venerdì 31 luglio 2015

E.T. a Palazzo Nicotera

                                        


Se ne stava lì tutto solo, sul pianoforte, a guardare senza guardare, con i suoi occhioni tondi e tristi, la sala  preparata per l'occasione. La sua occasione. La conferenza stampa per pubblicizzare evento, organizzato dalla Fondazione Culturale Carlo Rambaldi,  che si terrà a Villa Ventura il 10 Agosto 2015.
Un evento che regalerà  ai bambini del reparto Pediatria un sorriso e alcuni peluche, che somigliano all'E.T. che ci guarda ora. Insieme ai giochi, anche un lettore dvd, regalato da UNA associazione ed  il dvd del film. 
Un gala per raccolta fondi da donare al reparto ed infatti il primario Dottor Saullo sta ringraziando i figli di Carlo Rambaldi per la disponibilità dimostrata.

Sono presenti due figli, Victor e Daniela, è presente la moglie di Rambaldi che vive ormai con Daniela ed i nipoti a Los Angeles, dove andrà subito dopo il 10 Agosto. 
Io ho visto Carlo Rambaldi una sola volta in televisione, si aggirava con gli stessi occhi stupiti di stamane negli studi televisivi di una domenica pomeriggio, suppongo. 
Seguiva i tempi veloci del ciak si gira, senza aver lui il tempo di dire alcunché.
L'ho ritrovato stamattina nelle parole e nello sguardo del figlio Victor, che ha saputo dar vita al  papà, ricordando le sue parole.
Il valore evocativo dei reperti, del fantastico, di un bambino che crede possibile educare con la fantasia, con il gioco. 
I molti giocattoli meccanici creati, fin dall'infanzia, per farsi compagnia e per far compagnia ai bambini del suo paese con un primo spettacolo di burattini. Così è il movimento che crea emozione, raccontava lui  al figlio, e stamattina Victor ci regala la potenza evocativa delle immagini che, con un aneddoto, fa vivere.
Nel 1983 a Città Del Messico un bambino autistico sciolse i lacci della sua incomunicabilità grazie alle immagini forti del film di Rambaldi. La forza delle immagini che richiama a sé la liberazione e la speranza di poter noi tutti raggiungere casa.
Anche Victor ama le immagini, ha scritto libri per ragazzi, e con "Il soffio dell'anima" suo ultimo film,  racconta la lotta individuale per farsi spazio oltre le strettoie del corpo,  delle convenienze e delle convenzioni  sociali e mediatiche.
Stamattina a Palazzo Nicotera.
Come conoscere una persona con dettagli interessanti. 
Solo se ci interessano le cose, le persone, vivono con noi.
 E.T. extra-terrestre telefono casa
                                                               Ippolita Luzzo

L'Orgasmo per la Giornata mondiale dell'orgasmo

ed allora posto questi versi 


L'orgasmo

A modo mio 
  
L’incontro è
Capelli - pelle - tatto
Profumo - respiro - eros

L’incontro è
Mente - pensiero - emozione
Scelta - conoscenza - passato presente

L’incontro è
Anima  -  tutto - insieme
E occhi chiusi - l’altro scompare-  scompari anche tu

Perdersi in un altrove, perdersi in un vortice
nel flusso del movimento
armonia di respiri, di ansimi, di soffi
di gorgoglii, onde che si rifrangono
che vanno, si ritirano, cerchi concentrici di piacere
che aumentano, si smorzano, riprendono intensità.

Pause - piccole  lente - lente

Sensazione nostalgica

Nostalgia di nuovo di riprovare, di ricominciare
Subito.


Ed è nel ritorno, nel ritrovare quel che si pensava perduto per sempre,
che diventa più intenso il turbamento,
più vicino al nulla, all'infinito
all'appartenenza al cosmico ancestrale sentimento della vita e della morte.

In un momento, in alcuni secondi, attimi concentrici, circolari per la donna
e, suppongo, lineari, di volo, di fuga,  per l’uomo


sarà simile il librarsi nell'eternità del divenire


No, ero bidella. La maleducazione del sud

Non me ne voglia chi si rivedrà se uso particolari e stralci di conversazione per fare esempi sul vizio comune di screditare colui o colei che  si è dimostrato gentile,  ha fatto un favore o semplicemente  sembra inoffensivo. 
Vizio del sud. 
Così incontro organizzante che, informandomi di evento, dice: "Viene tizio a suonare, a ballare, a dipingere. Il primo che ho trovato"
Ribatto che ottima scelta mi sembra e rimango malissimo per quel tizio che, benché bravissimo e disponibile, rimarrà il primo che ha trovato. 
Ricordo altra conversazione con sedicente politica che, di una candidata del suo partito, ad alta voce, dal parrucchiere diceva:
" Poverina, l'abbiamo accontentata." Screditando la candidata "poverina", il suo partito, e screditandosi nello stesso tempo.
Così non capirò mai questo gusto che prende ad alcuni di ridicolizzare e  sminuire l'altro.
Credo sia incapacità di stimare l'altro per il valore che ha, come se, attribuendo valore ad un altro,  venisse sminuito il proprio, come se, screditando l'altro,  si acquistasse maggior prestigio. 

Mah

Rumino per digerire simili scorrettezze 

Così forse farò più felici alcuni miei conoscenti se, invece di essere stata io docente di lettere, loro possano pensare che abbia svolto mansione di bidella, di assistente alle loro sudate carte, di aver spolverato la cattedra dove  si sedettero.
Oppure le farò felici se non parlerò più, nella maleducazione che regna sovrana nel sud.
Ripetete Kant, ogni tanto, miei cari suddici...

domenica 26 luglio 2015

A Sud con Pasqualino Bongiovanni

A sud delle cose- Pasqualino Bongiovanni
Arrivi alle cose in base alle intuizioni che hai- Al sur de las cosas
Noi parleremo di intuizione, attitudine naturale a conoscere l’intima essenza delle cose, prima di ogni processo logico e razionale. Particolare forma di conoscenza della realtà non evidente. Come conosciamo quando conosciamo, nei gradi della conoscenza l’intuito viene subito prima di analisi e ragionamento.
Lo sentiamo, lo percepiamo il pericolo, per intuito arriviamo alle cose.
Sveliamo le cose prima nascoste e nel momento di porgere quello che abbiamo intravisto, che ci è palese,  ognuno trova un modo. Pasqualino Bongiovanni ha trovato il verso, la poesia per svelare il dettaglio.
Una poesia attenta, e nello stesso tempo semplice, non  che porti in balia di emozioni il lettore, ma lo guidi nella scena, nel momento  che lui ha visto. Con disciplina e metodo.
Metodo: procedimento attuato per dare misura, e non seguire ogni impulso. 
La differenza fra tanta poesia emozionale, da emozione, movimento che smuove sentimenti di pancia, direi, e poesia di intuizioni, che svela, la differenza è fra poesia vera e poesia non vera, fra falso e vero.
La poesia di Bongiovanni è vera in ogni verso che lui ci dona. Una realtà che è esistita e che esiste, un mondo interiore ed esteriore che ci appartiene e che amiamo, davanti a noi, svelato. Poesia del contadino. Morte di un contadino. Sudati anni,/ sputi nelle mani,/ giacche assolate/ stanche,/ saluti/ con cappelli/ di polverosa umiltà./ Oggi/ rasato dal barbiere/in un bellissimo/ abito/nuovo. Lamezia terme 20 marzo 1966
Oggi Pasqualino mi confida “Sai, Rigoni Stern mi diceva che "scrivere è come scolpire, bisogna cavare via", cioè bisogna togliere, come chi scolpisce toglie materiale dal blocco di marmo per giungere alla forma desiderata e tra le altre cose, nella mia poesia ho cercato di imparare a fare questo
Per  Calvino, nelle sue Lezioni americane, "togliere" è funzionale al raggiungimento della leggerezza, non   superficialità, ma capacità di vedere le cose dall'alto ("la nuvola, e il falco alto levato" scrive Montale in una sua poesia)" 
Per Pasqualino  "togliere" significa conferire maggior peso e densità (e drammaticità!) alle "cose", anche a quelle "cose" piccole e quotidiane che abbiamo sempre distrattamente davanti agli occhi.”
La sua poesia è  intuizione che svela i dettagli,  e diventa  dominio interiore nel dire con Armonia, musicalità. Lui che musicista è sa  che la musica come la poesia  matematica è,  come l'armonia dell’universo, nelle cellule, nel verso, l’armonia che ci regola, nel nostro corpo.
Per Sentir suonare la melodia del nostro passaggio sulla terra ognuno sceglie un suo loggione. Come a teatro. Lui ha scelto A sud delle cose.
«Penso che ogni cosa abbia un suo sud – spiegava lui  nel 2006 in occasione della pubblicazione di "A sud delle cose" – una prospettiva meno spavalda e sicura, un lato più povero e malinconico da mostrare, un lato forse triste e meno fortunato, ma che proprio per questo merita attenzione. È da questo lato che ho scelto di pormi per poter osservare e poi descrivere il mondo che mi circonda. Così il sud delle cose diventa il sud di un quartiere, di una città, di un paese, del mondo intero. E la questione meridionale si allarga fino a riconoscersi nella questione del terzo mondo e dei paesi poveri».
 Io invece penso che esista un sud interiore e che si chiami solitudine

A sud delle cose- Una solitudine affollata
Una volta la solitudine non esisteva, nel senso di individuo solo e sconnesso dal suo abitare. Non esisteva questa solitudine perché ognuno aveva un ruolo ed era connesso, funzionante al suo stato. Non c'era alienazione a sud delle cose. Esisteva la lontananza, la malinconia, la nostalgia. Il dolore del ritorno, la struggente voglia di un paese amato e la estraneità al nuovo, dopo emigrazione. Lunghe lettere univano gli emigranti ai familiari e le rimesse venivano impiegate per alzare stanzette per la vecchiaia, quando questi  sarebbero ritornati a sud, per sereni giorni e infine essere seppelliti nel piccolo cimitero del paese natio.
Mai più nessuno tornerà a sud. 
Tramontato quel mondo, i nuovi emigranti vanno a nord per insegnare, per studiare, e nuovi migranti giungono a sud da ancora più a sud, soli e sconnessi da loro mondo.
Il fluire di modi ha creato nuove solitudini di individui vaganti e residenti in luoghi che non saranno di alcuno.
Senza storia.
Una solitudine astorica, lontana dai sensi di un conoscere fonti e testimonianze, lontana da studi, e relegata in centri di accoglienza, centri commerciali, centri di niente. 
Dal sociale all'individuo poi anime smarrite ed inconsapevoli vivono il disagio di stare in uno spazio che non riconoscono. Più che il tempo è lo spazio che è sconosciuto benché affollato, troppo affollato. 
Attrezzarsi quindi dobbiamo, nel messaggio civile della poesia, a lenire, a raggirare, a superare il varco col salto dei versi, con l'ironia, l'intelligenza, la conoscenza di chi poetò per noi e per lui.
Due  mie poesie sole ho scelto per dialogare insieme con lui
Lui mi parla: In una sera d’estate. Pag82
Io rispondo con una mia cosa: La dignità della solitudine

Ho popolato il mio tavolo di voi/ho fatto colazione pranzo e cena
chiacchierando con voi/ e / fuori/ poi / ho continuato a chiedermi di voi/senza però chiedervi niente/ non si sfugge/al nostro destino
però si può
sicuramente
raggirarlo.
Una solitudine come destino
io l'ho presa in giro con un libro in mano,
con lo schermo di un pc
con un foglio bianco
che mi chiede
-Come stai?-
Lui mi risponde con Fraternità. Pag 90 del suo libro
Il foglio che ci unisce. Entrambi abbiamo moltissimi amici in comune. Le nostre letture.
E in un giorno di Luglio io scrissi
6 Luglio 2010
Quando col rastrello si portano via le foglie,
la terra nuda.
Quando si pota un albero
la linfa sgorga,
quando ad un uomo vengono cancellati i germogli,
la parola è muta
Il respiro corto
La giornata lunga ma non impossibile.
Basta aspettare e si riforma dall’albero la patina,
 dalla terra la vegetazione,
dall’uomo la speranza.

E lui mi risponde con Questo  continuo separare. Pag 97.

