"Questo fino a ieri..." dice Rachele, la protagonista di "Adesso chiamo Guido." e poi lascia una lettera sul tavolo della cucina. Rachele ha il nome di mia madre ed è a lei che dedico le tante lettere scritte in questo libro.
In "Ex post" una lettera a Walter di un'altra donna che scrive "L'amore è un sentire difettoso".
Vi sono pezzi scritti da Tiziana, da Eleonora e poi vi sono pezzi scritti insieme.
Per Eleonora è l'esordio nella prosa, dopo aver avuto menzione per la poesia al Premio Internazionale Mario Luzi, Tiziana scrive da otto anni sul blog " La medaglia del rovescio" ed ha già altre pubblicazioni. Tiziana torna a Lamezia per la terza volta e a teatro ha portato ”Ho attraversato ridendo la terra capovolta". Allora io scrissi che sarebbe ritornata nel mio blog "Il regno della Litweb": " Ieri sera al Chiostro Di San Domenico lo spettacolo di Tiziana Calabrò ed Eleonora Uccellini “Ho attraversato ridendo la terra capovolta... ma anche no” ispirato al blog di Tiziana “Lamedagliadelrovescio” si chiude fra abbracci, applausi e profezie. Ritornerete, esclamo, ritorneranno, diciamo insieme a Michela Cimmino, alle colleghe e agli alunni del liceo Scientifico e del Liceo Campanella. Ritorneranno, tutti lo vogliamo, sentiamo in coro dal pubblico."
Ritorna Tiziana, questa volta con Eleonora Scrivo, giorno 27 giugno nella mini rassegna "Vedere per leggere" nello spazio gentilmente concesso dall'Ottica Dipi, e con il contributo della Libreria Mondadori di Lamezia Terme.
Il libro ci chiede una riflessione e un'attesa, scrive nella prefazione Cinzia Messina e mi piace riportare da lei "Si legge sempre come in attesa, perché è la sospensione il segreto, il segreto di questo raccontare; niente è definitivo e fermo"
Eleonora racconta come ha incontrato di recente Tiziana e come grazie a Facebook abbia potuto leggere e capire di aver incontrato chi aspettava, di aver intercettato una complementarietà e da allora tutto è in movimento.
Mi piace il ruolo di Facebook utile, nel mondo dei rapporti amicali, della curiosità, dell'ironia e del rispetto.
Nasce così La cura provvisoria dei Tratti fragili che attendiamo a Lamezia, nell'attesa che è movimento.
Ippolita Luzzo
sabato 20 giugno 2020
venerdì 12 giugno 2020
La Presenza e l'assenza di Franz Krauspenhaar
Il libro è un impasto di sensazioni forti, molto forti, che depistano il lettore, lo sorprendono e lo spiazzano.
I buoni, dove stanno i buoni? Un Noir che metto maiuscolo, un noir senza uno svelamento quasi, se non la difficoltà di tutti i partecipanti a trovarne il bandolo. La scomparsa arriva quasi subito, lei scompare, per abulia, non sappiamo, io la trama non la svelerò perché voglio lasciare lo stesso spaesamento nell'animo del lettore. Lei scompare e un investigatore viene assunto, anzi no, due investigatori si troveranno a cercare la scomparsa.
La Presenza è L'Assenza ci ricorda il titolo di questo magnifico libro di Franz Krauspenhaar che fa dire a Guido Cravat, uno dei due investigatori "Attendo domani, ed è difficile, come tutte le attese. Si attende sempre qualcosa, in questa nostra vita."
Incalzante.
Credo che il noir sia ciò che meglio si confà allo stile di Franz Krauspenhaar.
Un noir martellante che inchioda il lettore alla storia e ai personaggi.
Appena arrivato ho iniziato a leggere e sono riuscita a staccarmi solo alla fine. I personaggi in balia di un cattivo, e ogni pagina è in effetti una sorpresa. Chi è il cattivo? Cambiano i ruoli e cambiano addirittura i moventi per cui una azione malvagia si commette. Nella banalità del male.
Nel vortice del male, di una mente psicotica, scopriamo che un po’ di follia alligna in molti e che sparire per abulia è la follia minore. Un vero applauso all'autore che ha creato una storia terribile e attraente come può essere attraente il male visto sulle pagine di un bel libro e complimenti alla Arkadia Editore ormai una bella realtà nel panorama editoriale nazionale. Libro che consiglierò in ogni dove nel Regno della Litweb
Ippolita Luzzo
I buoni, dove stanno i buoni? Un Noir che metto maiuscolo, un noir senza uno svelamento quasi, se non la difficoltà di tutti i partecipanti a trovarne il bandolo. La scomparsa arriva quasi subito, lei scompare, per abulia, non sappiamo, io la trama non la svelerò perché voglio lasciare lo stesso spaesamento nell'animo del lettore. Lei scompare e un investigatore viene assunto, anzi no, due investigatori si troveranno a cercare la scomparsa.
