lunedì 31 agosto 2015

Basta poco per sentirsi soli. Grazia Cerchi, il libro che non trovo

Basta poco per sentirsi soli è un libro di Grazia Cerchi, giornalista e fondatrice dei Quaderni Piacentini, curatrice editoriale e scrittrice di Scompartimento per lettori taciturni, e Fatiche d'amore perdute.
Non ho letto questi libri, forse non si trovano più, ma conosco lei tramite Luca Pantarotto, blogger e uomo di molte letture, sensibile e attento.
Basta poco per sentirsi soli
Non l'ho letto, non si trova più,  ne ho sentito parlare e per come ne  intuisco sembra la mia piccola e lunga odissea nel trascorrere dei giorni.

Come un film francese. Roberto Saporito

Come un film  Francese  di  Roberto Saporito

Comincia così con i consigli alla lettura
"Marc Augé, La madre di Arthur 
John Barth,L’opera galleggiante 
Luigi Bernardi, Senza luce
Thomas Bernhard, Ja 
Philippe Besson, E le altre sere verrai?
Nicholas Blincoe, Tacchi alti 
Michel Butor, La modificazione
Peter Cameron, Un giorno questo dolore ti sarà utile
Kate Christensen, Il lamento di Epicuro
Diego De Silva, Non avevo capito niente 
Don DeLillo, Mao ii Philippe Djian, Imperdonabili 
Bret Easton Ellis, Imperial Bedrooms 
Wilhelm Genazino, La stupidità dell’amore 
Jonathan Lethem, Chronic City
Cees Nooteboom, Perduto il Paradiso, 
Antonio Paolacci Salto d’ottava, 
Lorenzo Pavolini, Essere pronto, 
Francesco Piccolo La separazione del maschio,
Alessandro Piperno, Con le peggiori intenzioni"

"Con le peggiori intenzioni" è l'unico che ho letto

Come al solito salto il pasto, dovevo completare prima la velocissima e piacevole lettura del libro" Come un film Francese" di Saporito, nomen omen, scusami. Rido e poi io so come sono i film francesi e anche conosco Piperno, nelle migliori intenzioni, così come mai e poi mai credo nella scrittura creativa. 
Che cosa è? si chiede, giustamente e d'accordo con me, il protagonista del libro, un professore che tiene un corso di scrittura creativa in virtù di sua fama di scrittore. La scrittura si insegna, certo, la creazione no, il talento è un dono, l'originalità pure e nei dubbi del professore seguiamo la storia che qualche volta, volutamente, scende su immagini scontate e già lette di dietro e davanti. Scusami. Il libro si legge con piacevolezza, i passi più simpatici sono proprio quelli che riguardano il professore e la sua ipocondria, sono quelli che ci rimandano a luoghi letterari ben assimilati, a scene alla Thelma e Louise, al killer di Amelie Nothomb al quale io devo aver fatto post: Diario di rondine, dove si racconta quanto sia facile diventare killer, allo stesso modo che diventare scrittore creativo, aggiungerei io, dissacrando il corso e chi vi insegna. 
 Ho letto qualche recensione su questo libro e odio chi racconta il libro compresa la scena finale che, per fortuna, io non conoscevo e non vi svelo per darvi la curiosità di legger questo racconto, strutturato in tre scansioni, con il diario di tre protagonisti nel divenire astorico di rapporti fermi su una pagina bianca.
Leggete quindi questo piacevolissimo stralcio dal libro di Saporito per gradire.

"Io non so neanche se sia possibile o meno insegnare a scrivere in maniera creativa: ma intanto loro mi pagano e io allora insegno. Insegnerei qualunque cosa per soldi, anche cucina creativa, visti i quattro soldi che ho guadagnato con i miei romanzi. Oh, fama tanta eh, vincitore di importanti premi letterari (e lì qualche soldo nelle mie tasche devo dire che è entrato), ospite fisso in tutti i festival letterari, recensioni entusiastiche dei miei libri su prestigiose riviste letterarie che nessuno legge, forse neanche chi ci scrive, ma guadagni veramente pochi. E quindi se mi pagano sono disposto anche a insegnare assicurazioni creative, o ping pong creativo
E questa è la mia piccola rivincita: insegno qualcosa che nessuno mi ha mai insegnato e che sono sempre più fermamente convinto che non si possa insegnare: sono un sostenitore del talento, e il talento o ce l’hai o non lo si impara da nessuna parte, e in modo particolare non a scuola.
– Finalmente conosciamo il famoso scrittore. Io mi riempio le narici del suo buon profumo, gli occhi della sua generosa scollatura e le decanto un affabulatorio e ispirato e sospiroso: – Già!
Poi pensi che gli altri ti odiano e dici: La verità è che io non sopporto più la gente, non sopporto più nessuno, gli esseri umani mi provocano una sorta di orticaria esistenziale, un prurito all'interno del sangue. È anche possibile che io sia diventato sociopatico (oltre che paranoico), oppure no, non sono io che sono diventato sociopatico ma loro, la gente, tutti quanti loro sono diventati sociopatici nei miei confronti, è possibile.

Forse ha colto, finalmente, un lato del mio carattere, ha compreso che io amo di più i miei scrittori che le persone: forse è perché sono uno scrittore, ma io vivo di persone e cose che non esistono, se non nella mia testa o in quella di quelli come me, o che comunque vivono come me: gli scrittori appunto. O forse è una sorta di tara mentale, una malattia, ma che non si cura, o quanto meno io non sono curabile. E, cosa più importante, a me va benissimo così."

domenica 30 agosto 2015

Digesto di Massimo Sannelli

 In fieri
Ho conosciuto Massimo Sannelli qualche anno fa  tramite mia cara amica di Palermo, Loredana.
Lei, fine ed elegante narratrice in versi e prosa, mi parla di Massimo Sannelli, a teatro, un vero protagonista, un attore, poeta, istrione, un grande, padrone del luogo e dello spazio mentale e fisico. Un incantatore. Mentre  mi racconta lei conclude ogni suo pensiero con:- Ti piacerà.
Così io, non subito, ma da quando l'ho  letto, ho iniziato a dire a tutti quanto sia stata rapita dal suo modo e dal suo mondo, dalle frasi e dalle associazioni  flash che illuminano i suoi articoli sul giornale "Trentino libero" , testata web dove lui scrive.
Ho letto e visto, spulciato quello che trovavo in Rete e ora il nuovo film " L'Arte del Fauno" con la regia di Fabio Giovinazzo.  

