sabato 4 aprile 2015

Zerocalcare- Dimentica il mio nome


Zerocalcare e Gipi
Gianni- Gipi- disegna una copertina numerata del libro di Michele, Zerocalcare.
Amicizia vuol dire esserci, nel mondo dell’altro.
Trovo stupendo questo gesto, lo trovo prezioso, per questo riporto nel mio blog l’ammirazione verso entrambi, che non conoscevo se non per un tam tam su facebook.
Dal web prendo stralci di  intervista di Matteo Macor a Gipi.
Gianni Pacinotti in arte Gipi, 52 anni, oggi forse il più grande illustratore e fumettista italiano, maestro dell'acquerello e antidivo di successo. Primo fumettista ad arrivare in finale al Premio Strega con Una storia, nell'edizione 2014 ( il protagonista Landi è affascinato dalle lettere ritrovate del bisnonno, soldato nella carneficina della Prima guerra mondiale, che dalle trincee scriveva a casa.  )
Gipi: i social danno l'illusione di poter partecipare, ma non influiscono minimamente sulle dinamiche del potere"
“È difficile farsi un'idea di chi ti segue e compra i tuoi libri. Facebook illude di poterlo fare, ma è tutta aria, non modifica di un millesimo la realtà.”
"Con Zerocalcare ci siamo conosciuti perché tutti continuavano a confrontare i nostri lavori. All'inizio ero invidioso di tutte le copie che vendeva, rosicavo tantissimo: prima di conoscerlo speravo quasi mi stesse sui coglioni. E invece siamo diventati amici”

Zerocalcare, Michele Rech, è uno dei più bravi fumettisti italiani. Dal suo  blog, Michele, che vive  a Rebibbia,  ha conquistato la Rete per giungere  in libreria con  quattro volumi. Dagli zombie a Star Wars, da Street Fighter a Robin Hood, le tavole di Zerocalcare sono un concentrato di autoironia e citazioni, senza dimenticare  Armadillo, personificazione della coscienza dell’autore.

Leggo  “ Dimentica il mio nome” la scena della morte della nonna. La paura di guardare la paura negli occhi dell’altro, che ha paura di morire, è una paura grande. Io ho sempre paura della paura che ha l’altro e che non  posso alleviare.
Esistono però strumenti personali che aggirino la paura della paura che ci lascino…
Le nonne
Una  storia
Da un libro al  Premio Strega ad un altro 
Strega sarà perché 
nel regno della Litweb si è
Auguri  

venerdì 3 aprile 2015

Via Crucis 2015 e Processione del Venerdì Santo

Via Crucis 2015 e la processione del Venerdì Santo

 Tre Aprile a Lamezia terme ore 19,30
Lascio il centro storico in attesa della Processione del Venerdì Santo. Traffico deviato, sensi unici provvisori, vigili urbani ad ogni incrocio, in attesa,  da qualche ora, che la Madonna a lutto passi e dietro di lei Gesù morto…
In miserere
Scendo nella periferia del paese e ritorno dove altri sensi unici provvisori e vigili urbani deviano il traffico da stamattina.
Anche qui siamo in una via Crucis contemporanea, in attesa di una processione del Venerdì Santo in cui la Madonna nera implora pietà e attenzione verso i suoi figli.

Seduti da stamani, sull'asfalto grigio, bloccano il traffico, in passaggio, dalla sede della polizia, un gruppo di Africani e Pakistani, fermi.
Attendono che le associazioni di triplo volontariato, con salto carpiato, si interessino a che snelliscano le procedure nelle prefetture, ottengano i permessi di viaggio e possano loro lasciare questo abulico luogo per andare al nord, fuori dalla strettoia del lametino.
Attendono che salga alto il grido delle varie organizzazioni che operano nel sociale socialmente utile ed inutile del nostro sprecante territorio e finalmente abbiano in mano il tanto agognato pass per andare via dal Calvario.
Sui monti di pietra dell’indifferenza quotidiana mille progetti si occupano di loro, e mentre tutti si interessano i sessanta africani sono  lasciati da stamani sul selciato a pregare un Dio che possa ascoltarli.

