venerdì 21 febbraio 2020
Come una barca sul cemento di Roberto Saporito
"In un giardino pubblico di Milano viene rapito un bambino"
Mi fisso sulla notizia in apertura del radiogiornale con cui inizia "Come una barca sul cemento" e ne seguo gli svolgimenti capitolo per capitolo, abbandonando quel “tu” che sarebbe il protagonista principale del racconto.
Il narratore infatti si rivolge al suo protagonista chiamandolo “Tu”.
Tu guardiano notturno di un deposito di rimessaggio barche, tu professore universitario che hai dovuto lasciare il tuo lavoro e trovarne un’altro.
Raccontato col tu, in seconda persona, sembra quasi vedere l’autore mostrarcelo con un dito, come nell'immagine divina del Dio michelangiolesco che indica l’uomo e si rivolge a lui col suo “tu” che dona anima e vita.
“Tu” chi sei? Ci interroghiamo leggendo
Come una barca sul cemento: nel racconto che leggerete troverete fra le righe il caso di cronaca che seguirà le peripezie del protagonista come se fosse sullo sfondo. Un dietro le quinte, un modo per dire che l’informazione fa congetture e più ci darà informazioni e meno ne sapremo. Si insinua in noi lo straniamento che è lo stesso del protagonista nel suo girare quasi predestinato a fare ciò che non ha deciso lui. Restiamo insieme al caso di cronaca come se noi stessi fossimo stati rapiti, rapiti e allontanati dai nostri cari, intenti anche loro in telefonate o in altri incontri, come se noi stessi ora immemori accettassimo quella cioccolata che ci farà dimenticare chi noi siamo. O almeno chi eravamo, chi erano i nostri genitori, come ci chiamiamo. E continueremo a chiederci Come una barca sul cemento i tanti perché che non ci fanno muovere più come vorremmo
Le due storie, quella del professore universitario e quella del bambino rapito da Ludovica, si intrecciano e ritorno indietro nella lettura per cercare cosa le unisca, quale la connessione.
Intanto sono troppo commossa dalla lettura di questo avvincente romanzo di Roberto Saporito e rimango nell'atmosfera dei luoghi e degli incontri consapevole di come ogni gesto possa perderci o salvarci irreparabilmente.
"Come una barca sul cemento" i personaggi sono guidati nelle loro azioni da qualche disegno che sembra appartenere al loro passato e seguono come una barca sul cemento, da fermi quasi, guardando le conseguenze dei loro gesti da lontano. Lo rileggo ancora stupefatta e plaudo ad Arkadia Editore e alle loro scelte di qualità.
Nel caso di Roberto è una conferma. Lui scrive benissimo
Un grande plauso dal Regno della Litweb
Ippolita Luzzo
sabato 8 febbraio 2020
Le affacciate
"Sopra la mia testa i chiodi oggi sono settantuno, né uno di più né uno di meno. E tanti saranno nei giorni a venire."
Arriva a Febbraio in libreria questo libro intrigante raccontato dalla protagonista nel momento in cui lei viene licenziata. Perdere un lavoro e ritrovarsi senza aver nulla da fare se non ritornare nella appartamento dove un tempo aveva convissuto con il suo ragazzo. E diventa protagonista del racconto anche tutto lo stabile, le altre donne che abitano nel palazzo condominiale. Metto qualche stralcio per far assaggiare lo stile con cui viene raccontato un difficile cambiamento, come si riesce a scrivere di difficoltà mantenendo la scioltezza e l'ironia.
A volte la positività diventa un esercizio complicato, eppure bisogna trovare un modo per non farsi piantare troppi chiodi. Il modo come viene gestita oggidì la malattia, la disoccupazione, la vecchiaia, la perdita di un lavoro, presuppone sempre quel sorriso stampato come se tutto fosse un evento.
Ed è su questo che ci fa riflettere Caterina Perali con Le affacciate.
“Contare i chiodi permette contemporaneamente di scrivere qualche commento generico sui social network senza che nessuna depressione da like s’impossessi di me, perché, grazie a loro e alle travi, i miei post sono positivi e ironici e piacciono a tutti. A chi non piace la positività?”
