sabato 4 giugno 2022

Santo Gioffrè con Fadia


Appena uscito con Castelvecchi il romanzo Fadia scritto da Santo Gioffrè arriva nel Regno della Litweb con l'affettuosità insita in tutti i rapporti amicali veri. Un libro come tramite, fra noi e la conoscenza, fra noi e le cose, fra noi e i fatti storici. Un libro dialogo, un ponte fra l'Occidente e l'Oriente, fra il Mediterraneo e la Siria, contro la guerra, un ponte di pace. 

Come in quasi tutti i precedenti romanzi Santo inizia dalla fine, il personaggio narrante sta morendo e rivede tutta la sua vita, la racconta dall'inizio, Ogni fine ha il suo principio, scriveva Tiziani Terzani, supponendo lui che non ci fosse fine, e così anche nei romanzi di Santo noi dimentichiamo subito che il narrante ci lascerà e ne seguiamo le peripezie con grande vicinanza affettiva.

Andrea Bisi, il suo nome, figlio di uno stupro, di una violenza, marchiato da un sopruso, riesce a dare scacco a un destino iniziale di povertà e di irriconoscimento, riesce a studiare e a laurearsi in medicina, a specializzarsi in ginecologia, ad esercitare la sua professione con competenza. 

Gli incontri e gli studi lo portano lontano, lontano, seguendo la storia di Maria Spinelli e Giovanbattista Pergolesi, seguendo Fabrizio Neri, seguendo l'arcivescovo Paolo, il destino che lo farò giungere in Siria. 

Andrea si ritirava, da piccolo, in una grotta, e in quella grotta si sentiva protetto, si sentiva un tutt'uno con l'essere, con il sacro. Nella grotta strani segni "croci con bracci in diagonale e altre figure che soverchiavano il suo immaginario"

"Volò verso la Siria. Sopra il Mediterraneo, pensò alle onde... Aleppo dall'alto gli apparve sterminata... e incontra Paolo, l'Arcivescovo di Aleppo"

Una mano tiene l'altra ed insieme fanno un cammino, ci insegnano fin da piccoli, e con Andrea visitiamo la chiesa greco-ortodossa di Antiochia, attraverso i racconti di Paolo, e ritorno a Damasco, ritorno con la mente al suk, alle porte, alla Cittadella di Aleppo. 

Giungono insieme a Qalah Siman, un enorme complesso paleocristiano, e visitano i resti intatti della facciata romanica di una basilica antichissima. Paolo racconta di San Simeone lo Stilita, vissuto per trent'anni sulla cima di una colonna. Lo stilismo come preghiera, come penitenza, ed insieme una forma di monachesimo siriano.   

"Spesso il destino è più saggio degli uomini. I luoghi dell'anima accomunano posti mai visti, eppure familiari" ed eccoci a Palmyra, "la sposa del deserto" e con orrore ricordiamo che nel 2015 il direttore del sito archeologico fu decapitato da un gruppo jihadista, per spregio verso un amore sconfinato per ogni pietra  di Palmyra.


Andrea troverà spiegazioni e illuminazione dal suo viaggio, un viaggio che cambierà la sua percezione del mondo, della storia, del suo essere individuale. Non vi racconto altro, vi lascio sulla soglia, vi lascio con Andrea. 

Vi lascio con Santo Gioffrè, vi lascio con Fadia, che imparerete a conoscerla leggendo come e quando Andrea la incontrerà. 

La vita è fatta di incontri che cambiano la vita stessa e gli incontri sveleranno i segni, i disegni, l'infanzia e il sacro nella grotta dell'umanità.

Ippolita Luzzo 

Le prime pagine di Fadia, sotto forma di racconto, hanno vinto il Premio Cronin nel 2020

giovedì 2 giugno 2022

Dieci anni in Litweb

 


Se il mondo è fatto a scale tu prendi l'ascensore, si canticchiava così ai tempi di Loretta Goggi e Raffaella Carrà. Sembra stranissimo che quel mondo non ci sia più, ci ha lasciato anche Raffaella e vorticosamente cambia tutto, ma proprio tutto, durante questi anni impietosi. 

