Le marionette che diventiamo se vengono tagliati i fili, se si spezzano i fili della coscienza, se si annienta la volontà, fra malattia e dipendenza a ciondoloni si sta.
Il Vangelo secondo Antonio, atto teatrale di Dario De Luca, un testo nato da una idea contenuta nel libro della dottoressa Francesca Frangipane, autrice del "La vita dimenticata", e voluto questa sera dall'Associazione per la Ricerca Neurogenetica di Lamezia Terme, va in scena al Teatro di Lamezia nella giornata contro la violenza delle donne, una violenza contro la volontà, ed in entrambi i momenti io vedo la stessa realtà. Una volontà che si annulla tagliando i fili della coscienza.
Un fatto vero ha sollecitato l'attore e autore a trasformare in teatro le fasi della malattia l'Alzheimer che taglia fuori dal consesso civile l'ammalato e spezza i ricordi.
Cosa ci fa essere senzienti e coscienti? Il ricordo. Il ricordo di chi noi siamo. Eppure sulla coscienza leggevo che è il mistero più profondo.
"Un pugno ben assestato sconquassa il cervello e la coscienza scompare, una fiala di anestetico o una droga potente e ciascuno di noi si spegne nel nulla, cessiamo di esistere, ed ogni sera quando ci addormentiamo svaniscono improvvisamente spazio, tempo, pensieri, forme, colori, il nostro mondo, l'universo intero." Sono fili che ci tengono al mondo, i fili del ricordo, della consapevolezza. Al di là della malattia, la tematica va oltre raggiungendo ognuno di noi, seduto a guardare quel perdere i fili su una scena fatta di certezze, i fili illuminati con cui viene delimitato lo spazio della recita.
Fili di luce, rettangoli e quadrati, e poi al centro della scena il crocifisso come l'uomo vitruviano di Leonardo da Vinci, le proporzioni che ci fanno appartenere al centro dell'universo.
Esserci con le nostre misure.
Il grande sconforto assale, la grande debolezza e disperazione avvolge famiglie e singoli nel momento straziante della perdita senza ritorno di quei fili che uniscono l'individuo all'universo e la famiglia all'individuo, lasciando vagare ognuno nell'indistinto dolore.
Nel testo di Antonio De Luca un parroco di un piccolo paese si accorge, tutti si accorgono, ricordo perfettamente mia zia come si accorse, e nel momento che si accorge c'è tutta la paura di precipitare nel nulla indistinto.
Il testo si accolla la drammaticità di una malattia, sulla quale la medicina cerca ancora la cura, la prevenzione, e diventa però metafora di un mondo in cui tutti, privati dal nostro essere cosciente rimaniamo marionette ed il nostro vivere con le parole del fisico Erwin Schrödinger diventa "una recita davanti un teatro vuoto, un teatro di marionette per marionette." Perché fare non è essere ed essere è essere coscienti.
Dario De Luca, Scena Verticale, dalla malattia alla dipendenza, e dalla dipendenza all'uomo, centro di tutte le cose, universalizzando una tematica che ogni giorno ci chiede attenzione.
Qui il momento dell'accorgersi, la bravissima Matilde Piana, la sorella del prete, porta le mani alla testa, nel momento in cui entrambi sanno di precipitare in un indistinto senza ritorno.
E lo sguardo finale di Davide Fasano, che interpreta il prete assistente in parrocchia, nella scena del sudario con cui Don Antonio avvolge il corpo di Cristo con l'ultimo gesto rimasto impresso su una memoria a brandelli.
Dario De Luca trasforma il suo corpo e percorre lo straniamento in ogni fase, adattando la materia alla rarefazione dell'essere con l'abilità dei grandi attori di sempre. Nel Vangelo secondo Antonio.
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