giovedì 27 agosto 2015

Quando c'era Marnie

Quando c'era Marnie, lei prendeva appunti

dal Romanzo al film. Dal 1967 ad oggi in un film che potrebbe essere l'ultimo dello Studio Ghibli... 
Il segreto che custodiamo è la fiducia. Si diventa amici se ci possiamo confidare un segreto, anche piccolissimo, che sappiamo solo noi, e regalarlo all'altro che ci donerà a sua volta il suo segreto. Questo mi sembra il bellissimo messaggio che Marnie ci dà.
Esserci o non esserci poi non è influente se sta dentro di noi chi ci diede vita e sempre potrà trovare la strada per parlarci.
Una storia che è un saluto al mondo dallo Studio Ghibli che già ci aveva donato Si Alza il vento,
saluto di un altro regista Miyazaki.
Ci salutano così le grandi fantasie del novecento, ci salutano i personaggi e la nostra infanzia, ci salutano gli anni che se ne vanno, lasciandoci due dita incrociate, quelle delle due amiche, che si salutano anch'esse, promettendosi incontro futuro. Chissà se ci sarà, se un altro mondo la mia vita troverà... sulla colonna sonora di incontri che cambiano la vita, anche Anna tornerà fiduciosa alla vita, alleggerendo le asprezze, sentendosi più accettata, capendo che si è parte di un grande disegno proprio perché ha trovato il filo che la lega al passato. Se nessuno si salva da solo, allora ha una sua bellezza la villa abbandonata e circondata da una palude con la marea che  sale e rende inaccessibile, tutto diventa lontano e difficile, se nessuno si salva da solo. La barca, il pescatore silenzioso, i coniugi simpatici ed accoglienti, il bene che dà sollievo,  e poi  gli scontri, le minuzie e le piccole cattiverie, il male inutile, banale. Nel delicato e verdissimo film che sono riuscita a vedere, grazie alla Marnie che io ho incontrato, c'è la poesia lieve dell'attesa, del disegno, dei pastelli e delle matite, del quaderno e del foglio che Anna abbraccia e appunta, schizza, invera e inventa il suo paesaggio, il paesaggio dell'anima. 
Quando c'era Marnie. Non siamo mai soli se ci abitiamo

 dentro. Le case vive del nostro immaginario. Nelle tante

 sovrapposizioni fra il nostro vivere e i giorni che si 

affastellano ci sta la fantasia. Sempre con noi stanno coloro

 che ci amarono se ci amarono, sempre a far parte di un 

vissuto oltre il muro della realtà.


mercoledì 26 agosto 2015

La magnifica inconcludenza di alcuni post su facebook

Postare è gratis, facile e compulsivo. Lo faccio anche io da mane a sera. Alcuni postano pensieri alati tratti da libri molto studiati, altri argomentano pensieri propri, raggiungendo l'eccellenza. Nell'inconcludenza.
Si dà così ragione ad un antico adagio:" Magnifica facciata ha Fortunato ma il piano superiore è spigionato" Intendendo che il  piano superiore di bel castellotto, colto di facciata,  nessuno lo vuole affittare, quindi vuoto sta, e che molti hanno bella presenza e testa sfitta.
 Mi giungono segnalazioni amene di post fatti da operatori e operatrici culturali che operano in sale operatorie culturalmente anestetizzate all'intelligenza ed al riso,  con personale che sconosce un significato concluso di  pensiero espresso.
Uno dei più recenti pervenuto nelle nequizie quotidiane ve lo ripropongo qui come bozzolo in cui avvolgere noi stessi: Che questo fermento culturale s'innalzi sempre più come un'onda coraggiosa che urtandosi contro qualunque venditore di fumo raggiunga la famosa isola che non c'è.

Nella babele di facebook, quindi, operatori e operatrici culturali operano, producono succulenti prodotti di consumo rapido: Metafore, anafore, similitudini, ossimori, paronomasia, endiadi, zeugma, anadiplosi...
le figure retoriche che tutti utilizziamo nel lessico più usuale. 
Se però codesto lessico dovesse servire a far germogliare la pianta del sapere allora ogni frase dovrebbe significare ed avere in sé un concetto, un'idea conclusa ed io per quanto abbia analizzato post che vi ho appena messo come esempio non trovo corrispondenza fra immagini e significato.
Qualora qualcuno riesca a far esegesi del testo appena proposto sarò felice di applaudire il nuovo e giovane pensiero che avanza come un'onda coraggiosa  



martedì 25 agosto 2015

Luce Nera di Nicola Vacca

In copertina Mario Pugliese con Inchiostro di solitudini
"Luce Nera" Marco Saya Edizioni
Appena arrivata nella solitudine mia affollata, già leggo.
Dal profondo del maiale e unisco questo titolo a Mirco Mungari, archeologo, che ha scritto "De suina immolatione", poemetto satirico, edito Delirium e mi piace questo incontro sul megafono della poesia civile, contro ogni schiavitù, per la luce che ci illumini quel tanto che basti per vedere.
Oltre poi è luce che abbaglia e nulla più si vedrà. Luce nera sarà.
Da Isaia ai nostri giorni

"Macello sublime
Hanno disinnescato gli allarmi
adesso il pericolo non sarà più avvertito"

Leggo con aderenza assoluta ad un mio sentire i versi di Nicola Vacca che a me sono fraterni e familiari, più della parentela appioppatami dal sangue.
Leggo di una Città dei Dormienti, già descritta da Massimiliano Santarossa nel suo ultimo romanzo "Metropoli".
In versi o in prosa uno solo è il desiderio- Poter svegliare i dormienti anestetizzati, poter fermare uno sciupio, la perdita di diritti, di conoscenze, come se fossimo ora alla fine oppure all'inizio del male assoluto.

"Prima che il sonno diventi
il peggiore degli incubi" 

"Nessuno coglie più rose d'amore
in questa grande abbuffata di male
hanno anche reciso le sue radici"

