto che dovrebbe crescere in testa e non nel lesso.
Nella brodaglia primordiale di Arboriana e Pazzaglia memoria, abbiamo lasciato che sobbollissero tutte le idee, tutti i concetti, lasciando soltanto la nausea che viene in cucina di un odore troppo insistente.
Tanti però mi si avvicinano e me lo chiedono cosa vuol dire quella poetessa con frasi strane, quel presentatore che tanto elogia proprio quel libro, quella scrittrice.
Nessuno mi crede quando io sbotto e senza frenare l’impulsività rispondo che niente è stato detto, che quella è solo una propaganda gridata per far girare il mercato.
Perché sovrana poi regna in alto la grande cultura del solo mercato.
Culturalmente annoiata

Opera di Massimiliano Lo Russo 

domenica 5 gennaio 2014

Il pennista

"Uno scrittorucolo vive dentro le sue trame, non sbircia oltre il suo scritto, circuisce il suo sé, la sua vita diviene naftalina, il suo ego: un frontespizio. Il Pennista cattura la luce, bacia la brezza , lambisce l'oltre, "palpeggia" le ombre... il suo Sé: Emoziona."
Scrive così la poetessa di pane e latte, altro suo verso bianco e gustoso da proustiana memoria.
Sono stata molto incerta davanti a queste parole oscure e ho preso subito il vocabolario. Scrittorucolo peggiorativo di scrittore, mi dice il Nuovo Zingarelli. Quindi sarebbe peggiorativo vivere dentro le proprie trame, circuire il proprio sé e non sbirciare oltre lo scritto.Tutti scrittorucoli allora, visto che la vita diviene naftalina, qui non ho capito, la vita un tarmicida?... Chissà cosa vuol dire, mentre é chiaro il pensiero seguente "Il suo ego un frontespizio" una cornice.
Il pennista cattura la luce...Mia dolce e cara poetessa,ho ripreso in mano il vocabolario e non ho trovato la parola "pennista". Poco male, si sa, i poeti inventano neologismi, per dare emozioni.
Vorrei sapere però se il pennista ha tante penne, vola nella brezza, sfiora la luce e palpeggia le ombre... il suo sè. Emoziona? Scusami tanto se non mi sono emozionata, se al contrario mi sono irritata da chi emoziona da frontespizio, usando il suo bello aspetto, la sua grazia e l'abilità a interpretare con grande bravura il poeta prezioso e rarefatto.
Accostamenti fatti di getto, ci dici tu, con molto fervore, e noi ti crediamo, si nasce poeta come si nasce insegnante, versi impeccabili e come cristallo, ti hanno detto, ti han dato premi e te li sei meritati, ma io ti prego... pennista no, non dirlo più. A me ricordano i pennuti vari e ti assicuro non solo a me.

sabato 4 gennaio 2014

Tutto é relativo i nostri saldi no



Tutto è relativo i nostri saldi no
 La propaganda di un centro commerciale campeggia con il faccione linguacciuto di Einstein
“Non tutto ciò che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può essere contato” disse lui, io lo  riporto da Google.
Riscrivo quello che sembra il mio sentire.
Tutto è relativo anche diventare icona, solo un dipinto da affiggere al muro, su un cartellone al lato di una strada.

Questo è un vero artista, ma quanto è quotato?- Mi domandano
Oppure potrebbero chiedermi:-Quanto vende l’artista l’emozione che da? A quanto al peso? Sarebbe disposto a farmi una tela 70 per centottanta, ahah, perché le pareti sono immense?-
Mah

Ricordo quando io, timidamente dissi ad un pittore che avrei desiderato un campo di grano e lui, giustamente, mi rispose che non dipingeva su commissione.
Tutto è relativo.

Otello trascina il suo trolley sui marciapiedi della città, a testa bassa, reitera un gesto antico. Mi fermo? Mi chiedo ogni tanto, ferma al 1972, quando lui era insieme nella foto con Cristina, giovani e belli, esponenti di una  sinistra  sognatrice e libertaria che nessuno partito avrebbe incanalato.
Cristina è morta giovanissima
Come morti furono i tanti proclami, le assemblee e i tazebao, ora sono diventati campagne marketing.
Tutto è relativo.