Dio del Cielo se ci sarai mi auguro che tu un giorno punirai… i dittatori dell’Eritrea, gli scafisti, le truppe mercenarie, il colonialismo e tutte le associazioni che lucrano sul Corpo di Gesù, morto per i peccati che si continuano a fare nella Via Crucis

ps immagini dal Lametino.it

giovedì 2 aprile 2015

La vela di Laborit- Luca Valentini


Luca Valentini stamani a Lamezia terme nella sede del CDI, con Andrea Falvo,  presenta
Campionati del mondo di Kitesurf a Gizzeria, Calabria, da giorno 8 a 19
luglio 2015
Elogio della fuga di Henri Laborit:
 "Quando non può lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l'andatura di cappa che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all'orizzonte delle acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l'illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione. Forse conoscete quella barca che si  chiama desiderio."
Luca Valentini sta dicendo proprio così, rispondendo ad una domanda di Tommaso Colloca su quanti Enti lo avessero sostenuto.
Iniziativa solitaria, investimento e sogno certo,  e solo nel momento delle inevitabili carte e pass,   iniziativa che cerca il supporto delle istituzioni, comunali e regionali, per dirimere qualsiasi difficoltà burocratica.
La terribile burocrazia che le vele vinceranno.
Applaudo felice al coraggio e all’ intraprendenza del singolo, che da anni ormai dà vita nel parco  balneare dell’Hang Loose Beach ad una disciplina   sportiva, il Kitesurf, che parteciperà con la Federazione Italiana Vela alle Olimpiadi 2020.
Intanto l’Undici Aprile  ci sarà sul nostro mare, nel golfo di Sant’Eufemia, la regata di Vela tour 
  

In attesa che avvenga la presentazione ufficiale del campionato, nella sede del Coni a Roma, alla presenza degli organi  mondiali  nazionali e regionali, stamattina, in questa sede, con Andrea che parla della cura delle piccole cose, di quello che ci compete e  di avere intese comuni basate sul ragionamento, noi  applaudiamo   una manifestazione che sul mare trova le sue vie di comunicazione essendo perigliose e strette, nonché soggette a gravità,  le autostrade e le statali  della terra circostante. Una vela ci porterà lontano. Basta un minimo di tela.

mercoledì 1 aprile 2015

Dove eravate tutti- Paolo di Paolo

Dove eravate tutti- Paolo di Paolo



Leggo e mi commuovo. Mi trovo gli occhi pieni di lacrime e mi do della cretina dicendomi che è solo un romanzo.
Non mi succede da moltissimo tempo di piangere commossa. Anche il protagonista sta piangendo
"Nessun gioco di prestigio era riuscito. Perciò, a questo punto l’unica cosa  confortante a cui pensare era che… in linea di massima"
" Il mondo sarebbe per noi irriconoscibile se mancassero sei, sette persone. Solo sei, sette, sui miliardi che siamo"
Sei o sette con i quali ci intratteniamo su banalità del quotidiano:- Puoi ridarmi la chiave della macchina? Hai perso di nuovo il telecomando? Non potresti smettere di ripetermi le stesse cose e smettere di criticare ogni cosa io faccia?-"
Sembra, nel leggere, sentire un coro di singole unità che cantano il Prologo, su una scena, in stanze tutte per noi, nelle stanze di case, tante case, con ripetitori accesi sulle onde di una radio famiglia, radio conviventi, radio amici, radio ascolto.it
"Di quanti luoghi e ore dispone un figlio, per parlare a sua madre?"
Due persone, di qualsiasi sia la natura del legame, hanno in ostaggio molte cose l’una dell’altra. 
Molte cose che non sono oggetti. 
Molte cose che non si possono scrivere, non si sanno scrivere. 
Non si devono scrivere. 
Solo  la letterarietà rende possibile la trasposizione del racconto, con i suoi tempi.
Il tempo che sedimenta e cambia tutto, il tempo che comincia a correre strano, poi si cresce, non si cresce, in effetti.
Dovete eravate tutti di Paolo Di Paolo si trova in biblioteca, donazione di Gianni e Graziella Riga.
Graziella Riga, professoressa di latino e greco al Liceo classico di Lamezia Terme e deputata per il PCI, forse unica donna deputata. fino ad allora, nel mio paese. Sono morti entrambi, fratello e sorella. Soli.
Lei è stata trovata dalla donna delle pulizie sulla poltrona, seduta davanti la TV.
Nelle grandi e vuote case rimaste dopo che soffiò a lungo il vento del deserto.
Dove eravate tutti:- "Cosa devo vedere? Com'è crudele mettersi a scrivere della vita degli altri" perché scriviamo sempre cose che non abbiamo raccontato a nessuno.  "Per questo si chiamano segreti, sono le cose segrete che uno affida all'altro senza pensarci troppo" in un  patto di fiducia
" Quando mostra uno strano segno sul polpaccio e spiega che storia c’è dietro"
questa cosa mi è successa davvero, un amico caro nel mostrare il polpaccio, dove stava tatuato un cuore rosso grondante sangue e nel raccontare la storia del segno, ha aggiunto:- Non lo direte a nessuno, vero?- 
Non posso restituire questo libro in biblioteca, me lo ricomprerò.
Lo tengo da giorni e giorni accanto a me e staccarmi mi addolora. Un libro amico mio è. Mi succede raramente ormai.
Paolo Di Paolo mi assomiglia  ed abita nella stessa casa  ideale dei riferimenti che portiamo in testa.  
Ippolita Luzzo 




