-Metti giudizio -
La critica del giudizio secondo Kant 4 marzo 2012
Le nostre nonne ce lo dicevano sempre un tempo -Metti giudizio bambina mia non essere precipitosa irruenta, controllo e disciplina discernimento e prudenza-
La Prudenza
Una volta ci dicevano così ed una mia zia aggiungeva -Come vi vedono muovere ridere gesticolare così verrete giudicate perché solo così gli altri vedono noi, quindi bambine -perché allora eravamo bambine fino a tredici anni- comportatevi con compostezza senza schiamazzi senza risate sguaiate, controllate il tono della voce, non urlate, parlate senza parolacce, senza volgarità e lasciate parlare anche gli altri.
Poi aggiungeva- Quell’impressione, la prima, che noi abbiamo dato, si fermerà nella mente degli altri e noi saremo per sempre legati a quel giudizio su un solo momento di conoscenza-
Una volta, caro Kant, esisteva il giudizio riflettente ed anche le zie le nonne lo possedevano, anche mia mamma, ma lei lavorava troppo e non aveva tempo per parlare ma sicuramente era lei la più giudiziosa.
Secondo Kant l’intelletto riflette come uno specchio la realtà interiore su quella esterna e poi collega il mondo naturale e il mondo della volontà e associa e crea altro il bello l’agire il sublime il teologico.
É l’uomo ad attribuire le qualità agli oggetti col giudizio
-qual è il tuo giudizio?-
Ve l’avranno chiesto e ce lo saremmo chiesti e ce lo chiediamo in continuazione anche qui sul web
Ci giudichiamo ci mostriamo riflettiamo e poi associamo ed elaboriamo altri giudizi
Kant aveva speso molto del suo tempo a dirci che il dominio della natura, della necessità, determinata dalle leggi causa-effetto, e la libertà della azione umana, la libera scelta si sarebbero conciliate
Concilia?
C’è una conciliazione fra libertà e necessità?
Secondo Kant l’accordo fra i due mondi è dato dal giudizio riflettente un ponte fra ciò che è e ciò che si vuole
Fra ciò che siamo e ciò che appariamo
Un ponte- come quello di Messina?-
Mi auguro di no
Il giudizio è meno costoso del ponte di Messina ma richiede una disciplina un pensare prima di agire un accordo fra l’oggetto che noi percepiamo e l’esigenza di libertà che tutti abbiamo.
Un accordo.
Va da sé che disprezzare imprecare sottovalutare ridicolizzare non siano verbi che Kant usò per definire il giudizio che, sempre secondo lui, avrebbe riconosciuto il bello nell’oggetto un sentimento disinteressato puro universale e necessario per una normalità senza norma in grado di educare perché è con la bellezza con il giudizio teologico- il fine, vuol dire teologico- che scopriamo nella natura e negli altri, un fine uno scopo e scoprendolo negli altro e nel mondo lo scopriamo anche per noi.
Ippolita Luzzo
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