Itinerario di uno smarrimento.
Siamo con Nicola nei gironi danteschi, nel vagare di anime dannate in terra, nell'antinferno dove sono puniti gli ignavi con il girovagare senza meta e senza ideali.Questi inseguono una insegna senza posa, tormentati da vespe  e da mosconi. Leggendo le poesie Dante fa visita  in questa Luce Nera all'alba del 2015. Mille anni dopo siamo sempre al capolinea a chiedere giustizia e serietà, uno scopo per vivere e uno per rispettarci insieme. A volte quartine, a volte distici, ottave, oppure versi liberi,  le stanze della poesia di Nicola Vacca si distendono con ordine ed armonia, dosate e lineari nel raggiungere il chiarore necessario per essere lette e ascoltate. 
Leggevo proprio oggi che  il pensiero parla.
 Andrea Moro in "Accenti", la lingua di Babele, riferisce di ultime ricerche che provano la produzione di onde sonore nel cervello ad ogni atto connesso con il linguaggio. L'impressione di sentire il suono delle parole quando leggiamo a mente le strofe di Luce Nera, oppure il libro di Camus, non è impressione ma realtà, 
quindi grande ordine ha Nicola  perché lui sa che 
"Non c'è parola che tenga
nel disordine delle stanze"
" Viviamo in posti che non siamo capaci
 di abitare con gli incontri. 
Si chiama deserto e si dice vuoto
il luogo dove moriamo lentamente"
L'inverno dell'umanità, ricordo con Massimiliano Santarossa.
Diviso in quattro parti come possiamo dividere una arancia, il libro è la sfera che ci accoglie con freddo e gelo, senza rumore significativo, il poema  con  una rosa nel caos ci offre la poesia. La rosa che ci sublima dal profondo del maiale. 
L'istintualità ed insieme la facilità a  cui, manomessi, gli uomini tutti perdono speranza e futuro, diventando piante senza radici ed esseri senza vista, per ricordare Isaia e tutti i profeti che, in ogni tempo, hanno ammonito con immagini simili gli individui smarriti e brancolanti in epoche di transizione, l'istintualità va regolata con disciplina e metodo. 
Stiamo transitando Acheronte, per restare con Dante, e che questo inferno sia migliore del luogo dove stiamo può mostrarcelo solo una poesia, la poesia che  sia insieme messaggio e sferza, paura e sollievo. 
" Questi giorni senza amore
non tollerano nemmeno
una felicità di riserva"
continuo dopo

Stamattina riprendo a leggere Luce Nera  con negli occhi il Parco Impastato, ieri sera, nel mambo tristissimo di periferia, su una piazzola asfaltata, davanti ad altri dormienti seduti, umanità poverissima mimava i passi al suono dell'amplificatore. Se questo è l'antinferno, mi sono detta, la perdita di qualsiasi individualità, meglio l'inferno della solitudine e la musica di un verso amico.
Triste di una tristezza universale 
" Siamo tutti sulla stessa strada
aspettiamo chissà che cosa
seduti su questa terra morta.
arriverà presto  il giorno 
in cui le parole non diranno niente"
ieri sera quel giorno era arrivato, laggiù in un parco di periferia, affollato e abitato, laggiù sulla riva del mare, all'Hang loos beach, affollato e abitato, laggiù dove le parole non hanno suono e le relazioni diventano uguale gesticolare delle membra, nel divertere che musica non è, e nemmeno luce.
Luce Nera di Nicola Vacca, la lampada di Wood contro ogni falsificazione.
                                                                           Ippolita Luzzo

lunedì 24 agosto 2015

Gli Storioni di Rambaldi

I salmoni di Carlo Rambaldi.
Continuo a stare con la testa in tutto quello che non si è detto .
 Continuo a dialogare con chi è stato assente eppur presente  e che ha preso la scena molto più del reale  vivente.
Continuo a giocare con i salmoni di Carlo Rambaldi per sorprendere  lui ed  il figlio  Alessandro intenti  a far andare avanti i pesci  invece di vederli  risalire la corrente saltellando.
Di tutta una lunga conversazione che i gentilissimi e disponibili figli, Daniela e Victor, mi hanno concesso seduti nel giardino di Villa Ventura, in attesa che iniziasse la serata  E.T. Sotto le stelle, mi rimane un  non detto e su quello io ho continuato a chiacchierare ed a domandarmi diventando amica e compagna  di chi si tace.
In ogni biografia mi affascina un solo dettaglio, lo amplifico e nel dilatarlo occupa lo spazio di anni, di una vita. Un solo dettaglio.
Così Di Carlo Rambaldi, nato in un piccolo paese del ferrarese , con il talento di far vivere le sue  fantasie con congegni meccanici, riporto le frasi del figlio Victor , il racconto dei salmoni, che in  effetti Victor di  storioni mi ha parlato. 
Siamo negli anni cinquanta, nel ferrarese di Florestano Vincini, di Folco Quilici, già lavora Antonio Sturla, come direttore alla fotografia.  Antonio  Sturla «ha consentito il battesimo nel cinema di Carlo Rambaldi, «Per un documentario su Delta del Po – mi racconta Victor-  un filmato ambientato a Pila di Porto Tolle, con soggetto la pesca dello storione , mancavano proprio gli storioni, non essendo  stagione.
  Carlo Rambaldi  realizza tre storioni elettromeccanici. Fu merito della loro realizzazione che ebbe l’occasione di farsi conoscere e di trasferirsi a Roma per continuare la strada nel cinema.
Il fiume più lungo d’Italia, la storia del cinema italiano, che si snoda tortuosa nel racconto di Victor. Una storia, quella dell’imprenditoria cinematografica,  affidata alle individualità, una storia non agevolata da rispetto ma affidata alla improvvisazione, a stranissimi impedimenti che ostacolano il fluire, che impediscono la realizzazione di molte idee geniali.
Nel racconto della vita di Carlo Rambaldi, scivolano  le diapositive di moltissimi film ai quali l’artista ha lavorato, creando effetti speciali: Alberi che si muovono, cani, gatti, pipistrelli, Quattro mosche di velluto grigio, e Profondo rosso.
Mescolo volutamente  titoli di film e creature meccaniche , come un puzzle di una conversazione per offrire ai lettori l’empatia della conversazione con Victor e Daniela, una conversazione sul Cinema e su Carlo, su Alessandro che , come Victor, seguì il padre in America, a Los Angeles  nel ‘76
Come se fossimo a girare un film , dividiamo lo spazio e amplifichiamo la realtà effettuale, stasera.
La vita di Daniela, di sei anni  e la vita di Victor, maturando di licenza liceale, diventa un’altra vita. Le valigie ed i congegni  di Carlo andranno in laboratori più attrezzati dove saranno ricompensati e apprezzati per il genio che  donano.
Il movimento è emozione, ripeteva spesso Carlo Rambaldi ai figli.  Star fermi è contemplazione. Le due positività dell’agire umano che possono diventare negatività se il movimento diventa strumentale ad un consumo e lo star fermi a solo guardare passivi.
Nello scarto dell’arte si vive comunque , e nelle parole  di Victor , tutto il lungo lavorio di un pensiero, gli intoppi creati da istituzioni miopi, la nascita di una fondazione che, in nome di Carlo ed  io direi di Alessandro, vive il cinema non digitalizzato della vita.
 
