domenica 28 maggio 2017

Al Cafè Retrò scostumati e no

Passeggiano gli splendidi abitanti di Lamezia Terme sul marciapiede del corso Numistrano. Sullo stesso marciapiede un gruppo musicale si esibisce in una performance organizzata dal Cafè Retrò. 
Sono  the4TUNES https://www.youtube.com/channel/UCCL-zmHAM2ULZzgvhI-OZZA
Valentina Ielà: Voce
Vittorio Viscomi: chitarra acustica
Emmanuele Sacco: basso
Marco Vinci: batteria
LaLLallà, lallàllà, canta la brava voce solista mentre i miei concittadini, non tutti per la verità, passano e spassano a pochi centimetri dal suo microfono pur di non deviare di qualche centimetro il loro incedere verso la meta.
Lallallà lallalà e la meta è questa qua: L'ineducazione.
Noto con piacere invece altri che scendono dal marciapiede e si soffermano ad ascoltare.
Il pomeriggio e la sera di una domenica qualsiasi sul trespolo del Cafè Retrò, locale che da anni propone eventi vari, di teatro, di musica, di cinema, abbinando poi aperitivi a proposte diverse ad un paese, il mio, che sta nella pianura. 
Nella piana piana piana. https://www.facebook.com/retro.bianchi/ 
Sorridendo io del mio leggere come se fosse letteratura ogni incertezza dei miei compaesani se passare o non passare proprio davanti alla cantante, mi diverto a segnalare la gentilezza dei gestori nei miei riguardi,  a chiacchierare con Saverio, Silvia, a salutare Mario, e a ritmare con il gruppo: Io l'amavo, la odiavo, ero pazzo di lei, la canzone di Celentano che il gruppo sta cantando quasi in omaggio  al mio amore odio verso la città. 
Solo me ne vò per la città...
Ippolita   

venerdì 26 maggio 2017

Verso qualcuno: Il libro di Roberto Pallocca

Mi aspetta nella buca della posta, ora in disuso, accanto alla porta di casa, in disuso perché nuove disposizioni imposero cassette della posta fuori dello spazio condominiale. Io diedi facoltà al postino di accedere o farsi aprire cancello e lasciarmi i libri nella precedente cassetta accanto all'ingresso di casa mia. "Verso Qualcuno" non poteva che aver posto migliore e raggiungermi al ritorno dal Salone del Libro di Torino con il suo benvenuto.
Trascorro il pomeriggio leggendolo e comprendo Roberto Pallocca in Verso qualcuno come sia riuscito a far vivere il personaggio nella trama della realtà. Il personaggio vive dentro il libro la sua opportunità del racconto. 
Io sono appena di ritorno e sembra di parlare con me leggendo "Sono tanti i motivi per cui si parte. Si parte per amore, si parte per dolore, si parte per curiosità o per caso, per lavoro o per vacanza, per interesse o per studio, per guarire, per capire, per pentirsi o per fuggire... Sono infiniti i motivi per cui si parte... non ho mai capito il motivo per cui si torna, però. Chi torna deve avere innanzitutto un luogo, un posto chiamato casa, nel quale si senta al sicuro." Poi lo scrittore azzarda altro, il ritrovare un amore che aspetti il ritorno. Il tempo del ritorno. "Il tempo di una vita si riassume in uno scarso numero di bivi epocali, in poche scelte fondative, da cui ha preso forma- e consistenza- tutto ciò che è venuto dopo."
Il racconto di Roberto  azzera la differenza fra lettore e personaggio, azzera il trascorrere e il passaggio fra gioventù e maturità, azzera il passato e il presente, donandoci di una vita gli attraversamenti. Attraversiamo con l'autore ciò che il protagonista dovrebbe o potrebbe scegliere, ci ritroviamo a dirgli che sta sbagliando, vorremmo intervenire a deviare qualche situazione e già siamo anche noi su una scelta sbagliata. 
Mettere a fuoco la nostra di vita, leggendo quella di Giuseppe, il protagonista. Viaggia Giuseppe e poi torna. Viaggiamo con lui e poi torniamo. Lo scrittore usa tempi e modi precisi.  Lo stile della scrittura segue il viaggio, un modo di raccontare al presente, come se il presente esistesse, quei verbi all'indicativo presente conservano l'illusione che tutto sia possibile, anche vivere nel presente del racconto, del raccontarsi, del momento in cui noi tutti, con sintesi estreme, doniamo le nostre vite al racconto affinché qualcuno le accolga. Il tempo dell'imperfetto indicativo, il tempo delle favole delle nonna, il tempo del "C'era una volta un uomo... Giuseppe era innamorato di tutto"
Gli avverbi, quante volte, quanto, come, tante volte come, ecco, la vita. 
Sono tante le storie che ascoltiamo, moltissime, vere o inventate, sono pochissimi i momenti  in cui siamo liberi di consegnare al foglio una storia vera. "E c'è un tempo esatto entro cui è pensabile portare qualcosa in salvo." Una lettura quasi con note bibliche, il tempo poi non c'è più, i confini di questo tempo posseggono margini stretti, strettissimi.
Affabulante, Roberto Pallocca partecipa e ci partecipa della vita di Giuseppe, portando anche noi nello stesso momento in cui lui lo ha  incontrato. Ci troviamo con Roberto e insieme partiamo e ritorniamo Verso qualcuno.
Ippolita Luzzo    
  

