Un anno fa: Ieri pomeriggio passeggiando e poi sedute al sole al mare alle isole e al tramonto colorando e scolorando come se facessimo un acquarello su pensieri anni attimi sugli zii e sui silenzi e su un Eh che era il suono del suo zio ormai anziano con nel passato la guerra, tutto il Novecento a pennellate si dipingeva, la seconda guerra mondiale ma anche gli albori del Novecento con mio nonno nato nell’ottobre del Novecento a cui non fu permesso di continuare gli studi malgrado lo volesse, lui bravissimo a scuola. Noi nate negli anni dal 1954 in poi noi ora sedute di fronte ad un tramonto del 2025 coloriamo e scoloriamo mantenendo tutti i pennelli nella cura degli affetti, i pennelli come umani, gli umani e le loro decisioni, le indecisioni soprattutto, con cui si sono fatti i quadri. Le tante vicende di vite vicine eppure lontane oramai e quasi lasciate nel mare laggiù
giovedì 27 novembre 2025
mercoledì 19 novembre 2025
Calùra di Saverio Gangemi
Calùra "Il tacere del mondo fu infranto dalle cicale", il tacere.
Narrare non è narrare, narrare è usare un linguaggio immaginifico tale da far sorgere nella mente del lettore assonanze somiglianze scene da film. Un linguaggio ricco di una opulenza quasi sfacciata, un linguaggio che cattura natura e uomini in una malia.
Certo la tematica è quella di una delle sette piaghe d’Egitto, la tematica è una punizione biblica, la siccità, e la grande debolezza degli animali e delle piante dinnanzi alla penuria d’acqua, dinnanzi al caldo cocente, degli uomini rimasti a bere dal succo delle agavi e dalle pale di fichidindia.
Leggendo l’estate di questo anno mi ritornava con la sua crudeltà, con le mie tapparelle abbassate, con la luce fastidiosa e il caldo senza tregua. Si riusciva a passeggiare solo dopo il tramonto, stremati ci trascinavamo sul corso cittadino per una granita di fragole, per una chiacchierata.
All’ombra di un albero casualmente chiamato della merda si consuma lo stillicidio degli abitanti di questo luogo immaginario, di un non luogo, direbbe Marc Augè, anche se per lui i non luoghi erano il simbolo del capitalismo.
Qui è un non luogo di cielo che incombe pesante, di uccelli che scappano, di piante che seccano. Un non luogo privato da uno degli elementi vitali, un non luogo che ci ricorda le pene dell’inferno.
Eppure nonostante ciò la narrazione trasforma e noi leggiamo come fosse una favola, come fosse un film, a me mi raggiungevano flash di Siccità di Virzì, mi ricordano il libro di Rocco Carbone L’assedio, con quella caligine che incombe.
Ma di più c’è qualcosa di biblico, come dicevo prima, che innalza l’opera dagli altri racconti apocalittici e distopici.
C’è poi soprattutto una struttura potente e un linguaggio nuovo, “le donne armate di bocca”, e la magia, le arti misteriose dei racconti delle nonne.
Mia nonna e le sue favole nere, nerissime, i trabocchetti e gli urli nella notte dei fantasmi, delle persone uccise da poco, senza sapere chi sia il nemico.
Un romanzo da leggere per assaporare la grande caducità del nostro passaggio sul mondo essendo noi stessi preda dei fenomeni atmosferici, essendo noi stessi imbelli e come racconta Eschilo nel Prometeo incatenato nudi e impauriti nel mondo.
Ecco leggendo questo libro proprio i primi versi del Prometeo incatenato mi sono ritornati prepotenti. Un libro finalista al Premio Italo Calvino con merito e che riscalderà con Calùra moltissime letture. Edito Rubbettino per la collana Velvet , sono orgogliosa di averlo qui nel Regno della Litweb
Ippolita Luzzo
domenica 9 novembre 2025
Libriamoci novembre 2019 al Liceo Classico con me
Dal passato:
Sto con la testa ai quattordici anni che incontrerò martedì e sto con la testa nei miei quattordici anni.
Dirò loro che saranno questi gli anni che ricorderanno di più e in modo limpido, gli anni ai quali torneranno dopo i sessanta, scordando tutto quello che avranno fatto più o meno dai venti anni in poi.
Ricordo perfettamente i libri che leggevo, come passavo le giornate, come mi vestivo, anche dove stavo immobile per ore.
Una vita contemplativa che stranamente ora mi fa una grande compagnia.
Questo dirò loro affinché sappiano di star vivendo gli anni d’oro della conoscenza. “Incontrerò per Libriamoci a scuola ragazzi di 14 anni e da quando ho ricevuto l’invito sono con la testa con loro, pensando a ciò che si aspettano di sentire mentre sono io curiosissima di sapere da loro come si stanno inventando il loro giorno.
Sono nati nel 2005 ed è quasi una mia nascita, lo dico sempre che avrei potuto non esserci più, molti non ci sono più, e a me sono stati regalati questi 14 anni nuovi di zecca. 14 anni di scrittura.
Ho iniziato a conservare Pezzi proprio in sala operatoria, in ospedale, e poi dopo durante le sedute col folsfox.
Da allora ad oggi unica compagnia la scrittura, unica compagnia la lettura.
Domanderò ai miei coetanei però più giovani, non gravati dalla stasi di anni inutili, cosa leggono per lenire le paure, cosa leggono per distrarsi e divertirsi, cosa leggono per imparare, cosa leggono invece per avere più paura.
Chiederò i titoli dei loro libri affinché anche loro poi possano farli a Pezzi, fare piccoli componimenti affettuosi per sentire più loro il libro.
Siamo nati per narrarci storie, dirò loro, raccontando come ogni sera io quattordicenne raccontavo storie a mia sorella di nove anni per farla addormentare.
Lei mi dava un dito della mano e mi faceva sì o no col dito, se la storia era o no di suo gradimento. Mi è rimasto di quegli anni quel sì o no alle mie storie. Chissà cosa le raccontavo!
Ai ragazzi chiederò se anche loro si raccontano storie e a chi le raccontano, e poi presenterò loro Vinpeel degli orizzonti di Peppe Millanta, Dopo il diluvio di Leonardo Malaguti, Il gattopardo spiegato a mia figlia di Maria Antonietta Ferraloro. Vedremo se l’istinto di narrare è ancora vivo fra i ragazzi nel 2019.” Libriamoci a scuola
Con Ippolita Luzzo