Cominciamo a conoscerla così che conta i chiodi, lei che ha organizzato eventi e curato pubblicità, ora a casa “Sono a casa, come tutti quelli che vengono lasciati a casa.”
"Mi accorgo che il mondo va avanti, che tutto ha un ritmo, tranne me. Costruisco, allora, una scatola di cartone immaginaria per nascondermi dentro e spiare tutti da vicino senza farmi vedere. Come da bambina, piego le gambe e appoggio la testa sulle ginocchia per diventare invisibile. Con le dita faccio due buchini sul cartone, avvicino gli occhi e inizio a guardare tutto quello che succede davanti."
" Il malessere che sento sono diventata io stessa. Non c’è un nemico. Non c’è nessuna lotta da intraprendere. O almeno io non sono in grado di sostenerne una. Il nobile tentativo di creare valore ovunque, in ogni istante e con tutti, non fa per me.. Ognuno cerca il suo modo per sopravvivere. Nel dominio dell’apparenza, ognuno ha il diritto di giocare come gli pare.
Nonostante la vita degli altri, nonostante le loro lotte, i loro esempi, nonostante il razzismo e i ricordi di questa casa di rin- ghiera, la nostalgia, la tua bicicletta rossa, il collega buono, le tre grazie, i loro successi, i loro insuccessi, nonostante il sapore amaro dei giudizi sui social, io la mia vita non voglio cambiarla. Non adesso, almeno. La mia rivoluzione può attendere."
Impariamo anche noi che la rivoluzione può attendere.
Un semplice augurio dal Regno della Litweb
Ippolita Luzzo
Arriva a Febbraio in libreria questo libro intrigante raccontato dalla protagonista nel momento in cui lei viene licenziata. Perdere un lavoro e ritrovarsi senza aver nulla da fare se non ritornare nella appartamento dove un tempo aveva convissuto con il suo ragazzo. E diventa protagonista del racconto anche tutto lo stabile, le altre donne che abitano nel palazzo condominiale. Metto qualche stralcio per far assaggiare lo stile con cui viene raccontato un difficile cambiamento, come si riesce a scrivere di difficoltà mantenendo la scioltezza e l'ironia.
A volte la positività diventa un esercizio complicato, eppure bisogna trovare un modo per non farsi piantare troppi chiodi. Il modo come viene gestita oggidì la malattia, la disoccupazione, la vecchiaia, la perdita di un lavoro, presuppone sempre quel sorriso stampato come se tutto fosse un evento.
Ed è su questo che ci fa riflettere Caterina Perali con Le affacciate.
“Contare i chiodi permette contemporaneamente di scrivere qualche commento generico sui social network senza che nessuna depressione da like s’impossessi di me, perché, grazie a loro e alle travi, i miei post sono positivi e ironici e piacciono a tutti. A chi non piace la positività?”
Cominciamo a conoscerla così che conta i chiodi, lei che ha organizzato eventi e curato pubblicità, ora a casa “Sono a casa, come tutti quelli che vengono lasciati a casa.”
"Mi accorgo che il mondo va avanti, che tutto ha un ritmo, tranne me. Costruisco, allora, una scatola di cartone immaginaria per nascondermi dentro e spiare tutti da vicino senza farmi vedere. Come da bambina, piego le gambe e appoggio la testa sulle ginocchia per diventare invisibile. Con le dita faccio due buchini sul cartone, avvicino gli occhi e inizio a guardare tutto quello che succede davanti."
" Il malessere che sento sono diventata io stessa. Non c’è un nemico. Non c’è nessuna lotta da intraprendere. O almeno io non sono in grado di sostenerne una. Il nobile tentativo di creare valore ovunque, in ogni istante e con tutti, non fa per me.. Ognuno cerca il suo modo per sopravvivere. Nel dominio dell’apparenza, ognuno ha il diritto di giocare come gli pare.
Nonostante la vita degli altri, nonostante le loro lotte, i loro esempi, nonostante il razzismo e i ricordi di questa casa di rin- ghiera, la nostalgia, la tua bicicletta rossa, il collega buono, le tre grazie, i loro successi, i loro insuccessi, nonostante il sapore amaro dei giudizi sui social, io la mia vita non voglio cambiarla. Non adesso, almeno. La mia rivoluzione può attendere."