Sono passati dieci anni e già non ci credo, eppure è vero è vero è vero, cantandola con Ornella Vanoni che pur rimane con una vitalità invidiabile a testimoniare il passar del tempo.

Dieci anni che già non ricordo più se non li avessi scritti, dieci anni che avrebbero potuto non esserci eppur ci sono stati, per caso fortuito. Rileggiamoli dunque uno per uno, attraverso i post quando credevo ancora alla parola scritta, rileggiamoli con la sensazione che il bel tempo non tornerà mai più, cantandola con Gigliola Cinquetti, Quelli erano giorni sì. 

Dieci anni, eppure nel libro che uscirà a giorni troverete solo i pezzi del primo anno, gli altri sono qui, nel nulla del web, ad aspettare che una mano amica li ami come li hanno amati nella Città Del Sole. 

Son diventati altro oramai, sono rari, sono quasi spariti ma la lettura rimane, ma lo scritto rimane a testimoniare un tempo che ci lascia indietro, ci lascia qui il tempo e noi stupefatti non lo rincorriamo più. 

Faremo i festeggiamenti con un libro in mano. 

Nel libro in esergo le parole della Nuova Verde.

La Nuova Verdə, la peggiore rivista su cui pubblicare, escluse le altre. Fondata a Roma nell'aprile 2012 da Pierluca D'Antuono, scrive del Regno della Litweb il 20 marzo 2021, con la conferma di Luca Carelli:“La frase cchiù bella roo munno non è “ti amo” ma “in Litweb” - pronunziata però da Ippolita Luzzo e nessunx altrx”.

Nel libro la prefazione di Giuseppe Giglio:" A leggere Ippolita Luzzo ci si diverte. Propriamente, ci si diverte: svicolando tra gli uomini e le cose che dalle sue pagine – con vivida naturalezza – si animano. Per il brio, la leggerezza, la gioia dello scrivere di Ippolita: anche quando lei racconta di libri impegnativi, che inquietano, che spiazzano. Perché Ippolita è un folletto, un arioso, ariostesco folletto di incontenibile curiosità. Una critica letteraria sui generis, fuori dalle righe, insofferente di mode e parrocchie"

e nell'introduzione le parole di Alessio Barettini: "Un Regno nato per caso e che si chiede come scrive Alessio Barettini: «Può un regno fornire consigli di lettura?

Può un regno non prendersi sul serio, mostrando il mondo delle Sacre Lettere, ciò di cui parla, un po' meno sacro."

Troverete nel libro le vostre testimonianze e io vi sono grata perché ogni vostra parola per me è vita, si vive insieme o non si vive affatto.

Un grande abbraccio da un blog che è stata una esperienza umana

Ippolita Luzzo  












martedì 17 maggio 2022

Tommaso Lisa Insetti delle tenebre

 


Coleotteri troglobi e specie relitte

Sulla home della casa editrice Exorma troviamo "Insetti delle tenebre di Tommaso Lisa, secondo capitolo della trilogia iniziata con Memorie dal sottobosco, è dedicato agli insetti del sottosuolo e agli habitat in cui vivono."

L'autore Tommaso Lisa è un appassionato entomologo, nel 2001 ha pubblicato per l’associazione francese “r.a.r.e.” il catalogo ragionato sui Cicindelidi della regione del Mediterraneo.

È dottore di ricerca in Lettere. I suoi studi di estetica vertono sulla “poetica dell’oggetto” del filosofo Luciano Anceschi, nella poesia italiana nella seconda metà del Novecento, da Montale alla nuova avanguardia. Ha scritto libri di critica letteraria su Edoardo Sanguineti e Valerio Magrelli.

In questo libro Tommaso Lisa nello studio di Paolo Magrini, di professione medico, appassionato degli abitanti dei mondi sotterranei, daranno un nome ad esoscheletri, ad identificare differenze. 