La Presenza è L'Assenza ci ricorda il titolo di questo magnifico libro di Franz Krauspenhaar che fa dire a Guido Cravat, uno dei due investigatori "Attendo domani, ed è difficile, come tutte le attese. Si attende sempre qualcosa, in questa nostra vita."
Incalzante.
Credo che il noir sia ciò che meglio si confà allo stile di Franz Krauspenhaar.
Un noir martellante che inchioda il lettore alla storia e ai personaggi.
Appena arrivato ho iniziato a leggere e sono riuscita a staccarmi solo alla fine. I personaggi in balia di un cattivo, e ogni pagina è in effetti una sorpresa. Chi è il cattivo? Cambiano i ruoli e cambiano addirittura i moventi per cui una azione malvagia si commette. Nella banalità del male.
Nel vortice del male, di una mente psicotica, scopriamo che un po’ di follia alligna in molti e che sparire per abulia è la follia minore. Un vero applauso all'autore che ha creato una storia terribile e attraente come può essere attraente il male visto sulle pagine di un bel libro e complimenti alla Arkadia Editore ormai una bella realtà nel panorama editoriale nazionale. Libro che consiglierò in ogni dove nel Regno della Litweb
Ippolita Luzzo
martedì 9 giugno 2020
Olimpio Talarico Cosa rimane dei nostri amori
L'Infinito di Leopardi dal Castello Di Caccuri.
"L'incanto del panorama mi emozionava. Sembrava un quadro di Enzo Loria, quando osava mischiare i colori affettuosi dell'autunno caccurese con le meste nebbie della sua laguna. Lo sguardo navigò. Dal castello scivolò lungo il tappeto di colline, si attardò sulla valle taciturna del Neto, per poi risalire sulle casupole del paese, appoggiate l'una contro le altra e che parevano fare fatica per non scivolare verso la campagna, come se un destino volesse allontanarle da quella terra tirchia, avara, e loro si opponessero con tutta la loro forza"
Siamo a Caccuri, in Calabria, nell'altopiano della Sila, dove lo sguardo smisurato vaga, infinito, dal castello.
Olimpio Talarico è nato a Caccuri e vive a Bergamo e ama di amore autentico entrambi i luoghi ma solo a Caccuri le strade gli parlano, solo a Caccuri sente l'impronta di chi è passato prima di lui, delle storie e dei sospiri.
Perciò dedica a Caccuri i momenti più elegiaci del suo scrivere nella grande fratellanza con le storie e gli abitanti del luogo.
Luogo magico, in effetti, per chi ha la ventura di visitarlo, luogo che reciterà con noi i versi di Leopardi:
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura.
A Caccuri però il cor non si spaura ma il verdeggiare intorno e la linea vicina fra il cielo e la terra conforta e abbraccia.
Cosa rimane dei nostri amori nasce come un'ode a Caccuri, poi l'autore ha costruito una trama e dei personaggi ma il primo personaggio vivente è proprio il paese.
Olimpio in una sua dichiarazione ci dice:
"La piazza di Caccuri ha ispirato quasi tutte le mie storie.
Quando d'estate si ritornava in Calabria, Nicola a 5 anni si intrufolava fra le gambe di uomini che conosceva appena e seguiva per ore le partite a carte degli anziani del mio paese. Quanta magia c'è nel codice genetico"
C'è una foto del maestro Giuseppe Marino e un post di Francesco Stirparo, che ricordano che 56 anni fa, il 19 marzo del 1964, a Caccuri durante la processione di San Giuseppe, aveva inizio la storia di "Cosa rimane dei nostri amori".
Il racconto inizia proprio con la festa di San Giuseppe e con due ragazzi, un ragazzo e una ragazza, della banda spariti.
Dalla festa alla tragedia alla morte, il corpo di uno ritrovato subito, il corpo dell'altra dopo molti anni.
Nella trama le omertà, le accuse ingiuste, un innocente in carcere, e la ricerca della verità.
Il protagonista Jacopo Jaconis, musicista, autore di colonne sonore, torna a Caccuri nel 1992 per un suo dialogo interiore e nel mentre avviene il ritrovamento del corpo della ragazza scomparsa nella festa di San Giuseppe del 1964. Viene inquisito suo padre, preside della scuola locale, accusato dell'omicidio dalla
testimonianza del prete della parrocchia don Marcello Poli.
Il maresciallo Nisticò però non crede al prete e affianca Jacopo, è sicuro che Amilcare Jaconis non sia un assassino.
Seguiremo il disvelare fra verità e menzogne, come se fosse un giallo, un noir, convinti che il profumo ci guiderà.
Il profumo dei soldi.
Pezzi di noi, Pezzi di Storie.
Ed è per questo che il libro di Olimpio ha inaugurato la rubrica Pezzi di Calabria, una rubrica sui borghi calabresi narrati dalla penne degli scrittori: Caccuri in Rivìentu.
Non posso non tacere del piacere di aver letto la dedica che Olimpio fa a tutti noi lettori, a quella lettrice della Pasticceria di Crotone che stava leggendo il suo primo libro,"Il due di bastoni" nel dolce della brioche con gelato e panna.