 La Fondazione Carlo Rambaldi  avrà come sede il Polo Scolastico
di Vigarano Mainarda (Ferrara) dove Carlo è nato  il 15 settembre !925


Ippolita Luzzo



mercoledì 19 agosto 2015

La Linea di Enrico Astolfi

L’esplosivo piano di Bazil- La linea

Organizzato dal Collettivo autonomo Altra Lamezia, al Parco Impastato, martedì 18 agosto, ore 18,30, 
La Linea, favola breve di Enrico Astolfi, con illustrazioni di Aladin Hussain Al Baraduni, Lorusso editore.
Vado con i miei fogli

L’esplosivo piano di Bazil è un film francese del 2009, riproposto questo inverno a Lamezia  da UNA, associazione culturale per la visione di film in lingua originale con sottotitoli.

In questo film il protagonista, solo e senza famiglia,  insieme a una umanità varia e generosa, decide di combattere le multinazionali delle armi. Armi che avevano causato la morte del padre e ferito lui in modo indelebile, portando in testa una pallottola non removibile.
Quello che mi rimase del film furono il grottesco ed il surreale, la giocosità insieme alla distorsione della realtà che trovo tutta stasera,  nell'approccio che lo scrittore Enrico Astolfi  ha dato alla sua storia  sul conflitto, “La Linea” Favola con immagini disegnate da Aladin.
Tanti i punti in contatto con quel film, anche fuori dal contenuto vero e proprio del libro.
Il presentatore sembra quel simpatico personaggio del film che parlava per luoghi comuni, una serie di immagini che sembravano uscire direttamente dalla sceneggiatura di Bazil.
Modi di parlare. Come si parla e di cosa si parla quando si parla dove si parla. E così sorridendo ascolto la storia di un conflitto.
Enrico racconta che con Aladin, Yemenita ed ora abitante di Centocelle da dieci anni, si è incontrato in uno sgombero, fra una occupazione e una manifestazione.
Lui, originario di Ferrara fuori le mura, ora vive a Roma, alternando lavori precari alla sua attività di scrittore. 
Nasce, dall'incontro fra i due, una prima idea di una Linea, nasce  dalle parole di un funzionario della Digos che bloccando entrambi durante un picchetto anti sfratto, proibisce loro di varcare una linea che non era segnata e visibile. Mentre  chiedono al funzionario dove fosse questa linea,  si sentono rispondere che è lui a decidere dove sia  e come e quando poter  essere varcata.
Così La Linea, favola su un conflitto, non specifico, su un conflitto che può essere ogni conflitto, su un generale conflitto fra tesi e antitesi, prende vita in un non luogo, con protagonista che lo diventa in modo assolutamente casuale, durante una notte.
Infatti la favola inizia di notte. Viene tracciata una linea in un luogo immaginario, arrivano da una parte e dall'altra manifestanti che vogliono attraversarla e poliziotti che impediscono il passaggio. Un divieto fatto senza conoscere i motivi, un bisogno di attraversare senza saper perché.  Solo per avere spazio.
La favola ha  una morale senza voler fare morale e credo che la morale  stia proprio nello spazio che si vorrebbe, lo spazio immaginativo.
Le linee sono tante, sono importanti. Bisogna tracciare una linea al nostro comportamento, sempre molto contraddittorio e contorto.
Nello spazio dell’arte il conflitto trova il luogo  della rappresentazione portando le storie e i personaggi a riconoscersi.  I disegni sono veri quando le persone vivono e si riconoscono partecipi nella rappresentazione, dirà Aladin, ripetendo più e più volte, come Boezio, la differenza fra vero e falso. L’arte è militanza, sia su murales che in un disegno o sulle pagine di un libro. Storie vere. Aladin si fa raccontare le storie vere nei luoghi dove va, storie di disagio, di infelicità, storie che nell'arte entusiasmano, aprono il varco del chiuso vivere di ossessione e liberano il soggetto in una appartenenza universale. Ci siamo tutti, anche noi, nello spazio.
E mentre i fogli sui banchetti messi accanto prendono il volo sollevati da un soffio di vento, e mentre i due cagnetti mimano un conflitto fra loro, e mentre la sera si  tinge di rosa,  io ritorno a casa con una immagine affettuosa,  quella dell’editore del libro che, in Puglia, ha seguito  ogni presentazione fatta, con l’autore. Un editore indipendente che pubblica cinque libri all'anno e li segue come suoi familiari, e crede come tutti noi nell'unicità, nelle storie e nel grande spazio che c’è per tutti quelli che lo sanno vedere. Come Bazil.


domenica 16 agosto 2015

Scrivere per viverci dentro. Sull'isola di Venerdì

Robinson Crusoe naufraga e vivrà per molti anni da solo su un'isola. Trova come compagno Venerdì salvandolo dai cannibali che infestavano l'isola. Dovrò rileggermi questa storia che già mi sembra più abitata del luogo, della cooperativa di disabitanti, del paese senza relazione continuata, della città  dove io dovrei abitare. Una isola che è isola fra isole. Senza alcun arcipelago mai, se non momentaneo, raro. 
Nell'isola la zattera di Robinson, nell'isola quotidiana la zattera si chiama scrittura. Robinson annota i giorni per non impazzire, per sapere quanto tempo sta passando, per dare scansione al tempo.
La scansione degli anni è stata inventata da noi umani per avere un prima, un poi e un mentre. Per avere una opportunità.
Così nelle isole, dove ci si attrezza per anni e anni,  la scrittura e la lettura sono vivi, vivono con noi dandoci la compagnia.
Ci scrivo e poi ci vivo dentro. Come Robinson scriveva e segnava sui muri i giorni, così noi tutti scriviamo sui blog, sui siti, sui fogli di carta, e insieme leggiamo sul cellulare, sul tablet, sul libro di carta, leggiamo e leggiamo l'invenzione di vivere.
Poi Robinson andò via dall'isola e ritornò in Inghiterra, lui era un personaggio  nel romanzo, noi, che nel romanzo non stiamo, restiamo e restiamo per sempre nel luogo da dove non siamo e per dove non siamo naufragati davvero, nell'unica e sola certezza che abbiamo, di aver per destino quest'isola in dono.