Paolo Magrini perlustra il sottosuolo come un minatore con la luce fissata sul casco per vincere il buio. Entra in piccoli antri, come la Grotta dei Ghiri che si apre vicino ad un sentiero tra monte Morello e la Calvana. 

"Che cosa sia una grotta, appare evidente, è in prevalenza un fatto di proporzioni: qualunque profondo anfratto o fessurazione del terreno può essere una grotta per un insetto"

Jacques Lacan definisce "il luogo dell'altro" il giunto tra simbolico e immaginario. Andiamo insieme a Tommaso e a Paolo in questo luogo dell'altro dove abitano insetti nell'incerta zona di confine tra passato e presente, tra mondo umano e mondo naturale.

Gli insetti vivono al buio, durano al buio. Il buio mantiene le forme. Antonella Anedda scrive ciò che può essere una domanda, leggiamo da Tommaso " Dove nascondersi dal pensiero che smette di rappresentare, mostrare, intrecciare, infeltrirsi" 

Tommaso Lisa si sente un equilibrista su un filo senza inizio e fine, circondato dall'abisso del tempo, seguendo Paolo e il suo dono, un esemplare di Typhlotrechus bilimeki tergestinus. Un carabo troglobio. Una sottospecie conosciuta negli anni Ottanta del secolo scorso. 

Come faccia Tommaso Lisa a farci appassionare a queste creature del buio è per me un mistero, eppure sembra lucente la sua passione e noi ne siamo illuminati. 

Sarà perché Tommaso Lisa studiando gli insetti in realtà sta cercando di identificare noi stessi, sta osservando le piccole cose per evitare grandi cose, come era scritto in un esergo che lui aveva scelto, una citazione da Sweet Tuesday di John Steinbeck e che io trovo attinente. 

Leggiamo nel Regno della Litweb gli Insetti delle tenebre di Tommaso Lisa, un regno molto vicino agli insetti, nel confine fra simbolico e  immaginario, fessura della possibilità di vivere in qualsivoglia estrema situazione

Ippolita Luzzo 

lunedì 16 maggio 2022

Il Tempo del corvo e del ragno di Francesca Tuscano


Per la Bertoni Editore nella Collana Miele, curata da Francesca Farina, viene pubblicata la raccolta di poesie, di ballate, di Francesca Tuscano. L'immagine di copertina è di Giancarla Frare e la prefazione di Piero Pieri. 

Ritrovo un po' sia in immagine che in parole il senso del verso di Francesca Tuscano. 

Piero Pieri scrive di lei, del suo essere testimone storico di una Russia in transito. Già la precedente raccolta Gli Stagni di Mosca vi era lo svelamento dello sfaldarsi dell'orizzonte sovietico e ora qui la Russia è quasi un relitto, priva dell'orgoglio nazionale. La fine di un impero.

Il libro ha in esergo una frase dai Demòni di Dostoevskij su uno strano posto abitato da un ragno cattivo e con una citazione di Camus da Il mito di Sisifo "Essere privi di speranza non significa disperare"

Sembra di sentire Leopardi con Camus, infatti Leopardi diceva che nella parola disperazione vi era pur sempre insita la speranza. 

Dopo le ballate le dediche, e qui Francesca dedica a Giacomo, ad Anna, a se stessa, parole e versi leopardiani. 

A me/ l'odio è una buona musa/ se l'illusione non basta/

l'illusione è una buona musa/ quando l'odio non basta.

Ritorno a Leopardi e alle illusioni forse perché ultimamente ho ascoltato per due volte le magistrali lezioni di Fabiana Cacciapuoti su Leopardi e sul suo intimo credere alle illusioni come spinta vitale, come vita. 

e dopo le ballate e le dediche le lettere, Lettere del numero sette a Don Giovanni sulla solitudine e sulla curiosità che può raccogliere quella solitudine e sulla memoria che nulla perdona.

Francesca continua a scrivere e in Rime sempliciotte a X ci confessa che " le credevo lettere, ed invece erano pagine di bestiario, immagini di illusioni fallate. 

