-Finisci di sputacchiare. Per le 18,10 passo dal cancello. Si va da Carmine.- Più o meno questo mi scrive ieri pomeriggio Salvo ed io obbedisco. C'è Carmine alla Ubik. Faccio in tempo a tornare da Catanzaro Lido e riparto per Catanzaro Lido per due volte oggi. C'è Carmine Torchia che presenta il suo terzo album alla Ubik.
-Sai cosa vuol dire Ubik?- sempre Salvo, ed io, certo, una catena di librerie, ubik deriva dal latino ubique che significa “ovunque”.
No, mi fa lui, Ubik è « Io sono Ubik. Prima che l'universo fosse, io ero. Ho creato i soli. Ho creato i mondi. Ho creato le forme di vita e i luoghi che esse abitano; io le muovo nel luogo che più mi aggrada. Vanno dove dico io, fanno ciò che io comando. Io sono il verbo e il mio nome non è mai pronunciato, il nome che nessuno conosce. Mi chiamo Ubik, ma non è il mio nome. Io sono e sarò in eterno »
(Philip Dick, Ubik) Ah ecco! Ora tutto chiaro è. Merci Beaucoup.
Nunzio Belcaro, animatore ed ideatore della Ubik di Catanzaro ora presenta Carmine. "Un Mattoncino di complessità in più, questo fa Carmine, dandoci dei dettami che sono evocativi e poetici, con dimensione universale, inseriti in un percorso musicale, una alchimia di musica suoni e parole. Alchimia che dà la gioia."
Affetti- con note a margine
Questo il titolo del nuovo Cd di Carmine Torchia
Daniela Rabia inizia il suo canto pro Carmine, felice e luminosa, di un amore limpido. " Carmine è un pittore e sulle tracce di De Chirico fa un viaggio per le piazze d'Italia, Sotto Questo Cielo, e poi Bene, ed ora Affetti- con note a margine.
Canzoni d'autore, lettere a destinatari mai spedite."
Il filo conduttore di Carmine è il cielo, sta dicendo Daniela, dall'Astronomo al cielo di Sersale a quello di Milano, dalla Sfera, progetto dedicato a Lorenzo Calogero che scrisse:
Lettere d’amore
Mandai lettere d’amore
ai cieli, ai venti, ai mari,
a tutte le dilagate
forme dell’universo.
Essi mi risposero
in una rugiadosa
lentezza d’amore
per cui riposai
su le arse cime frastagliate loro
come su una selva di vento.
-
Mi nacque un figlio dell’oceano
Carmine, quasi intimidito da tanta passione risponde a Daniela di essere sempre un boscaiolo di Sersale!
Un boscaiolo con una legge morale in cui crede, e un mondo governato dalla poesia come fede. L'amore è un atto politico, ci canta. L'amore è libertà, e la libertà è il sorriso con cui la sera si addormenta.
Col garofano e la spada, lui si sente un Don Chisciotte, alla maniera di Rafael Alberti. Carmine combatte con la chitarra.
Daniela ora ricorda Giuseppe Petitto, suo amico, andato nel cielo, da pochi giorni, a girare quel film che uscirà su schermi immensi, sulle nuvole, nella galassia e nel piccolo nostro mondo degli affetti. Affetti per noi che crediamo Giuseppe presente ieri sera alla Ubik come lo era al Marina Blu l'altra sera.
Suonano le note di Carmine Torchia, Daniela porge i testi, li intreccia e legge oltre i titoli dei singoli brani, 14, di cui è composto il CD." Dire le cose nostre e le cose altrui con timida luce e poi tornare indietro per ridircele.
Il salmo che viene per te.