venerdì 19 maggio 2017

I passi perduti della scortesia. La cultura della scortesia

Un passo dietro l'altro
Si andava ad un convegno di grande cultura. La cultura della scortesia. 
L'educazione questa sconosciuta. Parcheggio e scendo della macchina.
Incrocio con lo sguardo le due amiche che vanno come me alla stessa riunione.
Le saluto.
Penso che rallenteranno per andare insieme. Anche loro sanno che io andrò proprio alla stesso luogo.
Sono pochi passi da fare.
Nulla di tutto questo. Tirano dritto senza attendermi.
Guardo le due signore e metto un piede dietro l'altro ricordando la telefonata di una delle due solo pochi giorni fa per raccontarmi una scortesia che aveva ricevuto da un'altra ancora e guardo entrambe con un misto di commiserazione e disprezzo.
L'educazione al mio paesello non esiste.
I passi verso l'altro sono  difficili da percorrere, vero? 
Altro passo.
Anni fa mi invitano ad una cena di beneficenza. Insistono anche. Pago 30 euro. Arrivo. L'organizzatrice mi saluta cordiale ma non ha posto al suo tavolo. La Presidente della benefica associazione alla quale chiedo di poter aver posto al suo tavolo, visto che la conosco, mi promette quel posto. Subito dopo però il posto non c'è più. Non posso andare via, sono andata con gli studenti e non ho macchina. Mi siedo in fondo alla sala, una sedia poggiata ad un muro e li guardo tutti. Mi ripeto di aver sbagliato ad accettare. Avrei dovuto regalare i soldi e non andare, mi ripeto tanto altro quando, due passi e mi si avvicina una splendida signora, il sindaco di un paese vicino, mi prende sottobraccio e mi invita al suo tavolo. Al suo tavolo la figlia, i compagni di classe e noi due. Una vera felicità. Ho riconoscenza verso quella rarità di persona sensibile che si accorse del mio disagio.
La rarità è il passo verso l'altro, la consuetudine invece è tenersi stretta l'ancella e proseguire senza fermarsi verso la meta, la grande cultura dell'ineducazione .   
La grande cultura della scortesia