Ma arrivati all'ombra del ragno troviamo la dedica a sua madre sull'amare molto, su chi amiamo e su come ci esercitiamo con la memoria per trattenere i nostri cari accanto. 

Ippolita Luzzo

 

Francesca Tuscano si è laureata in Lingue e letterature straniere (Russo e Tedesco) e in Letteratura italiana presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Perugia e nel corso di laurea Lici dell’Università per stranieri di Perugia. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Letterature comparate con una tesi sulla presenza della cultura russa nell’opera di Pier Paolo Pasolini. Ha studiato presso l’Istituto “Puškin” di Mosca nel 1986 e nel 1988.

Ha lavorato come burattinaia, insegnante di russo e di italiano, interprete e traduttrice e archivista nella catalogazione di fondi musicali antichi. Ha insegnato lingua e cultura italiana presso l’Istituto di Romanistica dell’Università di Salisburgo e presso l’Università per stranieri di Perugia, Lingua russa e Letteratura italiana contemporanea alla Facoltà di lingue straniere per lo stesso ateneo. Si occupa di letteratura, teatro, cinema e musica russi, di bizantinistica, di letteratura italiana contemporaneaa e soprattutto del rapporto tra cultura russa e cultura italiana.


Ha pubblicato diversi saggi, molti dei quali su Pasolini e su Alvaro, e la monografia La Russia nella poesia di Pasolini (Book Time, Milano 2010). Ha inoltre lavorato a testi di filologia slava, storia locale (su Bova, in Calabria, e Città della Pieve, in Umbria), e sui diritti dell’uomo e del bambino. Ha tradotto testi di Akunin, Jakobson,  Chlebnikov, Lotman, Kuz’min, Batkin,  Limonov,  Medvedev,e scritti inediti di letteratura critica su Pasolini. Ha pubblicato le raccolte di poesie “M.Y.T.O.” (Era Nuova 2003), “La notte di Margot “(Hebenon-Mimesis 2007), “Gli stagni di Mosca “(La Vita Felice 2012) e “Thalassa” (Hebenon-Mimesis 2015).


Ha scritto libretti d’opera e testi teatrali (tra i quali “Come si usano gli articoli”, pubblicato in “I diritti dei bambini”, Rubbettino 2005). Nel 2016, per il Mittelfest di Cividale del Friuli, è stata messa in scena l’opera lirica Menocchio su suo libretto (musica di Renato Miani).


 

giovedì 12 maggio 2022

Mirella Samele Il profumo della cioccolata calda


Fare Critica

Nel presentare il libro di Mirella Samele riprendo ciò che ho detto un anno fa nella corte del palazzo Stella  

La memoria seleziona. 

Nel selezionare ciò che ci rimane diventa quel che diventiamo. 

Se ricordiamo momenti spiacevoli o scortesie possiamo restare rancorosi e scontenti, se invece riusciamo a serbare il bello e il buono anche dove sembra non esserci allora la memoria ci renderà affabili verso il nostro passato ma soprattutto verso il nostro presente. Questo vale per tutti noi sempre impegnati in questa attività del selezionare e del rimuovere eppure conservando con cura e attenzione fatti e affetti che ci fanno essere come siamo. 

La memoria seleziona ricordi e stasera siamo qui a parlare con Mirella della sua selezione affettuosa su anni e anni su un suo portare con sé e far vivere presentandoceli di nuovo i componenti della sua famiglia raccolti intorno ad una tazza di cioccolata calda e ad altre prelibatezze che scopriremo leggendo. 

La famiglia è il luogo dei legami e delle connessioni, la famiglia, pur con le sue storture e imperfezioni, è una creazione della civiltà. Creando un nucleo stabile l’uomo fin dall’antichità ha posto in essere la cura dei figli e la protezione degli anziani e nello stesso tempo ha creato la socialità allargando la famiglia alla parentela e continuando poi fino alla creazione della politica che diventa scelta fra uno o un altro obiettivo, che diventa anch’essa selezione, ritornando all’individuo.