La Luce di Ubik
venerdì 11 settembre 2015
giovedì 10 settembre 2015
Finiva così
Il romanzo non scritto
Un nuovo commento sulle pagine della Recherche
Alla ricerca di Proust
Un nuovo commento sulle pagine della Recherche
Alla ricerca di Proust
Già mi manca 2 novembre 2011
Mi mancherà moltissimo questo
gioco del lento svelare, mi mancherà moltissimo questo tuo leggere quel che io
ti scrivevo, mi mancherà moltissimo non poter più sedermi davanti ad uno schermo e parlare convinta che
un altro non solo mi legge ma capisce anche e che mi risponde.
E’ stata questa la vera magia
che tu hai inventato ed io ho realizzato, è stato questo il vero confronto fra
due anime inquiete, fra due anime stanche del quotidiano, dell’usuale.
Non c’è stato altro, non
avrebbe senso, quello che noi abbiamo creato va aldilà del gioco di tutti, banale, scontato e ripetitivo fra un uomo e una donna, fra due persone normali.
I rimandi e le citazioni non erano a caso ma frutto
solo di un nostro sentire, quel desiderio ancora non spento di vincere il mondo
con la fantasia.
In un mondo alienato, in un
mondo che va, abbiamo tentato una rotta diversa, quella dei libri, dei film, della filosofia, convinti che noi ce la faremo, potremo salvarci, forse chissà, quale sarà il nostro domani?
Il compito è arduo, tu l’hai
preso d’impegno, d'altronde, mi hai detto, hai risolto casi più gravi!
Anche il mio di compito era
molto arduo ma io sono insistente e troppo curiosa.
Ed adesso che andiamo felici
in un mare che sembra calmo, che ci lascia nuotare, tentiamo convinti di
parlare ancora, col grande languore del momento felice della prima mail del primo contatto.
E’ vero è tutto così
difficile, ci sono sicuro delle difficoltà, ma il mondo che noi abbiamo visto
era lo stesso, solo che tu lo hai frequentato ed io l’ho solo letto.
mercoledì 9 settembre 2015
Immaginare è sopravvivere
Il romanzo che non ho scritto
Sei andato
via 16
ottobre 2011
Mi volto e
guardo il posto accanto a me, in macchina, perfettamente vuoto.
Comincio a
raccontarti un pensiero, un fatto e tu
non ci sei.
Ti faccio la linguaccia nella speranza che tu
mi spinga, mi sorrida, ma sento che sei andato via.
Meglio così,
diresti tu, meglio così, dico anche io.
Era solo
suggestione, pericolosa, mi dici tu, parlare con te come se tu fossi accanto,
parlarti, scherzare, chiederti consiglio su ogni cosa, e mentre parlavo con
uomini e donne, girarmi e vederti seduto di lato, nel mentre sorridi oppure fai
segno di stare zitta, di non parlare, di aspettare.
Ma cosa è
stato non so definirlo, tu dici il virtuale, mi dici che a tutti succede così,
prendono per vero un sogno, un legame.
Ma io, lo
sai, non ho mai sognato, io vivo di già
al di là del reale, non ho mai pensato se c’eri o non c’eri, per me eri solo la possibilità di un vero reale
parlare e parlare con un essere umano, vivente, non letterario, un uomo diverso dai tanti avvocati, ingegneri,
architetti che vedo ogni giorno per
necessità.
Avrei mai
parlato ad un collega quaggiù?
Io penso di
no, non l’ho fatto mai, per me gli uomini, i miei colleghi, alcuni erano squallidi, senza spessore, altri erano uomini grigi e spenti oppure
boriosi e prepotenti.
Ad uno di
questi io feci una nota, sul registro di classe, proprio come un alunno.
Lui urlò per
un po’, disse che ero una pazza, che mai nessuno si era permesso, che io non
potevo, ma poi i colleghi ne furono felici, l’avevo punito per tutti e lui capì ed ora, dopo tanti anni, quando mi
incontra mi saluta quasi con un inchino, è diventato un racconto, una leggenda,
nella sua storia, nella mia storia.
Ad un altro
scrissi una lettera di rimprovero, non ne potevo più, i ragazzi mi venivano
dalla palestra sudati, bagnati, lo scrissi, dopo aver tanto parlato.