"Una brioche letteraria" mi disse una volta un amico sulla mia lettura ad un suo libro ed ora consegno ad Olimpio la mia brioche ringraziandolo fortemente della sua amicizia e dei suoi Amori regalati prima e Cosa rimane dei nostri amori ora.
Aspettandolo a Caccuri
Ippolita Luzzo
"L'incanto del panorama mi emozionava. Sembrava un quadro di Enzo Loria, quando osava mischiare i colori affettuosi dell'autunno caccurese con le meste nebbie della sua laguna. Lo sguardo navigò. Dal castello scivolò lungo il tappeto di colline, si attardò sulla valle taciturna del Neto, per poi risalire sulle casupole del paese, appoggiate l'una contro le altra e che parevano fare fatica per non scivolare verso la campagna, come se un destino volesse allontanarle da quella terra tirchia, avara, e loro si opponessero con tutta la loro forza"
Siamo a Caccuri, in Calabria, nell'altopiano della Sila, dove lo sguardo smisurato vaga, infinito, dal castello.
Olimpio Talarico è nato a Caccuri e vive a Bergamo e ama di amore autentico entrambi i luoghi ma solo a Caccuri le strade gli parlano, solo a Caccuri sente l'impronta di chi è passato prima di lui, delle storie e dei sospiri.
Perciò dedica a Caccuri i momenti più elegiaci del suo scrivere nella grande fratellanza con le storie e gli abitanti del luogo.
Luogo magico, in effetti, per chi ha la ventura di visitarlo, luogo che reciterà con noi i versi di Leopardi:
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura.
A Caccuri però il cor non si spaura ma il verdeggiare intorno e la linea vicina fra il cielo e la terra conforta e abbraccia.
Cosa rimane dei nostri amori nasce come un'ode a Caccuri, poi l'autore ha costruito una trama e dei personaggi ma il primo personaggio vivente è proprio il paese.
Olimpio in una sua dichiarazione ci dice:
"La piazza di Caccuri ha ispirato quasi tutte le mie storie.
Quando d'estate si ritornava in Calabria, Nicola a 5 anni si intrufolava fra le gambe di uomini che conosceva appena e seguiva per ore le partite a carte degli anziani del mio paese. Quanta magia c'è nel codice genetico"
C'è una foto del maestro Giuseppe Marino e un post di Francesco Stirparo, che ricordano che 56 anni fa, il 19 marzo del 1964, a Caccuri durante la processione di San Giuseppe, aveva inizio la storia di "Cosa rimane dei nostri amori".
Il racconto inizia proprio con la festa di San Giuseppe e con due ragazzi, un ragazzo e una ragazza, della banda spariti.
Dalla festa alla tragedia alla morte, il corpo di uno ritrovato subito, il corpo dell'altra dopo molti anni.
Nella trama le omertà, le accuse ingiuste, un innocente in carcere, e la ricerca della verità.
Il protagonista Jacopo Jaconis, musicista, autore di colonne sonore, torna a Caccuri nel 1992 per un suo dialogo interiore e nel mentre avviene il ritrovamento del corpo della ragazza scomparsa nella festa di San Giuseppe del 1964. Viene inquisito suo padre, preside della scuola locale, accusato dell'omicidio dalla
testimonianza del prete della parrocchia don Marcello Poli.
Il maresciallo Nisticò però non crede al prete e affianca Jacopo, è sicuro che Amilcare Jaconis non sia un assassino.
Seguiremo il disvelare fra verità e menzogne, come se fosse un giallo, un noir, convinti che il profumo ci guiderà.
Il profumo dei soldi.
Pezzi di noi, Pezzi di Storie.
Ed è per questo che il libro di Olimpio ha inaugurato la rubrica Pezzi di Calabria, una rubrica sui borghi calabresi narrati dalla penne degli scrittori: Caccuri in Rivìentu.
Non posso non tacere del piacere di aver letto la dedica che Olimpio fa a tutti noi lettori, a quella lettrice della Pasticceria di Crotone che stava leggendo il suo primo libro,"Il due di bastoni" nel dolce della brioche con gelato e panna.
"Una brioche letteraria" mi disse una volta un amico sulla mia lettura ad un suo libro ed ora consegno ad Olimpio la mia brioche ringraziandolo fortemente della sua amicizia e dei suoi Amori regalati prima e Cosa rimane dei nostri amori ora.
Aspettandolo a Caccuri
Ippolita Luzzo
venerdì 29 maggio 2020
Michele Cocchi US
Nel Marzo 2020 per conto della Fandango Libri il libro di Michele Cocchi US si affaccia in un mondo chiuso dove gli abitanti vivono nelle case senza uscire per essere protetti dal contagio del virus.
Lo stesso mondo chiuso, la stessa camera chiusa dove il protagonista vive, per scelta.
Tommaso è un adolescente, ha lasciato la scuola da quasi due anni, e guarda tutto da un oblò, l'oblò del monitor di un computer.
Non ha quasi per nulla rapporti con i suoi genitori, preoccupati per lui, e nemmeno con il fratello e la sorella. Tommaso vive in un gioco, un videogioco.