Impariamo anche noi che la rivoluzione può attendere.
Un semplice augurio dal Regno della Litweb
Ippolita Luzzo
venerdì 31 gennaio 2020
Vladimir Di Prima: Avaria
Intervista a
Vladimir Di Prima
"Il 12 novembre del 1990 moriva mio nonno, Francesco Di Prima. Ventinove anni dopo nasce questo. I numeri vorranno pur dire qualcosa...
Da gennaio 2020 in tutte le librerie."
“È questa la
vita che mi puoi dare?” Cercando una risposta inseguo Vladimir Di
Prima in Sicilia fin sull'Etna noncurante dei presagi nei tarocchi.
La
generazione dei quarantenni alla riscossa: Chiedersi se è proprio questa la
vita che tu puoi darmi.
Vladimir Di
Prima è autore di Avaria, libro di un sopravvissuto, di uno scampato ad un
incidente aereo per aver deciso di seguire una voce. Il protagonista si salva e
rincorre rive sconosciute, voci sconosciute. Il libro esce il trenta gennaio in
libreria, ma noi vogliamo sentire Vladimir proprio ora, che un altro incidente
aereo in Iran ci ha così sconvolto.
Conosco
Vladimir Di Prima a Zafferana Etnea al Premio Brancati di qualche anno fa,
invitata a far parte della giuria dal Direttore Artistico del Premio lo
scrittore e giornalista Raffaele Mangano.
Mi trovo quella sera allo stesso tavolo con
Giulia Caminito e Vladimir Di Prima, nonché con Renzo Paris che, nel corso
della serata, mi aveva fatto un complimento per me bellissimo. Mi aveva detto
che il mio modo di fare, di divertirmi con i dettagli, gli ricordavano la
stessa ironia e lo stesso modo di divertirsi che aveva Dario Bellezza. Da
allora io ho conservato gelosamente questa perla. La serata fu stupenda e sono
rimasta legatissima a tutti loro. Vladimir presentava un suo video contro la
violenza sulle donne e il tema voluto proprio da Raffaele Mangano era contro il
femminicidio. Da allora ad ora Vladimir ha prodotto altri video e scritto
romanzi e ora arriva questo Avaria pubblicato da A&B in accordo con
l’agenzia letteraria Stradescritte. È così Vladimir?
Vladimir Di
Prima: Non potevi dire meglio!
Ippolita
Luzzo: Da Avaria “Sin da ragazzino aveva temuto di precipitare con un aereo;
per alcuni anni era stato addirittura il suo sogno ricorrente, solo che nel
sogno lui non c’era mai a bordo: lo vedeva prendere quota con qualche
difficoltà. Un’avaria improvvisa. A un certo punto l’aereo andava in stallo e
precipitava nella campagna di suo zio Epifanio. Poco dopo l’esplosione si
svegliava terrorizzato”. Leggo il libro di Vladimir con negli occhi i resti di
un aereo distrutto in Iran e sembra che la cronaca si insinui nel libro dove lo
stesso disastro fa morire tutti i passeggeri tranne uno, Morando, sceso
dall’aereo prima che esso decollasse. Il protagonista si salva per aver seguito
una voce e continuerà a cercare quella voce per tutto il libro. Cosa cerca
Morando? Davvero così difficile è trovare una motivazione per vivere per un
quarantenne oggi?
Vladimir Di
Prima: Morando è un inetto moderno e nella sua inettitudine cerca una risposta
all'abbandono improvviso di Romina. Privo di stimoli, confuso da un frainteso
mito del successo così come nell'ultimo trentennio ha imposto una certa
“didattica” televisiva, egli sconta una drammatica inerzia e solo per caso si
ritrova a essere un sopravvissuto.
