venerdì 21 giugno 2024

Andrea Caterini Sparring Partner


Il termine a che fare con il pugilato e trovo conferma nel significato "compagno [partner] di allenamento» [sparring, gerundio di to spar «allenarsi nel pugilato»]), pugile che allena un altro pugile boxando con lui. 
Il protagonista sceglie di ritornare nella palestra frequentata da ragazzo in un momento della sua vita di "stagnazione". Succede a tutti di non avere più sicurezze, succede a tutti di sentirsi senza entusiasmo e decidere di andarsene nel paese, nel quartiere cercando una "resurrezione della carne." una resurrezione. 

Ritorna in cantina a prendere la borsa di un tempo, i guantoni Leone, e ritrova in palestra Alberto che lo abbraccia. Ormai Alberto è diventato un maestro però sempre guarda al suo amico ritrovato come un fratello.

 Il ritorno nella seconda ripresa: lui guarda nel tempo come l'allenamento rimetta in tono il fisico, e ora sente Alberto chiedergli di aiutare i ragazzi della palestra, di essere il loro sparring partner. Aveva accettato e da quella sera era cambiato tutto. 

Memorie di un uomo attraverso il ring, si racconta lo scioglimento di un nodo, una trasformazione, la nuova vita. Arriverà una nuova allieva, arriverà dai boschi del Carso ma io non vi racconterò altro per non sciupare la bella lettura di questo libro pensoso e riflessivo, di questa storia raccontata in prima persona, con grande partecipazione trasmessa a noi lettori. 

Riesce questo libro a farmi sedere di nuovo al computer, dopo tanto tempo che non scrivo, riesce anche a farmi combattere il mio momento di stagnazione e mi scuote spingendomi a cercare anch'io quella valigia di fogli, nel mio caso, abbandonati. Una vera malia. 

Andrea Caterini pubblica per S-Confini Sparring Partner, una collana di letteratura ibrida diretta da Fabrizio Coscia per Editoriale Scientifica.

 Sono libri di memorie, tra il diario e il reportage, ma sembrano ben interpretare quella commistione di genere di questi nostri tempi. 

"La nona ripresa ci si gioca la vita," voglio rileggermi il momento in cui non si sente la fatica, in cui sentiamo tutti la possibilità di farcela. 

Una scrittura limpida e avvolgente vi prenderà e vi farà salire sul ring della vita.

 Ringraziando Andrea Caterini, a lui gli applausi di tutta la Litweb 

Ippolita Luzzo 


Andrea Caterini (Roma, 1981), è scrittore e critico letterario. Ha pubblicato diversi romanzi, tra cui Giordano (Fazi, 2014, Premio Volponi) e Vita di un romanzo (Castelvecchi, 2018). Tra i saggi si ricordano La preghiera della letteratura (Fazi, 2016, Premio Prata per la Saggistica), Ritratti e paesaggi. Il romanzo moderno (Castelvecchi, 2019, Premio Città delle Rose per la Saggistica) e L’oblio della figura. Nella stanza di Giorgio Morandi (Sillabe, 2020). Il suo ultimo libro è Ritorno in Italia (Vallecchi, 2022). Ha introdotto numerosi autori europei dell’Ottocento e del Novecento: Henry James, Marcel Proust, Virginia Woolf, Hermann Broch, Irène Némirovsky, Joseph Roth. Ha inoltre commentato Il sogno di un uomo ridicolo di Fëdor Dostoevskij (Ianieri, 2015). Nel 2018 gli è stato assegnato il Premio Bonura per la Critica Militante Under 40. Lavora come autore Rai di programmi di viaggio.


venerdì 14 giugno 2024

Lidia Popolano su Pezzi nel 2020


Lei lo chiama zibaldone, nel linguaggio arcaico una vivanda composta da svariati ingredienti, una costante nella cucina povera di tutti i Paesi; nel linguaggio letterario invece un quaderno di appunti e abbozzi riportati senza ordine.


È entrambe le cose, Pezzi di Ippolita Luzzo. Vi compaiono in ordine casuale frammenti di riflessioni filosofiche, filastrocche, considerazioni sulle cosiddette giornate europee o mondiali dedicate all’amicizia o ad altre ricorrenze, tra queste inserirei anche il Pezzo sul Natale, anche se questo non è il suo titolo. E ancora, poesie, citazioni e recensioni. Ogni appunto riporta la data e questo aiuta ad orientarsi per caratterizzare quel frammento. A volte si tratta di episodi di vita comune, incontri, pomeriggi con amiche o con la sorella, si tratta di telefonate a conoscenze o a vecchie amicizie. C’è anche un fantasma di uomo, seduto accanto al posto di guida ad ascoltare le vicende letterarie di Ippolita o in casa a gustare un caffè virtuale di cui sembra persino di sentire l’odore.


Ma tutto questo mondo, questi tratti di penna, ricopiati al computer, non sono più frammenti, non sono più piccoli cenni sonori di uno strumento che viene accordato, sono una sinfonia potente, sono una sonata di organo in una cattedrale, se hai avuto la fortuna di entrare nel mondo di questa piccola donna, fortissima e delicata a un tempo, se hai attraversato le stanze di quel suo castello fatto di ambienti, ma più ancora di disimpegni. Se sei passato per quelle scale dove filtra il sole e illumina il quadro donato dall’artista che con quel dono ha dato valore al suo apprezzamento o la cesta colma di buste gialle che hanno contenuto i libri che le sono stati spediti in lettura. Sono buste flosce o strappate, impossibili da riusare, impossibili da cestinare. Sono lì perché buttarle sarebbe perdere la traccia della trepidazione con cui sono state riempite con il libro o il faldone della bozza, con cui sono state incollate e lasciate sul desk dello sportello postale, là dove era impossibile ritirarle una volta trovato il coraggio di spedirle. E poi i libri e la memoria degli incontri e dei pasti cucinati e consumati con gli amici, delle serate con le guance arrossate e gli occhi lucidi nella scoperta incredula che l’amicizia esiste, che l’amore esiste e illuminano la vita anche quando hanno breve durata.