giovedì 18 maggio 2017

"Respira" di Roberto Saporito

Stamattina il libro di Roberto Saporito "Respira" in anteprima al Salone del Libro di Torino ci aspetta per una fuga con sorpresa.
L'ilarità che non mi spiego. Mi lascia una allegria questo romanzo ad incastri, tanti sono i pezzi che troveremo ben congegnati, un romanzo sulla fuga, dove il protagonista fugge da sé stesso. Si trova a scegliere e fugge. Più che sparire fugge.
L’unica cosa che riesci a pensare è la parola "sparire".
"Sparire" è una parola magica. "Sparire" è un mantra che ti
accompagna. Sparire, sparire, sparire.
Fermo a un semaforo senti un tizio incollato a una radio che dice che è crollata la torre sud, la numero due, quella di fronte a dove tu dovresti essere in questo preciso momento, quella dove sei sempre. Sono morto, pensi.
Inizia così la storia di un uomo che vuole respirare di nuovo.
Finalmente morto, nelle notizie che daranno del crollo delle torri gemelle a New York c'è anche il protagonista. Avrebbe dovuto trovarsi in quelle torri, per le testimonianze era lì, morto, ed è per lui un pensiero piacevole, un moltiplicatore di futuri, un azzeratore di passati.
Puoi ricominciare come Il Fu Mattia Pascal di Pirandello. Hai altre opportunità. Puoi andare via. Sei sparito. Da New York in Francia. Seguiamo il personaggio che compone e scompone i suoi giorni in una realtà che non esiste, senza creare rapporti e relazioni, vivendo di nulla. Un romanzo di macchine lussuose e di imboscate, di sotterfugi, di corse lungo le autostrade.  
si ricomincia:Ormai sono tre anni che vivi a Saint-Rémy-de-Provence.
 E adesso?
Non si è mai morti abbastanza, pensi.
Il mondo è troppo piccolo per riuscire a sparire veramente.
Il passato non passa mai completamente, qualcosa si impiglia
sempre in spigoli esistenziali troppo appuntiti, acuminati
per non creare danni, per non avere fastidiose conseguenze,
per non farti sanguinare.
– Un lungo allenamento alla vita.
Quando leggi un libro, di chi è la voce che senti nella testa?
Douglas Coupland
Io, leggendo,  sto a guardare il gioco che fa lo scrittore con le sue letture, con i noir, con i polizieschi, con i libri che abbiamo già letto che diventano freschi freschissimi come una leggera brezza da respirare. 
Il personaggio lo conosciamo, lo abbiamo letto in tantissimi altri libri, qui però si prende gioco di sé stesso, in un ironico intrecciare avvenimenti storici conosciuti, il crollo delle torri a New York, i locali di Alba, la stazione di Santa Lucia.
Il ritorno a New York
Come in un cerchio si ritorna al primo luogo, al lavoro, al museo dove il protagonista ha trascorso i suoi anni in un'altra finzione. Più che finzione in una condizione dalla quale non può essere riconosciuto, nessuno lo conosce. Di nuovo a New York ad agosto.  

"La fine di tutto e di tutti.
È la fine di agosto, sono passati praticamente dieci anni da
quando sei scappato da New York: dieci anni fa la città era
terrorizzata dal crollo delle Twin Towers e oggi da un uragano
e dalle notizie di quello che potrebbe accadere nei prossimi
minuti, ore. Ormai eri convinto di essere l’unico abitante di New York, e l’idea non ti dispiaceva, per niente, anche tu, ormai, dentro un film tutto tuo. Protagonista assoluto di una realtà-finzione personale."

Quando muori e rinasci lo scorrere del tempo acquista un altro significato o forse perde del tutto il suo vero significato, qualunque esso sia.

"Ci riempiamo la vita di cose inutili...
Le cose e le persone sono alibi potentissimi nei confronti
di qualunque cosa."
In una libreria di libri usati compri una copia di La fortezza
della solitudine di Jonathan Lethem, I grandi romanzi nascono da minimi spunti. John Updike

Vai a piedi dalla stazione Santa Lucia alla Punta della Dogana,
alla Fondazione Pinault, perdendoti innumerevoli volte
in strade sempre più strette e buie, scansando piccole pozzanghere da post acqua alta, con un’esile pioggia che cade
e smette di cadere ogni pochi minuti, una pioggia che non
ti bagna quasi, il fantasma della pioggia. Scansando turisti,
pochi, studenti, molti.
Entri, nel museo. Paghi
Sei morto. Finisco di leggere ilare questo racconto, mi lascia sorridente e felice e mi sembra una ottima ragione per leggere questo "Respira" di Roberto Saporito che avrà giocato a far scomparire il suo personaggio dall'America alla Provenza, a Roma ed a Venezia. Morte a Venezia. Non racconto nulla di più per non far perdere la piacevolezza della sorpresa, mi resta una lettura che consiglierò anche ad un mio amico curatore di mostre d'arte. 
Come un quadro ci sembra di vedere raffigurato qui i momenti del comparire e scomparire con poche pennellate decise e nitide, nette, eppure questa linearità ci dona anche gli strumenti per giocare anche noi seguendo lui che va e scompare e ricompare in un quadro, ma non ci sarà nessuno a vederlo.  Abituata io ad essere fatta scomparire mio malgrado, abituata ad essere cancellata, ho capito l'ilarità e la complicità verso uno scrittore che ci presenta invece l'esatto opposto. Sorrido pensando a chi vorrebbe cancellare il passaggio sulla terra e sarà cancellato nel giudizio universale delle relazioni umane e ben gli sta. Ridendo di me che respiro. "Respira" ci allena al respiro del leggere. 
Ippolita Luzzo    




mercoledì 17 maggio 2017

Alessandro Pedretta da "Dio del cemento" a "È Solo Controllo"