Ippolita
Luzzo: Una storia d’amore troncata bruscamente è il filo conduttore del
racconto. Il protagonista aveva ricevuto un solo sì proprio da Romina “La vita,
quella cosa piatta e lineare in seno alla concezione di Morando, lo aveva
abituato a ricevere troppi “No” ... il suo carattere, già di per sé orientato a
un pessimismo di matrice isolana, si era lentamente modellato ai solchi del
rifiuto.” Si trovano davvero davanti a un muro di no i quarantenni oggi? I
giornalisti, oggi? Morando è un giornalista o almeno vorrebbe fare il
giornalista eppure non riesce…
Vladimir Di
Prima:
I quarantenni di oggi sono quelli che più hanno subito il concetto di
privazione del futuro. Una generazione abbandonata al caso e all’espediente,
figlia dell'improvvisazione. I "no" che arrivano sono dunque
una logica conseguenza. Il personaggio, Morando Carcò, sogna ancora di
diventare un grande corrispondente per le maggiori testate nazionali, ma sconta
l’incapacità di uscire dal sottobosco della provincia che col tempo inghiotte e
frantuma ogni tipo di ambizione.
Ippolita
Luzzo: quanto è difficile oggi farsi conoscere nel mondo dell’editoria?
Vladimir Di Prima: Credo che in generale ci
sia una gran confusione dettata dalle leggi del mercato. Oggi si va più alla
ricerca del personaggio che all’autore di qualità. Tuttavia ritengo che ogni
epoca abbia le sue difficoltà e i suoi paradossi. All’inizio del secolo scorso
erano in pochi a saper leggere e scrivere, di conseguenza i lettori erano
davvero pochi. Oggi i lettori rimangono ugualmente pochi benché tutti sappiano
leggere e scrivere; sembrerebbe strano, ma non lo è affatto. Il mondo dell’editoria
poi, a bassi livelli, è pervaso da gente improvvisata che non ha nulla a che
vedere con la sacralità di un libro: mi riferisco a quegli editori che chiedono
contributi per la pubblicazione di un testo e a quegli scriventi che pur di
soddisfare un misero impulso dell’anima, chiamiamolo velleità, si piegano al
balordo sistema dell’editoria a pagamento. Per mia fortuna ho sempre avuto a
che fare con editori sì piccoli, ma estremamente raffinati, seri e
intellettualmente onesti.
Ippolita
Luzzo: Conosco l’asfittico spazio concesso alla piccola e media editoria eppure
queste difficoltà che mi hanno spinto, come dice Laborit nell’Elogio della
fuga, verso rive insospettabili, non conosciute, verso un regno della Litweb
che intercetta i bravi per davvero, direbbe Emanuele Pettener. "Quando non
può lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha
due possibilità: l'andatura di cappa che lo fa andare alla deriva, e la fuga
davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga
permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all'orizzonte delle acque
tornate calme”
E ricordiamo
il tuo recente video creato a dicembre 2019 con Francesco De Luca, voce e
autore dei versi, un canto alla generazione dei quarantenni, dal titolo 1979
(Scritta a Roma, il 28 Maggio 2019, in onore del Roman Poetry Festival e di
Castelporziano)
“Sono nato
nel Millenovecentosettantanove
quando è crollato un sogno
ma ancora vado chiedendo
Che Paese sarà mai l'Italia senza la Poesia?
quando è crollato un sogno
ma ancora vado chiedendo
Che Paese sarà mai l'Italia senza la Poesia?
E chiediamo
insieme se sia questa la vita che puoi darmi…
Ippolita
Luzzo qui con Bitetto, Ferraloro, Cerri e Di Prima, in affettuosa compagnia
mercoledì 22 gennaio 2020
La multa ai parcheggi gestiti dalle società private a Lamezia Terme
Oggi parcheggio sulle strisce blu e come sempre pago la sosta autorizzata. Questa mattina pago fino alle 10,07 convinta di sbrigarmi e invece mi attardo fino alle 10,35. Trovo la multa in quanto ho violato l'articolo 7, che disciplina la sosta dei veicoli in area a pagamento. Vedo la splendida addetta che mi ha fatto una onerosa multa e mi offro di pagare subito la sosta in più, senza ovviamente dover pagare multa, scusandomi del contrattempo. Ma lei è dipendente privata, lei ha fatto una multa incancellabile, lei è qui, per la strada, solo per certificare l'errore, la sosta in più. Mi prende lo sconforto e la rabbia, scomposta reagisco al vedere gli umani diventati robot, butto all'aria la multa e poi la raccolgo e vado alla Polizia Municipale.