Questo, tutto questo non sarebbe stato evidente per me se non avessi avuto l’immensa fortuna di entrare nella dimora di famiglia e di stringere la mano della dolce madre. Ah, gli occhi di una madre posati sui tuoi per leggere il tuo affetto per la figlia! Ah, quale regalo prezioso e immortale, indispensabile per comprendere le parole amare che descrivono le donne del sud che hanno visto rapinare la loro adolescenza e rinchiuderla in una vita di sacrificio, dono per eterni e irriconoscenti uomini-bambini, coccolati e viziati nella loro fragilità egoistica.


Questo, tutto questo non sarebbe stato evidente se non avessi visto un paese violentato, sventrato, artificiosamente assimilato a un’entità locale inesistente. Privato del suo nobile nome e con esso, della sua storia. Un paese che fa da sfondo a ogni amarezza e ogni sogno di riscatto della Calabria offesa e dimenticata anche nel presente. Persino nel presente.


Tutto questo non è uno zibaldone. Sarebbe uno scempio immaginare una raccolta “Pezzi due” con i frammenti scritti da Ippolita Luzzo dopo il 2018. Non è uno zibaldone, Pezzi. È un romanzo. È il romanzo di una vita dapprima dimenticata nella disillusione e poi ritrovata nella missione di tessitura del tessuto culturale di un popolo, senza occuparsi o preoccuparsi di darsene il merito. La tessitura di un ordito fine e robusto che non contempla definizioni strutturali, che non chiede riconoscimenti, che unisce in un canto ritmato e sonoro le voci di scrittori stimati e i loro lavori, nati da quelle buste gialle teneramente conservate. Un ordito che non ha volutamente cercato un’impossibile trama. Un romanzo senza trama.


Lei lo chiama zibaldone, ma per me Pezzi è un romanzo contemporaneo.

Pasquale Braschi scrive su Pezzi del Regno della Litweb


 Nel 2019 Pasquale Braschi scriveva: “Pezzi dal regno della Litweb” è una selezione sintetica dell’attività di redazione del blog di Ippolita Luzzo, dal 2012 (anno di inaugurazione, http://trollipp.blogspot.com/) al 2018 (anno di pubblicazione del libro, novembre per la precisione). 
Ippolita dal suo Regno in cui “non tramonta mai il sole” (p. 19) osserva questo nostro pazzo mondo, annota sensazioni e descrive tutto ciò che la sua anima vede. 
Il libro si apre con una dichiarazione in forma di poesia, “Io non sono una donna del sud” (p. 9). Una sorta di biglietto da visita con il quale Ippolita cerca di scrollarsi di dosso il peso della “donna del sud” che nell’immaginario collettivo è immersa in faccende domestiche, ivi compresi gli usi e le tradizioni contadine, dalla conserva di pomodori fatta in casa alla preparazione di insaccati e di formaggi. Un’ammissione di colpa (o di difetto) con cui si difende la propria diversità a scapito di pregiudizi di genere, senza prendere le distanze dalle proprie radici, e alla quale si aggiunge la convinzione che “È meglio scrivere che drogarsi” (p. 11), perché “Nel migliore dei mondi possibili non è facile essere una donna, un uomo pensante. Bisogna soltanto accettare il pensiero uguale, omologato, di tutti, di tanti” (p. 12). Troppe distrazioni ci allontanano dalle persone e non sempre ci accorgiamo dei cambiamenti di chi ci sta accanto.
 E così accade che “la donna vorrebbe essere guardata, la pettinatura, il nuovo rossetto, il modello alla moda, la sua borsetta. L’uomo nemmeno s’accorge se quella bipede ha un naso, una bocca, un incarnato perfetto” (p. 14). 
Queste pagine sono intrise di nostalgia, malinconia, persino di una sorta di rassegnazione che, anziché soccombere, resiste ai tempi delle facili illusioni. Per guarire da questo malessere generale Ippolita ha trovato la medicina non in farmacia ma nei libri. 
Tanti sono i libri in rassegna, così come sono tanti gli autori del presente e del passato che (ri)vivono in queste pagine con riflessioni personali e citazioni letterarie.
 “Certo è tutto un casino ma dappertutto si vive” (p. 49), grazie alla forza dei sentimenti, compreso l’Amore, nonostante il peso di “Tutte le assenze che ci mortificano” (p. 59).
 Assenze che, sempre più spesso, vengono celebrate nella “taberna scriptoria” (amori finiti, morte di un genitore o di un figlio) con la convinzione di “Affidare al libro l’eternità” (p. 84).
Una moda, quella di pubblicare libri, che passerà e si tornerà a fare centrini, bricolage “e poi la sera prenderete in mano un libro vero e leggerete. Oh Leggerete! Perché leggere tornerà di moda” (pp. 98-99). 
Una profezia che pare avverarsi con questo passaggio dal blog al libro. Con ironia, sarcasmo e soprattutto provocazione Il Regno della Litweb tenta di scuotere le coscienze assopite offrendo ai suoi lettori spunti di riflessione su diversi argomenti (la vita e la morte, l’amore e l’amicizia, la solitudine e l’abbandono, la salute e la malattia, i libri e gli autori). 
In altre parole Ippolita Luzzo condivide “pezzi” della sua vita, confermando di essere “la quintessenza femminea, fulminea, verace, pugnace” (p. 5). God save the Queen!

Pasquale Braschi