Continuo a pensare che tutti dovremmo essere liberi dalla schiavitù di chiedere, di avere bisogno, continuo a pensare che la ricchezza in denaro sia una grande iattura per chi la possiede.
I ricchi di soldi sono avidi, più posseggono e più vogliono, sono abituati a conteggiare il prossimo solo dal conto in banca.
Comprano le emozioni un tanto al peso e tutto diventa un ornamento.
Un libro, una musica, un viaggio, una cosa, soltanto una cosa.
Anche Einstein e la sua teoria, buona soltanto questa mattina ad inaugurare una campagna pubblicitaria
Ecco perché io abolii il denaro, il lavoro e i pubblicitari. Per non dover vergognarmi di essere soltanto una cosa da plastificare.



giovedì 2 gennaio 2014

Piazza grande




La rete: Piazza Grande

Piazza grande  21 febbraio 2012

Santi che pagano il mio pranzo non ce n’è sulle panchine in piazza grande

ma quando ho fame di mercanti come me qui non ce n’è

Dormo sull'erba e ho molti  amici intorno a me

gli innamorati in piazza grande

Una famiglia vera e propria non ce l’ho

E la mia casa è piazza grande

A modo mio quel che sono l’ho voluto io

Ma se la vita non ha sogni io li ho e te li do

Lucio Dalla - Rosalino Cellamare  1972

Conoscevano già il futuro

Conoscevano già l’anno che verrà

Futura                   

La rete?

Più canto nella mia testa questa canzone più capisco la piazza grande del nostro sito… Neteditor

Più di mille addirittura  1111

Millecento undici  tutti in piazza  una piazza grande grandissima

Mi prende un leggero stordimento, una leggera euforia, una rappresentazione immaginativa di un quarto stato,  quinto, sesto, di Pellizza da Volpedo

Mi prende così una ubriacatura astemia, pericolosa, di commenti fatti, ricevuti, rifatti

Domande e risposte su una piazza immensa, senza avere nemmeno la claustrofobia dello spazio, della folla accalcante.

Questa piazza è bellissima, permette pensieri, letture, parole, permette messaggi, permette uno dialogo con altri

Questa piazza ha un solo difetto  è effimera  come tutte le cose umane, costruita sulla sabbia di una rete che  basta un soffio di vento e spariscono contatti mail racconti  connessioni importanti

Guardi smarrita quel bianco oramai e non ti fai una ragione di- libero mail-oggi non disponibile

Di lui che ti dice –non so proprio come risponderti, su quale mail, ne ho tentate tante-

Ma tu non sai ovviamente nemmeno chi è questo lui che ti scrive e lui non sa nemmeno chi è questa lei che gli scrive,  sappiamo però che scriviamo e scriviamo per l’unico amore che abbiamo ancora, un amore profondo inesausto, un amore felice per la letteratura

Continuiamo convinti di stare in un gioco, di essere ancora protagonisti sulla piazza grande del nostro mondo,  creato e costruito sui tanti murales, sui tanti proclami, sul poster immenso attaccato ad un muro

Piazza grande 1972

Santi che pagano il mio pranzo non ce n’è






lunedì 30 dicembre 2013

Discorso di fine anno



Fine anno

Discorso della regina a reti unificate

Sì, lo so, avrei dovuto farlo il 25 dicembre
come la regina Elisabetta

Ma non ero pronta.

Così, con il presidente della repubblica, costituzional parlando, mi rivolgo ai miei sudditi, pardon cittadini Ah ah

Cari sudditi, abdico.

Vi lascio il mio regno.
Regnate voi adesso, che io non ne posso più di esser chiamata regina.

Ho un nome proprio che mi piace tanto, Ippolita, certo anche lei mitologico, una regina, delle amazzoni, però.

Ho un cognome, e ho un blog.

Come tutti i regnanti però voglio dire al mio popolo tutto il bello che è stato fatto per loro in questo anno.