Qui mi dicono che alcuni comuni hanno fatto ordinanza proprio per impedire che vengano fatte multe a chi ritarda in una sosta di qualche minuto, una tolleranza di mezz'ora o più a seconda le circostanze, ma il comune di Lamezia non ha fatto questa ordinanza e quindi la ditta privata ha il permesso di fare multe se qualcuno ritarda anche e solo di dieci minuti.
Incrocio perfetto di pubblico e privato che non va incontro ai cittadini ma preferisce andare alla multa. E multa sia
Pago la multa e a mia volta multo un servizio pubblico e privato insensibile.
Qui mi dicono che alcuni comuni hanno fatto ordinanza proprio per impedire che vengano fatte multe a chi ritarda in una sosta di qualche minuto, una tolleranza di mezz'ora o più a seconda le circostanze, ma il comune di Lamezia non ha fatto questa ordinanza e quindi la ditta privata ha il permesso di fare multe se qualcuno ritarda anche e solo di dieci minuti.
Incrocio perfetto di pubblico e privato che non va incontro ai cittadini ma preferisce andare alla multa. E multa sia
Pago la multa e a mia volta multo un servizio pubblico e privato insensibile.
giovedì 9 gennaio 2020
Ceniamo insieme
“E poi le belle amiche...
Ritorni dopo una vita al paese natio ed una sera, così, senti una tipa che legge "io non sono una donna del sud"....
All'inizio ho pensato, fosse una matta, una di quelle che va in giro a rompere le palle ai tranquilli cittadini che sentono Chopin nei loro salotti, leggendo Stendhal, poi...
Me ne sono subito innamorata, Ippolita Luzzo la Regina della Litweb.
E stasera, una cena nata senza accordarci prima, una cena semplice e perfetta, senza i famosi pipponi, a cosa sei allergica, ma cosa non puoi o cosa puoi mangiare...ti va? Andiamo.
Stasera ho avuto il grande onore di visitare il castello della regina.
C'ero già stata da lei, ma stasera ho visitato tutto il castello, fin sulla torre merlata da cui si vedono le stelle ed il mare.
Anche il boudoir colorato ed allegro della regina, accanto alla sua camera da letto in stile semplice ciliegiosità dei legni pregiati e libri ovunque, sui comodini, sul comò, perfino la libreria a fronte letto ed una pila d'essi sul pavimento.
Giusto come mi immaginavo le vestigia del maniero.
Allora, Evviva evviva e lunga vita mia cara Ippolitina.
Ah....
Buonanotte❤. Io Rispondo a Daniela ricordando Daniela: Mi sembra bellissimo “Dopo una vita di onorato silenzio” poter “Dirlo a tutti per non dirlo a nessuno” Pezzi di noi in “Immaginare è sopravvivere”. Rispondo a lei che una sera mi ha detto:- Incontro troppe Daniele da quando sono tornata da Roma. Qui- Forse è un nome molto amato. Come Dino Campana, come leggere, come conservare ogni testo di giorni e giorni. In quel comizio di molti anni fa, su quei cavalletti trasformati in tavole lunghissime dove arrivavano enormi insalate di pomodori, in quelle estati che non conosco, su tutto l’arte, Roma bellissima, il lungotevere amato appoggiandosi ad un parapetto. Guardarlo scorrere. Ed il fiume era in cucina. Scorreva e luccicava il Tevere, con la camminata di Natale Proto, grande amante della vita, della conoscenza, della bellezza, lui stesso bellissimo, lui stesso arte vivente. Camminava Natale Proto, è passato spiegandoci come si deve capire un quadro, le dimensioni e la prospettiva, l’intensità della pennellata. Il dolore di Van Gogh. E c’era anche Van Gogh alla nostra tavola. Una tavola affollata e affettuosissima “con il sole e la notte” con la straordinaria storia d’amore fra Liliana e Vittorino. Camminano sul
Corso Numistrano come si usava allora, negli anni settanta, che ci sono stati, è vero che ci sono stati? La nostra serata finisce così da domani chi lo sa... faceva una canzone di allora, intanto ora la conservo in un pezzo
Ritorni dopo una vita al paese natio ed una sera, così, senti una tipa che legge "io non sono una donna del sud"....