Ma poi sono
buona, sono affettuosa e gli stessi colleghi, ai quali a volte urlavo gli orrori
che loro facevano, che facevo anch'io, capivano e stavano zitti.
Mi
apprezzavano, io ero diversa, arrivavo la prima, prima degli stessi bidelli,
con libri, quaderni, fogli, giornali, cadevano i fogli e loro, mentre salivo
in classe, mi raggiungevano, mi
porgevano frasi, parole, pensieri che
avevo lasciato volare sulle scale.
Poi questo
anno sei arrivato tu, uno scrittore, un uomo velato, un uomo fissato, peggio di
me.
Ho sempre
pensato, ma guarda che scrive! ed ho preso a scrivere, a scrivere, senza
strappare, su Paolo e Diana, i tuoi personaggi, e sul loro viaggio a Taormina.
E quando a maggio ho ripreso a scrivere, volevo sapere
se avevi finito un racconto iniziato, e quando a maggio ho detto vediamo chi c’è aldilà del muro,
dello schermo piatto, non mi sono delusa, perché lo sapevo, io lo sapevo che
quel che era strano non era il virtuale
ma l’essere umano che pian piano svelavo.
Ho fatto di
tutto, ho pensato di tutto, di tutto di più, ho trascorso un’estate in un
romanzo, in tanti romanzi, ed ora, lo vedi? vado ad un convegno, proprio sul
romanzo. Lo vedi?
Tutto ha un
senso, niente si perde se tocca il nostro sentire più vero, tutto si perde se
non ci interessa.
Ed anche se
ora sei andato via, e per casa non posso più offrirti un caffè, posso però
completare un romanzo, curare le bozze, leggere gli scritti che mi manderai, curare
davvero una biografia, che per quanto riguarda noi soli, inevitabilmente
riguarda noi tutti, prodotti di un 'epoca inquieta, indecente, di un'epoca
stanca e in disfacimento.
Ma quel che ci dà il rispetto e l’orgoglio del
nostro vissuto è quel sentirsi diversi, diversi davvero, da
un semplice atto di sopravvivenza.
lunedì 7 settembre 2015
Francesco Muzzopappa. L'occhio verde del rapinatore
Rido, quando ti leggo rido. Letteratura umoristica. Olè
Questo sarebbe l'occhio verde del rapinatore e non sveliamo altro per non sciupare effetto risata.
Felice di aver letto "Affari di Famiglia" ed aspettando " Una posizione scomoda" trovo i personaggi del racconto molto simpatici e quel tanto che basti loro per saltare dalla pagina scritta, prendere vita, sedersi al mio tavolo e aver vita propria in un inseguirsi di colpi di scena e di cambi di situazioni. Sono pur sempre Affari Di Famiglia quegli intrecci e Francesco Muzzopappa li intreccia con ironia. Lettura quindi che vi farà sorridere. Unico neo, forse, che nel rutilante susseguirsi degli intrecci e dei colpi di scena a volte vi siano dispersioni e ci si allontana un po' dal tema conduttore, ma l'autore poi facilmente riacciuffa la scena e bacchetta i personaggi riportandoli a casa. A casa, A casa, dove tutte le famiglie felici si somigliano, a casa , a casa, si torna sempre a casa, dice Novalis e con lui, ridendo anche Muzzopappa riconcilia gli affetti sperduti alla ricerca della pietra verde, che qui è un diamante.
Per far assaggiare il testo metto due passaggi:
Affari di famiglia simpaticissimi sono i dialoghi della Contessa con il maggiordomo poeta. Lei cerca di dissuaderlo dal poetare.
Questo sarebbe l'occhio verde del rapinatore e non sveliamo altro per non sciupare effetto risata.
