giovedì 18 settembre 2025

Scrivono di me ai dieci anni del blog

Dal 2022 Enrico scrive: 
Una sera parlo al 
telefono con Ippolita e mi viene questa immagine di lei: c'è chi fuma le sigarette senza filtro per sentire meglio il gusto del tabacco e poi c'è chi scrive senza filtri. Della biro, della penna d'accordo, ma fuori di metafora vale anche per il PC e ogni altra scrittura.

 Scrivere senza filtri, proprio come per li fumare, per andare oltre, per non dire cose ovvie per cercare la parte più autentica, quella che dà piacere, appassiona( analogamente. In una parola, il nocciolo delle cose(ok, sono 4). 

È questo che secondo me fa Ippolita da10 a n n i a questa parte attraverso il suo blog: dare voce a ciò che quel libro sul comodino le sta dicendo o le ha detto una volta terminato. Senza filtri, appunto, ma seguendo il filo personalissimo e originale al punto da ricostruire (riscrivere) una propria narrazione del testo. 


Spontanea diretta e immaginifica a me pare la scrittura di Ippolita nel suo regno, la Litweb. Non ci sono vere regole, si segue, Ippolita segue il flusso di pensieri e sensazioni, quello che il testo le suggerisce. Ne scaturisce uno stile del tutto personale, difficilmente imitabile e fresco proprio perché corroborato, dal rincorrere idee non secondo un ordine -logico- prestabilito, non quello dell'autore, m a fondato proprio su quanto impressiona e tocca. Su quanto resta in senso soggettivo dall'atto del leggere.

Una recensione di Ippolita può partire dalla fine dall'inizio o dal centro semplicemente perché in quel punto ha scovato un'immagine, l'immagine per lei saliente, attorno a cui ruota il romanzo. Il metodo, se esiste, è proprio restituire a chi la legge quell'emozione.

È questo che racchiude il senso della Litweb e quindi l'amore per la lettura. È questo che in questi anni deve per forza essere arrivato ai suoi di lettori (stavo per scrivere utenti, come quando vai in biblioteca a consultare un volume o una rivista, poi mi sono trattenuto perché non lo so mica se lei, Ippolita, sarebbe d'accordo, anche se la funzione del servizio pubblico per la comunità forse la gradirebbe...devo chiederglielo)

A Ippolita piace rischiare, a Ippolita piace andare alla sostanza, al cuore, come dicevo, a ciò che fa senso di quel libro; non interessano i fronzoli o le belle maniere.

Da insegnante, sa che è facilissimo incantare, infiocchettare, far bella figura accontentare, ma... tutto questo a cosa serve, cioè dove ci porta? No, Ippolita è dritta e da lei trapela passione. Cosa che spiega anche l'importanza dei libri di cui sceglie di parlare, di scrivere...

Le sue recensioni hanno qualcosa di ingenuo e naif, ma sono un'ingenuità, una naività consapevoli. Meglio, volute.

Quello di Ippolita infatti, è un posizionamento, una scelta di campo. Sotto sotto e- tra le righe- non esiste nemmeno possibilità di scelta tra emozionarsi, raccontarsi, raccontare quello che ha trovato nei "suoi" libri da un lato, e fare il compitino, parlare oziosamente del più e del meno dall'altro





Da persona entusiasta della vita sa perfettamente che cosa ci facciamo qui: solo che invece di inviare messaggi agli 
alieni circa la nostra presenza sulla Terra, Ippolita lo fa leggendo e scrivendo di quello che realmente le lascia qualcosa.

Un approccio diretto, pieno di stima ed empatia verso gli autori. Ti parla a ruota libera, liberissima di quello che ha provato leggendo ed è per questo che funziona: i suoi lettori sanno di potersi fidare perché c'è dietro una trasparenza, una onestà delle emozioni, prima ancora che intellettuale che tracima dalla pagina virtuale al reale.

Qui, nelle sue parole, non c'è traccia di accondiscendenza ma entusiasmo freschezza. È questo che si sente. È quello delle emozioni, prima ancora che intellettuale che tracima dalla pagina virtuale al reale. È questo che si sente. È quello che arriva dalla Litweb.


Anche se non c'ero al primo anno -ho 
conosciuto virtualmente Ippolita nel 2014-, in questo tempo il suo regno è sicuramente cresciuto nei numeri e per importanza, ma il suo approccio, per come la conosco io, non mi sembra cambiato: poteva ben prestarsi a scambi e favori perché ormai essere ospitati su Litweb significa visibilità, pubblicità, riconoscimento ma no non si è prestata, non interessa. 

Da che la conosco continua a scrivere, a leggere mossa semplicemente dall'amore per i libri. Non dal potere. Perché si parla di ciò che vale, non di quello che conviene.

So long, Ippolita. Ci vediamo nel 2032 giusto?