Poesie che amerete anche voi portare con voi come Le gemme da innesto. Pag 77 dal libro A sud delle cose.
                                                                              Ippolita Luzzo

Scherzosamente ed indegnamente  finisco con  miei versi al sud

Io non sono una donna del sud
Non ho mai fatto la salsa di pomodoro
Le melanzane ripiene, la conserva di peperoni.
Non ho mai  insaccato una salsiccia, non l’ho mai bucherellata
Mi fa senso il sanguinaccio, non lo mangerei mai
Non pranzo  dalla suocera, però l’ho tanto amata
Non vado a matrimoni, battesimi  e prime comunioni
Non vado neppure ai funerali.
Come potrei salutare quelle persone
Affrante
messe lì, in fila indiana
Non conosco il parentado, non ricordo  i vari gradi
 Mi sfuggono gli intrecci, proprio quelli più succosi
Mi distraggo, e poi apro le finestre, tiro giù le tende
Su balconi spalancati.
Non spedisco barattoli a mio figlio, non stiro le camicie
E poi non mi nascondo, non dico- ho un impegno-
Non ho mai gente a casa, a volte solo amiche
Non ho mai abitato qui,
non ho mai vissuto qui, ma ora che lo vedo,
ne sono tanto fiera.
Il sud  lo porto nel sangue, nel suo colore, nel suo calore
Nella  storia, nel presente,
nel mio viso da bambina
Nel dolore delle mamme,
delle donne
Sempre attente, sempre pronte
Sempre vigili e custodi
di una cura sempre eterna
13 agosto 2011
Sono fiera del sud di Pasqualino Bongiovanni




Il cerchio di Dara- A Falerna marina

Si chiude così, come era iniziato lo scorso luglio ad altra presentazione,  l'incontro con Domenico Dara, nostro interessante autore di terra calabra, autore del libro "Breve trattato sulle coincidenze", libro finalista al premio Calvino 2013.
Siamo a Falerna marina, seduti di fronte al cielo blu notte dallo stesso colore leggermente più cupo del vestito di assessore alla cultura che ha patrocinato appuntamento letterario.
Aspettiamo Domenico e Rosy, sua moglie, che, con un programma ricco di incontri, fanno conoscere in tanti paesi un libro che parla di un loro paese " Girifalco", paese con a Nord il manicomio ed a sud il cimitero. Metafora di paesi e paesi al centro dell'ipotetico mondo che pur esiste, se si muove.
Alla maniera di...
Flaiano alla presentazione di Dara. Ennio Flaiano ha preso appunti sulle ginocchia di un Sud di cui scriver non si può. Non so se qualcuno di voi conosca le precise e pungenti pagine che Ennio ha riportato dagli spettacoli teatrali che lo vedevano protagonista nel pubblico e che furono raccolte nelLo Spettatore addormentato. Vi consiglio di leggere quel libro. Così come vi dirò che Damilano, giornalista,  mio angelo custode, nell'indicarmi la strada verso il dire vero, stavolta non mi soccorre.
 Difficilissimo parlare al Sud. Il Sud è niente. Nel film di Fabio Mollo infatti zitti stanno. Ed io capisco i microfoni, stasera, che zitti stanno, malgrado Ugo li accarezzi e li congiunga a casse enormi, inginocchiandosi, quasi. Nulla. Loro si rifiutano. Così diventa fatica far giungere a tutti, al numeroso ed attento pubblico, la voce dell'autore del Breve Trattato sulle coincidenze. 
A sud delle cose, scrive Pasqualino,  la parola è muta. Lui scrive "l'amore". Ed è quell'amore, inteso come forza vitale, come modo di essere, che, nel libro di Domenico Dara, ha cucito e rammendato i buchi nei calzini, non con la guglia bensì col filo della scrittura
Dara scandisce le parole, che a me giungono chiarissime, e ci regala uno scoop, per noi della Litweb: il titolo provvisorio del suo romanzo in itinere "Dalla pietà celeste"
Nell'enumerare i sette personaggi che passeggiano nel libro in fieri, Domenico Dara ci dice che sono accomunati dalla mancanza, dalla perdita, come se ci fosse stata una frattura, quasi lo sbalanco di Girifalco che divide i due alberi di ulivo. Mancano infatti i personaggi di un padre, di una mamma, di figli. Mancano nella perdita e sembra tutto fermo fino a che  arriva il circo che cambierà con un giro di giostra destini e  donerà  illusione ai protagonisti  di esser saliti davvero su quella ruota.
Domenico Dara ringrazia Savina, libraia che ama i libri come Carmelo Calì e Cristina Di Canio, e risponde alle  domande di Ugo Floro.
"Il successo del libro può nuocere alla creatività dello scrittore?"
"Il postino è  un mediatore sociale?"
Dara risponde che la scrittura è un balsamo che cura vuoti, dopo la frattura avvenuta. Che suo personaggio, il postino, guarda il mondo come il protagonista del film citato, "La finestra sul cortile", e che la scrittura è per postino,  come per lui, un modo di essere al mondo.
Floro intanto dipinge atto del postino con un aggettivo " delicato"  un modo di fare con  delicatezza, dunque. Siamo alla fine.
Il nuovo libro già partecipa con noi, già tra noi, con la preghiera all'angelo che è il nostro custode, a cui siamo affidati dalla pietà celeste. I sette personaggi, come gli arcangeli, si guardano dietro per assicurarsi quale sia il motivo per cui sono venuti qui, nel mondo.
Con i pensieri del filosofo teutonico sul cavallo e sul nostro ciuccio, con l'occhio mitologico di  Lete, messaggera di Oblio e dimenticanza , di  Tiresia e di Lachesi, credo che io, da spettatrice, ieri sera abbia chiuso il cerchio. 
Da luglio a luglio.
Dalla prima presentazione a cui ho assistito all'ultima di ieri sera.
Aspettiamo "Dalla pietà celeste" l'angelo custode. 
Un abbraccio ai libri che nascono e vivono al di là delle tastiere sociali

mercoledì 22 luglio 2015

Il passeur che passerà- Michele Lupo- Io sono la Montagna


Il monologo interiore di Io sono la Montagna
E gli uomini vollero piuttosto la tenebre che la luce.
Giovanni, III, 19

"Una esagerazione" scrive in prima pagina Michele Lupo "Ci sono cose che ti restano addosso per sempre"
Io sono la Montagna. Tutto passa, tanto tutto passa, tranne  la paura.
La conseguenza del passare, come passa quando passa la rovina.
Raccontato con la velocità di un parlarsi fra sé e cercare, nello stesso tempo, di cavarsela, in una lettera al mondo che a lui non rispose mai, il protagonista nel libro  di Michele sembra quasi ravveduto. 
Imprigionato in schemi che non gli appartengono e quindi sorpreso che, benché lui abbia fatto tutto per benino,  poi gli sia successo incubo, uno dietro l’altro.
Con una scrittura sempre all'altezza della situazione, mai rallentata, sempre sul ritmo della storia, Lupo ha descritto l’abisso del carcere, l’abiezione che io conosco per aver letto  ultimamente “Fuga dall'assassino dei sogni” di Alfredo Cosco, scritto con Alfredo Musumeci, ergastolano ostativo. 
Un inferno raccontato dalle sbarre.
La galera è una macchina per esperimenti- dice il personaggio, scrivendo una lunga a lettera a Vera, ritmando ogni episodio della sua vita  con una battuta musicale, di batteria.
Incubo poi è la vita in famiglia, le incomprensioni, le vessazioni, la sessualità rapace e subita, la mancanza  di dialogo al quale unico scampo resta  la fuga.
La fuga, incubo suo e di tanti derelitti che fuggono, scappando da luoghi in guerra e stuprati, luoghi svenduti e massacrati, luoghi che non esistono più.
Fuggono in tanti, fuggono nel cassone del camion del protagonista, un container, chiuso ermeticamente alla partenza e riaperto in Germania, forse riaperto, e dal container scende giù la disperazione di voler  ancora  tentare una vita dignitosa. Di farcela ancora.
Come si augura il protagonista, dopo aver passato l’inferno del carcere, con soprusi e percosse, atti di sodomia subiti ed essersi rifiutato di far subire. Come si augura ciascuno, di passare indenne ai fuochi incrociati della violenza e della nequizia.
Oggi ho letto il tuo “Io sono una montagna”, Michele Lupo,  lettera ad un modo di vivere che a noi non piace, non solo negli aspetti più terribili del carcere e della trasmigranza forzata  ma anche nella abiezione del quotidiano dei rapporti familiari, fra sconosciuti, conviventi
Un racconto che farei stampare e lasciare che sia letto negli stessi luoghi che ripercorre il protagonista, sottoposto alle perdite di Giobbe, sottoposto alla perdita che attanaglia tutti,  di una vita dignitosa a cui aspirano: Il perdono.


Felice di avere un buon scrittore nel regno della Litweb, il regno che non esiste e dove mi sono rifugiata in fuga dal mondo. Addio Mondo crudele.

Riprendo questo testo oggi, 27 Agosto, nel leggere  la cronaca  aprire il portellone di altro Tir in Austria, più di settanta i profughi siriani, morti, probabilmente per soffocamento. Una cella frigorifero per l'Europa. Abbandonati dall'autista che è stato arrestato. Emergenza profughi nei Balcani. Tristemente con Io sono la Montagna, la denuncia letteraria e profetica di Michele Lupo

Una sera con Angelo Maggio e Francesco Lesce

A parlare di sud. Se stiamo a sud un motivo c'è. 
 Badolato superiore in  piazza per una pizza. 
 Tavolo numero otto oppure siamo in otto? Ci contiamo. Sul tavolo c'è adesivo bianco con  scritto otto  Non siamo in otto, bensì in sei. Eppure alla fine della serata la  ragazza che  porta il conto ci interroga sulle consumazioni e scopriamo che esistono due tavoli numero otto incrociatisi nelle ordinazioni. 
Chiediamo pizza bianca, la portano rossa. 
Vogliamo cambiare? "Non è il caso", ci informa addetto alle pizze, "il cuoco è nervoso, meglio non averci a che fare, stasera." 
A me la portano bianca perché lui scordò mia ordinazione e la riscrisse dopo aver servito gli altri. 
Un amico chiede bibita ma non è fresca. " Se vuole la mettiamo in frigorifero, ora" fa conciliante il ragazzo del bar. 
Simpaticissima serata fra richieste non esaudite oppure distorte. 
Tutto scangiato- direbbe nel siculo inventato Camilleri.
E lo scangio, il falso che ci avvolge, dal falso storico a quello di un culturale falso e vuoto, fu il tema della serata sorridente e leggera che abbiamo trascorso.
Se lo racconto 

sabato 18 luglio 2015

Arrivi alle cose in base alle intuizioni che hai- Al sur de las cosas

Modo e forma nel porgere pensieri, osservazione di realtà interiore ed esteriore, gioco e tormento, con poetico distacco. Intuire il mondo che gira e rigira, intuizione che poesia diverrà.


Il viaggio A Sud Delle cose
 “Book-Crossing”  La condivisione gratuita dei libri. 
Pasqualino Bongiovanni affida suo libro all'’iniziativa del “Passalibro” chiedendo   che il libro non venga abbandonato, ma  passato a persona che possa essere interessata a gustarlo e, a sua volta, poi lo passi  ad altra persona adatta ad apprezzarlo.
Ad Isernia giunge copia numero cinque di “Al sur de las cosas” e viene affidata   all’italo-argentina Patricia Angela Vecchiarelli, nata a Moron (Buenos Aires) nel 1971 e tornata 24 anni fa ad Agnone, paese natìo dei genitori. Qui incontra   Domenico Lanciano che  ha avuto l’idea di creare la copia speciale di “Al sur de las cosas” e di inviarla a Papa Francesco, e l’Università delle Generazioni di Agnone (IS) che realizza e fa  – pervenire al Pontefice  “Al sur de las cosas”,  la traduzione argentina di “A sud delle cose” a cura di José Maria Carcione pubblicata a Buenos Aires nel 2012 in edizione bilingue. Tale copia è stata contraddistinta come copia numero zero. 
Speciale Passalibro: dal Molise giunge a Papa Francesco la copia numero zero di “Al sur de las cosas”

venerdì 17 luglio 2015

Kitesurf- Campionati del mondo a Gizzeria- dalla Litweb


Race, oggi. Corrente correre corsa gara. Hang loose Beach
Carmelo Cammarisano  sta preparando ordine di servizio:
Togliere fuori spazzatura dal bar  e pulire postazione 
Strappare i ticket utilizzati a fine servizio.
Sono due fogli di ordini semplici che lui, con pennarello nero, sta redigendo mentre io sbircio e copio e  aspetto Luca Valentini, suo socio e frontman della competizione, come Giuseppe,  fratello di Luca,  mi informa.
Giochi olimpici internazionali nel 2020, medaglia olimpica, se nel 2024 si faranno in Italia , questa località, come Olimpia sarebbe sede…
Non lo seguo più scrivendo queste date,  fantascienza di una probabile Olimpiade qui, nel Golfo di Sant'Eufemia, luogo dove Ercole passò per rubare  i buoi a Gerione.
Scrivo queste date sentendole lontanissime ed insieme vicinissime, di corsa, correre. Race.
Intanto oggi e sabato si correranno le semifinali, domenica la finale con la “medal race”, cioè con la gara dei migliori kiters che si contenderanno il titolo mondiale assoluto.
La competizione è seguita da Rai Sport, Sky,   dalla Grecia e dalla Germania. Dieci giornalisti di tutto il mondo  e produzioni video e distribuzione su piattaforma internazionali.

Kiteworld- stanno scrivendo sui loro pc i giornalisti seduti di fronte a me, mentre io, con penna e foglio, appunto queste poche righe per mio blog e per portale web.
Sollevata di non aver compito di dirvi altro,  passo a bearmi di Alice, stupenda bimba di nemmeno due anni, in braccio a suo papà, Luca Valentini, e scendo sulla spiaggia per seguire il ballo del Kite.


Le gare.
Questo anno Paola non mi fa fretta, come era successo con altra amica in anni passati,   ed io la ringrazio per l’opportunità di seguire la danza delle vele nel mare. 
Una quadriglia. 
Le vele si allineano al corridoio di partenza poi cambiano posizione, fanno virata, vanno alla base opposta, ritornano ritmiche al suono dell’aria, del vento.

Nel salone delle feste, azzurre ed increspate piastrelle del mare fanno giungere brezza ad ombrelloni di paglia e ad una  bagnante, me, che ride felice  e  batte le mani di un sogno che si fa realtà. Olimpia qui

giovedì 16 luglio 2015

A sud delle cose- Una solitudine affollata

Una volta la solitudine non esisteva, nel senso di individuo solo e sconnesso dal suo abitare. Non esisteva questa solitudine perché ognuno aveva un ruolo ed era connesso, funzionante al suo stato. Non c'era alienazione a sud delle cose. Esisteva la lontananza, la malinconia, la nostalgia. Il dolore del ritorno, la struggente voglia di un paese amato e la estraneità al nuovo, dopo emigrazione. Lunghe lettere univano gli emigranti ai familiari e le rimesse venivano impiegate per alzare stanzette per la vecchiaia, quando questi  sarebbero ritornati a sud, per sereni giorni e infine essere seppelliti nel piccolo cimitero del paese natio.
Mai più nessuno tornerà a sud. 
Tramontato quel mondo, i nuovi emigranti vanno a nord per insegnare, per studiare, e nuovi migranti giungono a sud da ancora più a sud, soli e sconnessi da loro mondo.
Il fluire di modi ha creato nuove solitudini di individui vaganti e residenti in luoghi che non saranno di alcuno.
Senza storia.
Una solitudine astorica, lontana dai sensi di un conoscere fonti e testimonianze, lontana da studi, e relegata in centri di accoglienza, centri commerciali, centri di niente. 
Dal sociale all'individuo poi anime smarrite ed inconsapevoli vivono il disagio di stare in uno spazio che non riconoscono. Più che il tempo è lo spazio che è sconosciuto benché affollato, troppo affollato. 
Attrezzarsi quindi dobbiamo, nel messaggio civile della poesia, a lenire, a raggirare, a superare il varco col salto dei versi, con l'ironia, l'intelligenza, la conoscenza di chi poetò per noi e per lui.

martedì 14 luglio 2015

Per associarsi non è necessario...