sabato 15 agosto 2015

La Lavatrice di Ferragosto



Saranno sessanta i ferragosti che dovrei aver fatto uguale a questo e, se un tempo mi arrovellavo, mi ribellavo e mi sembrava una punizione ingiusta, ora reputo che il ferragosto fatto così sia molto meglio delle tante lavatrici con cui si condiscono i dialoghi fra amici.
Non che non sappia della bellezza di conversazioni amene e leggermente ilari, ne ho appena fatto io una poco fa con gruppo di famiglia amicale, però mi restano ferme   quella domanda e quella risposta  che interrompono  l’interesse altrui e lo dirottano  sulla lavatrice.
Qualche tempo fa ad una mia amica domandai se la interessavo, lei mi rispose che proprio in quel momento la lavatrice, bloccata, aveva ripreso a girare, rendendo così inutile intervento del tecnico. Era bastata la mia telefonata! E impedendomi di parlare lei magnificava i giri del cestello.
Ovviamente la telefonata rimase storica nella mia testa e qualche tempo fa, altra amica, a mio nuovo tentativo di dire cosa io stessi pensando di noi due, mi rispose che aveva fatto la lavatrice, suddiviso i bianchi dai colorati, le tovaglie dalle lenzuola, l’intimo dagli abiti, insomma reduce da tre lavatrici era poi passata a raccontarmi come avesse fatto la lavastoviglie,  messo i bicchieri in su, di come avesse lavato a mano a mano altri bicchieri, più fragili. Già io mi ero distratta e lei, accorgendosi, mi domandava ” mi ascolti?” mentre io, in preda a mal di testa da lavatrice, ripetevo a lei per filo e per segno ogni cosa, e aggiungevo  " no, no, non sono distratta".
Certo avevo capito una cosa: era finita, finito l’interesse fra me e lei, fra me e l’altra, ogni interesse non può durare su un giro di lavatrice.

Oggi quindi augurando a mie amiche storiche e non  una  estate ed una festa  che non passerò con loro, così  come non ho trascorso  tutti gli altri anni, giochicchio con i tasti di un computer che nemmeno compagnia mi fanno più. Anche loro mi vogliono dire che sarebbe meglio andare a fare una lavatrice?

lunedì 10 agosto 2015

Richard Galliano e Gabriele Mirabassi a Jazz e Vento


Jazz e vento


Gli appunti della serata si mescolano agli appunti presi per un film, visto di recente.
Il concerto
« L'orchestra è un mondo. Ognuno contribuisce con il proprio strumento, con il proprio talento. Per il tempo di un concerto siamo tutti uniti, e suoniamo insieme, nella speranza di arrivare ad un suono magico: l'armonia »
Concerto per violino e orchestra di Čajkovskij
Così dice il protagonista del film ed aggiunge: “ Questo concerto è un grido, una confessione”
Anche un divertimento, potremmo aggiungere noi questa sera con le parole di Gabriele Mirabassi, Clarinettista italiano che, con Richard Galliano  alla fisarmonica, suona e si diverte. Si divertono molto.
Entrambi i musicisti vivono così intensamente la musica per finire di somigliare ai loro strumenti, questi  fanno parte del loro corpo, in una simbiosi perfetta.
Gabriele racconta l’incontro con Galliano, più adulto e  già un maestro del Jazz, nel 1991.
 Lui era un ragazzino, agli inizi,  eppure fu subito amicizia ed insieme fecero un  disco "Coloriage".
Gli avvenimenti della vita ci  hanno allontanato per anni, sta raccontando sul palco, e poi i fili mai interrotti di un sentire, ci hanno ricongiunto e da pochi mesi hanno riannodato una amicizia.
Risuonare insieme, dopo tanti anni, brani che abbiamo suonato allora  ci permette di riconoscerci, in uno scambio felice fra noi,  insieme con voi spettatori. Un riconoscerci tutti. Per  divertirci, perché la musica è uno dei sistemi necessari per re-imparare a stare insieme.
Le parole di Gabriele sono accompagnate dallo sguardo di Richard, che annuisce. Lui parla in francese, benché di origine italiana, ed in francese annuncia i pezzi che suoneranno.
I loro pezzi inframmezzati da pezzi di Nino Rota, di Astor Piazzolla.
Il Padrino
Oblivion
New York Tango
Sul palco le note, festose, uccelli che cinguettano, gruppi di uomini si materializzano, con clarinetto i primi, e fisarmonica gli altri. Terra ed aria, Jazz e vento, ed il suono parla e balla.
Ballano infatti. Saltella Gabriele, si sbilancia quasi in movimenti carpiati.
Le spalle di Galliano seguono l’apertura della fisarmonica, un grande libro si apre per noi.
 Il tango. Jazz e vento.


Nel vento dei suoni, in piazza Cefaly, a Cortale,  un affollato  pubblico ha chiesto più volte il ritorno sul palco ai due musicisti, nel riconoscersi auspicato da Gabriele ad inizio serata.
 Un riconoscersi  che ora ha lo  sguardo musicale e commosso  di Francesco Scaramuzzino, musicista amico, che incontriamo e salutiamo nell'andare via, nella musicalettura sul libro dell'ascolto.


sabato 8 agosto 2015

Teresa Sperarò


La Pro Loco di Platania in collaborazione con l’amministrazione comunale ed il sindaco Michele Rizzo, stasera, sette agosto 2015, alle ore 21,  in piazza Sacerdote Cimino, accanto U Palazzu dei D'Aquino,  ospitano Domenico Dara, scrittore del Breve Trattato sulle coincidenze. 
Il Libro. 
A parlarne con l’autore è Domenico Piraina Responsabile del Polo museale e dei Musei scientifici di Milano
 Attendendo Dara
Le immagini di Platania scorrono sullo schermo, in piazza.
 Il sindaco, con in mano copia del libro, me la mostra inspessita di salsedine, bagnata dal mare proprio  mentre lui leggeva la storia.  Aspetta Dara per suo intervento da lettore appassionato ed attento, per dedica che non mancherà.
Domenico, intanto passa fra noi con gruccia e vestiti, va a cambiarsi. Dal primo pomeriggio è a Platania, con Rosy De Marco, sua moglie,  per assistere al pane appena sfornato. 
Siamo tutti pronti
Una musuica dolce suona per noi: Murolo. Riconosciamo i suoi brani. Reginella, Resta cu ‘mme, Anema e core. Cantati e suonati magistralmente, tra un brano letto ed un altro,   da Gerardo Berlangieri, con liuto –chitarra, strumento  costruito da lui, ed Ancilla Victoria, sua figlia, voce solista.


Una serata viva, teatro d’avanguardia più teatro classico. Lettura recitata e fatta vivere dai ragazzi che leggono brani scelti da libro.
Giovanna e Raffaele Perri,  Alma Pesce , Alfonso Sacco, Francesco Gennaccaro, mi manca nome terza ragazza, in fila, sull’attenti,  sono loro che appendono le parole ai fili volanti del nostro sentire donandoci brividi di vera lettura.
Un applauso a chi, come loro sa leggere, vivendo.  Addirittura Teresa, la protagonista di molte lettere, era materializzata nella voce intensa di Giovanna. Tutti da applauso.