Enrico Vittoriani 



martedì 16 settembre 2025

Quando mia madre… Francesco Pileggi


 L’aquila ricamata sulla maglietta in modo diverso da ogni mamma. Otto ragazzini con la maglietta bianca e un’aquila disegnata sul lato del cuore. Le mamme descritte da come hanno ricamato un’aquila. Leggo sopportando i miei fastidi di salute, le visite mediche da fare, leggo e ritorno a "doveva essere un’aquila". Sul dettaglio che si allarga e  dal dettaglio dell’aquila poi la narrazione come un drone ormai si allarga sulla storia individuale e collettiva. Dalla cima più alta dell’albero dei limoni i ragazzi vedono il mare e il mare per noi è lo spazio aperto. Ora mi leggo la salita. Francesco Pileggi Quando mia madre indossò la maglietta di Franz Beckenbauer  Rubbettino editore collana Velvet 

Intanto da Giuseppe Tripodi: “Il motore narrativo sia avvia fondamentalmente con la partita di calcio giocata il 17 giugno 1970 dalle nazionali italiana e tedescoccidentale  allo stadio Azteca di Città del Messico nella quale, al 65° minuto, Franz Beckenbauer si infortunò alla spalla; non potendo l’allenatore fare altre sostituzioni, il mediano continuò a giocare fino alla fine con una fasciatura che gli legava il braccio al petto: «regale e stoico nel suo non mollare»" 


Da quel momento Franz diventerà il nome di Francesco in omaggio e stima ad un calciatore mitico. Tutto mitico diventerà in quella partita terminata con il gol di Rivera e la vittoria della nazionale Italiana 

Il calcio e la storia, le dittature militari sostenute e incoraggiate dagli USA in Cile e in Argentina, lavoro minorile, disfunzioni scolastiche. emigrazione  e la storia del paese calabro dove si svolge la vicenda dei ragazzi.

Dal 1970 al 1978 ai mondiali di calcio in Argentina nessuno contro i generali golpisti, nessuno contro la dittatura e  le grida dei giovani desaparecidos lanciati nell’oceano da aerei militari.

"Nessuno  si oppose a quel disegno di Jorge Videla & company tranne "Paul Breitner, giocatore della Germania dell’Ovest che rimase a stare dalla parte delle madri di Plaza de Mayo. Non voleva far finta di niente, anzi sperava che altri compagni di squadra non partecipassero, sperava che la sua nazione per prima rinunciasse, convincesse le altre. Fu solo una speranza. ….Diede l’esempio che non fu preso da esempio, ma lui lo divenne un Esempio, per pochi ma lo divenne» (pp. 28-29)"

La grande e terribile storia degli anni settanta ritorna e leggiamo qui una intervista a Francesco Pileggi di Maria Teresa D’Agostino: Il libro nasce a Stoccarda durante una fuga dalla Calabria, che allora immaginai per sempre. Nasce dalla testardaggine mista a quella rabbia che porta con sé chiunque sia stato costretto ad andarsene, chiunque abbia sperato di cambiare qualcosa in Calabria, lottando per non essere cambiato a sua volta, per non entrare a far parte di quella categoria che nel libro definisco “Proci”, sì, la casta che occupò Itaca e la casa di Ulisse e che l’eroe omerico non sconfisse del tutto. A Stoccarda non conoscevo nessuno, lavoravo in un Kindergarten con bambini, realizzavo video con delle scuole, ma mi mancava il teatro. Una sera mi arriva una telefonata da Edith Koerber, direttrice del Theater Tri-bühne, per invitarmi a scrivere uno spettacolo.  Un’occasione per dimostrare se avessi ancora qualcosa da dire o se in realtà avessi davvero mai avuto qualcosa da dire. Nacque così Als meine Mutter Becknbauer Trikot trug, lo spettacolo che debuttò nel 12° Festival internazionale Sett, che si tiene nella città. In quel 2014, ironia della sorte, mi ritrovai nel cartellone insieme a Dario Fo (a cui il Festival era dedicato, insieme a Franca Rame già scomparsa) e la Compagnia di Emma Dante a rappresentare l’Italia, io che dall’Italia me ne ero scappato. Andò molto bene, mi proposero altri lavori. Poi, per scelte di famiglia, decidemmo di rientrare. Feci leggere quel copione che nel frattempo lo tradussi in romanzo, a degli amici. Piacque molto e mi spinsero a inviarlo a Rubbettino. La risposta del direttore responsabile Luigi Franco la conservo con cura. Lo stesso entusiasmo, che spinse allora Edith Koerber, lo ritrovai in quella risposta. Lo presi come un segno. Il romanzo contiene lati vissuti e molti rubati alla vita reale, alla storia di un periodo passato di cui ancora paghiamo prezzi, il tutto frullato con dosi necessarie  d’immaginazione." 

Mi ritorna a volteggiare l'aquila in alto lassù a farci vedere i fatti più piccoli, le scoperte e l'amicizia, le offese e le difese, il pudore dei sentimenti. Le mamme svolgono nel libro il ruolo principale nella partita “generale”. Il compito di svoltare come nella tragedia greca era affidato agli dei qui le mamme mettono tutte la maglietta numero 4 per permettere ai loro figli di giocare. Volteggia l'aquila dalle magliette usate tutte col numero quattro e poi ancora l'aquila ci porta lontano, in treno, sul treno di chi dovrà partire, sfiorando le vite di tanti, di separazioni e ritorni, in barca. Treni e Barche, scuola e maestro Pietro, fotografie e tanto mare, molto mare. 

Incalzante il racconto tiene il ritmo come se fossimo in campo e i tantissimi dialoghi ci fanno partecipi delle avventure. 

Francesco Pileggi qui era al suo primo romanzo e ora impazienti aspetteremo che l'aquila volteggiando ci porti il suo nuovo romanzo. 

Nel regno della Litweb 

Ippolita Luzzo