"Uscito dal gioco la camera sprofonda nel buio, eccezion fatta per il cono di luce dell'abat-jour sopra la scrivania. Il computer spento, i vestiti gettati alla rinfusa sul letto. Tommaso si affaccia alla finestra, riconoscendo le sagome degli alberi e la staccionata che delimita il giardino oltre la terrazza, i vasi di fiori di sua madre appesi alle aste orizzontali della pergola.. Chiuse le imposte e senza fare rumore apre la porta della sua camera. La casa è silenziosa, ogni luce spenta. I suoi dormono già, così come Cosimo e Lisa." Tommaso si procura il cibo, la mamma ha lasciato il pasticcio di carne per lui, in frigorifero. Lui, in fretta prende il pasticcio, il pane e un succo di arancia e ritorna in camera. Sono questi i momenti peggiori per Tommaso, correre il rischio di incontrare i genitori e vederne tutta la loro desolazione nel non saper trovare un modo per aiutarlo.
Tentano infatti con la dolcezza, poi con rimproveri blandi, infine la madre un giorno sopraffatta dall'impotenza scaglia il computer del figlio in giardino per poi pentirsene subito dopo.
Siamo subito avvinti anche noi lettori dal gioco di ruolo, US il titolo, si gioca in tre, ma non si conoscono chi siano gli altri due in quanto hanno tutti un avatar. Si gioca a squadre e si può parlare con i compagni di squadra per decidere le mosse che decreteranno la vittoria o la sconfitta. I compagni hanno solo la voce come segno di distinzione e dalla voce possono capire che i tre compagni di squadra sono due ragazzi e una ragazza, più giovane.
Le battaglie che i tre combatteranno sono battaglie storiche e leggendo le avventure virtuali di Tommaso in realtà ci srotola davanti.
Tutta la storia del Novecento, le battaglie e gli orrori di Sabra e Chatila, la pace di Pastrana in Columbia, verranno vissuti in prima persona da Tommaso e dai suoi compagni fino a quando anche loro si troveranno nella vita reale a dover scegliere se essere eroi.
Con uno stile compatto e asciutto, Michele Cocchi ci aiuta nella comprensione dell'adolescenza e nella comprensione del momento storico sempre più connesso ad una virtualità reale.
Ippolita Luzzo
Lo stesso mondo chiuso, la stessa camera chiusa dove il protagonista vive, per scelta.
Tommaso è un adolescente, ha lasciato la scuola da quasi due anni, e guarda tutto da un oblò, l'oblò del monitor di un computer.
Non ha quasi per nulla rapporti con i suoi genitori, preoccupati per lui, e nemmeno con il fratello e la sorella. Tommaso vive in un gioco, un videogioco.
"Uscito dal gioco la camera sprofonda nel buio, eccezion fatta per il cono di luce dell'abat-jour sopra la scrivania. Il computer spento, i vestiti gettati alla rinfusa sul letto. Tommaso si affaccia alla finestra, riconoscendo le sagome degli alberi e la staccionata che delimita il giardino oltre la terrazza, i vasi di fiori di sua madre appesi alle aste orizzontali della pergola.. Chiuse le imposte e senza fare rumore apre la porta della sua camera. La casa è silenziosa, ogni luce spenta. I suoi dormono già, così come Cosimo e Lisa." Tommaso si procura il cibo, la mamma ha lasciato il pasticcio di carne per lui, in frigorifero. Lui, in fretta prende il pasticcio, il pane e un succo di arancia e ritorna in camera. Sono questi i momenti peggiori per Tommaso, correre il rischio di incontrare i genitori e vederne tutta la loro desolazione nel non saper trovare un modo per aiutarlo.
Tentano infatti con la dolcezza, poi con rimproveri blandi, infine la madre un giorno sopraffatta dall'impotenza scaglia il computer del figlio in giardino per poi pentirsene subito dopo.
Siamo subito avvinti anche noi lettori dal gioco di ruolo, US il titolo, si gioca in tre, ma non si conoscono chi siano gli altri due in quanto hanno tutti un avatar. Si gioca a squadre e si può parlare con i compagni di squadra per decidere le mosse che decreteranno la vittoria o la sconfitta. I compagni hanno solo la voce come segno di distinzione e dalla voce possono capire che i tre compagni di squadra sono due ragazzi e una ragazza, più giovane.
Le battaglie che i tre combatteranno sono battaglie storiche e leggendo le avventure virtuali di Tommaso in realtà ci srotola davanti.
Tutta la storia del Novecento, le battaglie e gli orrori di Sabra e Chatila, la pace di Pastrana in Columbia, verranno vissuti in prima persona da Tommaso e dai suoi compagni fino a quando anche loro si troveranno nella vita reale a dover scegliere se essere eroi.
Con uno stile compatto e asciutto, Michele Cocchi ci aiuta nella comprensione dell'adolescenza e nella comprensione del momento storico sempre più connesso ad una virtualità reale.