All'inizio ho pensato, fosse una matta, una di quelle che va in giro a rompere le palle ai tranquilli cittadini che sentono Chopin nei loro salotti, leggendo Stendhal, poi...
Me ne sono subito innamorata, Ippolita Luzzo la Regina della Litweb.
E stasera, una cena nata senza accordarci prima, una cena semplice e perfetta, senza i famosi pipponi, a cosa sei allergica, ma cosa non puoi o cosa puoi mangiare...ti va? Andiamo.
Stasera ho avuto il grande onore di visitare il castello della regina.
C'ero già stata da lei, ma stasera ho visitato tutto il castello, fin sulla torre merlata da cui si vedono le stelle ed il mare.
Anche il boudoir colorato ed allegro della regina, accanto alla sua camera da letto in stile semplice ciliegiosità dei legni pregiati e libri ovunque, sui comodini, sul comò, perfino la libreria a fronte letto ed una pila d'essi sul pavimento.
Giusto come mi immaginavo le vestigia del maniero.
Allora, Evviva evviva e lunga vita mia cara Ippolitina.
Ah....
Buonanotte❤. Io Rispondo a Daniela ricordando Daniela: Mi sembra bellissimo “Dopo una vita di onorato silenzio” poter “Dirlo a tutti per non dirlo a nessuno” Pezzi di noi in “Immaginare è sopravvivere”. Rispondo a lei che una sera mi ha detto:- Incontro troppe Daniele da quando sono tornata da Roma. Qui- Forse è un nome molto amato. Come Dino Campana, come leggere, come conservare ogni testo di giorni e giorni. In quel comizio di molti anni fa, su quei cavalletti trasformati in tavole lunghissime dove arrivavano enormi insalate di pomodori, in quelle estati che non conosco, su tutto l’arte, Roma bellissima, il lungotevere amato appoggiandosi ad un parapetto. Guardarlo scorrere. Ed il fiume era in cucina. Scorreva e luccicava il Tevere, con la camminata di Natale Proto, grande amante della vita, della conoscenza, della bellezza, lui stesso bellissimo, lui stesso arte vivente. Camminava Natale Proto, è passato spiegandoci come si deve capire un quadro, le dimensioni e la prospettiva, l’intensità della pennellata. Il dolore di Van Gogh. E c’era anche Van Gogh alla nostra tavola. Una tavola affollata e affettuosissima “con il sole e la notte” con la straordinaria storia d’amore fra Liliana e Vittorino. Camminano sul
Corso Numistrano come si usava allora, negli anni settanta, che ci sono stati, è vero che ci sono stati? La nostra serata finisce così da domani chi lo sa... faceva una canzone di allora, intanto ora la conservo in un pezzo
mercoledì 1 gennaio 2020
Io speriamo che me la cavo Discorso di Capodanno 2020
Mi viene così nel salutare mio figlio che mi augura un dolcissimo Buon Anno, mi viene questa frase rivolta un po' a tutti noi, un io noi, noi speriamo di cavarcela, e corro subito sui tasti a ricordare quel libro del maestro Marcello D'Orta, quei temi dei ragazzi di una scuola elementare di Arzano del 1990.
Sono passati trent'anni da Io speriamo che me la cavo.
Trent'anni compirà mio figlio a Marzo, giorno otto marzo, sessanta sono gli anni di mia sorella, settanta di mio fratello, ottanta di mio zio.
Sono passati trent'anni da Io speriamo che me la cavo.
Trent'anni compirà mio figlio a Marzo, giorno otto marzo, sessanta sono gli anni di mia sorella, settanta di mio fratello, ottanta di mio zio.
A dieci a dieci.
"Io speriamo che me la cavo" è l'augurio a tutti noi che abitiamo un corpo problematico, che aspettiamo biopsia, che stiamo facendo chemioterapia, che tagliamo e togliamo pezzi del corpo pur di cavarcela una volta di più.