martedì 31 marzo 2015

La democrazia come la tunica di Gesù


Giocarsela ai dadi come la tunica di Gesù.
La nuova democrazia sarà un gioco.
Tiriamo a sorte e vincerà il più fortunato, colui o colei, che avrà la dea bendata a fianco a sé.
Il governo di una città, di un comune, di una nazione, almeno la sorte avrà favorevole.
Giocare ai dadi e dirsi un numero, indovinare il numero vincente sarà la nuova abilità richiesta a chi vorrà mettersi a capo della città.
Questa retorica del voto, strumento di democrazia, è fin troppo scoperta, fin troppo usata, non serve a niente.
I voti sono il risultato di accordi, ormai.  Le leggi per votare hanno creato mille sottigliezze per non dare importanza al voto.  Il voto non esiste più. Esiste solo lo scambio.
Il dominio, il gioco. 
I soldati si giocarono la tunica di colui che poi, qualcuno in nome suo, governò il mondo terreno e  ultraterreno.
Giochiamo al gioco antico e affidiamo la nostra città al gioco della dea che, bendati, ci giocherà nell'eterno girotondo... del meno peggio ci capiterà
Ai dadi, ai dadi
"I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. 
Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo
 Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura:

Si son divise tra loro le mie vesti
 
e sulla mia tunica han gettato la sorte.
E i soldati fecero proprio così.



Della tunica poi non vi è più traccia

domenica 29 marzo 2015

La libertà del gesto. Marco De Martino

La libertà del gesto. Marco De Martino



I primi due passi e qualche ostacolo.
Nello spazio asfittico del sociale
 ognuno di noi cerca spazio per un  gesto
“ In ufficio o sui mezzi pubblici mi capita di pregare, il che consiste nell’aprire un libro e di leggerlo per due o tre minuti ( al mattino dura un po’ di più, un quarto d’ora)facendomi due segni della croce, uno all’inizio e uno alla fine. Fumare una sigaretta, col fatto che occorre andare dove lo si può fare, prende più tempo, e a tutti capita di perdere un minuto o due nel fare al computer qualcosa di personale e non di lavoro, oppure solo prendere il caffè. Eppure questi ultimi comportamenti non sono stigmatizzati, la preghiera sì” 
 Continua così Marco De Martino a scrivere  che una signora sul bus gli ha detto che certe cose si fanno a casa.
 Lui conclude osservando come sul bus altri leggono giornali e libri e scrivono su smartphone e nessuno si meraviglia.
Rivendica quindi la libertà del gesto, di fare la croce, di recitare una preghiera sottovoce, di sgranare un rosario, anche in Metropolitana.
Un gesto libero e un libero gesto.
Fuori da contesto in cui nostri gesti siano consueti, tutti i gesti sembrano poco consoni.
Ed il confine labile, in cui noi ci muoviamo gestualmente per essere accettati, comporta regole precise.
Ci alziamo infatti tutti in piedi a dire Ave Maria, all’esortazione di Don Giovanni Masi, collaboratore del Vescovo di Lamezia Terme, facciamo il segno della croce ed ascoltiamo attenti, in silenzio, le sue parole.
Costanza Falvo D'Urso ha appena concluso sua relazione che spazia da Pascal “ Ci sono verità che superano la ragione… compito della ragione è comprendere i suoi limiti” a limiti e regole, su dubbi e certezze, su luce e buio, sulle dinamiche interiori ed esteriori in cui camminiamo nello spazio di una conversazione.
Una conversazione che Marco De Martino vuole fare con tutti, vuol far conoscere a tutti, nella fideistica consapevolezza che credere sia ragionevole e, aggiungerei io, necessario ad allargare lo spazio percorribile del pensiero.
Nell’interesse fra noi uomini, piccoli, senza la luce della grandezza.
Mi interessa il gesto e il gesto rivela più delle Parole una disponibilità umana a voler credere in sé stessi, negli altri e in un disegno universale.
Per questo ho davanti a me il gesto di Marco, nell'accettare la penna e