Ippolita Luzzo
lunedì 25 maggio 2020
Cristò Chiapparino letto da Francesco Calimeri
La meravigliosa lampada di Paolo Lunare
Ieri prima riunione all'aperto del gruppo lettura Bookclub lector in fabula di Lamezia Terme nel Parco Dossi Comuni.
Felicità ed emozione nel vederci dopo tre mesi e due riunioni svolte sulla piattaforma online. Bellissimi i commenti di tutti i presenti sul libro di Cristò Chiapparino e ho chiesto a Francesco Calimeri di conservare almeno una testimonianza scritta della sua articolata disamina sul testo. Lo ringrazio immensamente. Questo testo è solo una parte di tutto ciò che lui ha detto a noi.
"È molto difficile parlare de "La meravigliosa lampada di Paolo Lunare" di Cristò senza correre il rischio di essere banali. Probabilmente il modo migliore è partire dal suo punto di forza, dalla sua idea letteraria: è attorno a questa che l'autore costruisce un racconto e lo lascia svilupparsi attraverso molti dei temi chiave della letteratura (e, forse, dell'umanità) con sfaccettature individuali, sociali, universali: amore e morte, realtà e sue rappresentazioni, desideri e frustrazioni, voglia di riscatto e rassegnazione, il rapporto con sé stessi e con gli altri, il peso della vita e degli anni, la solitudine, la percezione del tempo, il senso dell'esistenza, e ancora... Con la cerniera (apparente) affidata al peso che fiducia e tradimento, sincerità e menzogna hanno nei rapporti amicali, familiari, coniugali.
Tutto accade nello spazio di un racconto relativamente breve, che scorre via coinvolgendo per gradi, accelerando: in modo lento lento e lasco all'inizio, serrato e veloce al termine. E con brusche, repentine frenate.
L'idea, l'originale artificio creativo (e narrativo) che dà vita al racconto, è la casuale invenzione di una lampada in grado di produrre un fascio di "luce" che permette di vedere i morti; questi sono intrappolati in una dantesca e compulsiva ripetizione delle stesse azioni e negli stessi luoghi che in vita li hanno legati alla propria più grande bugia.
L'idea è al contempo semplice e potente; e rischiosa!
L'immaginario moderno è troppo carico di temi simili letti, ascoltati e visti in una miriade di interpretazioni.
Eppure, Cristò resiste alla tentazione di esagerare, non ha paura di citare, e riesce ad essere profondo e leggero, senza prendersi troppo sul serio ma senza mai prendere in giro il lettore.
La vita è difficile per tutti, ed è ingiusta, dato che non per tutti è difficile allo stesso modo; ed è difficile per gli esseri umani in quanto tali. È quindi inevitabile che siano difficili le relazioni tra essi, quelle che legano un padre al figlio, una figlia alla madre, due coniugi, due amanti e una persona con un altro sé, magari quello nel passato.
La storia di Paolo e Petra (un immediato riferimento neotestamentario) è quella di ogni individuo, di ogni coppia, di ogni famiglia, ma è pure umilmente unica. La cifra del loro rapporto è la presenza di cose mai dette; ma le bugie, le manipolazioni, le omissioni sono di fatto ovunque: nelle famiglie di origine e nel rapporto di ciascuno con sé stesso. Ed è un costante tormento sulla verità, intesa tanto come lo spazio tra sincerità e menzogna, quanto tra ciò che è e ciò che possiamo sapere.
La storia delle manie e delle smanie, dell'ossessione che possiede prima Paolo e poi Petra, come un demone (un "Daimon"), mostra ben oltre che l'evoluzione dei personaggi; e cattura l'attenzione, suscitando simpatia, riprovazione, stupore. E non lo fa sterilmente; se anche volessimo ignorare tutte le questioni che solleva, sarebbe ben arduo far finta di non essere investiti dalla carica emotiva che, sapientemente e poderosamente, suscita.I riferimenti filosofici e letterari (dal mito della caverna di Platone alla Metafisica e all'Etica Nicomachea di Aristotele, da Dante Alighieri alle incertezze contemporanee) si sciolgono nel piacere del racconto; prevedibilmente, il piacere di narrare di Cristò non porta ad un lieto fine, né ad un tentativo di dare un senso alle cose; ma se questo ci fosse, forse, sarebbe l'amore. Quello che spinge ad essere sinceri contro ogni paura, o a mentire contro ogni ragione.
È sempre pericoloso dare giudizi troppo negativi o eccessivamente lusinghieri; tuttavia, "La meravigliosa lampada di Paolo Lunare" è, potenzialmente, un classico moderno.
Francesco Calimeri è Professore Associato presso il Dipartimento di Matematica e Informatica (DeMaCS) della Università della Calabria
Ippolita Luzzo
Ieri prima riunione all'aperto del gruppo lettura Bookclub lector in fabula di Lamezia Terme nel Parco Dossi Comuni.