Mie care associazioni scrivo per voi, per le associazioni in quanto tali, e non,  si badi bene, per ognuna delle  due o tre associazioni che hanno i miei conoscenti. Assolutamente nulla di personale. Il mio pensiero vola su contingente momento storico e si innalza sopra il particulare. 
Mie care associazioni, per associarsi,  voi credete sia necessario fare associazione? Veramente?
 No
Voi non dovete associare alcunché, visto che già tutti siamo appartenenti a società in-civile, facciamo parte di una comunità, di un popolo, di una gente. 
Ah, ho detto comunità!
Comunità, parola ora di moda, completa ogni discorso alto e vi ruba la scena, mie care associazioni. Comunità  e  rete. 
Come si vive bene! come siamo associati! mai come ora, mai quanto ora, un abbraccio amorevole di mille associazioni. 
Voi vi meravigliate delle mie parole, lo so, direte, fra voi,  che io sono una che prende per vero il vostro dettato, che sono ingenua, che non è mica vero dobbiate associare, dovete soltanto avere un progetto, vendere un prodotto, fare una sagra, creare uno scambio di favori, condivisi, e su questa base partire convinte di riuscire a guadagnare, se non danaro,  almeno successo.
Poi, non contente di scriver una cosa e di  smentirla,  vi truccate tutte con un aggettivo,  che vi è sconosciuto nella sostanza e pure nell'uso, però vi serve per farvi belle perché, lo dite sempre, la bellezza salverà il mondo.
... e la bellezza sta in quello aggettivo che vi porta a passeggio nel luogo giusto, presso la cattedra e sacrestia, presso un giornale e una abbazia. 
Voi lo mettete ad ogni uscita e poi vi associate con cortesia,   con tutte le altre associative,  consorelle in  associazioni  simili e uguali.
Associazioni...
forza,  uno sforzo per indovinare quell'aggettivo che vi piace tanto:  culturale. Che associazioni sareste se voi non  foste associazioni culturali?
facile vero?
Però sappiate che la cultura vi potrà insegnare, se mai per caso la incontrerete, che, per associarsi,  non è necessario fare associazione
con timbri e bolli, basta soltanto associare idee
  

lunedì 13 luglio 2015

Alfredo Cosco e Carmelo Musumeci: Le Urla Dal Silenzio

Le Urla dal silenzio: Blog composto dagli scritti di chi sta in carcere, da  chi sta fuori del carcere, da chi sta nella linea dell'interesse e vuole conoscere le condizioni di pene che già Beccaria condannò. Dei delitti e delle pene. Quante pene per i delitti. Sono delitti anche le pene? Seguendo Beccaria che già nel 1764  chiedeva abolizione della pena di morte, essendo questa un altro delitto, leggiamo il libro di Alfredo e Carmelo, oggi, 12 Luglio 2015, on the road, in una via di Lamezia, nella domenica assolata d'estate. Le sedie fuori dal Comics, locale che Gian Lorenzo fa vivere, invitando fumettisti, recentemente c'è stato Daw, cantautori come  Colandrea, giornalisti e scrittori, c'è stato  Domenico Marcella con le sue interviste a donne catanesi, questa sera ospita Alfredo Cosco, ricercatore.
  Siamo pronti. Ascoltiamo la favolistica storia dell'incontro e dell'intrecciarsi una corrispondenza fra Alfredo, studioso e curioso di situazioni al limite, e Carmelo, ergastolano ostativo. Alfredo è in piedi, nella strada. Nessun automobile passa e il carcere sembra una irrealtà, inventata e dimenticata. Sembra  sia impossibile che un luogo di rieducazione, così il fine delle pene dovrebbe tendere, sia invece un luogo di vessazioni, di umiliazioni, di tormento. Si sta parlando del carcere duro, carcere poi soppresso, come l'Asinara, carcere dove si perseguiva l'annientamento della resistenza individuale con violenze e torture.
Carmelo Musumeci da quel carcere è andato via, benché ancora in carcere. Andato via, volando sui fogli della corrispondenza umana, trasvolando mari di incomunicabilità con lo studio, oltrepassando ogni sbarra con tutti i libri che lui ha letto, facendo dello studio il suo paradiso, e rimanendo ancorato al mondo dei carcerati  come un megafono che urla dal silenzio. Questo ci sta dicendo Alfredo, mentre noi ci sentiamo piccolissimi, inutili e decisamente inadeguati davanti a queste forze centripete che irradiano energia. La fuga sta nel correre verso il centro della circonferenza. Nessun carcere potrà impedirlo. Da Cesare Beccaria, aspettando, noi tutti,  l'Illuminismo.     “Il fine delle pene non è di tormentare ed affliggere un essere sensibile. Il fine non è altro che d'impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali.” 

venerdì 10 luglio 2015

Maschere di vetro e polvere- L’Amore Cattivo

Maschere di vetro e polvere (Falco Editore) 
 L’Amore Cattivo (Giraldi Editore)

L’ incipit di L’Amore di cattivo di Francesca Mazzucato dialoga con Maschere di vetro e polvere di Jesa Aroma.


Scriverò del libro di Francesca in un altro post, per ora mi piace immaginarli così.
Da Francesca “non una traccia di polvere, nessuna sbavatura, andrà bene, ripete, andrà tutto benissimo.
L’amore feroce, quello delle bestie selvagge.
Che scortica, taglia, incide.
Quello storto, che diventa crimine.
L’aveva conosciuto troppo presto.
Le era rimasto addosso come un’ustione.”
Vetro e polvere. Maschere, dice Jesa Aroma, e con lei molti altri  autori,  siamo tutti maschere.
Opera prima di questa autrice calabrese, il libro racconta una vicenda di riscatto e liberazione da un amore cattivo.
La trama svolge con temporalità consequenziale, forse troppo  veloce gli avvenimenti, così il ritmo, che  ha pagine molto musicali, segue la vicenda, scandendo i fatti.
 Per l’autrice, come per noi lettori, il grande amore per tutti i libri letti trasforma ogni nuovo racconto in un continuo atto d’amore verso gli altri libri che hanno salvato i loro lettori.
Penso che per Jesa sia stato Pirandello e le maschere che indossiamo, così lei scrive, facendo domandare alla protagonista se diventerà folle anche lei “ Ogni realtà è un inganno” Uno, nessuno e centomila.
“quindi tutto quello che mi sembra vero non lo è, è solo un trucco. Ognuno di noi indossa una maschera e noi non siamo altro che la maschera che indossiamo giorno dopo giorno”
Maschere di vetro e polvere, è uno stranissimo impasto. Mi sforzo di immaginare tale maschera sul viso. Taglierebbe? La polvere appiccicata al vetro? Nel mio visualizzare mi arrendo e guardo bella copertina inquietante e con risvolto splendido viso e sorriso di Jesa a porgere un racconto di possibile salvezza.
Mentre scrivo, nella calura di luglio, il mare azzurro sul tavolo del pc, il sole squaglia Snoopy sulla sua cuccia,
e tutti i mostri dentro e fuori svaniscono.
Dalla lettura di romanzi con vittime e carnefici, dalle letture ci rimane l’ultimo scatto. Lo sfraghis, il segno della salvezza. Il segno che gli ebrei fecero sulle porte per essere riconosciuti  al passare dell’angelo del Signore che passerà oltre, nella Pasqua di salvezza.
Rimane il sollievo e la certezza che buoni libri servano sempre a liberare chi prigioniero è o si sente dietro una maschera di vetro e polvere.



giovedì 9 luglio 2015

Whiplash- Da UNA



Whiplash: la stessa storia per un  cortometraggio al Sundance Festival poi diventata un lungometraggio, vincitore di tre Oscar,  il film  è stato diretto da un regista sconosciuto quasi trentenne: Damien Chazelle, che ha raccontato una iniziazione crudele  alla vita, al successo con  musica, competizione, passione, sacrifico. Una scuola di vita?
Siamo in una prestigiosa scuola e uniche  parole sensate del professore mi sembrano queste: Non c’è nulla di più dannoso che dire ad un altro “ Ben Fatto”
Mi ha ricordato una mamma di una mia alunna, molto brava, che venne a rimproverarmi per aver io messo ottimo, come sempre,  al compito di sua figlia. Alla mia sorpresa domanda lei mi rispose che se la figlia non avesse sentito lo sprone a far meglio, se avesse visto sempre premiato anche un tema minore, avrebbe livellato le sue capacità e si sarebbe impegnata di meno.
Più o meno lo stesso concetto del protagonista della vicenda.
Allora io diedi ragione alla mamma, anche se lasciai il voto, che pur sempre meritato era. 
Questa sera riconosco unica frase plausibile in un insegnante terribilmente sadico che abusa del suo potere per far sclerare i suoi alunni.
Credo proprio che il regista abbia voluto proprio affermare questo ed in effetti fa iniziare il film con una batteria che suona rabbia, più forte, sempre più forte in un incontro fra allievo al primo anno e il professore mitico che sparisce e ritorna per prendersi la giacca, quasi per umiliare col silenzio ed indifferenza.
Swing in double time.
In tempo doppio.
 La cosa più vergognosa che fa il professore sarà usare informazioni private, confidenze fatte a lui dagli allievi in un momento di fiducia, per darli in pasto, in pubblico, deridendoli.Ma magari tanti fanno così. Se qualcuno si confida con un altro, queste confidenze verranno sparpagliate al vento come le canne del canneto di re Mida. Chi sparpaglia ed offende una canna è 
Doccia scozzese, colpo di frusta, altalena di esaltazione e di annientamento sarà questo l'insegnamento che mira a fortificare o a distruggere animo di alunno?
Tu sei qui per un motivo- il professore intima. 
“ Io sono qui per un motivo” l'alunno soggiace.
 Ed io aggiungerei che l’alunno è lì per dare un motivo a questo insegnante monco, mancante di equilibrio, di rispetto.
Certo Parker divenne Parker e produsse Bird per aver ricevuto una batteria in testa da Jones ma questo metodo educativo aveva anche procurato impiccagione in Ben  Casey, Alunno di Flecter e da lui compianto, dopo morto.
“Metz non era stonato” dice Flecter, il professore, dopo aver umiliato alunno ed averlo espulso dall'orchestra, come faceva mia collega di francese, in quella classe di cui sopra.
Ero sempre stupita di come gli alunni stessero immobili con lei, nelle ore di compresenza, e di come lei li umiliasse con metodo.
Ho sempre accettato che nelle mie ore gli alunni si sentissero più liberi, e,  malgrado meno disciplinati, più rispettati. Per questo non riesco a veder nessun elemento di scusante in un professore che esercita un potere su menti giovani ed invece ammiro alunno che, forte del suo entusiasmo, continua a battere fino al sangue i piatti.
Un film quindi di grande amore verso la musica, verso una fissazione, alla Coltrane, un film di scontro fra due personalità forti, perché nessuno dei due avrebbe mai voluto vivere la banalità degli altri. Credo che la testardaggine del ragazzo venisse più dalla ribellione verso un modello familiare di rinuncia che dalla vessazione di un professore cattivo. Sono sicura che il regista aveva modello preciso davanti a sé.  
Un film con un ritmo continuo e spezzato, una musica insegnamento ad una vita difficile. 
Caravan suonerà



domenica 5 luglio 2015

Litweb - Marchio Depositato

Venti letture fatte dalla regina. Prefazione di Bruno Corino
11-set-2015
"Sono tante le funzioni svolte dalla recensione: le recensioni servono a promuovere, a divulgare, a presentare, a criticare o a stroncare, a far conoscere un libro nuovo o “vecchio”. La Regina della Litweb in realtà più che recensire un libro vi naviga dentro, lo sonda col suo fiuto di lettrice/divoratrice, lo attraversa in lungo e in largo alla scoperta di orizzonti imprevedibili, lo traduce, in altri termini, nel suo stile, secondo la sua forma mentis, quasi gli dà un’anima nuova o del tutto imprevista. Ecco che il lettore di queste “recensioni” si trova all'improvviso e come per incanto proiettato in un mondo cartaceo dove può scoprire un modo diverso di dialogare con l’autore del romanzo o del saggio. Insomma, ogni lettura fatta dalla Regina della Litweb si traduce in una vera e propria avventura…"

Raccolta di pezzi su voi che scrivete 
Litweb - Marchio Depositato

Raccolta senza ordine oppure seguo un ordine cronologico? 
Libri che ho ricevuti in file, in formato word e pdf, libri che mi avete spedito con dediche affettuose, libri che ho comprato e libri di cui ho parlato.
Ho scritto per  alcuni di voi con l’ossessione amorosa di chi vuole impossessarsi dell’oggetto, delle parole, del racconto, vivendoci dentro.
Partirò dal libro che ho letto  per ultimo, con data  5 Luglio, ecco perché manca "Io sono la montagna" di Michele Lupo e molti altri, e risalirò la corrente come il salmone fino al primo gennaio 2015. Solo i mesi del 2015 
Uno solo però  sta qui con me, mi prende la mano, le immagini mi somigliano e l'adolescente sono io. Avevo anche gli stessi occhiali. Cenerentola ascolta i Joy Division







Perché assaporare il pane delle solite recensioni quando ci sono le brioche onirico-letterarie della regina Ippolita?


Da facebook Romeo presenta così la mia lettura disorder, disordinata, sulla sua Cenerentola.  Sono gustosamente azzeccata nella definizione. Evviva.