Scegliere il verbo interessare per stare tra noi con un gesto naturale

sabato 28 marzo 2015

La storia passa per Seminara- Santo Gioffrè


Il romanzo storico di Santo Gioffrè a Lamezia

“ Inizia con grande affresco di battaglia nei pressi di Seminara 1503
Calabria Spagnola dopo la parentesi aragonese”

Parla Francesco Bevilacqua ed io prendo appunti, in sintonia con suo  fluire.
Questo romanzo vi sorprenderà per lo stile del linguaggio

“ Con che linguaggio lo scrive? Barocco, quasi contorto, ricco, come se fossimo in quel tempo lì”

Com'è giusto che sia, asserisco anche io, fra me e me.

Dopo grande affresco storico su battaglia che viene studiata nelle Accademie Militari perché attuata con una tecnica nuova e sorprendente, il romanzo  passa alla storia individuale di  Consalvo e del  suo daimon.
Consalvo, il condottiero, Consalvo vincitore ma ammalato è soccorso da Carlotta che lo cura e lo salva.
I due diventano amanti in uno scambio sensuale che farà di Consalvo un uomo nuovo. Lui un goto, diverrà romano, ed insieme  un uomo del rinascimento. Carlotta pacifica Consalvo all'umanesimo.

Intanto, nel grande sacco, nella grande cornice degli avvenimenti mondiali:  Isabella e Ferdinando bruciano gli eretici
 arrivano i soldi dall'America in Spagna e nasce colonialismo

Francesco Bevilacqua ha portato una valigia di libri, il suo trolley personale ed estrae un libro dopo l’altro, per dirci cosa sia e cosa vuol dire romanzo storico e a cosa serva se non a dare ad ognuno il ritorno ad Itaca, al nostro paese, alle  radici.
Incomincia da Enrico de Martino e dal  villaggio che devi avere e che puoi avere solo se lo conosci, se lo vedi, se lo narri.

 Come  Santo Gioffrè genius loci di Seminara: il custode
 che narra, regalandoci con la narrazione gli occhi per vedere i nostri luoghi.

Nella poesia che unisce: ora Francesco sta leggendo dei versi di Rilke, che dedica a Santo Gioffrè “Nasciamo, per così dire, provvisoriamente, da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo, e ogni giorno più definitivamente.”
 Provvisoriamente lasciamo un luogo per ritornarvi
E qui mi fermo sulla ultima considerazione di Francesco  sul potere che corrode,  fa diventare stupidi le persone non forti, non abbarbicate ad una personalità costruita con sapienza, la  sola ad offrire questa unica verità: Il potere è un servizio.
 Quando comincia a parlare Santo Gioffrè sui tempi indolenti della scrittura, sui personaggi da lui amati e studiati, Leonzio Pilato, il primo umanista, Artemisia Sanchez, storia ispirata ad una storia vera della Calabria di fine ‘700, la Madonna nera di Seminara…
Quando parla lui smetto di scrivere
Seguendo simboli e significati, regni costruiti con violenza, barbarie,  e ricostruiti, unificati sotto  la grande potenza di una immagine sacra, la Madonna; Madonna che da bianca  diventa nera, nella rinascita e nella luce delle beatitudini di San Luca.
 Nella commistione di un potere che ha avuto bisogno, per regnare, del sacro, mi fermo.

 Sul regno