Felicità ed emozione nel vederci dopo tre mesi e due riunioni svolte sulla piattaforma online. Bellissimi i commenti di tutti i presenti sul libro di Cristò Chiapparino e ho chiesto a Francesco Calimeri di conservare almeno una testimonianza scritta della sua articolata disamina sul testo. Lo ringrazio immensamente. Questo testo è solo una parte di tutto ciò che lui ha detto a noi.
"È molto difficile parlare de "La meravigliosa lampada di Paolo Lunare" di Cristò senza correre il rischio di essere banali. Probabilmente il modo migliore è partire dal suo punto di forza, dalla sua idea letteraria: è attorno a questa che l'autore costruisce un racconto e lo lascia svilupparsi attraverso molti dei temi chiave della letteratura (e, forse, dell'umanità) con sfaccettature individuali, sociali, universali: amore e morte, realtà e sue rappresentazioni, desideri e frustrazioni, voglia di riscatto e rassegnazione, il rapporto con sé stessi e con gli altri, il peso della vita e degli anni, la solitudine, la percezione del tempo, il senso dell'esistenza, e ancora... Con la cerniera (apparente) affidata al peso che fiducia e tradimento, sincerità e menzogna hanno nei rapporti amicali, familiari, coniugali.
Tutto accade nello spazio di un racconto relativamente breve, che scorre via coinvolgendo per gradi, accelerando: in modo lento lento e lasco all'inizio, serrato e veloce al termine. E con brusche, repentine frenate.
L'idea, l'originale artificio creativo (e narrativo) che dà vita al racconto, è la casuale invenzione di una lampada in grado di produrre un fascio di "luce" che permette di vedere i morti; questi sono intrappolati in una dantesca e compulsiva ripetizione delle stesse azioni e negli stessi luoghi che in vita li hanno legati alla propria più grande bugia.
L'idea è al contempo semplice e potente; e rischiosa!
L'immaginario moderno è troppo carico di temi simili letti, ascoltati e visti in una miriade di interpretazioni.
Eppure, Cristò resiste alla tentazione di esagerare, non ha paura di citare, e riesce ad essere profondo e leggero, senza prendersi troppo sul serio ma senza mai prendere in giro il lettore.
La vita è difficile per tutti, ed è ingiusta, dato che non per tutti è difficile allo stesso modo; ed è difficile per gli esseri umani in quanto tali. È quindi inevitabile che siano difficili le relazioni tra essi, quelle che legano un padre al figlio, una figlia alla madre, due coniugi, due amanti e una persona con un altro sé, magari quello nel passato.
La storia di Paolo e Petra (un immediato riferimento neotestamentario) è quella di ogni individuo, di ogni coppia, di ogni famiglia, ma è pure umilmente unica. La cifra del loro rapporto è la presenza di cose mai dette; ma le bugie, le manipolazioni, le omissioni sono di fatto ovunque: nelle famiglie di origine e nel rapporto di ciascuno con sé stesso. Ed è un costante tormento sulla verità, intesa tanto come lo spazio tra sincerità e menzogna, quanto tra ciò che è e ciò che possiamo sapere.
La storia delle manie e delle smanie, dell'ossessione che possiede prima Paolo e poi Petra, come un demone (un "Daimon"), mostra ben oltre che l'evoluzione dei personaggi; e cattura l'attenzione, suscitando simpatia, riprovazione, stupore. E non lo fa sterilmente; se anche volessimo ignorare tutte le questioni che solleva, sarebbe ben arduo far finta di non essere investiti dalla carica emotiva che, sapientemente e poderosamente, suscita.I riferimenti filosofici e letterari (dal mito della caverna di Platone alla Metafisica e all'Etica Nicomachea di Aristotele, da Dante Alighieri alle incertezze contemporanee) si sciolgono nel piacere del racconto; prevedibilmente, il piacere di narrare di Cristò non porta ad un lieto fine, né ad un tentativo di dare un senso alle cose; ma se questo ci fosse, forse, sarebbe l'amore. Quello che spinge ad essere sinceri contro ogni paura, o a mentire contro ogni ragione.
È sempre pericoloso dare giudizi troppo negativi o eccessivamente lusinghieri; tuttavia, "La meravigliosa lampada di Paolo Lunare" è, potenzialmente, un classico moderno.
Francesco Calimeri è Professore Associato presso il Dipartimento di Matematica e Informatica (DeMaCS) della Università della Calabria
Ippolita Luzzo
mercoledì 13 maggio 2020
Gianluca Barbera Il Viaggio dei Viaggi
In un momento di grande stress da isolamento e al ritornello del "Restate tutti a casa" come panacea contro un virus spesso letale, risponde la letteratura e l'immaginazione con un libro che ci farà "esplorare il mondo in cinquecento passi" come è scritto nel sottotitolo de Il Viaggio dei Viaggi di Gianluca Barbera appena giunto nelle librerie.
Il libro nasce con la visita di una scolaresca guidata dal professore di storia, una trentina di ragazzi, al museo dei grandi viaggi di avventura, di esplorazione e di scoperta, nelle sale del XVIII e XIX secolo.
A bordo del Beagle di Darwin fino alla navicella spaziale di Aldrin e Armstrong seguiamo i viaggi guardando i dipinti e i reperti presenti nel museo.