Felice di aver letto "Affari di Famiglia" ed aspettando " Una posizione scomoda" trovo i personaggi del racconto molto simpatici e quel tanto che basti loro per saltare dalla pagina scritta, prendere vita, sedersi al mio tavolo e aver vita propria in un inseguirsi di colpi di scena e di cambi di situazioni. Sono pur sempre Affari Di Famiglia quegli intrecci e Francesco Muzzopappa li intreccia con ironia. Lettura quindi che vi farà sorridere. Unico neo, forse, che nel rutilante susseguirsi degli intrecci e dei colpi di scena a volte vi siano dispersioni e ci si allontana un po' dal tema conduttore, ma l'autore poi facilmente riacciuffa la scena e bacchetta i personaggi riportandoli a casa. A casa, A casa, dove tutte le famiglie felici si somigliano, a casa , a casa, si torna sempre a casa, dice Novalis e con lui, ridendo anche Muzzopappa riconcilia gli affetti sperduti alla ricerca della pietra verde, che qui è un diamante.
Per far assaggiare il testo metto due passaggi:
Affari di famiglia simpaticissimi sono i dialoghi della Contessa con il maggiordomo poeta. Lei cerca di dissuaderlo dal poetare.
“Orlando,
detto tra noi, ma perché non cerchi un
altro
svago? Non ti piacciono i cruciverba? Le sciarade?
Guarda
che in giro ci sono dei rebus fenomenali.
Mi
spiace la prenda così.
Non
potrei prenderla diversamente.
Posso
assicurarle, signora, che rispetto all'ultima
volta
il mio stile è nettamente migliorato.
Mi
spiace ricordartelo, ma l’ultima volta lo stile
non c’era.
Non
amerebbe ascoltarne anche solo un breve accenno?
Credo
proprio non sia il caso.
Nemmeno
un assaggio?
Quale
termine della frase «credo proprio non sia
il
caso» ti è sfuggito?
Ho
capito, signora. Non insisto. Mi ritirerò in camera.
Intendo
partecipare a un concorso di poesia indetto
dall’ANAS.
Quella
delle strade?
Associazione
Nazionale Amanti della Scrittura.
Lo
guardo, alzo il bicchiere alla sua e trangugio
l’ultimo
sorso di vermouth.”
Questo è invece il divertente ritratto che sempre la contessa fa delle aspirazioni universitarie del suo unico figlio.
“Seguì
un fugace interesse per le Scienze Biologiche,
una
breve parentesi in cui si convinse di essere
un
ottimo scultore, per poi tornare sui suoi passi e
scegliere
di iscriversi ad Architettura.
C’è
da dire che io ho sempre avuto stima degli architetti,
lavoratori
instancabili che cercano continuamente
di
sfidare leggi della fisica o, nel caso di qualcuno,
del
buongusto.
All'inizio,
quando volle parlarmi di questa nuova
passione,
rimasi scettica e lo fissai con occhio sospetto,
ma
riflettendoci un paio di giorni mi resi conto
che
l’idea non era poi così insensata.
Da
piccolo infatti Emanuele aveva una grande familiarità
con
i mattoncini Lego. Certo, c’è anche da
dire
che per quanto ci si mettesse, mio figlio è sempre
stato
uno di quei bambini incapaci di costruire qualcosa
e
al contempo infallibili nel distruggerla.
Considerata
però la fortuna che un architetto come
Frank
O. Gehry ha costruito progettando”
sabato 5 settembre 2015
Lamezia brucia. Olè. Serata spagnola al Chiostro di San Domenico.
La serata inizia alle 21 ma io salgo in centro già alle 18,30. Grandi nuvoloni si alzano dal campo zingari, via Aldo Moro e via Salvatore Miceli sono avvolti da un puzzo irrespirabile. Ritorno ora a casa, dopo aver trascorso ore in Spagna, suonata magnificamente da due chitarristi e recitata dai gesti da mimo francese della poetessa Annalisa Insardà, e casa mia è avvelenata dai fumi tossici ed ancora tutta via Salvatore Miceli e via dei Bizantini, a scendere, rimangono stordite dal meraviglioso fumo che, ogni giorno, da più di venti anni, si innalza placido nel cielo.