Domenico Piraina, in sintonia,  visualizza il libro come un quadro.  Ricorda in carrellata le tante recensioni,  fra cui quella di Ferrero, giurato al Premio Calvino,  del dialetto  calabrese che ha un suo posto nella letteratura con questo libro, del film che tutti vedremo .
Due le suggestioni da lui riportate.
Il tempo sospeso di calma apparente che fa somigliare il libro ai quadri sulla metafisica di De Chirico  e l’atmosfera del film “ Nuovo Cinema Paradiso”
Per lui è questo un romanzo corale fra personaggi reali e di fantasia. In una Calabria terra di ogni bene, afferma.
Domenico Dara, intanto, questa terra la sta percorrendo ogni sera, in ogni sua curva, in ogni faglia tettonica, ed ogni sera parla di questa favola che ieri ci illuse ed oggi ci illude e si chiama letteratura.
Letteratura che rende universale il racconto di qualsiasi piccolezza possa accadere se viene trasfigurata nella  partecipazione da  un pensiero  strutturato.
La struttura, che lo  sorregge e che  trasforma un asino in un ciuccio o in un onagro, sembra proprio lo studio e l’amore verso altri libri ancora, nella relazione mai interrotta fra  la letteratura e lo scrittore, fra  lui ed i lettori.
Una serata da portare con noi, con il plauso a Francesco  Gennaccaro, organizzatore e regista del tutto, un plauso a chi sa che, in ogni tempo Consolazione  è la lettura di libri veri.
Pubblico numeroso, attento e partecipe.
 Domenico, alla fine,  firma e firma dediche  su coincidenze che ci saranno.

Ippolita Luzzo





venerdì 7 agosto 2015

Ade Zeno- L'angelo esposto

Ade Zeno, il funambolo che aspetteremo

Leggo e rileggo una storia scritta benissimo, alcuni momenti li trascrivo.
Guardo la bellissima copertina con un funambolo che  sta in equilibrio in alto lassù. Un angelo sembra, nel biancore lattiginoso del paradiso immaginato.
Seguo Ade, nelle sue vignette su Tersite, vignette  brevissime ed ilari, di una ilarità intelligente.
La stessa intelligenza e padronanza che si legge in queste pagine dove si narra una storia, tante storie che dovrebbero legarsi eppure sono staccate.
La storia del bimbo che aspetta il funambolo  e poi vuole imitarlo, proprio mentre lui sta lassù fra cielo e terra.  La storia del bimbo che verrà salvato, essendo precipitato nel fiume, proprio dal funambolo che si tuffa da lassù, è la storia più poetica.
Poi la storia racconta altro. La  racconta con maestria, con tecnica, ma senza più raggiungere il momento empatico iniziale. Come se la necessità  si fosse esaurita nel bellissimo quadro  delle prime pagine.
Di solito in tanti racconti che leggo succede tutto il contrario. Scrivono  molti con imperizia, senza ritmo e tecnica. Qui, invece, c’è già tutto, bisogna però seguire i consigli che lui stesso si dà.
L’impianto narrativo  segue una musica emotiva che va al di là, proprio sul filo del funambolo.

Dal libro:  

“Prima e unica regola della sua bibbia personale è: trova una cosa da fare, poi impara a farla bene, dopodiché innamoratene perdutamente. Grazie a lui, il ragazzo riuscirà presto a fare tutte e tre le cose nello stesso momento.” Dice Lilit
“Lilit riesce a fare davvero un mucchio di cose. Prima di tutto sa parlare. E quando dico parlare intendo proprio prodursi in discorsi degni del massimo rispetto, con tanto di costruzioni sintattiche ardite e divagazioni etimologiche da fare invidia a dieci pedanti messi in fila. Questo perché, in un passato nebbioso mai svelato in modo serio, il suo amico ha letto libri, divorato enciclopedie, frequentato università, conquistato titoli, per poi gettare tutto alle ortiche nello stesso istante in cui viene a sapere che la sua dolce mademoiselle  Risette  se la fa con un idraulico austriaco."
“ Ogni dettaglio è stato consegnato all'oblio. Che ne è stato della sua strabiliante celebrità? Che fine hanno fatto i suoi giorni migliori, i versi giusti? Sta tentando di raccontarmelo, si districa fra gli ingranaggi del ricordo, ma certe storie pesano troppo, devono versare dazi spaventosi alla banca della nostalgia, e lui sembra ancora parecchio lontano dall'ultima rata. Eppure non si rassegna, malgrado la sofferenza insiste a pagare.”
“Ho sempre pensato alla voce come a un organo vero e proprio, una parte del corpo non meno concreta di un braccio o di un orecchio, o dei polmoni che fino all'ultimo trattengono e spingono ossigeno. Sentirla parlare, arrendermi alla friabile parete di suoni che sapeva costruire pezzo dopo pezzo come un castello di sabbia in balìa delle onde, non era molto diverso dall'affondare nelle carezze dei suoi capelli di neve. Perché una voce non è mai soltanto una voce: è l’impronta di un corpo che nuota, il suo autografo, la sua seconda ombra. Una volta sbriciolata, ricordarla diventa via via sempre più complicato, quasi impossibile raccontarla.”
“ non è mai possibile essere del tutto soli. Eppure non riesci a togliertela di dosso, questa sensazione, perché in fondo gli altri non contano, le loro solitudini abiteranno per sempre altrove.”

Bellissimo inizio  “L’uomo sul filo ondeggia a due passi dall'abisso come se niente fosse. Il cavo metallico disteso tra l’estremità più alta e il punto invisibile che tremula dalla parte opposta del ponte si flette sotto i suoi piedi nervosi deformando la linea retta in un lungo accenno di curva. È il segno tangibile del passaggio, una specie di firma fluida destinata a sparire sotto il peso di ogni movimento per poi ricomparire un attimo dopo, e via così, su e giù, su e giù, fino all'ultimo passo.

L’uomo sul filo autografa il cielo.

giovedì 6 agosto 2015

Una difficile città. La città delle relazioni.


è imago ideale fatta con penna, pastelli, colori a base di 

acque, foglio vergine e.. passione!"

Roby Erremme di Napoli disegna e colora le linee di una città. Sue parole.