Seguiamo le rotte dei negrieri, che prelevavano gli schiavi lungo le coste dell'Africa Occidentale, in Guinea, Sierra Leone, Angola, per venderli nei mercati delle Americhe ai proprietari di piantagioni.
Sembrano storie dei nostri giorni, ora non vengono chiamati schiavi ma migranti, il risultato però non cambia e la realtà resta durissima nelle baraccopoli dove stanno gli schiavi di questi nostri tempi.
Gli alunni del professor Terranova avranno modo di riflettere e di incontrare Belzoni in Egitto, Amundsen al Polo Nord con Nobile, ma come me saranno attratti dalla storia di Alexander Selkirk, ovvero Robinson.
Nell’isola di Robinson proveremo a capire cosa vuol dire isolamento e cosa provoca l’isolamento, noi che abbiamo provato a stare isolati due mesi, restando connessi.
Robinson Crusoe di Daniel Defoe, uscito nel 1719, si ispira alla vicenda reale accaduta ad Alexander Selkirk, un marinaio, arruolato nella Cinque Ports, una nave che praticava la guerra di corsa.
Per aver dato un buon suggerimento al capitano, Alexander viene abbandonato su un'isola deserta, con un moschetto, una pistola, un'accetta, una pentola, un piatto, la polvere da sparo e qualche provvista. L'isola era popolata di capre selvatiche, e il tempo passò, quattro anni passarono, finché non giunse il 2 febbraio 1709 un veliero inglese che lo riporterà in patria.
Essere personaggio letterario e personaggio reale non sempre porta bene e Alexander nulla ebbe della fama del suo libro e la sua vita termina in Africa occidentale, questa volta a caccia di pirati. Restiamo amici di Alexander nella buona e cattiva sorte, noi,
Gianluca Barbera scrive per raccontare e raccontarsi storie, per arricchire il suo e il nostro immaginare con fatti che non sapremmo se non fossimo spinti dalla curiosità.
Curiosità e conoscenza dunque sono le risorse con cui noi tutti possiamo affrontare isolamento e desolazione di un tempo storico altrettanto ingarbugliato. Sciogliere i fili per rendere facile la connessione mi sembra il compito del narratore e Gianluca Barbera con Magellano, Marco Polo e ora Il viaggio dei Viaggi ci regala la guida per un viaggio nel tempo.
Ippolita Luzzo
Il libro nasce con la visita di una scolaresca guidata dal professore di storia, una trentina di ragazzi, al museo dei grandi viaggi di avventura, di esplorazione e di scoperta, nelle sale del XVIII e XIX secolo.
A bordo del Beagle di Darwin fino alla navicella spaziale di Aldrin e Armstrong seguiamo i viaggi guardando i dipinti e i reperti presenti nel museo.
Seguiamo le rotte dei negrieri, che prelevavano gli schiavi lungo le coste dell'Africa Occidentale, in Guinea, Sierra Leone, Angola, per venderli nei mercati delle Americhe ai proprietari di piantagioni.
Sembrano storie dei nostri giorni, ora non vengono chiamati schiavi ma migranti, il risultato però non cambia e la realtà resta durissima nelle baraccopoli dove stanno gli schiavi di questi nostri tempi.
Gli alunni del professor Terranova avranno modo di riflettere e di incontrare Belzoni in Egitto, Amundsen al Polo Nord con Nobile, ma come me saranno attratti dalla storia di Alexander Selkirk, ovvero Robinson.
Nell’isola di Robinson proveremo a capire cosa vuol dire isolamento e cosa provoca l’isolamento, noi che abbiamo provato a stare isolati due mesi, restando connessi.
Robinson Crusoe di Daniel Defoe, uscito nel 1719, si ispira alla vicenda reale accaduta ad Alexander Selkirk, un marinaio, arruolato nella Cinque Ports, una nave che praticava la guerra di corsa.
Per aver dato un buon suggerimento al capitano, Alexander viene abbandonato su un'isola deserta, con un moschetto, una pistola, un'accetta, una pentola, un piatto, la polvere da sparo e qualche provvista. L'isola era popolata di capre selvatiche, e il tempo passò, quattro anni passarono, finché non giunse il 2 febbraio 1709 un veliero inglese che lo riporterà in patria.
Essere personaggio letterario e personaggio reale non sempre porta bene e Alexander nulla ebbe della fama del suo libro e la sua vita termina in Africa occidentale, questa volta a caccia di pirati. Restiamo amici di Alexander nella buona e cattiva sorte, noi,
Gianluca Barbera scrive per raccontare e raccontarsi storie, per arricchire il suo e il nostro immaginare con fatti che non sapremmo se non fossimo spinti dalla curiosità.
Curiosità e conoscenza dunque sono le risorse con cui noi tutti possiamo affrontare isolamento e desolazione di un tempo storico altrettanto ingarbugliato. Sciogliere i fili per rendere facile la connessione mi sembra il compito del narratore e Gianluca Barbera con Magellano, Marco Polo e ora Il viaggio dei Viaggi ci regala la guida per un viaggio nel tempo.