Il video, relativo al libro,   su you tube,  in sottofondo, passa il suono sul foglio bianco del mio pc.
Scrivo dopo aver chiuso il libro letto nel mio modo, da disordinata. Un libro con due storie di donne che non si incontreranno. 
Giorno 23 Aprile, Cenerentola  giunge a casa mia, nella giornata del libro, eheh, ed io  leggo, dividendo in due il contenuto,  per prima la storia di Lily e dell’urna con le ceneri defunte. 
Lily è rimasta vedova da pochissimo.
Storia che ho letto ridacchiando “L’uomo in scatola. Ora apro l’urna e ti vuoto nel wc, così te ne vai al mare”
Col bollitore che sta bestemmiando vapore da oltre un quarto d’ora ed io prendo una bustina di tè verde. E quindi il problema della ruggine per oggi è scongiurato.
Continuo a ridere sui gamberoni alla piastra, effetto acqua bollente su pelle di Lily e sulle chiavi che tutti dimentichiamo, anche il fu marito di Lily.
Seguo Lily elaborare suo lutto e I’ve got the spirit, but I’ve lost the feeling, traduco a modo mio, non sapendo l’inglese, questo verso dei Joy division, da disorder. 
Vado a vedere significato, ok, avevo capito altro, e cioè" ho lo spirito ma ho perso feeling, vibrazione, ho perso l’altro, il mio doppio dove specchiarmi"
 Continuo a seguire le avventure di Lily fino al suo incontro con Benoit, che sembra uscito da un film dei fratelli Coen. Lascio Lily per due giorni e
Oggi leggo la storia di Elly, di Frida.

La prof di astronomia si chiama Frida, la prof di Elly
Elly regala alla sua prof una collanina sottile di argento  e la vedrà il giorno dopo al collo di Frida. Con un piccolo ciondolo, il simbolo dell’infinito. Fra la prof e l'alunna nasce un legame.
Malattia, morte, amicizia, sciupio e di nuovo testimonianze che riannodano esistenze: situazioni che riconosciamo facenti parte di tasselli di nostra vita, episodi ad episodi, una vita fatta con poco oppure con molto e da scrivere per disegnarla
Odio intanto chi mi telefona mentre scrivo, rispondo scortese quasi, forse, e ripenso alle lacrime asciugate nella lettura della storia di Elly, alle risate fatte durante le peripezie di Lily, cercando di riprendere le due protagoniste per mano e riportarle sul mio foglio word. I loro  nomi uno anagramma dell'altro.Con  scambio di vocale. Altro gioco di enigmistica. 



Gli occhi di Cenerentola sono grandi , come il film Big Eyes di Tim Burton. Un libro fatto da altro, da immagini e suoni. Da occhi.
Qui più oblunghi, grandi, grandi, per vederti meglio bimba mia, dall'altra favola di Cappuccetto rosso.
Con occhiali tondi, come i miei occhiali dell'adolescenza.
Angelo Barile scrive e Romeo Vernazza suona e dipinge storie. Confusi volontariamente i due: Passando tra loro è come penetrare non unanuvola di sudore intenso e minestroni per vecchi malati ma una bella nuvola azzurra e mutevole con foglie verdi appena spuntate dall'albero di tiglio davanti casa mia, la primavera che rigenera ogni anno la terra che si sveglia  dopo il ratto di Proserpina. Un libro composto di messaggi che si scambiano in classe gli alunni con le loro impressioni sull'insegnante, un libro fatto dalle immagini di Angelo Barile, è Angelo l'autore di questa fiabesca copertina, dalla musica che ascoltano le Cenerentole del mondo intero, all'apparir del vero, un libro di Romeo Vernazza con pezzi di un io che ci appartiene tutti. I nostri riferimenti. 
Leggo, penso, mi intristisco ma poi sorrido, mi annego nella salamoia, mi sento vivere e morire, sperimento la noia e la passione.
E la passione stessa è una fuga, nella quale l'essere in due significa solamente una solitudine doppia, riporta Romeo  da Robert Musil.
Eppure nonostante questa realtà, il racconto di Romeo, come il racconto di tutti noi si ricompone su un solo messaggio Cerca di divertirti almeno un po'. TVB. F.F.
Ed eccomi di ritorno dopo aver fatto lapsus sul nome di Romeo, su una storia parallela di due donne. Gli uomini sono semplici, mi dice sempre la mia amica Carla, restano infantili, aggiunge. Sembra di leggere Romeo...
Senza un uomo se non filtrato dai racconti delle donne.
Una storia   che rileggerò nuovamente e porterò in giro con me, sulle note di Disorder dei Joy Division



L’inverno dell’umanità- Metropoli di Massimiliano Santarossa


Parte prima L’arrivo al mondo nuovo -Parte seconda Il corpo della città - Parte terza Il peso dell’anima

«La libertà inizia al principio del nulla.»
Le immagini del Libano alla periferia con Israele, le case crivellate di colpi, deturpate, senza tetti, senza vita. Leggo visualizzando e sono i villaggi del Libano che  mi appaiono insieme alle  parole scritte da Santarossa come  l’inverno dell’umanità. Nel suo  racconto non vi è  un luogo geografico e nemmeno un tempo, se non lanciato negli anni.   Che anno è? Che giorno è?
 L’Anno del Signore- Duemilatrentacinque.
 Cammino con il protagonista, scampato alla fine della storia, alla fine del mondo e in viaggio verso una lingua di terra che sembra intatta. Una lingua, dice lui. Sopravvivere, il solo obiettivo:” Pestando il suolo duro, lucido come grafite, fissava gli scarponi consumati, lacerati ai lati, tenuti assieme da pezzi di spago. «Se si aprono crepo. Senza scarpe si muore» e va verso Metropoli. “Inesistente la speranza. Metropoli era tutto.”
Per zona. Dalla Repubblica di Platone alla Città del Sole di Campanella, ai falansteri di Fourier ed alle Comuni, per zona a zona si sono delineate le Utopie. Parola che  vuol dire in nessun luogo.  Immaginarie costruzioni di luoghi immobili, dove pietrificare lo spirito individuale.


Scappa intanto il protagonista, scappa dal crollo della produzione e va verso il nuovo ordine “Lui scrutò le proprie scarpe ormai del tutto aperte, sfaldate come la sua vita, di seguito esaminò gli scarponi delle guardie, nuovi, possenti”
Scappa. Da cosa scappa? Scappa da qui, dalla storia dei giorni che viviamo.
Intanto che leggo e man mano scorrono le immagini.
Terraferma di Crialesi, film del 2011, Un’isola siciliana di pescatori è investita dagli arrivi dei clandestini e dalla regola nuova del respingimento: la negazione stessa della cultura del mare che obbliga al soccorso. I barconi e quelle mani che non vogliono annegare. - Se civiltà è appagamento, allora mai ci fu.-
Precipitati siamo In Time
In Time, film del 2011. Un futuro non troppo lontano dove il gene dell’invecchiamento viene reso inattivo. Nel nuovo ordine per evitare la sovrappopolazione, il tempo è diventato la valuta e il modo di pagare i lussi e le necessità. - Metropoli è già qui.-
Il silenzio con cui si trascorrono i giorni, il cibo, le abluzioni. Il silenzio con badante per i vecchi, il silenzio con televisione ed Iphone, per giovani ed adulti, il silenzio già qui.
 “Ciò che invece non venne mai cancellato fu il bisogno umano di imporre un’educazione, forzata, obbligata. Così accadeva nel vecchio mondo, così si ripeteva nel nuovo mondo.”
E la rete “Stavano vicini per stare vicini, unicamente per non ritrovarsi abbandonati. Volevano essere un branco che si sposta nella stessa direzione, sempre circolare, senza uscita.”
“ Non era la solitudine la condizione perfetta? Stava mentendo a se stesso? Le pulsioni, i desideri intimi, la rivelazione delle prime bugie come atto di definizione delle scelte compiute e da compiere. Tutti mentivano nel mondo passato come a Metropoli, fin da bambini. Ma gli effetti della menzogna divenivano sfruttabili solo dopo averla fatta propria: gestibile. Gli uomini crescevano grazie a bugie ripetute.”
Nel nostro immaginare incubi finiamo per riprodurre quelli che già viviamo offrendo però “La Forma minima della  felicità” altro libro letto di recente di Francesca Marzia Esposito. Altro libro di solitudine, di mondo ormai disumano, di ripiego nel chiuso.
Lì  nel chiuso di una casa, qui, in Metropoli, di una città.
Mi sembra sempre la città di Campanella, dove la perfezione diventa separazione. Le donne di qua, gli uomini di là.  I figli separati dalle famiglie ed educati da un’altra parte. Intanto che livellamento impera. Un incubo.
Viviamo una civiltà fatta di imperfezioni e di contraddizioni, abitiamo un mondo complesso e poi ad immaginarlo lo si immagina completamente numerato e selezionato allo scopo di darci maggior paura.
Massimiliano Santarossa, nel suo monito al tempo presente, ci spaventa con geometrica ricerca di fotogrammi già conosciuti, con camere a gas, già studiate, con tormenti e torture già state, con incubi che abbiamo già letto nei racconti dei prigionieri al  campo di prigionia di Guantánamo  una struttura detentiva statunitense di massima sicurezza.
L'area di detenzione era composta da tre campi: il "Camp Delta" (che include il "Camp Echo"), il "Camp Iguana" e il "Camp X-Ray”.
Sembra Metropoli.
Sembra Metropoli ogni campo di concentramento, ogni carcere di detenzione, ogni Centro commerciale e ogni McDonald, dove si annienta l’individuo.
Come nei saggi di Voltaire l’Urone si interroga se sia questo il mondo che viviamo così anche noi, seguendo la scrittura precisa, netta, asciutta, di Massimiliano Santarossa ci interroghiamo su quanto ci sia già stato di quel terribile mondo che Metropoli è.
Eppure sia Massimiliano che Francesca Marzia, dopo aver tanto girovagato nel disturbo polare e bipolare di umanità allo stremo, vedono la luce in alto, oppure  di lato,  da qualche parte, negli occhi di chi scegliamo per prenderci per mano ed energia diventa  leggere loro racconti







Ti ho vista che ridevi- Lou Palanca


La solitudine dell'anello forte. Una storia marginale

Nuto 
 Revelli e  Isaia, dal libro dei profeti,  capitolo  56, verso 5:Io darò loro, nella mia casa e dentro le mie mura, un posto ed un nome, che varranno meglio di figli e di figlie; darò loro un nome eterno, che non perirà più.
" Dare a ciascuno una rinomanza eterna, una  memoria e un nome.  C’è un senso di dovere civico nel  suo narrare quelle storie."
Revelli: Mondo dei vinti e L’anello forte, letteratura civile italiana in cui parlano i contadini, i montanari, e le donne delle campagne e delle montagne,  sono i primi libri che entrano nelle loro case, i primi libri con cui pezzi interi dell’Italia marginale  entrano in contatto con la parola scritta, superano la diffidenza iniziale del raccontarsi.   Storia che ci riguarda da vicino, nel rispetto che non contempla il morboso e  pettegolo indagare televisivo.
Revelli ricorda come  egli abbia avuto accesso al privato, anche intimo di molte persone. E abbia deciso di non farne parola, di non mostrare le fotocopie agli eredi, dopo la morte dei loro genitori, se questi avevano preferito disfarsene in punto di morte." Il rispetto.
Il museo Yad Vashem o Museo dell'Olocausto, memoria delle vittime dell'olocausto  a Gerusalemme, fondato nel 1953,risponde al medesimo versetto di Isaia.
Dare nome alle persone scomparse per essere storia di tutti.

Annarita Calogero sposata Bogliotti

Marisa Nocito sposata Droero
Franca Cavallaro sposata Minuto
Santina Paletta sposata Accomasso 
Dora Lucà sposata Verderame
Cinque donne per tutte le altre donne che hanno lasciato la terra dove sono nate e hanno sposato uno sconosciuto, altrettanto spaesato, e trascorso intere esistenze, recidendo quasi definitivamente i legami con le famiglie d'origine. 
Cinque o moltissime di loro, tolte dall'oblio, che si raccontano e ci raccontano una storia contemporanea, fatta di rassegnazione e di accettazione, di vita in campagne ed in stalle, di destini più o meno fortunati.  








Domenico Marcella intervista con #ZeroNoveCinque

Enzo Biagi, Oriana e Domenico. Interviste che si fanno.
Intervista: [calco dell'inglese  interview, che a sua volta ricalca il francese entrevue, derivato  di s'entrevoir «vedersi o incontrarsi brevemente» (cfr. l'ital. intravedersi)].
 conversazione, scambio di domande e risposte tra un giornalista e una persona le cui dichiarazioni e opinioni sono destinate a essere diffuse .
Dopo aver guardato Treccani e Garzanti riprendo in mano #ZeroNoveCinque di Domenico Marcella, contenta io di leggere un libro di Interviste a donne catanesi, ognuna di loro regina nel proprio mondo.
Rita Botto: Il canto, ragione esistenziale “La modernità ha tentato di sotterrare e insonorizzare tutto. Io torno indietro, senza paura, per riscoprire e riappropriarmi anche dei motivi e delle melodie che mi attraversano, procurandomi un’incontenibile felicità” Il canto sempre. Dall’infanzia. Dallo Zecchino d’oro alla maturità.
Marella  Ferrera: Opulenza e barocco. Stilista: il mio modus operandisulla poesia del riciclo e sulla possibilità di rileggere per dare un nuovo corso alle cose». l’elaborazione degli abiti perle dee Dèmetra e Kore – gli Acroliti di Morgantina, risalenti al quinto secolo avanti Cristo – tornate in Sicilia dagli Stati uniti ed esposte al Museo Archeologico di Aidone: «Ho ricevuto l’incarico dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Enna.
Laura Mancuso: “Volo dunque esisto” Dopo essersi capovolta in maniera brutale, la vita di Laura ha  riconquistato un verso sereno grazie alla nascita della Fondazione D’Arrigo, liberamente ispirata alla nobile vocazione di Angelo D’Arrigo, suo marito: «Voglio continuare a volare con le donne di tutto il mondo, portarle su con me – belle, brutte, interessanti o meno, schiave o no, giovani o vecchie – per dare sfogo alla rabbia appesa a un aquilone, raccontandole in un documentario.
 Sono tante le donne intervistate da Domenico con garbo ed attenzione. Con educazione. Si sente leggendo la raccolta che Domenico ha affetto e stima, rispetto e quasi venerazione. Atteggiamento ormai raro, purtroppo in disuso in questi tempi diseducati e aggressivi.
Domenico, giornalista della scuola vera, di un tempo che ricorda Biagi, ritorna al compito inusuale del guardarsi intorno per cercare positività ed esempi, per usare la scrittura, non per far scoop e pettegolezzi, ma dare a tutti la conoscenza che un altro modo di essere esiste.
Le donne da lui incontrate sono tutte capaci di sovvertire destini segnati da un luogo, da famiglie, da studi, oppure da un corpo che fragile e ammalato sta, eppure sono donne che hanno la grande ricchezza di amare fortemente una loro particolarità e di farla vivere. Il volo, il canto, la recitazione, la regia, la poesia, la moda, l’archeologia, la cucina, il ricamo e via via i talenti che ognun o di noi ha
Domenico porge il suo ascolto, il suo sguardo e annota ammirato: Paola Maugeri- quell’Audrey Hepburn di La mia vita a impatto zero la sostenibilità fra le mura domestiche e in Las Vegans Pacifica rivoluzione vegana. -  Alice Valenti  Il carretto è passato-  Antonella  Leonardi- una valigia piena di sogni… la moda
E via via fino a Carmen Consoli, la Cantantessa felice che diverrà amica di Domenico, grazie alla scrittura, al grande amore di dire, al foglio amato. Prendendo  appunti  Domenico ci consegna l’anima della poesia di Angela Bonanno: La poesia in dialetto e un romanzo Antologia della malata felice: «Conoscevo bene la malattia, e si può sconfiggere con una buonissima dose di ironia e con la forza delle parole. Non serve fuggire, nascondersi, vergognarsi perché la malattia  è – prima di tutto – un’opportunità di guarigione». La felicità è invece un’educazione,  il dolore  ci dà il privilegio di scoprire mondi dall’assoluta bellezza. Senza il dolore sarebbe tutto inesplorabile». Ed ancora  Donatella Finocchiaro regista: Ognuno di noi è il risultato delle esperienze vissute.
Parlerò di tutte giorno 19, ora voglio chiudere con questa frase di Donatella Finocchiaro che ben rappresenta come legga io e diventi poi amica dei miei amici giornalisti: “Mi metto a letto e i personaggi cominciano a visitarmi perché vogliono raccontarsi”
Un caro abbraccio a tutte voi e a Domenico, aspettandovi