Conosco così Roberto Matarazzo questa estate, proprio quando lui decide di andare via da facebook e di lasciarci il suo Torrione Stravagante, da dove ogni tanto si sarebbe affacciato. 
Oggi ritorna ad abitare la mia mente e scopro le belle copertine di libri aperti dai suoi disegni, libri  interpretati e rilasciati agli autori ed ai lettori
sua la porta di ingresso in Non Luogo A Procedere di Magris, sua la porta di Cocteau
Jean Cocteau (prefazione di Claude Arnaud): Disegni, Edizioni Clichy.
Intanto che oggi, come regalo di Natale, mi regalo Roberto Matarazzo, scoprendo una
Danza della Surreal_Dadaista, '15 Scena Illustrata, edizione dedicata numero 405, Firenze. 
Leggo qualcosa su internet solo per conoscere un suo vissuto artistico e le mostre fatte, una a Benevento al  Bar Orsini Art Cafe’  " mostra dal titolo “fogli timbrici” dell’artista beneventano Roberto Matarazzo, autore di fogli colorati poeticamente segnati. L’artista crede in un cosmopolitismo culturale e/o delle idee; ora  sta lavorando attorno al concetto di arcaico_contemporaneo , sghembo_ apticocreativo "
gli ex libris per le edizioni L'arca felice
e leggo altro ma voglio leggere me stessa mentre guardo i tratti, le linee con cui Roberto disegna il suo mondo ideale, natante come i pesci, suo sole di nascita.
Nella città ideale del nostro immaginare l'aria è pura, il cielo è limpido e case, castelli e chiese lungo la stessa strada stanno. Una strada che sia linea, tratto e disegno artistico, che sia tasto e possa far nascere parole che ci prendano per mano.
Nel regalarmi stamattina un artista, sotto il segno dei pesci, mi ritrovo a cantare, la cantiamo tutti insieme, da me con la luna in pesci e stonata dalla nascita. Nel nuotare dell'arte. e nel salutare un artista con la canzone Sotto il segno dei pesci, voglio mettere uno stralcio di un mio pezzo "Pesci sì pesci no"

Sono circondata da Pesci – zodiacali –
Personalità affascinanti, donne, uomini, con progetti inesauribili da realizzare, idee, idee, cervello che produce senza stare mai fermo a riposare, un fermento. Perseguono le loro idee avanzando leggeri ma tenaci, avvolgendo gli altri e coinvolgendoli nel loro stesso obiettivo. Parlano, convincono.
Grandi, grandissime cose vedrai se tu li seguirai!
E così io, razionale, ma irretita da una luna in Pesci, li seguo.
E tutto cambia… I pesci nuotano liberi nell'acqua. Personalità così acquatiche non lavorano con… loro nuotano da soli nel mare, nel fiume della vita.
E ti trovi a nuotare anche tu, sperando di restare a galla.
 Pesci sì,  per un po' ti prendono per mano, poi si allontanano, per un po' sono tutti sorrisi, poi all'improvviso la malinconia, e non trovi più il loro sguardo… puff… scomparso.
Per i pesci, se sbagli il metodo, se sbagli l’intonazione, se sbagli il momento, sei cancellato per sempre.
 Sono pesci no all'improvviso, lo diventano senza ragione, così,  cambiano direzione, e tu puoi solo sentire il salato del loro passaggio.
 Ma averli conosciuti arricchisce e impoverisce nello stesso tempo in maniera considerevole la nostra vita e la trasforma.

............................................................... Ti ricordi quella strada, eravamo io e te,
e la gente che correva, e gridava insieme a noi,
tutto quel che voglio, pensavo, è solamente amore,
ed unità per noi, che meritiamo un'altra vita
più giusta e libera se vuoi, corri amore, corri non aver paura.
Mi chiedevi che ti manca, una casa tu ce l'hai,
hai una donna, una famiglia, che ti tira fuori dai guai,
ma tutto quel che voglio, pensavo, è solamente amore,
ed unità per noi, che meritiamo un'altra vita
più giusta e libera se vuoi,
nata sotto il segno, nata sotto il segno dei pesci.


Arte libera se vuoi. Arte solo libera può vivere




martedì 4 agosto 2015

Le ossessioni di Domenico Dara


Vi parlerò stasera delle ossessioni, delle idee fisse dominanti che si installano nella testa di tutti noi ed alcune volte condizionano il nostro vivere, facendolo virare verso l’arte pura.
La prima volta che sentii questa teoria delle ossessioni fu durante una lezione di Stefano Zenni su Coltrane, autore di un disco storico A Love Supreme. Un disco culto per gli appassionati del jazz.
Stefano Zenni, docente presso i conservatori di Bologna, Firenze e Pescara,  analizzava ogni momento della possessione, quasi amorosa, con cui veniva avvinto Coltrane, che viveva con  in testa quel suo motivo.
Vi dico questo perché leggendo il  libro voi sentirete un motivo suonare in ogni pagina, in  ogni episodio, in ogni incontro raccontato. Il motivo che sta nella testa dello scrittore. Il suo motivo. Un linguaggio modale, nel modale ci si basa su un punto fisso, invariabile per lungo tempo, l'impianto  sempre uguale che suona di base ogni musica di Coltrane, in ogni pagina di Dara. 
Una ossessione che abbiamo tutti, eppure non tutti sappiamo trasformarla in arte.
Le idee fisse  sono diventate  nel corso dei secoli, nella storia, dei miti, delle religioni, degli usi e costumi che hanno creato la civiltà.
Così Domenico, mentre si accinge a costruire il suo romanzo, con una scrittura che dia armonia,  mentre si chiede in ogni pagina quale sia il motivo per cui seguiamo una strada oppure un'altra, per cui avvengono alcuni fatti invece di altri, fissa i personaggi mitologici di riferimento che apriranno e chiuderanno  Il breve Trattato sulle Coincidenze, come furono fissati in tutti i tempi, con un sottotesto universale, per sottotraccia  una semplice domanda: Perché? 
Su  quel motivo semplice poi la complessità ha un senso. Legato dal filo sottostante.