I tumori nel lametino sono molto pochi, nessuno si è mai ammalato, quindi il fumo, ben tollerato, è solo questione di gusto.
Nel chiostro però il puzzo non c'era. Aleggiava una leggerissima brezza che mitigava il caldo afoso di una giornata con molta umidità, ed il pubblico accorreva festoso, come in tutte le altre iniziative, che da più di dieci anni, Raffaele Gaetano organizza.
Ippolita Luzzo
I tumori nel lametino sono molto pochi, nessuno si è mai ammalato, quindi il fumo, ben tollerato, è solo questione di gusto.
Nel chiostro però il puzzo non c'era. Aleggiava una leggerissima brezza che mitigava il caldo afoso di una giornata con molta umidità, ed il pubblico accorreva festoso, come in tutte le altre iniziative, che da più di dieci anni, Raffaele Gaetano organizza.
Ogni sedia veniva occupata e moltissimi gli spettatori in piedi ed ancora moltissimi altri fuori, assiepati, desiderosi di partecipare. Ai primi posti seggono le autorità. Inizia la serata con il saluto del sindaco che, come me, è un fervente sostenitore del Sabato del Villaggio. Io addirittura, in anni passati, diedi poteri taumaturgici a lezioni di grandi filosofi venuti al teatro Umberto, allora. Quindi capisco il sindaco. Battiamo le mani. Raffaele impeccabile inizia: " Cartellone che esula... impregnato di cultura. Qui, nel Chiostro, la meditazione di Tommaso Campanella sulla Metafisica di Aristotele, e spulciando testi storici qui lo stesso Campanella ordì una congiura verso gli spagnoli." Continua presentando il duo, veramente molto bravo, che non ho annotato ma farò e poi la serata inizia con testi amorosi. Siamo tutti con gli amorosi sensi. La Spagna è una rosa rossa fra i capelli. La Spagna sono le ragazze vestite di rose, la Spagna è il famoso Ciclone, film di Pieraccioni, nella mia testa. Così, davanti al potere di Raffaele che ci regala la Spagna stasera, io è a lui che chiedo, "con tutto l'amore che posso" altro stupendo verso poetico, di rendersi promotore della cessazione dei fumi che avvelenandoci ci distraggono dalla bellezza. L'amore è anche respirare, poter respirare. Muoio così, moriamo così, senza respiro e cosa può fare l'amore? Può tutto.
Dal giornale il tema della serata "l’amore per un popolo passionale e ricco di tradizioni… Ora declinato attraverso la voce intensa e vi-brante dell’attrice Annalisa Insardà alle prese con gli immortali versi di Federico García Lor-ca, Pedro Salinas e Juan Ramón Jiménez, ora dai magici virtuosismi chitarristici del duo di Nunzio Cambareri, ora dall'elegante danza dei ballerini del Dream Ballet"Ippolita Luzzo
Il sale di Salgado sala poco, lo sai
"Il sale della terra" 4 settembre a Lamezia Terme per Lamezia Summertime 2015 Cinema e cinema. Rassegna che, nel cortile dell'Edificio Scolastico " Maggiore Perri", presenterà, come ciclo conclusivo all'aperto, "Birdman", grande film, premio Oscar al miglior film 2015. Io avevo già scritto i miei applausi e poi entusiastica adesione ai giurati. Ottima la scelta della rassegna che continuerà ad ottobre nel Teatro Grandinetti.
Il sale della terra è un film su Salgado, con regia e sceneggiatura comune di Wenders e del figlio di Salgado.
Salgado che racconta Salgado e troppo sale non si può assaggiare.