Volersi bene “Non è adesso”- Daniele Semeraro


In copertina verde una fotografia d’epoca. Daniele con i fratelli e il suo papà.
Daniele “ copia senza baffi e qualche centimetro di dolore in meno”
Comincia così il racconto di uno, la storia di uno, la storia  di tanti.
 Una osservazione attenta e fiduciosa che niente possa sfuggire se noi controlliamo la situazione, ed anche dopo che questa sia andata via, sfuggendo, rimane tutto quel tempo dilatato che vuol stamparsi sul  foglio scritto del ricordo.
Così Daniele, scrivendo, riprende materialità del dettaglio, dei dettagli che hanno fatto del padre un crudele ricordo senza voce, universalizzando lo sconcerto di stare vicini, vicinissimi ai nostri cari  e non poter aiutarli.
Pagine di alta poesia raggiunge proprio in questo suo voler dar vita a quegli occhi “che guardavano attraverso una cortina di pianto”, gli occhi di suo padre che io ho subito sentito nel canto” Non mi svegliate, ve ne prego, ma lasciate che io dorma questo sogno” il sogno di star bene con sé stesso, di farsi compagnia senza aver paura dello sconosciuto che abita insieme a lui.
La malattia del vivere, la malattia che toglie entusiasmo, e che fa sentire in colpa coloro che ne siano colpiti, qui attraversa un luogo ancora arcaico e contadino, con abitudini regolate dalle stagioni, con un movimento dettato dall’uva da pigiare e dalle mandorle da abbacchiare.
“Il sangue sull’indice ormai coagulato e secco” Il sangue dei riti di una comunità che trae sicurezza dai riti stessi.  Una storia di adolescenza che diventa età adulta mangiando le unghie, le pellicine ai lati, tirando via la pelle fino al sangue. 
La prima frase che avevo sottolineato erano le dita in bocca ed il sangue.  La fase orale.
 Mi sono detta da subito che tutto sarebbe stato raccontato mordendo i fatti come la pelle veniva strappata con i lembi sanguinanti e nudi. Con i polpastrelli doloranti.  Così è stato.
La danza sull'uva insieme al padre sorridente, che Daniele racconta e  che io ricordo, provenendo da un mondo ancora legato alla terra, “la certezza che ti dà l’equilibrio per danzare sull'uva senza aver paura di scivolare e di cadere”  ha il  ritmo del gesto, e non dimenticheremo queste pagine, come lui non dimenticherà il sorriso  “ nemmeno con lo scorrere di quel fiume di detriti che chiamiamo tempo”
Ambientato nella “terra di dove finisce la terra”: Tra comuni di Martina Franca e Ceglie, Ostuni, Messapica e Cisternino, il racconto ha “iridi di un verde cervone, che diventano mare. “Il tumulto interiore appare in controluce” ed i personaggi svolgono con precisione  i ruoli immutabili che hanno all’interno di una famiglia, nonostante lo scorrere di avvenimenti… che sembrano irreali tanto ora sembrano lontani, seppur vicini.
“ Quando la parola è flebile, non resta che il gesto” scriveva un uomo al presidente della repubblica prima di uccidersi ed io avevo proprio rimosso quel terribile momento in cui bastava un avviso di garanzia per essere distrutto, in cui, invece, altri, facevano di quegli avvisi la loro carriera politica in trionfo. Come al solito c'è  chi viene travolto dagli avvenimenti, magari proprio gli onesti, le persone perbene, e chi invece li sfrutta a proprio vantaggio nell'eterna beffa del male che sembra debba vincere sempre.
Daniele sceglie, per sottrarsi allo stallo, l’inchiostro, i tasti e batte sui tasti una lotta continua.
Scrittore vuol dire questo:” Io, la mia penna, l’avrei intinta nel sangue di dita maciullate, lasciando i miei fogli sparsi qua e là… Un disegno in mente non l’ho mai avuto e continuo a lasciare le cose a metà. A tracciare concetti che non prevedono punti di arrivo, se non il farsi strada” Spazio, lo chiamo io.  Lo spazio per respirare.
“ Non è adesso che devi avere paura”
“ Non è adesso “ perché il peggio deve arrivare…tirandomi via l’ennesimo strato di pelle, scrivi tu.
Io scrissi “ Scollo tutto” in un mio pezzo che butterò come ho buttato tutto, rimanendo sola con l’orgoglio della stima di scrittori veri, nella traccia che ognuno di noi vuol preservare dall’indifferenza intorno.
Nella condivisione che unisce lettori e scrittori, nella pagina che parla e che ognuno di noi fa sua,  la verità del messaggio letterario prende la forma della voce, oltre il silenzio. La voce di tuo padre, la voce di tutti noi, senza voce, che vogliamo la libertà.

“Non è adesso” poetica del figlio sarà
Con questo racconto Daniele Semeraro vince il terzo posto del Premio Letterario " La Giara"
suoi precedenti racconti: Scrivere polvere e Nel Segno di Caballero.
Una lunga strada di racconti davanti a lui


















Lo sdegno elegante di Raffaele Gaetano- Le querce sono in fiore



 Le colline sono in fiore - Sanremo 1965 Mogol- Donida
Sul morire di dolore in un luogo che morta gora è, Raffaele Gaetano fa antologia di scritti, raccogliendo chi visitò il Lametino rimanendone illeso.
Sceglie la forma, Raffaele, un quadrato, sceglie la consistenza, carta pregiata e sceglie fotografie d’epoca curate. Vorrebbe scegliere tutto in una sua ricerca continua verso un estetismo raffinato e pregevole. Pregnante, direbbe lui.
Eppure il contenuto sfugge alla sua pur sostanziale introduzione  e scappa via, nella realtà effettuale di un luogo che lui stesso con sublime  dire dipinge “morta gora”.
Rimane lo sdegno e sullo sdegno di moltissimi scrittori per come e per cosa in questo luogo cattivi amministratori, truffatori e disonesti si siano allenati governando a loro volta popolazioni brutte sporche e cattive, senza spirito di corpo, di comunità, su questo sdegno si regge il sublime ed il pittoresco di prati in fiori e di mari azzurri orrendamente avvelenati
La fascinazione di Raffaele Gaetano e le rovine del sublime
Da Goethe a noi
 Le querce sono in fiore. Memorie di viaggiatori nel Lametino (Koinè Editrice)
 Ultimo libro  di Raffaele Gaetano  dopo  “La Calabria nel Viaggio Pittoresco del Saint-Non” (Koinè Editrice) che era, in una edizione in 999 esemplari numerati e firmati, la traduzione del “Viaggio Pittoresco” dell’abate di Saint-Non in Calabria con  35 vedute  acquerellate a mano.
Alla fine degli anni ottanta I Parchi Letterari in Italia e in Calabria   si ispirarono  ai racconti dei numerosi viaggiatori stranieri ed italiani che, dal Settecento, si spinsero in Calabria.
A rappresentare Il Grand Tour, così chiamato, fu scelto Norman Douglas, autore di Old Calabria,  e via via i più antichi visitatori presenti in questa libro.
“J. W. Goethe aveva  scritto: «Molti viaggiatori venivano in Italia solo per vedere delle rovine;  Roma, la capitale del mondo devastata dai barbari, era piena di rovine.”
Da Terremoto in terremoto quel che affascina è  il sublime, il sublime delle rovine.
Al di là e sotto la soglia… come sia possibile la sussistenza in un luogo rovinoso e rovinante!
Una terra sorprendente, diversa. Overture.
Leggo  e non sento solo il profumo del fiore, malgrado la veste elegante e la cura con cui hai trasposto brani e illustrazioni, io ne sento l’indignazione. La percepisco, in una rarefazione che invece di astrarmi mi addolora.
Le Querce sono in fiore. Una Calabria terribile, oscena, quasi, nel suo essere troppo di tutto. Impossibile da educare, da sanare. Come se un male incurabile la attanagliasse, malgrado la bellezza. Il misticismo, il sacro, il diluvio di sensazioni. Questo io leggo da te, ora dialogo con te, Raffaele.
 Loro, i viaggiatori, lo chiamano  pittoresco, io lo chiamo  sconcerto.
Una Calabria che stupisce, che attrae per il selvaggio e misterioso presente nella sua scorza.
Il gioco delle estetiche che già assaporavo  nella romantica lady inglese, tratteggiata da Enrico Montesano,  scrive per noi il pittoresco che siamo. “situazioni tra spaesamento e vertigine” Molto pittoresco!
“ In quest’impalpabile, tenue déborde, in questo rifiuto di una natura addomestica” e debordiamo pure…
Come se tu avessi in mano una lente d’ingrandimento e con questa  allargassi  gli scritti restringendoli sul territorio natio, ed ecco  il borgo appare.
Terribilis locus est iste? Anche ora, anche ora. Sorridendo scrivo di vascelli e postali “un’esperienza di confine tra etica e naufragio della ragione.”  Un luogo periferia della periferia, che, già dopo Napoli, Africa è, Un luogo isolato nello spazio angusto di una geografia mentale fanatica e supponente, ora come allora, governata da pochissimi feudatari, ora come allora.
Dalla fine del settecento all'ottocento romantico ed ossianico i viaggiatori descriveranno prati  verdi e colline in fiore, una natura a volte madre a volte matrigna, mare azzurro e tempeste, malattie e tuguri, nello sciupio di esistenze lasciate nell'incuria di chi avrebbe dovuto averne cura. Senza cura.  Incurato e incurabile…  trascinerà la malaria fino ai nostri giorni.
Un sud mancante, senza strade se non l’antica  Via Popilia dei Romani, tratturi e viottoli poco sicuri. Giustificato dunque fare testamento prima di partire per il sud, o per Napoli
 De Saint-Non  a tutti gli altri… scorrono.
   Dal  reverendo Brian Hill che nel 1792 ci lascia  “Le querce sono in fiore.” a Giuseppe Maria Galanti.
Armido Cario  nel suo libro “La Calabria del Settecento” scritto con Armando Orlando, riporta la analisi lucida del Galanti, che se da un lato incrociava la “coltura di spirito” di alcune famiglie a Catanzaro, Monteleone, Tropea, Reggio e Maida, dall'altro evidenziava lo stato di noncuranza di quelle stesse famiglie e degli amministratori verso il territorio abitato e i suoi abitanti («I Calabresi sono vivi ed elastici, e sono divenuti facinorosi per essere mal governati»).
Ripeto con Armido  il concetto di abitare un territorio e di mettere un abito ad un territorio, perché credo che sia lo snodo per comprendere come sia “l’abito” importante per una dignità umana. Un abito lasciato sguarnito in questo sud, sia dalle famiglie colte che dalle famiglie ricche, che poi i due aggettivi viaggiavano insieme, un abito dimesso ed elemosinante il tozzo di pane, le briciole, affinché il popolo fosse sempre facilmente ricattabile. Elemosinante.
Il Galanti porterà rendiconto alla corte del re di Napoli e nessuno leggerà…
Un feudalesimo mai finito. Con balzelli e demani, con proprietà della Curia Vescovile, con servitù mai eliminate.
Fra pregiudizio e analisi seria i racconti sono lo specchio di un non finito che da sempre è la dannazione di vivere qui, un incedere nelle paludi di un feticismo arcaico e di  una viltà nata dalla costrizione e dalla necessità.
Lo scorrere di racconti su racconti acuisce lo sbalanco, la vertigine, il senso doloroso di vivere nel vuoto precipitare e nella perfida voglia di imbrogliare qualsiasi forestiero, oppure di blandirlo perché potrebbe  esser utile.
Nella noia e nel disprezzo verso ciò che appartiene a tutti, le menti più eccelse declinano il latinorum, era questa l’impressione di Giorgio Bocca, nel suo Inferno.
 "Alla Grande" era la scritta sui muri di Capizzaglie,  come ora,   nel nostro inferno, solo nel ricordo bellissimo, malgrado la palude da bonificare,  un mare  avvelenato e una terra sporcata dai rifiuti di mezza Europa. 