Ippolita Luzzo
domenica 3 maggio 2020
Lamezia in Galles
Lamezia Terme sarebbe una amena cittadina situata fra il golfo
di Sant' Eufemia e l'Appennino calabro, nella pianura lametina.
Il clima dovrebbe essere ameno e per alcuni mesi lo è se non fosse che da molti anni all'arrivo del maggio odoroso il cielo non si ricoprisse di una caligine grigia e triste e la caligine durasse per tutta la primavera almeno nelle ore mattutine. Un vero effetto Galles.
Il Galles, una delle 4 nazioni che compongono il Regno Unito, occupa la zona sud-occidentale della Gran Bretagna, si affaccia sul Mare d'Irlanda, confina con la sola Inghilterra a est e la popolazione ammonta a più di 3 milioni d'abitanti.
In Galles il cielo è spesso nuvoloso, ed io ricordo proprio quel nuvoloso così simile al nostro cielo ogni anno, così come ricordo lo stesso paesaggio di solitudine, identico alla cittadina da dove scrivo.
Allora rimasi quindici giorni ad Agosto, un agosto plumbeo e freddo, ma le similitudini mi si ripropongono ogni anno a maggio.
Con ironica affettuosità chiamo Galles la città di Lamezia e gallici i suoi abitanti che stamani, secondo il resoconto di una amica, uscirono per le strade dopo una lunga quarantena.
Solo uomini anziani o debosciati, se uno si ferma ad una fontana e bellamente vi orina contro, se un altro sputa in terra e altri, con mascherina abbassata, fumano e si chiamano l'un l'altro ad alta voce.
Anche allora, quasi 15 anni fa, nel Galles ricordo di aver osservato tante stranezze: Una mamma giovane infilava una patatina fritta in bocca ad un pargolo nemmeno svezzato, ed un uomo dava da bere ad un bimbo piccolissimo una bevanda coloratissima forse leggermente alcolica. D'altronde in Galles l'acqua non esisteva e se c'era costava carissima.
Un vero orrore.
Certo poi ricordo i bellissimi castelli medioevali, ed anche qui in Calabria tutta non mancano i castelli medioevali, ma di tutto mi resta l'orrore di una umanità lobotomizzata, incapace di un gesto elegante, di un pensiero.
E credo che la lobotomia sia stata praticata moltissimo nella piana lasciando moltissimi ciondolare nelle strade e nelle case senza un desiderio di relazione amicale, senza uno slancio di originalità.
Nel Galles lametino una quarantena in un cielo plumbeo di socialità.
Ippolita Luzzo
di Sant' Eufemia e l'Appennino calabro, nella pianura lametina.
Il clima dovrebbe essere ameno e per alcuni mesi lo è se non fosse che da molti anni all'arrivo del maggio odoroso il cielo non si ricoprisse di una caligine grigia e triste e la caligine durasse per tutta la primavera almeno nelle ore mattutine. Un vero effetto Galles.
Il Galles, una delle 4 nazioni che compongono il Regno Unito, occupa la zona sud-occidentale della Gran Bretagna, si affaccia sul Mare d'Irlanda, confina con la sola Inghilterra a est e la popolazione ammonta a più di 3 milioni d'abitanti.
In Galles il cielo è spesso nuvoloso, ed io ricordo proprio quel nuvoloso così simile al nostro cielo ogni anno, così come ricordo lo stesso paesaggio di solitudine, identico alla cittadina da dove scrivo.
Allora rimasi quindici giorni ad Agosto, un agosto plumbeo e freddo, ma le similitudini mi si ripropongono ogni anno a maggio.
Con ironica affettuosità chiamo Galles la città di Lamezia e gallici i suoi abitanti che stamani, secondo il resoconto di una amica, uscirono per le strade dopo una lunga quarantena.
Solo uomini anziani o debosciati, se uno si ferma ad una fontana e bellamente vi orina contro, se un altro sputa in terra e altri, con mascherina abbassata, fumano e si chiamano l'un l'altro ad alta voce.
Anche allora, quasi 15 anni fa, nel Galles ricordo di aver osservato tante stranezze: Una mamma giovane infilava una patatina fritta in bocca ad un pargolo nemmeno svezzato, ed un uomo dava da bere ad un bimbo piccolissimo una bevanda coloratissima forse leggermente alcolica. D'altronde in Galles l'acqua non esisteva e se c'era costava carissima.
Un vero orrore.
Certo poi ricordo i bellissimi castelli medioevali, ed anche qui in Calabria tutta non mancano i castelli medioevali, ma di tutto mi resta l'orrore di una umanità lobotomizzata, incapace di un gesto elegante, di un pensiero.
E credo che la lobotomia sia stata praticata moltissimo nella piana lasciando moltissimi ciondolare nelle strade e nelle case senza un desiderio di relazione amicale, senza uno slancio di originalità.
Nel Galles lametino una quarantena in un cielo plumbeo di socialità.
Ippolita Luzzo
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