L'anno che è andato via è stato un "Annus horribilis", come disse una volta la regina Elisabetta, e come scrisse Giorgio Bocca nel 2010, parlando del 2009.
Bocca si riferiva ad una deriva politica che ci riguarda tutti e che mi auguro possa un giorno arrestarsi, io invece più semplicemente rimango ferma sui rapporti fra noi e il nostro corpo, fra noi e il nostro umore, fra noi e lo slancio che va via, l'entusiasmo che va via, la difficile arte del vivere che va via.
Io speriamo che me la cavo, ora al sole e al vento del mare di Gizzeria, dove una banchina sepolta dalla sabbia da almeno quarant'anni è stata ridata al ricordo di chi ricorda un tempo in cui i lidi erano di legno e si arrivava in mare con le 850 Fiat in dieci in auto, senza prendere la multa.
Io speriamo che me la cavo all'alba livida di un divenire, di una cifra tonda che possa togliere la sabbia, che possa ridarci ancora il cerchio di ogni cosa.
Il tondo del numero zero, inizio e fine. Trovare il cerchio delle cose, Platone considerava il cerchio come la figura geometrica perfetta per il Buddismo Zen il cerchio significa illuminazione.
Noi speriamo semplicemente di cavarcela come quel bimbo del novanta.
Dal Regno della Litweb un buon anno con Laure Cambau in La ragazza dipinta di blu, perché si userà il blu quest'anno:
"Dopo di me metti il GPS per domani
dopo me per concludere
metti il GPS"
"Tra sogno e fumo
tra vapore e chimera
un sogno al riparo del sogno
dopo di me metti il GPS"
"aspettando la consegna del miracolo"
"Il diario della ragazza dipinta di blu" circolare
Ippolita Luzzo
"Io speriamo che me la cavo" è l'augurio a tutti noi che abitiamo un corpo problematico, che aspettiamo biopsia, che stiamo facendo chemioterapia, che tagliamo e togliamo pezzi del corpo pur di cavarcela una volta di più.
L'anno che è andato via è stato un "Annus horribilis", come disse una volta la regina Elisabetta, e come scrisse Giorgio Bocca nel 2010, parlando del 2009.
Bocca si riferiva ad una deriva politica che ci riguarda tutti e che mi auguro possa un giorno arrestarsi, io invece più semplicemente rimango ferma sui rapporti fra noi e il nostro corpo, fra noi e il nostro umore, fra noi e lo slancio che va via, l'entusiasmo che va via, la difficile arte del vivere che va via.
Io speriamo che me la cavo, ora al sole e al vento del mare di Gizzeria, dove una banchina sepolta dalla sabbia da almeno quarant'anni è stata ridata al ricordo di chi ricorda un tempo in cui i lidi erano di legno e si arrivava in mare con le 850 Fiat in dieci in auto, senza prendere la multa.
Io speriamo che me la cavo all'alba livida di un divenire, di una cifra tonda che possa togliere la sabbia, che possa ridarci ancora il cerchio di ogni cosa.
Il tondo del numero zero, inizio e fine. Trovare il cerchio delle cose, Platone considerava il cerchio come la figura geometrica perfetta per il Buddismo Zen il cerchio significa illuminazione.
Noi speriamo semplicemente di cavarcela come quel bimbo del novanta.
Dal Regno della Litweb un buon anno con Laure Cambau in La ragazza dipinta di blu, perché si userà il blu quest'anno:
"Dopo di me metti il GPS per domani
dopo me per concludere
metti il GPS"
"Tra sogno e fumo
tra vapore e chimera
un sogno al riparo del sogno
dopo di me metti il GPS"
"aspettando la consegna del miracolo"
"Il diario della ragazza dipinta di blu" circolare
Ippolita Luzzo
giovedì 26 dicembre 2019
Quando il Regno non basta più: Discorso di fine anno 2019
Quando un regno non basta più la domanda è perché scrivere un discorso.
A chi scriverlo? Con chi? Per chi?
Anche i tasti sembrano rimandare l'inanità del gesto.
Sto qui a cancellare un "L'importante è finire bene", cancello l'inizio di un discorso dell'anno 2019, forse cancellerò anche questo.
Sempre meno e sempre più Litweb
Ippolita
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