Unica locanda sembra essere Il Fondaco del Fico ed unico luogo più o meno colto era Maida… più o meno, così da Didier,  Dumas e gli altri
L’ideale stessa della sporcizia.
 Lenormant intanto fa  un riepilogo  che non è più un diario ma una risalita storica fino agli Enotri.
Una risalita lunga.  Lenormant se ne accorge  e scrive “Temo di aver abusato della pazienza del lettore”
E giungiamo al 1940, dopo la bonifica dalla malaria
La bonifica e nuovi paesi. San Pietro a Maida Scalo.  Imposti dall’alto e vuoti per molto tempo. Disabitati. Non riconosciuti.
Che il silenzio sia sublime solo nella disperazione di un dolore muto…
E Giuliano Santoro aggiunge “Lamezia è un posto stranissimo, nato dall'unificazione dei paesi di Nicastro, Sambiase e Sant'Eufemia. È uno dei luoghi topici dell’immaginario del disastro calabrese.” Su due piedi. Camminando per un mese attraverso la Calabria
Termini così questa raccolta di scritti, una sistemazione di autori che altrimenti sarebbero dispersi, nella perdita continua di conoscenze.
Se ti eri riproposto altro non so, io vi ho letto questo silenzio e lo stesso difficile incedere nei sentieri ancora ostici e poco praticabili di una Calabria straniera ai suoi stessi abitanti, quella amnesia dei luoghi che tanto ci priva di occhi per vedere.
Leggo con mestizia, con grande compassione anche verso me stessa,  una appartenenza ad un luogo così difficile, nella consapevolezza  che anche queste mie stringate parole possano essere derise da lettori acculturati e felicemente non dissimili dai loro progenitori qui ben rappresentati e descritti.
Ci  salva solo la stima che si ha  per pochissimi, e solo  per quelle eccezioni che si intravedono in ogni epoca storica ed in ogni luogo e che danno il respiro per poter continuare ad aver voglia di scrivere nelle macerie e sulle macerie che si perpetuano.
Nel viaggio da Goethe a noi sulle rovine.
Le querce sono in fiore, un profumo che veleno è.
                                                                                                                          



Non Seguire il mondo come va- Michela Marzano 
I vestiti nuovi dell'imperatore. Da Débord a noi
I vestiti nuovi dell'imperatore
I ciarlatani alla corte del re. Da una favola di Andersen.
Favola che raccontai a Fabio Mollo  e Consuelo Nava, una sera d'estate, scoprendo che non è così scontato che l'abbiano sentita tutti. Una favola da imparare a memoria per capire quanto l'inganno sia potente, quanto la mistificazione ottenuta con la piaggeria sia una arma che intossica e dilapida ricchezze e intelligenze. Il re è nudo. Impariamo a dirlo davanti a qualsiasi sciocchezza ci venga fatta passare per
vera. Michela Marzano  inizia il suo libro con questa favola, io iniziavo spesso le lezioni ai ragazzini così, con questa novella. Che sia una buona novella per tutti. Il re è nudo. Non seguire il mondo come va. Un Libro con un titolo imperativo. Imperativo presente. Ora Subito, non domani. Domani sarà troppo tardi, tardissimo.
Non seguire il mondo come va.
Non fare gregge, belante, non urlare scomposti offese a politici, a professori, a medici. 
Tutte le stranezze e le varie pagine che condividete, piene
di insulti alla Boldrini, allo stesso Salvini, che Dio lo perdoni,
i casi di assassini come Elena Ceste, sono solo lusinghe.

Pagine di distrazione di massa.

Non Seguiamo il mondo come va
Diamo fiducia solo se meritano ai politici, ai professori,
all'apparato dello Stato, tutto.
Sono al nostro servizio. Se non fanno bene il loro lavoro non
avranno più la nostra fiducia, perché è la fiducia che regge

una società.
Non seguiamo il mondo come va, dappertutto
Non rassegniamoci, non sentiamoci inutili, non perdiamo la
lucidità. Ora più che mai.
Lucidi e consapevoli, cerchiamo negli studi che abbiamo
amato, nelle amicizie che stimiamo, nell'Antigone come
esempio forte di un pensiero moderno, non omologato,
capace di scindere e di far prevalere sempre l'umano, e poi
in tutti gli esempi a nostra disposizione nel grande libro della
civiltà, un nuovo umanesimo, con Foscolo.
Dal dì che nozze, tribunali ed are

Non seguire il mondo come va
Michela Marzano e Giovanna Casadio a Lamezia Terme



Questa è una guerra e non dobbiamo arrenderci.

Useremo come arma il nostro terreno di riferimento, il nostro
paese inventato, i nostri studi. Non seguire il mondo come va di Michela Marzano parla in compagnia, una bella
compagnia che è la nostra compagnia. Cartesio, Aristotele e via via ve lo dirò non per citarli come si fa qui ma per dire
come ci abbiano formato. La filosofia che luce dia ai nostri tempi oscuri. Non seguire il mondo come va, come le
Lanterne accese, le Lampade delle donne in attesa del
signore, le luci del faro che indichi una strada. La fuga o 

la lotta, indietreggiare davanti un mondo che non ci piace
Lottare. Resistere non serve a niente, caro Walter Siti. Già
te lo dissi. Non seguire il mondo come va. Scrive Michela
su domande di Giovanna Casadio che studiò con me
 Franco Fortini e Vittorio Sereni

Il giro amicale che porta Michela Marzano, filosofa e
Giovanna Casadio, Giornalista, a Lamezia terme, risale al
1971.

A Vittorio Sereni di Franco Fortini
Come ci siamo allontanati.
Che cosa tetra e bella.
Una volta mi dicesti che ero un destino.
Ma siamo due destini.
Uno condanna l’altro.
Uno giustifica l’altro.
Ma chi sarà a condannare
o a giustificare
noi due?

[Franco Fortini -da Questo muro]

Quindi un filo rosso. Da Vittorio Sereni a Franco Fortini




Civiltà e imperi del mediterraneo- Braudel oggi
Civiltà e imperi 

Storia e popoli. Un minuto di silenzio.
Un grande cimitero il mar Mediterraneo.
Un mondo pieno di traffici, di tensioni e scambi, secondo Braudel, viveva sulle rive del Mar Mediterraneo.
Seguendo il suo metodo cercherò di guardare in tre momenti diversi: La storia lenta, la storia ritmata e la storia secondo la dimensione dell'individuo.
Accrescere informazione significa spostare e rompere i vecchi problemi, incontrarne nuovi dalle soluzioni incerte. Braudel
" Il Mediterraneo è duplice. Le due scene, le penisole e il mare che le bagna, fanno di questo mare un complesso di mari."
Una tomba, uno sterminato  inferno dove i pescecani mangiano uomini che scappano da luoghi altrettanto miseri e violenti.
Mi sforzo di guardare alla storia lenta, quasi immobile, di lunghi imperi e dominanze, mi sforzo di leggere gli  altrettanti  avvenimenti ritmici di una storia veloce fatta di sommovimenti e cambi, ed infine mi ritrovo con in mano solo una pagina con su scritto il destino individuale di settecento uomini naufragati in mare.
Un naufragio di popoli, di civiltà e di imperi.
Se leggiamo questi due volumi che Braudel dedica al nostro Mediterraneo forse nessuno poi troverà ardire a fare post di qualsivoglia specie su questo continuo flusso di morti e di arrivi, di invasioni e di fughe, in una guerra senza fine che ci vedrà sconfitti, insieme.

Nella storia di sempre, nel Mediterraneo,  in cui sulle stesse  sponde furono trucidati a Cipro e uccisi a Tessalonica, in cui Albanesi si sfracellavano sulle coste dell'Adriatico, ora leggiamo queste pagine di una guerra fatta a colpi di annegati.
La guerra,  non riconosciuta, di annegati  contro un'Italia isolata e scomposta.
e con un poeta somalo trasformiamo un destino di tanti nel nostro destino



La Forma minima della felicità

La  Forma minima di felicità o una forma minima? 
Mi sono innamorata, da subito, della copertina di questo libro, o per meglio dire, di lei che mi fissa, di quel viso di bimba severo e scrutante, attento. 
Ho capito solo ora perché. Lei mi fissa e mi copia. Copia lo sguardo dei miei quattro anni.
Mi sono innamorata del libro già alle prime immagini.
 Io leggo visualizzando finestre, strade, palazzi e vi abito per tutto il tempo, non avendo altro luogo da abitare.
Ho così traslocato dalla mia casa a schiera, in cooperativa, in un palazzo condominiale, quello abitato da Luce, la voce narrante del libro.
 Tutto un euro, il negozietto della cinese è diventato il mio negozio e  ho aperto Canale 32, un canale senza tempo, che vende il 15, un anello con la doppia fascia in argento.
Seguo ipnotizzata i numeri  del condominio umano di Luce Martini, la voce narrante.
Il 51 l’appartamento sfitto
“Chi ci abita al 32? Mistero. Otto, una volta abitavo su, una volta abitavamo al 51. Vivo qui da sempre e non ho ancora memorizzato il nome della signora del 30. Chi sono i vicini? Le facce dei vicini a chi corrispondono, chi c’è dietro una faccia?”
Contiamo e corriamo e seguo la corsa della ragazza che Luce vede dalla finestra.
Tenta anche lei ed esce di casa ma 
“Ventisette, ventotto, ventinove, trenta, trentuno, trentacinque, trentasei, trentasette, cinquantatré, disequilibrio.” Attacco di panico
LE VIE DEL SIGNORE DEL SIGNORE SONO  IN COSTRUZIONE. D’IO
I post-it appiccicati nella bacheca giù, il cartello di affittasi, i messaggi incollati sul calendario, la colla Attack e lei, Bambina, la bimba, figlia di Yuri, fratello di Luce, fissa.
 Bisogna attaccarle subito le cose, altrimenti scivolano.
Il piano inclinato dove scivolano i giorni
OGNUNO  HA IL SUO DESTINO. CHIUNQUE SE NE FOSSE RITROVATI DUE, E’PREGATO DI LASCIARNE UNO  IN PORTINERIA , GRAZIE D’IO
E poi ” Vorrei sapere tutto di te. V.
Pure io, a chi possiamo chiedere? A.”
Potrei continuare a scrivere delle telefonate che Luce fa con la mamma, dialoghi interrotti, scivolano anch'essi sul piano sincopatico della ripetizione, del non detto, dell’abitudine.
Potrei “ leggere attentamente le distruzioni. D’Io”
“Si prega di non parlare a sproposito Si prega di non parlare a proposito Si prega Si prega anche se non si crede Si prega per disperazione Si prega con dubbio Si prega in mancanza di Dio Si prega di far comparire un sostituto Si prega che sia convincente.”
Ho adorato ogni cosa di questo libro, scritto come io vorrei saper fare e non so, e, ferma alla preghiera di non parlare a sproposito, ringrazio l’autrice della fiducia nella mia unica abilità posseduta, il dono della sintesi, augurando al suo libro lettori innamorati come lo sono io.

e questa sono io

fisso uguale?




Una Piccola felicità- La forma minima della felicità
Una Piccola felicità... in due
Una Piccola felicità in due

Costanza Falvo D'Urso aveva già presentato il  libro con le  parole: “Una ventata di positività, di sentimenti buoni e universali, come l’amore, l’amicizia, la rinuncia, il sacrificio, la carità, la solidarietà, la speranza, la delusione, la fede, il credo religioso e quello familiare.”
Il credo.
 Credere, fermiamoci e iniziamo da questo verbo oggi: Credere.
Credere possibile la comunicazione tra noi, quella comunicazione di sentimenti, non solo merce di scambio.
Siamo qui, stasera, perché crediamo possibile parlare di un libro per il semplice piacere che il  libro ci ha dato, il piacere di credere che esista  amicizia e sincerità.
Nata così questa serata, dal piacere, come  scrisse la Mansfield, di poter parlare insieme di un libro lieve e garbato, un garbo antico delle piccole cose che fanno felicità.

Eravamo io e Giovanna Villella in libreria una sera di mesi fa, ad una noiosissima e supponente dissertazione  su  un libro non vero, in un momento di grande disagio, ad una presentazione impolverata di letteratura da correggere con doppia matita blu.  L’autore pensava di essere il re dei romanzieri e gli amici a codazzo  gli ripetevano quanto fossero onorati  in presenza di Manzoni redivivo.
 Io e Giovanna ci siamo guardate interdette e lei, proprio per allontanarsi da quella melassa, mi confida:- Sai, sto leggendo un libro molto carino, "Una piccola felicità", lo hai letto?-
- Certo che sì- rispondo felice- letto e scritto su uno dei miei pezzi corti, veramente novelle  garbate, una lettura piacevole-
E mentre sorridiamo felici di nostra sintonia abbiamo già scordato il romanziere della polvere grigia…
Dopo qualche tempo ho raccontato episodio a Costanza e siamo qui in due perché come ho letto da Katherine Mansfield:- "Il piacere di tutta la lettura è raddoppiato quando si vive con un'altra persona che divide gli stessi libri." Quando si è amici di un'altra persona è felicità  se  si può parlare con lui o con lei  del libro letto… vero? Il libro come relazione con l’altro è.
Uno dei libri di Katherine ha per titolo: “ Felicità” Edizione il Saggiatore.
Dico l’edizione perché  poi è compito delle case editrici amare quella felicità e donarla, come ha fatto Calabria edizioni, di Anna Maria Persico, a dar vestito e Carlo Carlei  a far il progetto grafico. 
La tipografia, scrive Alberto Manguel, ed io riprendo dall'inserto culturale del Sole 24 Ore di domenica, è per la letteratura ciò che la performance musicale è per la composizione: un atto essenziale di interpretazione, pieno di infinite opportunità per una resa geniale o irrimediabilmente ottusa.
Felicità, appunto. In questi giorni esce un libro di una scrittrice, mia amica, Francesca Marzia Esposito,  che ha per titolo:- La Forma minima della felicità- di cui mi riprometto di parlare in un altro luogo e nell'augurare a lei e a tutti noi felicità