Il film vale per quello che è, una raccolta di fotografie, esteticamente perfette e fin troppo perfette, di una carriera lunga e ricca di viaggi e suggestioni. Immagini in bianco e nero che testimoniano visita del fotografo in luoghi di dolore. Lui c'era, dunque. Infatti nel film il testo recita pressapoco così. Io c'ero nella più grande miniera a cielo aperto del mondo, io c'ero quando bruciavano i pozzi del Kuwait, io c'ero nel Ruanda e c'ero in Thailandia. Lui c'era e fotografava perfette e composte donne con polso piegato e scialle stirato. Lui c'era. Sorretto da un testo fasullo e agiografico, nel film scorrono le immagini che dovrebbero emozionarvi. Non vi emozionate con Sarajevo? Non sentite che siamo tutti cattivi come gli Hutu e i Tutsi? Com'è cattivo l'uomo! eppure il mondo è bello, bellissimo e via dunque nel finale rutilante una natura bellissima, le pose plastiche del mare, dei pinguini che si tuffano dall'iceberg e dei trichechi che ballano in gruppo uscendo dal mare come fotomodelle.
Non vi basta? Allora vi regalo la nuova foresta vergine amazzonica, piantata da casa, piantina per piantina, milioni di piantine e quando loro cresceranno, sono già cresciute! l'acqua tornerà, perché la vita è ciclica e si ritorna sempre all'infanzia. L'infanzia dell'umanità. Unico pensiero condivisibile davanti a tutto un testo che mi ha fatto girare e rigirare sulla sedia per l'enorme vuoto di una rappresentazione finta. Il viso di Salgado come novello guru appariva dentro lo schermo nero a darci la buona novella del suo pensiero, quale che sia io non l'ho capito, infatti nessuno lo ha trucidato sui luoghi di guerra come Rémi Ochlik, morto in Siria nel 2012 per documentare, lui sì, gli orrori in corso.
In ricordo commosso dei tanti fotografi di guerra che si sono spesi a denunziare davvero gli orrori, io ho invece visto Salgado, il fotografo buono per buoni e cattivi, anzi buono per fotografare belle stampe da salotti internazionali, per la buona coscienza di Wim Wenders e compagnia.
Con troppo sale il cibo immangiabile è
Il sale della terra è un film su Salgado, con regia e sceneggiatura comune di Wenders e del figlio di Salgado.
Salgado che racconta Salgado e troppo sale non si può assaggiare.
Il film vale per quello che è, una raccolta di fotografie, esteticamente perfette e fin troppo perfette, di una carriera lunga e ricca di viaggi e suggestioni. Immagini in bianco e nero che testimoniano visita del fotografo in luoghi di dolore. Lui c'era, dunque. Infatti nel film il testo recita pressapoco così. Io c'ero nella più grande miniera a cielo aperto del mondo, io c'ero quando bruciavano i pozzi del Kuwait, io c'ero nel Ruanda e c'ero in Thailandia. Lui c'era e fotografava perfette e composte donne con polso piegato e scialle stirato. Lui c'era. Sorretto da un testo fasullo e agiografico, nel film scorrono le immagini che dovrebbero emozionarvi. Non vi emozionate con Sarajevo? Non sentite che siamo tutti cattivi come gli Hutu e i Tutsi? Com'è cattivo l'uomo! eppure il mondo è bello, bellissimo e via dunque nel finale rutilante una natura bellissima, le pose plastiche del mare, dei pinguini che si tuffano dall'iceberg e dei trichechi che ballano in gruppo uscendo dal mare come fotomodelle.
Non vi basta? Allora vi regalo la nuova foresta vergine amazzonica, piantata da casa, piantina per piantina, milioni di piantine e quando loro cresceranno, sono già cresciute! l'acqua tornerà, perché la vita è ciclica e si ritorna sempre all'infanzia. L'infanzia dell'umanità. Unico pensiero condivisibile davanti a tutto un testo che mi ha fatto girare e rigirare sulla sedia per l'enorme vuoto di una rappresentazione finta. Il viso di Salgado come novello guru appariva dentro lo schermo nero a darci la buona novella del suo pensiero, quale che sia io non l'ho capito, infatti nessuno lo ha trucidato sui luoghi di guerra come Rémi Ochlik, morto in Siria nel 2012 per documentare, lui sì, gli orrori in corso.