Alessandro Pedretta scrive in versi e in prosa giorni difficili. Una vita difficile, mi viene da ripetere, con il titolo di uno dei film più belli interpretati da Alberto Sordi. In quel film l'Italia usciva dal dopoguerra, la seconda guerra mondiale e sembrava a tanti  di poter ritornare a rivivere, se non fosse che questa possibilità non era per tutti. Oggi viviamo in una lunga e nascosta guerra di posizione durante la quale le possibilità di vivere si assottigliano fino a scomparire per alcuni e si dilatano fino alla vergogna di potere qualsiasi cosa per altri, per pochissimi, cerchiamo quindi "quell'asfittico spazio del destino" da un verso di una poetessa, Pina Majone Mauro.  
Alessandro prima in poesia ed ora prosa racconta: La nostra guerra apocalittica e integrata vista con lo spaesamento di un altro luogo, il luogo inventato, la distanza dalla città vera da quella immaginata, il fantasy horror di Luxor, il luogo da dove si tenta di fuggire. 
Una scrittura decisa e lucida, a me ricorda Saramago nelle sue invenzione del Saggio sulla Lucidità, sulla città dove nessuno vota più ed allora bisogna trovare l'organizzatore del complotto, bisogna controllare.
Anche qui è solo controllo, come in Saramago. 
"Luxor è la città del controllo perché chiunque vi viva controlla ed è controllato, consapevolmente e no." 
"Su questo consapevolmente e no" dobbiamo riflettere.
Seguiamo l'uomo che vuole fuggire, ha perso il suo amico, scomparso nel tentativo della fuga, vediamo la fuga farsi sempre più difficile, allontanarsi, confondersi e man mano strane figure appariranno. 
Vi sentirete fuggitivi così come mi sono sentita io, a fuggire dal natio borgo selvaggio simile negli abitanti a Luxor, Troppo simile per esserne quasi uno specchio. 
Nello straniamento del foglio appaiono i disegni di JAB, uomini-polpi giganti, uomini con collo e testa da giraffa, uomini-insetti. Non sembrano i nostri vicini di casa? Scherzo ma non troppo, nel sarcasmo che vorremmo attutire. Nei vicini di casa che non ci salutano e controllano, negli incontri sempre troppo simili al letterario crudele e onirico.È un incubo tutto ciò?
 "Sicurezza ed orrore."
"Io sono qui ma sono da un'altra parte"
"Non c'è niente da fare, in questo mondo vivo emozioni altalenanti continue, non esiste uno stato mentale che perduri per più di una manciata di minuti, da una percezione di relativo rilassamento momentaneo ripasso ad un'angoscia terrificante, a una paura che, sempre vigile sottopelle, viene a galla prorompente." 
La fantasia come ribellione. Come rivolta. Come fuga, avevo scritto presentando Dio del Cemento, la sua raccolta in versi.
Voglio ricordare due versi sulla crudeltà. Così come è crudele Luxor. Crudele e cattiva.
"Crudele la carne che ti si appressa addosso/ crudele la verità che cambia vestito spesso/ crudele il tempo che s'allunga distratto/ crudele il tratto dismesso tra testa, pancia e petto/ crudelissimi noi" 

Fuggiamo dunque  verso la lettura di Alessandro Pedretta al quale auguriamo una  via di fuga,  via dagli uomini-gallo che incontra il protagonista del racconto, via nella Città del sole di Campanella. Anche lì però non scherzavano quanto a controllo!
Vado a rileggermi Alessandro come antidoto alle nostre città, come antidoto a Luxor o Lamezia, i nomi si assomigliano tutti...
Un applauso dalla Litweb ad Alessandro domani  in visita al Salone del libro di Torino fra stand e uomini-libri. 
Ippolita Luzzo 