Un libro che di lettere parla, di un uomo che le recapita per lavoro, e che un giorno  conserva una lettera di una Naiade. Le Nàiadi - figure della mitologia greca (Ναϊάδες dal greco νάειν, "fluire," e νἃμα, "acqua corrente") - erano le ninfe che presiedevano a tutte le acque dolci della terra e possedevano facoltà guaritrici e profetiche; sono esseri di sesso femminile, dotate di una vita longeva, seppur mortale. Una di queste  ninfe  mitologiche, per il protagonista del libro,  sarebbe  Marianna Focaru,  Via Conello, numero 6, donna con dei seni statuari,  messa ad aprire una storia vissuta sul piano dell’immaginario, di quelle ossessioni che vi dicevo.  Lui, filo conduttore del racconto,  di mestiere fa il postino, e decide per la prima volta di contravvenire al suo ruolo di servizio conservando  una lettera  spedita a Marianna, con una sua fotografia in costume da bagno.  La conservò come si conservano i segreti in confessionale, la conservò come se fosse la stessa cosa se averla o non averla quella donna per sé. Nella vita parallela che vedremo svolgersi nelle pagine di questo romanzo nel quale   dopo la Ninfa incontriamo Ermete, in latino il dio Mercurio,  e poi Cloto, figlia della notte, una delle tre Parche,  nome che in greco antico significa "io filo", che appunto filava lo stame della vita, Lachesi, la sorte,  e poi Orfeo ed Euridice, Medusa , e Lete, messaggero  e fiume di oblio e dimenticanza ed infine  Tiresia, l’indovino cieco che sa, oltre la vista.
Così le ossessioni di tutti prendono forma ed il postino inizierà questo cantico delle illusioni, nel suo  vivere di lato, sulle vite degli altri, mentre su di lui il fato interviene con spazio e tempo e luogo, in coincidenze che conservate e rilette daranno a noi, il filo e la storia per capir le nostre di ossessioni.
Molte storie vissute tra Girifalco e San Floro, con la Svizzera lontano, più lontana della luna che pur nel libro proprio quell’anno viene visitata dalla sonda spaziale e dagli uomini. Siamo nel 1969
Un libro che vi porterà in molte storie  per liberarvi infine  nel suono e nella capacità di appartenere al destino di  tutti come A Love supreme di Coltrane. Il suono scritto.



lunedì 3 agosto 2015

Gli atti (im)puri della poesia- Poeti a duello


Gli atti poetici della serata

 Nel borgo storico di Cropani, “Citta’ del libro”, grazie alLa Masnada,  un collettivo nato nel 1999 con l’omonima rivista, si svolge, questa sera di agosto,  "Poeti a duello" una variante dello slam poety americano, che proprio dal gruppo  è stato  introdotto per la  prima volta  in Calabria nel 2004.
Appunti fatti da me, in veste di partecipante e già presidente di giuria, nonché vincitrice nel 2013 della competizione di cui scrivo.
Si è appena conclusa la serata con discorso di Raffaele Mercurio, presidente della Masnada.
 Dal prossimo anno si cambia, sta dicendo.
Infatti un altro anno il tredicesimo sarà.
Cambiare
Raccolgo i fogli e questo anno andò così.
Presidente di giuria Anna Pascuzzo, già vincitrice dell’anno scorso.
19 candidati, alcuni con poesia dialettale, altri con poesia erotica, altri ancora con poesia a strappo.
Tanti generi, dunque. Giuria popolare scelta da un  bambino, tirando a sorte da un sacchettino dei bigliettini con numeri. Furono estratta tutti i 40.
 41, 42, 43, 44, 46, 47, 48, ed infine 38.
Giuria popolare dove non sono permessi mamme,  fratelli, sorelle, nipoti e zii dei candidati.
Si inizia dopo aver sostituito mamma di un poeta che non partecipava, ma avrebbe potuto favorire altro poeta. Suppongo. Nella parentela allargata.
Si inizia e si termina con proclamazione del vincitore. A lui saranno donati i libri che sta portando Nunzio Belcaro, titolare della animante Libreria Ubik di Catanzaro Lido.
Dal 2016 giuria tecnica ci  sarà.

Mi perdonino le suore riparatrici che ospiteranno domani perfomance poetica del vincitore, Giuseppe Stillo, poeta delle emozioni,   ma  la Litweb  ha  già premiato e dato  targa mentale a   Daniele Natali da Caminia, poeta del risveglio.
Svegliamoci infatti dal sonno e dai sogni, dalle emozioni e dal bianco mattino, da una poesia stantia e soporifera. Triste e senza voglia di combattere. Daniele ci sta dicendo di svegliarci.
Lo diciamo in tanti che bisogna far della poesia una spada, a duello con una realtà sempre più carogna, e Daniele questo fa con la sua arte.
Nella serata che finisce porto con me i versi di Rosario  Cortese, forse dedicati proprio alla poesia: ”Ti ho uccisa”
Gli chiedo i versi  e lui, con atto poetico, strappa foglio dal suo quaderno a spirale e mi consegna l’unica copia. Mi ha affidato i suoi versi ed io mi sento depositaria e nello stesso tempo impegnata di trascriverli e di rimandarglieli, per non  perderli.
 La fiducia impegna. Sembra una poesia di gesti. Di atti. La poesia che vince, nello strappo del quotidiano che Subhaga Gaetano Failla fa ad inizio competizione.
La serata di ritorno si addolcisce in macchina con le canzoni di Mannarino scelte da Antonella, e ritmate da Salvatore, con la partecipazione mia e di Francesca alla sera del dì di festa.


sabato 1 agosto 2015

Arrivederci, amore, ciao


Il pezzo è del 2010, la notizia di cronaca è di oggi Giugno 2017.
Docente invita la sua ex e il fidanzato a cena e poi li massacra
Il delitto è stato portato a termine nell'appartamento dell’omicida a Mestre, che ha prima narcotizzato le vittime e poi le ha uccise



Arrivederci, amore, ciao
Agosto 2010


Avete visto il film “Arrivederci amore, ciao?” Nooo?
Dovete assolutamente vederlo -
Il protagonista – Alessio Boni – faccia d’angelo e anima cattiva viene inserito in un programma di riabilitazione dopo aver commesso una serie di misfatti. Alla fine sarà riabilitato, perché riuscirà a compiere il misfatto più grave restando impunito per sempre.
Una ragazza timida, carina, semplice e retta s’innamora di lui, si fida e si sposa. Poi durante la vita matrimoniale lei si accorge di aver sposato un killer e lo lascia. Non lo avrebbe però mai tradito, mai denunciato.
Ma lui non può e non vuole lasciarla viva. – Ognun del proprio cuore altrui misura. La convince, dopo qualche tempo a salire in macchina, la convince a salire a casa e da lì lei scenderà solo morta. Le ammannirà un pranzetto, con fare suadente, lei rifiuta, poi accetta, ma il cibo è drogato, e lei drogata, sedata, annullata, sarà mostrata alle amiche e queste convinte che sia ammalata. – E’ ammalata povera cara, di depressione, di ansia, non vuole più vivere - Lei si accorge di tutto, ma viene privata dall'energia per salvarsi. Muore. Lui va al funerale – Addolorato – Bastardo – Avrà anche i complimenti per come l’ha assistita durante la malattia! La riabilitazione è completa. Tradire la fiducia di chi ti ama è la prima regola da imparare nel nostro vivere quotidiano.Tradire sarà ricompensato dall'ordine costituito Il film dovrebbe essere trasmesso nelle scuole, nei locali pubblici, perché gente come il protagonista abbiano poco spazio, siano riconoscibili e neutralizzabili. 
Ippolita Luzzo