 Un giro larghissimo per tornare sull’uomo che solo non può stare perché abbiamo bisogno di affetto e di gratificazioni, di rimproveri e di litigi per permetterci poi la selezione

Ippolita Luzzo 

mercoledì 4 maggio 2022

Calati junco

 9 febbraio 2010

Calati jiunco ça passa la chjna


Piegati giunco che passa la piena, la furia dell’acqua, il fiume in piena, senza argini, 

piegati giunco, abbassati, per resistere, rimarrai così saldamente al tuo posto, perché non potrai essere trascinato  dall’irrompere tumultuoso delle acque, 

piegati giunco, ma fermo, non vacillare, stabile, non è un simbolo di sconfitta, è una dolorosa, reale constatazione, quando gli avvenimenti ci travolgono, quando ogni nostro agire è come un boomerang contro di noi, quando “taci, il nemico ti ascolta…” e il sospetto attanaglia anche le menti più ben disposte, allora è tempo di – calati jiunco ça passa la chjna. -

La piena, proprio per la sua irruzione tempestosa, dilavante, cieca, non dura molto. La furia che ha in sé trasporta, scortica, sposta, e tutto involve, ma poi si placa. 

Finita l’esuberanza, la tracotanza, l’imperio, - dicono i poeti – la quiete dopo la tempesta. 

Ma durante la tempesta non basta piegarsi, ancorarsi, non basta: quanti umili, fragili, o forti sono stati cancellati, e allora bisogna imparare ad affidare le nostre sorti, con umiltà riconoscere il momento e pregare, e con nuovi occhi guardare quel che resta, quel che non c’è più, la miseria, la pochezza dei nostri averi.

Chjcati jiunco, perché di una cosa siamo sicuri tutti, che passa la piena e se ne va.

Ippolita Luzzo 

 







sabato 9 aprile 2022

Angelo Di Liberto Lea


Lea, fiaba di Angelo Di Liberto, con i disegni di Cecco Mariniello, pubblicata da Gallucci Editore, nella collana BROS. Dedicata a tutti i nostri animali perduti, scrive in esergo Angelo, ed io aggiungo a Moby, Orso, Akita, Nina,  aggiungo Gala, la mia cagnolina amata, e Spillo, il labrador che non siamo riusciti salvare da una comune gastroenterite.

 La fiaba per ogni età, ma certamente da raccontare insieme ai più piccoli, é ambientata a Palermo, per lo più nel Giardino Inglese, anzi questo fiabesco giardino è il luogo magico della salvezza. Un giardino che ha tra ogni spettacolare pianta anche un ficus gigantesco, quasi un personaggio fra i personaggi. 

Raccontata in modo semplice e con andamento quasi da c'era una volta, la storia di Gertrude, insegnante in pensione, e di Lea, la cagnolina che adotta subito, dopo averla scelta fra altri sette cuccioli, Lea, la più timida, quella che il proprietario voleva tenere per sé. Gertrude aveva già incontrato la madre di Lea, al Giardino Inglese, Nina il suo nome, e ne aveva avuto quasi un lascito.

 Non racconterò la storia ma solo l'incontro tra Marco, il bimbo con problemi di linguaggio, e la cagnolina, per dire come avere un cane possa influenzare positivamente le relazioni.  La fiaba raccontata da Angelo Di Liberto ha un andamento simile a tutte le fiabe della nostra infanzia. I buoni e i cattivi e per fortuna nelle fiabe vincono i buoni. 

Lea, continuo a mormorare ricordando Gala, la mia cara cagnolina, setter con macchie arancio, che io non sono riuscita a salvare dai cattivi. Gala era stata data a dei contadini quando io sono stata esiliata lontanissimo da casa per insegnare di ruolo nella scuola media. Quei contadini la legarono ad un lungo filo di ferro e suo unico movimento fu poter scorrere avanti e indietro lungo quel filo. Fu molti anni fa ma ogni volta ne sono funestata.

 Seguo con partecipazione il rapimento di Lea e poi tutto ciò che avviene. Una fiaba che ci appartiene e vorrei vedere Lea conosciuta per ogni contrada del Regno della Litweb

Ippolita Luzzo