In ricordo commosso dei tanti fotografi di guerra che si sono spesi a denunziare davvero gli orrori, io ho invece visto Salgado, il fotografo buono per buoni e cattivi, anzi buono per fotografare belle stampe da salotti internazionali, per la buona coscienza di Wim Wenders e compagnia.
Con troppo sale il cibo immangiabile è
venerdì 4 settembre 2015
Lametame forever
www.IlLametame.it è il mio foglio inventato. Da anni.
Io sono l'inventore del termine, il direttore responsabile, l'editorialista e mi occupo anche di cronaca rosa, verde, gialla e bluette. Un grande giornale che si distinse in tempi passati con un server che non serviva e con un link che non si apriva. Ognuno poteva immaginare cosa ci fosse nel Lametame.
Invettivi, sorrisi e stupore, lo sguardo meravigliato sul nostro intimo e sul nostro sociale, su giovani e vecchi intergenerazionale, il chiacchierare inutile e vano di gente che gracida nel Lametame.
Senza però voler alcun male, tutti i servizi furono scritti con la benevolenza come crema reale, pronta ed unguento da accarezzare su mani e penne intente al ticchettare di tasti irreali.
Evviva evviva Il Lametame che piacque subito ai giornalisti, ai radio e tele cronisti, questi accolsero tutti con simpatia un foglio che proprio non c'era ma si poteva permettere il vero.
Poi Il Lametame fu trascinato nel buio oblio della bannata, sparì Lo Stile della Litweb, e con il profilo che fu oscurato scomparve anche la sua testata.
Ora ritorna nell'etere oscuro del nuovo stile, nella nuova veste tipografica e con nuovi articoli sempre reali. Negli anni tristi dei nostri bavagli, sotto i bavagli noi sorridiamo e con Massimiliano Lo Russo, nostro artista, abbiamo di nuovo ripreso a cantare. Intanto noi facciamo auguri a tutti i nativi del settembrino, siano essi Bilance o verginelle, noi siamo i saggi ed i maturi del calendario prossimo venturo. Dalla redazione di questo giornale
Evviva evviva Il Lametame
Io sono l'inventore del termine, il direttore responsabile, l'editorialista e mi occupo anche di cronaca rosa, verde, gialla e bluette. Un grande giornale che si distinse in tempi passati con un server che non serviva e con un link che non si apriva. Ognuno poteva immaginare cosa ci fosse nel Lametame.
Invettivi, sorrisi e stupore, lo sguardo meravigliato sul nostro intimo e sul nostro sociale, su giovani e vecchi intergenerazionale, il chiacchierare inutile e vano di gente che gracida nel Lametame.
Senza però voler alcun male, tutti i servizi furono scritti con la benevolenza come crema reale, pronta ed unguento da accarezzare su mani e penne intente al ticchettare di tasti irreali.
Evviva evviva Il Lametame che piacque subito ai giornalisti, ai radio e tele cronisti, questi accolsero tutti con simpatia un foglio che proprio non c'era ma si poteva permettere il vero.
Poi Il Lametame fu trascinato nel buio oblio della bannata, sparì Lo Stile della Litweb, e con il profilo che fu oscurato scomparve anche la sua testata.
Ora ritorna nell'etere oscuro del nuovo stile, nella nuova veste tipografica e con nuovi articoli sempre reali. Negli anni tristi dei nostri bavagli, sotto i bavagli noi sorridiamo e con Massimiliano Lo Russo, nostro artista, abbiamo di nuovo ripreso a cantare. Intanto noi facciamo auguri a tutti i nativi del settembrino, siano essi Bilance o verginelle, noi siamo i saggi ed i maturi del calendario prossimo venturo. Dalla redazione di questo giornale
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