Diciamo che, per noi, ora felicità è poter  parlar di Giovanna Adamo Caparello e del suo libro 
Un libro fatta da tante lettere. “Due Fratelli”: Una lettera mandata da un soldato, in Russia,  alla sua mamma.
 Lettera suggerita dall'altro fratello, più piccolo, morto e di cui il soldato non sa. Nessuno dei due figli riabbraccerà la mamma  ma la lettera lenirà il dolore, quando lei  si accorge che il figlio aveva scritto due giorni dopo della sua implorazione  sulla tomba dell'altro.
“Risposarsi”: Bigliettini protagonisti. Tutti con lo stesso nome. Con il nome della persona amata e morta, presente ora nel formarsi di una nuova famiglia, negli affetti. Delicatissimo il racconto di un marito  che rispetta il passato e l'amore che sua moglie ha avuto  per  un altro uomo morto. 
“L’ospite inatteso”: Mio marito emigrò e inutili furono tutte le mie insistenti lettere…
Lettere   “Il corteggiatore”: tutte le lettere che  amiche scrivono ad una altra  per fingere  esistenza di un corteggiatore. Lettere che invaderanno la  vita della protagonista e quasi rovinando  la realtà. La finzione che arriva per lettera. La cattiveria irresponsabile 
Lettere che inverano invece…
Tutte le lettere che Giovanna Adamo Caparello, calandosi nella storia di ognuno e rivivendone i personaggi,  avrà scritto nella sua vita, visto che si rivolgevano a lei  moltissimi analfabeti, mamme, figli, fidanzati e parenti per mandare notizie ai loro cari in Australia, in America.
E L’America è lontana… In Argentina, dove sparivano i mariti, gli uomini andavano si rifacevano altre famiglie poi tornavano malati, per essere accuditi… da “L’Ospite Inatteso” un'altra sua novella.
Senza acredine,  lo dice, con affetto, quasi, con comprensione, con quello equilibrio della saggezza  verso la condizione umana.
Equilibrio che dà felicità. Piccole cose. Conoscenza del limite. Infatti Giovanna finirà sua attività di collaborazione con Rizzoli nel momento più bello.
Lei, in ogni novella, ha ripetuto come un mantra,  che sentimenti ostili possano trasformarsi in benevolenza ed affetto se sappiamo e siamo pronti ad accettare quello che l’altro ci dà,  nella “ La seconda madre”
Come si possa ritrovare una persona creduta scomparsa “ La casa tra i monti"
  Come si possa sempre ricevere un regalo inaspettato " Una sorpresa"
e poi nella novella che dà il titolo alla raccolta " Una piccola felicità" Anche qui una lettera in cui si comunica che l'uomo è disperso in guerra, viene trascritta, alla maniera del postino di Domenico Dara, dalla moglie alla mamma moribonda del marito per confortarla e "ripagarla di tutte le sventure della vita" 

E come il postino del libro " Breve trattato sulle coincidenze" anche Giovanna Adamo Caparello, cinquanta anni prima, fa aprire dalla protagonista del racconto lettera con la ceralacca chiusa, riscrivere lettera, nella coincidenza felice di incontro fra scriventi.
Lettere mandate per far felici

 “ Quando siete felici, fateci caso” In  questo volume che sono i nove discorsi Kurt Vonnegut fra il 1978 e il 2004,  Uno dei suoi pensieri: «Mark Twain, alla fine di una vita di profondo valore, per la quale non aveva mai ricevuto un premio Nobel, si chiese per quale scopo vivevamo tutti quanti. Tirò fuori cinque parole che lo soddisfacevano. Soddisfano anche me. E dovrebbero soddisfare voi. “La stima dei nostri vicini”». E questa era sicuramente quello che soddisfaceva anche  Giovanna Adamo Caparello
Vado a memoria scrivendo e sorridendo di noi, umani, che più i tempi sono complessi maggiore è il compito che diamo alle parole per lenire il disagio.
Cara Costanza, ho sempre i tuoi consigli in testa…
 E mentre vedo l'autrice con in mano foglio e penna, busta e francobollo, scrivere il mittente, credo che Giovanna  abbia dato istruzioni leggeri come
“Istruzioni per rendersi felici” Di Armando Massarenti
Così come “Una piccola felicità” anche Armando  Massarenti narra di Epicuro, della sua vita morigerata e del suo “quadruplice principio”: “Non aver paura degli dei, non temere la morte, il bene è facile da acquisire, il male è facile da sopportare”; dello stoico Epitteto che si esercitava ad ignorare ciò che non era in suo potere; di Boezio che si consolava con la filosofia pensando che niente può esser triste se non lo consideriamo tale; di Zenone di Cizio che cercava in tutti i modi di evitare il dolore; tutto per cercare di essere felici, o quantomeno di avvicinarsi a quella che credevano essere la felicità, in pratica la serenità d’animo, l’assenza di turbamenti, ingredienti utili al cammino verso la felicità, come il giusto equilibrio tra ragione e passioni, le virtù, l’amicizia. Il tutto condito con psicologia, neuroscienze, teoria dei giochi  e una certa leggerezza che non guasta. Infondo il sorriso fa parte della felicità.
Come nelle novelle che abbiamo qui
come in un altro libro che vi ho portato e mi sembra molto simile  
“Il sale della vita”  compagno di una piccola felicità
Il sale della vita di Francoise Hèritier
La felicità è un concetto astratto e soggettivo, ha a che fare con l'appagamento di tutto ciò che desideri, ma, ecco, se tu scegli di limitare il tuo desiderio a qualcosa che puoi gestire, controllare, che sei in grado di affrontare, allora puoi sentirti felice anche chiusa in casa, piazzata davanti a un canale monotematico di televendite, senza audio, e tu lì fissa a farti di onde alfa davanti alla luce bluastra della tv.
Ritornando a Costanza, credere  che  certe lettere e letture  in realtà  danneggino quanto  le cattive azioni e le bugie   ed  altre invece illuminino un vivere fatto di affetti è separare le maldicenze, lo stupidario quotidiano, la cortigiana adulazione e credere in quello che Costanza scrive nella sua prefazione al libro:  la stima data a chi la merita.
Dimenticai Seneca... De Tranquillitate animi. La Prossima volta.


Zerocalcare- Dimentica il mio nome

Zerocalcare e Gipi
Gianni- Gipi- disegna una copertina numerata del libro di Michele, Zerocalcare.
Amicizia vuol dire esserci, nel mondo dell’altro.
Trovo stupendo questo gesto, lo trovo prezioso, per questo riporto nel mio blog l’ammirazione verso entrambi, che non conoscevo se non per un tam tam su facebook.
Dal web prendo stralci di  intervista di Matteo Macor a Gipi.
Gianni Pacinotti in arte Gipi, 52 anni, oggi forse il più grande illustratore e fumettista italiano, maestro dell'acquerello e antidivo di successo. Primo fumettista ad arrivare in finale al Premio Strega con Una storia, nell'edizione 2014 ( il protagonista Landi è affascinato dalle lettere ritrovate del bisnonno, soldato nella carneficina della Prima guerra mondiale, che dalle trincee scriveva a casa.  )
Gipi: i social danno l'illusione di poter partecipare, ma non influiscono minimamente sulle dinamiche del potere"
“È difficile farsi un'idea di chi ti segue e compra i tuoi libri. Facebook illude di poterlo fare, ma è tutta aria, non modifica di un millesimo la realtà.”
"Con Zerocalcare ci siamo conosciuti perché tutti continuavano a confrontare i nostri lavori. All'inizio ero invidioso di tutte le copie che vendeva, rosicavo tantissimo: prima di conoscerlo speravo quasi mi stesse sui coglioni. E invece siamo diventati amici”

Zerocalcare, Michele Rech, è uno dei più bravi fumettisti italiani. Dal suo  blog, Michele, che vive  a Rebibbia,  ha conquistato la Rete per giungere  in libreria con  quattro volumi. Dagli zombie a Star Wars, da Street Fighter a Robin Hood, le tavole di Zerocalcare sono un concentrato di autoironia e citazioni, senza dimenticare  Armadillo, personificazione della coscienza dell’autore.
Leggo  “ Dimentica il mio nome” la scena della morte della nonna. La paura di guardare la paura negli occhi dell’altro, che ha paura di morire, è una paura grande. Io ho sempre paura della paura che ha l’altro e che non  posso alleviare.
Esistono però strumenti personali che aggirino la paura della paura che ci lascino…
Le nonne
Una  storia
Da un libro al  Premio Strega ad un altro 
Strega sarà perché 
nel regno della Litweb si è. Auguri  




Dove eravate tutti- Paolo di Paolo
Dove eravate tutti- Paolo di Paolo


Leggo e mi commuovo. Mi trovo gli occhi pieni di lacrime e mi do della cretina dicendomi che è solo un romanzo.
Non mi succede da moltissimo tempo di piangere commossa. Anche il protagonista sta piangendo.
“ Nessun gioco di prestigio era riuscito. Perciò, a questo punto l’unica cosa  confortante a cui pensare era che… in linea di massima”
“ Il mondo sarebbe per noi irriconoscibile se mancassero sei, sette persone. Solo sei, sette, sui miliardi che siamo”
Sei o sette con i quali ci intratteniamo su banalità del quotidiano:- Puoi ridarmi la chiave della macchina? Hai perso di nuovo il telecomando? Non potresti smettere di ripetermi le stesse cose e smettere di criticare ogni cosa io faccia?-
Sembra, nel leggere, sentire un coro di singole unità che cantano il Prologo, su una scena, in stanze tutte per noi, nelle stanze di case, tante case, con ripetitori accesi sulle onde di una radio famiglia, radio conviventi, radio amici, radio ascolto.it
“Di quanti luoghi e ore dispone un figlio, per parlare a sua madre?”
Due persone, di qualsiasi sia la natura del legame, hanno in ostaggio molte cose l’una dell’altra. Molte cose che non sono oggetti. Molte cose che non si possono scrivere, non si sanno scrivere. Non si devono scrivere. Solo  la letterarietà rende possibile la trasposizione del racconto, con i suoi tempi.
Il tempo che sedimenta e cambia tutto, il tempo che comincia a correre strano, poi si cresce, non si cresce, in effetti.
Dovete eravate tutti di Paolo Di Paolo si trova in biblioteca, donazione di Gianni e Graziella Riga.
 Graziella Riga, professoressa di latino e greco, al Liceo classico di Lamezia terme e deputata per il PCI, forse unica donna deputata fino ad allora, nel mio paese. Sono morti entrambi, fratello e sorella. Soli.
Lei è stata trovata dalla donna delle pulizie sulla poltrona, seduta davanti la TV.
Nelle grandi e vuote case rimaste dopo che soffiò a lungo   il vento del deserto.
Dove eravate tutti:- “ Cosa devo vedere? Com'è crudele mettersi a scrivere della vita degli altri” perché scriviamo sempre cose che non abbiamo raccontato a nessuno. “ Per questo si chiamano segreti, sono le cose segrete che uno affida all'altro senza pensarci troppo” in un  patto di fiducia
“ Quando mostra uno strano segno sul polpaccio e spiega che storia c’è dietro”

questa cosa mi è successa davvero con un amico caro, che, nel mostrare il polpaccio  e raccontare la storia del segno, ha aggiunto:- Non lo direte a nessuno, vero?-
Non posso restituire questo libro in biblioteca, me lo ricomprerò.
 Lo tengo da giorni e giorni accanto a me e staccarmi mi addolora. Un libro amico mio è. Mi succede raramente ormai.
Paolo Di Paolo mi assomiglia  ed abita nella stessa casa  ideale dei riferimenti che portiamo in testa.  






La storia passa per Seminara- Santo Gioffrè

Il romanzo storico di Santo Gioffrè 
“ Inizia con grande affresco di battaglia nei pressi di Seminara 1503
Calabria Spagnola dopo la parentesi aragonese”
Parla Francesco Bevilacqua ed io prendo appunti, in sintonia con suo  fluire.
Questo romanzo vi sorprenderà per lo stile del linguaggio
“ Con che linguaggio lo scrive? Barocco, quasi contorto, ricco, come se fossimo in quel tempo lì”
Com'è giusto che sia, asserisco anche io, fra me e me.
Dopo grande affresco storico su battaglia che viene studiata nelle Accademie Militari perché attuata con una tecnica nuova e sorprendente, il romanzo  passa alla storia individuale di  Consalvo e del  suo daimon.
Consalvo, il condottiero, Consalvo vincitore ma ammalato è soccorso da Carlotta che lo cura e lo salva.
I due diventano amanti in uno scambio sensuale che farà di Consalvo un uomo nuovo. Lui un goto, diverrà romano, ed insieme  un uomo del rinascimento. Carlotta pacifica Consalvo all'umanesimo.
Intanto, nel grande sacco, nella grande cornice degli avvenimenti mondiali:  Isabella e Ferdinando bruciano gli eretici
 arrivano i soldi dall'America in Spagna e nasce colonialismo
Francesco Bevilacqua ha portato una valigia di libri, il suo trolley personale ed estrae un libro dopo l’altro, per dirci cosa sia e cosa vuol dire romanzo storico e a cosa serva se non a dare ad ognuno il ritorno ad Itaca, al nostro paese, alle  radici.
Incomincia da Enrico de Martino e dal  villaggio che devi avere e che puoi avere solo se lo conosci, se lo vedi, se lo narri.
 Come  Santo Gioffrè genius loci di Seminara: il custode
 che narra, regalandoci con la narrazione gli occhi per vedere i nostri luoghi.
Nella poesia che unisce: ora Francesco sta leggendo dei versi di Rilke, che dedica a Santo Gioffrè “Nasciamo, per così dire, provvisoriamente, da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo, e ogni giorno più definitivamente.”
 Provvisoriamente lasciamo un luogo per ritornarvi
E qui mi fermo sulla ultima considerazione di Francesco  sul potere che corrode,  fa diventare stupidi le persone non forti, non abbarbicate ad una personalità costruita con sapienza, la  sola ad offrire questa unica verità: Il potere è un servizio.
 Quando comincia a parlare Santo Gioffrè sui tempi indolenti della scrittura, sui personaggi da lui amati e studiati, Leonzio Pilato, il primo umanista, Artemisia Sanchez, storia ispirata ad una storia vera della Calabria di fine ‘700, la Madonna nera di Seminara…
Quando parla lui smetto di scrivere
Seguendo simboli e significati, regni costruiti con violenza, barbarie,  e ricostruiti, unificati sotto  la grande potenza di una immagine sacra, la Madonna; Madonna che da bianca  diventa nera, nella rinascita e nella luce delle beatitudini di San Luca.
 Nella commistione di un potere che ha avuto bisogno, per regnare, del sacro, mi fermo.
Sul regno  













Francesco Recami-Piccola enciclopedia delle ossessioni
Effetti personali.


