Ade Zeno, il funambolo che aspetteremo
Leggo e rileggo una storia scritta benissimo, alcuni momenti
li trascrivo.
Guardo la bellissima copertina con un funambolo che sta in equilibrio in alto lassù. Un angelo
sembra, nel biancore lattiginoso del paradiso immaginato.
Seguo Ade, nelle sue vignette su Tersite, vignette brevissime ed ilari, di una ilarità
intelligente.
La stessa intelligenza e padronanza che si legge in queste
pagine dove si narra una storia, tante storie che dovrebbero legarsi eppure
sono staccate.
La storia del bimbo che aspetta il funambolo e poi vuole imitarlo, proprio mentre lui sta
lassù fra cielo e terra. La storia del
bimbo che verrà salvato, essendo precipitato nel fiume, proprio dal funambolo
che si tuffa da lassù, è la storia più poetica.
Poi la storia racconta altro. La racconta con maestria, con tecnica, ma senza
più raggiungere il momento empatico iniziale. Come se la necessità si fosse esaurita nel bellissimo
quadro delle prime pagine.
Di solito in tanti racconti che leggo succede tutto il
contrario. Scrivono molti con imperizia,
senza ritmo e tecnica. Qui, invece, c’è già tutto, bisogna però seguire i consigli
che lui stesso si dà.
L’impianto narrativo
segue una musica emotiva che va al di là, proprio sul filo del
funambolo.
“Prima e unica regola della sua bibbia personale è: trova
una cosa da fare, poi impara a farla bene, dopodiché innamoratene perdutamente.
Grazie a lui, il ragazzo riuscirà presto a fare tutte e tre le cose nello
stesso momento.” Dice Lilit
“Lilit riesce a fare davvero un mucchio di cose. Prima di
tutto sa parlare. E quando dico parlare intendo proprio prodursi in discorsi
degni del massimo rispetto, con tanto di costruzioni sintattiche ardite e
divagazioni etimologiche da fare invidia a dieci pedanti messi in fila.
Questo perché, in un passato nebbioso mai svelato in modo serio, il suo amico
ha letto libri, divorato enciclopedie, frequentato università, conquistato
titoli, per poi gettare tutto alle ortiche nello stesso istante in cui viene a
sapere che la sua dolce mademoiselle Risette se la fa con un idraulico austriaco."
“ Ogni dettaglio è stato consegnato all'oblio. Che ne è
stato della sua strabiliante celebrità? Che fine hanno fatto i suoi giorni
migliori, i versi giusti? Sta tentando di raccontarmelo, si districa fra gli
ingranaggi del ricordo, ma certe storie pesano troppo, devono versare dazi
spaventosi alla banca della nostalgia, e lui sembra ancora parecchio lontano dall'ultima rata. Eppure non si rassegna, malgrado la sofferenza insiste a
pagare.”
“Ho sempre pensato alla voce come a un organo vero e
proprio, una parte del corpo non meno concreta di un braccio o di un orecchio,
o dei polmoni che fino all'ultimo trattengono e spingono ossigeno. Sentirla
parlare, arrendermi alla friabile parete di suoni che sapeva costruire pezzo
dopo pezzo come un castello di sabbia in balìa delle onde, non era molto
diverso dall'affondare nelle carezze dei suoi capelli di neve. Perché una voce
non è mai soltanto una voce: è l’impronta di un corpo che nuota, il suo
autografo, la sua seconda ombra. Una volta sbriciolata, ricordarla diventa via
via sempre più complicato, quasi impossibile raccontarla.”
“ non è mai possibile essere del tutto soli. Eppure non
riesci a togliertela di dosso, questa sensazione, perché in fondo gli altri non
contano, le loro solitudini abiteranno per sempre altrove.”
Bellissimo inizio “L’uomo
sul filo ondeggia a due passi dall'abisso come se niente fosse. Il cavo metallico
disteso tra l’estremità più alta e il punto invisibile che tremula dalla parte
opposta del ponte si flette sotto i suoi piedi nervosi deformando la linea
retta in un lungo accenno di curva. È il segno tangibile del passaggio, una
specie di firma fluida destinata a sparire sotto il peso di ogni movimento per
poi ricomparire un attimo dopo, e via così, su e giù, su e giù, fino all'ultimo passo.
L’uomo
sul filo autografa il cielo.
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