Un lavoro duro, attento, un continuo leggere tutti, elogiare tutti, incoraggiare e spronare i meritevoli e bacchettare amorevole chi qualche errore faceva.

Non metterò molti punti esclamativi perché ho appena letto che sono segni fascisti, dittatoriali, metterò tanti punti interrogativi  che aprono il pensiero a risposte varie.

Abbiamo, plurale maiestatis, nel regno, abolito i partiti, il voto.
Che votano a fare i cittadini se tutto resta sempre tale e quale?
abolito provincie e regioni, comuni e quartieri, tanto tutto si governa da sé, abolito il denaro e il lavoro salariato.

Abbiamo liberato tutti dal bisogno ossessivo di cercare un impiego, qui tutti scriviamo quindi già lavoriamo.

Abbiamo abolito i premi e le associazioni culturali, noi fummo già colti, che più colti non si può proprio più, come potrebbero ulteriormente premiarci se già abbiamo vinto Il Nobel, lo Strega,  Il tripode acceso e spento? La Farfalla d’argento e il dolce e natalizio Ciccio bello con tutto il suo ritornello?

Abbiamo abolito i giornali, ci incensavano troppo, nessuno ci correggeva, abbiamo capito che ci prendevano in giro.

Erano troppo noiosi, scontati e ripetitivi.
Abbiamo lasciato in vita solo la cronaca, i comunicati ed i giornalisti del regno ruspanti, giovani e senza speranze.

Abbiamo chiuso da sempre ogni canale televisivo, per divertirci basta leggerci qui, basta soltanto scorrere le note dei nostri profili ogni mattina.

Abbiamo ucciso ogni vizio antico, gli arrampicatori non sanno più dove arrampicarsi, hanno raggiunto tutte le vette, gli invidiosi non hanno invidia, qui ogni desiderio è esaudito.

Convinta di aver fatto un buon lavoro vi auguro un nuovo e grande Natale, un Capodanno dell’anno tremila, Pasqua, Ferragosto ed Epifania

Con tutto l’amore che io vi ho dato

La vostra regina ha abdicato.

Da oggi un nome un po' insolito
voglio chiamata soltanto

                                                                      Ippolita


La vita é un giorno




La vita é un giorno

La Vita è solo un giorno

Scende la pioggia ma che fa, cantava Gianni Morandi.
in inglese è Elenore cantata dai Turtles

Riconosco questa canzone, poi  Senza Luce, I Dik dik
Whiter Shade Of Pale dei Procol Harum

Vedo questo film in apnea, ringraziando la sorte che mi ha spinto nel cinema Umberto

I Love Radio Rock (The Boat That Rocked) un film del 2009 scritto e diretto da Richard Curtis,  sulle radio pirata inglesi degli anni sessanta, la storia di Radio Caroline. Un atto d’amore verso la musica rock.
Le canzoni degli anni sessanta e i gruppi che nascevano allora
I Beach Boys, i Kinks e gli WhoFlash dei Rolling Stones
Dal 1967 ad oggi non é passato neppure un giorno.
Tantissime radio che ritornano
in effetti io  sento per la prima volta
Perché il diaframma fa passare e non fa passare 
alza il diaframma e respira
ti dicono i maestri zen

Nella straorzante virata che fa la tua barca puoi sempre contare su zattere e natanti che accorrono in aiuto nella procella-
Il mare freddo del nord, le onde radio, la voce e il suono.
vibra su tutto l'esaltazione e l'entusiasmo di essere vivi
ed eterna è la sconfinata allegria di testarsi capaci di cotante osare.
Dall'alto del pennone si ha la vertigine che ti fa tuffare giù, a capofitto, e il conte ed il re, si ritrovano amici.
Una sfida a noi stessi, alla piaggeria, al monotono e arido formular  editti, una sfida al Regno Unito d'Inghilterra, ai burocrati e alle carte.
ci salverà la musica...
i film, 
la poesia di Calogero 

La vita è un giorno, il sorriso della poesia

Lorenzo Calogero
Il tuo sorriso è un sorriso oggi all'oscuro
e contiene gli echi di ogni distruzione.
Tu ti appoggiavi un momento sulla mia guancia.