  

lunedì 15 maggio 2017

Arpa e tromba con Paola Testa e Andrea Lombardo


La musica del tango ci parlerà ancora...
Questa sera il Maggio dei libri ci riserva una sorpresa: ascoltare e apprezzare Paola Testa all'arpa e Andrea Lombardo alla tromba. Una Grande Paola e un Grande Andrea ci hanno deliziati con un concerto dall'intensità musicale ed emotiva super. 
Paola ci ha raccontato che è inusuale ascoltare Tromba ed Arpa insieme essendo questa più una tradizione dei popoli del nord Europa.
Tanti i brani famosi. La serata è iniziata con la Carmen di Bizet e proseguita con Santa Lucia e la Cumparsita.
Musiche di Musiche di Damase, Schubert, Caramiello, Bizet, Bohme..
Il concerto fu stupendo ed era già finito, tutti, dopo gli applausi, andavano via, quando è arrivata l'insegnante di Paola al Liceo Campanella con una sua amica.
Saluti, abbracci, e Paola rifà a richiesta nostra un tango che prima ero stata lì per lì per chiedere il bis e non avevo osato.
Ma come nelle magie vere ora Paola lo suona solo per noi, con Andrea, ed io batto e ribatto i tasti sentendo e risentendo questo tango El Choclo di Villaldo suonato solo per noi. Fantastico. Meraviglia in Litweb.

Quante volte lo sto ascoltando, per tutte e tante le volte che avrei voluto ascoltare il tango in vita mia! Nella felicità più assoluta di una tromba che dialoga con una arpa, nel respiro di Andrea e nel tatto di Paola che pizzica e accarezza la sua arpa facciamo i passi del tango che incontrano la nostra serata.  https://www.facebook.com/ippo.lu/videos/1477697978919272/
Ippolita Luzzo 

domenica 14 maggio 2017

I nostri figli non sono i nostri figli

I nostri figli non sono i nostri figli – 
Titolo alla maniera di Gibran- 30 settembre 2011-
I figli non sono di chi li genera.
Ogni figlio è un uomo e una donna
Ogni figlio è un essere a sé
Non si fanno figli per noi stessi
Si fanno per tutti - perché così è
Non sono le nostre proiezioni, i nostri desideri non avverati,
le nostre soddisfazioni.
Non sono il nostro ego che si espande.
Sono solo degli altri esseri umani.
Amare i figli-non si può- non si deve-
Amare è un sentimento cannibalesco, una lotta fra pari, fra eguali.
Non si mangiano i figli.
Non si sostituisce un primo piatto con il dessert, con il dolce.
I figli si fanno per un’esigenza vitale,
per appartenere al flusso eterno della sopravvivenza della specie.
Poi certo a loro si vuole bene, molto, moltissimo
Si è responsabili verso di loro, ci richiedono impegno, guida, 
vogliono la nostra cura.
E noi siamo sempre lì, presenti, solleciti, pronti.
Noi li allattiamo, li svezziamo, e gli regaliamo l’autonomia.
Non è così? Dov'è che io sbaglio?
Non sono amici, non sono amanti, non sono giochi,
non sono per noi.
Sono solo per loro.
Sbaglia chi vuole da loro un alleato, una vendetta, un riscatto
Sbaglia chi allontana la moglie, il marito,
il suo amore per un essere fragile, appena nato.
Che grande ingiustizia! Che storia sbagliata!
A volte i figli si fanno per tante ragioni,
per ragioni diverse dal semplice atto, del solo piacere di generare.
Si fanno per garantirsi un uomo legato, un patrimonio da ereditare, un habitus da esporre.
Come Cornelia :-Ecco i miei gioielli-
dicono  giulivi femmine e maschi
A volte si fanno con una violenza, con uno stupro, senza coscienza
Per un preservativo bucato, per una voglia improvvisa.
Si fanno alla cieca e si continua  ad usarli senza una disciplina
Considerandoli solo dei piccoli puffi, dei mostri, dei cicciobelli.
Restano così per anni, bimbetti e bambine, alla mercé di adulti cretini, egoisti, sadici 
che rubano loro infanzia e stupore.
Ne fanno uso, un abuso e vogliono poi il corrispettivo
Vogliono loro, i genitori, essere protetti, vogliono essere amati, 
vogliono, vogliono.
Ma non si può! Lasciateli vivere! Lasciateli in pace! 
Che possano loro respirare felici, 
che possano loro capirci di più, 
che possano loro amare la vita
Quella che noi gli abbiamo donato.
                                                                                           
 Ippolita Luzzo