"Oggi le parole chiave sono: prosumer, impollinazione, social, empatia"
Tu chiamale, se vuoi, emozioni.
Ridendo e ridendo, di una risata che non ricordavo più da tempo, ringrazio Francesco Recami che ha scritto quello che io penso da sempre, senza contestualizzare.
Aldo Varano mi illuminò tempo fa.
Aldo- gli dissi senza modestia- Marc Augé scrive quello che scrivo anch'io-
Vero- mi rispose- solo che lui contestualizza-
Ridendo, senza fermarmi, cercherò di evaporare  una evaporazione del padre, della madre, del figlio, in una Direzione Coesione Sociale, in  Codice Rosa, agitato da  una Serenella Buti che meriterebbe anche lei lo stesso trattamento della Cinquecento rosso bordeaux e bianca...
"Fatti vedere da un buon medico, è la cosa più inutile e offensiva, ipocrita e deleteria, che si possa immaginare"
Che poi. a me, un certo Dottore Veronica, un luminare, mi mise una piuma sulla spalla e mi prescrisse di togliere tutte le etichette dei vestiti, che provocano scoliosi, deviazione della masticazione e zoppicamento della gamba sinistra. Sappilo.
Se ci conosceremo ti racconterò il resto, ne potresti fare una trilogia. Ahah
Chiameremo "Il gruppo di lettura" in riunione e faranno evocazione e devocazione... su tutte le emozioni che una lettura dà.
Una emozione io non so che  cosa sia ma ho imparato che va buttata via, cantava Gaber
Altro che i miei post!
 Francesco Recami sei tutti noi che non ne possiamo più neppure di conversazioni come "La cena estiva" (Doxa) doxa, perché? Io scrissi un incontro a tre, su comunicazione verbale fra amiche ad un desco, in terrazza. "Tre Donne, Tre ore, Senza dirsi Nulla" ma già ora dopo aver tanto riso, impercettibilmente cambio umore e una tristezza mi invade sul vuoto del conversare, sullo sciupio di relazioni, su scherzi scemi che possano rivelarsi disastrosi come in ECG con prova da sforzo. Un disordine psichico che va dal prestare eccessiva attenzione all'alimentazione ad una dipendenza compulsiva del cellulare e si allarga nei comportamenti fissati di individui catalogati in schedari improbabili, vittime delle categorie di un pensiero chiuso.
Mi rileggerò Francesco Recami, che già avevo apprezzato nel "La Casa di ringhiera" e completerò questo mio pezzo giorno per giorno, nel piacere immenso di una lettura ben fatta, piacere che solo libri ben scritti danno.





Blu Cavolfiore di Maria Caterina Prezioso
Blu Cavolfiore in caratteri grandi
“ Gli esseri umani si muovono sempre e solo a causa di una idea, di un pensiero, anche se solo sotto forma di istinto.”
“Partendo da Abramo”, sto leggendo nella prefazione “noi eseguiamo ogni nostro movimento, perché mossi da qualcosa, che nella nostra mente ci sveglia, ci interroga, ci allarma, non ci dà tregua”
In un istante sappiamo tutto.
 L’autrice è di origine ebraica come Abramo e Mosè,  Blu Cavolfiore non risponderà alle domande topiche ed ormai scontate del Chi, Da dove e Dove, ma si chiederà il  perché di ogni cosa, nel dubbio che qualcosa sfugga. Una bussola, mi sta dicendo Gian Stefano Mandrino che cura la prefazione,  fra due esseri, un mistificatore ed uno sopravvissuto in fuga.
 Cara Maria Caterina Prezioso, mi sembra di conoscerti.
 Si comincia così partendo da dodici anni fa, da quando hai iniziato a scrivere questo,  e mi sembra molto interessante il lavorio che ci sarà stato  “Non ho la pretesa di svegliare coscienze sopite, ma ho assunto l’assurdo diritto di mobilitare un popolo in fuga.” Un compito civile, di civiltà.  Due personaggi: Jacob un sopravvissuto e Jurek un mistificatore.
Jacob: “C’è sempre un quasi, dove il mediatico regna, dove i nuovi signori feudatari, quando gli è permesso, ci sguazzano dentro”
Inizia una partita” Veloce, abbandoniamo le carte, da ora in poi si gioca con i dadi.” Si comincia con Harrison, dal suo romanzo il film I sopravvissuti e Berto “Il male oscuro” nel 1987 e nel frattempo siamo nell'ufficio Brevetti americano. Questi  dichiara con una ordinanza che tutti gli organismi viventi pluricellulari, ivi compresi animali, sono brevettabili. 
Continuo a leggere, mangio fetta di pane ai cereali, pane di un forno locale, venduto presso fruttivendolo, e vi spalmo ricotta prodotta, in zona, da caseificio di cui mi fido. Non dovrebbero, nessuno di questi, essere prodotti mistificati.
 Pia Illusione.
 Sono di ritorno da assicurazione che mi chiede 750 euro, sei mesi,  per Panda viola, la mia. Ad una signora, prima di me, al banco, vengono fatte le condoglianze. Morto suo figlio di 27 anni per leucemia fulminante. Qui diffuso modo di morire. Quando io chiesi al direttore generale della Sanità se esistesse un registro tumori per la Calabria lui disse: Certamente,- e poi aggiunse- cara signora siamo nella media nazionale!-
Continuo a leggere con negli occhi il Film “ Le meraviglie” quando le api muoiono avvelenate per prodotto che il consorzio ha dato al contadino.
Il Consorzio. Provengo da una famiglia di coltivatori diretti e so come tutto il veleno fatto agli alberi venisse chiamato ”medicina”
Facciamo la medicina alla frutta, dicevano ed aggiungevano a casa, se non la facciamo nessuno comprerà frutta con macchia. Uno strazio. Ci avveleniamo avvelenando. La fine del mondo sarà. Augurandoci che sia veloce, oppure che si trovi il volano per invertire e sterzare. Continuo a non voler vedere più intorno a me il mondo di fuori eppure tutto mi arriva a casa, ora sotto forma di tua invettiva, di tua ricerca, Maria Caterina, una ricerca attenta, da studiosa responsabile che crede, come me, unico luogo sia la scuola.
 Iniziare dai banchi, dal luogo dove si può parlare di inginocchiatoi, di singoli, di esseri.
 ADHD: una volta venne lo scrittore Carofiglio e ci raccontò che lui era uno alunno irrequieto, ora, aggiunse sorridendo, mi avrebbero diagnosticato la sindrome adhd e mi avrebbero dato il Ritalin. Terribile cosa. Ribelliamoci. In questa partita a scacchi non ci saranno vincitori
 Film Trashed, mi viene in mente con i suoi orrori

L'uomo intelligente risolve i problemi. L'uomo saggio li evita". da Einstein
Intanto le due memorie, la ebrea e la napoletana, il popolo che ha fatto il patto con Dio, e il popolo che ha fatto patto con il destino, sembrano essersi preservate.
Cosa si è salvato ancora?
II PARTE

Continuo a leggere di esseri umani impazziti ed egoisti, continuo a
leggere su storie terribili che insegnavo a scuola, a piccole dosi, perché,
 se il veleno deve diventare antidoto, noi dobbiamo prenderne pochissimo.
“Pwca il folletto, esce dal bosco dove ha seminato le reti del sonno e le reti
del solletico ed anche le reti del riso lungo.
Pwca aspetta il forestiero che dovrà passare dal bosco.”
Qui sono proprio a scuola con loro “Il Popolo di Seattle nasce nel 1999
 durante una Conferenza dei Ministri, durante il WTO.” Il movimento conia uno slogan, puoi leggere, puoi pensare, puoi intuire che un altro mondo è possibile
“E allora Pwca piange vicino perché non è stato possibile e non sarà possibilesenza spargere neanche una goccia di sangue, neanche
una goccia del tuo sangue.”
III PARTE
Blu Cavolfiore
Stranissima cosa intanto succede. Abito a pochi chilometri da Maida,
 la mia proprietà è nel comune di Maida, una mia amica è di Maida e suppongodi conoscere cosa succederà a Novi ligure.
“Mi piace pensare” invece termina questa storia ingurgitata troppo in fretta, scritta in tempi lunghi, ma che dà l’idea di essere scritta in pochissimi giorni,giorni di rabbia e di stupore, giorni di maturità.
Intanto che litigo col formato word del pc, intanto che sedimento il troppo
dire e raccontare fra due contendenti che si accorgono del non contendersi,
intanto che il digiuno poté su…
Blu cavolfiore mi sembra una denuncia, e come tutte le denunce deve
 porsi dei limiti per non espandere troppo il luogo finendo per esaurirlo.
Restringere per colpire, se colpir si vuole.
Nel seppellimento di Santa Lucia del Caravaggio più la scena si amplifica,
più lei resta sola.
Lo stesso straniamento che prende leggendo questo Blu, colorato da una
mente troppo appassionata per aver il distacco dalla tela. Solo con pochissimo distacco riuscirà a fare nel blu dipinto di blu  un volare più blu   













Gianpaolo Ferrara e la letteratura americana
Quando ti ricoverano porta le armi- Gianpaolo Ferrara

Quattro racconti scritti amando tanto la letteratura americana, i luoghi e i dialoghi di un’Alabama che poi nome di suo cane è.
Sorridendo di me stessa io scrivo dopo lettura e riassunto di pagine 420, lette in questi giorni grigi ed invernali, umidi e internazionali, anzi intercontinentali, così come sono questi quattro racconti, nati a Benevento, scritti a Minneapolis, corretti a Roma e mandati da Sant’Angelo a Cancelli
Prima bozza, Benevento 1996
Prima versione, Minneapolis 2006
Seconda versione, Roma 2013
Ultima versione, Sant’Angelo a Cancelli (AV) 2014
 Lo leggo per amicizia, per relazione umana, per piacere. Leggo sempre come se leggessi me.
“ Le fantasie adolescenziali su di una vita da scrittore maledetto, si erano realizzate. In qualche parte dentro di me, sapevo che c’era qualcosa di sbagliato, la parola non superava la carta, come se la carta fosse stata un buco nero che mangia tutto e tutto prende dalle costellazioni dei miei pensieri, del mio animo e si disintegra. L’estraniarsi dal gruppo e godere dello stato di bandito, ad esempio, era una cosa che avevo sempre fatto e mi piaceva. Io godevo nell’essere escluso, nell’avere il ruolo della vittima. Non appena qualcuno prendeva seriamente in considerazione le mie qualità, quelle poche, in me nasceva come un pagliaccio che voleva distruggere tutto e così è stato... Una notte ho dato fuoco anche a questo boschetto.”
Ho fatto lettura accurata e attenta e credo di poter dire con modesta certezza alcune cose.
Giampaolo ama la letteratura americana, quella di Taxi Driver
 Martin Scorsese incontra Jan Paul Sartre, La Nausea 
“Che cosa c’è da temere da un mondo così regolare?”.
“Ho paura di quello che sta per nascere, che sta per impadronirsi di me… e trascinarmi, dove?”
Così lui, Il Maratoneta, il primo racconto, è una allucinazione. Allucinazioni…
“Il maratoneta – che è in ognuno di noi come un istinto – prese il sopravvento sulla mancanza di gusto … perché farsi morire, è dovuto essenzialmente a una mancanza di gusto, all’incapacità di valutare il bello; il continuo, silenzioso, pericoloso trascurarsi.”
Lissa e San, i due protagonisti, se di protagonisti possiamo parlare, Si domandano chi siano. Abbiamo per risposta le nostre stesse risposte.
“Quando si incontrano tra reduci di stermini diversi tutto ciò sia sottinteso – e non ne parlino. Per comunicare quella roba lì, utilizzano la risata, la cui funzione – una delle tante – è proprio quella di tenere in vita della polvere di memoria senza alcun lamento funebre.”
Qui mi sono interrogata sulla mia risata, utilizzata per fuggire via dalla polvere di memoria.
Ho continuato a fare  copia incolla di   rabbia e  razzismo nelle strade americane, la verità nascosta sul sogno americano di possibili integrazioni dopo tante cancellazioni, dopo tanto disprezzo.
“Dal racconto di Lissa:-È lì che compresi cosa volesse dire quella frase, ignorare è il maggior disprezzo o roba così.  In quell'occasione, però, dentro di me si fece sempre più nitida l’impressione di essermi innamorata di un involucro vuoto.”
Scriviamo dunque per non ignorare e il maratoneta finisce proprio per darsi un compito, malgrado l’allucinazione collettiva. “ Sono un maratoneta e percepisco la mia forza sulle pagine del vento. Non corro per vincere, ma per trasportare. Avvenne così, corsi per portare la parola. Io non sono un corridore, io sono un maratoneta, un messaggero.
 Il secondo racconto “La Poltiglia” è una allucinazione familiare, un dialogo fra autore e personaggi alla Pirandello. Sei personaggi in cerca d’autore nella testa di  lui scrittore che ha moglie e figli. Moglie e figli che si accorgono di lui stranito in un dialogo di cui loro non fanno parte. Ho riso molto, guardando viso di mia sorella, annoiata dal mio dialogo muto e scherzoso con personaggi non presenti al desco familiare, i personaggi di Giampaolo.
“ l’iniziare a nascondere ti fa uomo, nel bene, nel male, da qualche altra parte, e soprattutto raggiunge la certezza che il padre non è né più né meno che un uomo.    Forse dovrei scrivere un libro centrato su quest’argomento, pensò lui. Libertà e costrizione”
Libertà e costrizione
Leggere comunque ci salva la vita, come una telefonata, come una chat. Libertà nella costrizione

Quando ti ricoverano porta le armi: Un libro
                                                                     










Di quel viavai… Nell’arenaria di Franco Araniti
 Nell'Arenaria

Roccia detritica costituita da elementi sabbiosi cementati più o meno tenacemente- arenaria compatta o sbriciolata grossolanamente come la scrittura di ciottoli vari sparsi fra prosa e poesia di un cammino scomodo.
Impegno politico, lotta sociale, ingiustizie e momenti individuali espressi con rude e partecipata presenza; una rudezza franca e risoluta nei fra(m)menti “ Di quel viavai sono segnato” scrive Araniti nel Prologo
Risalgo  alle sorgenti del Calomeno senz’acqua/secchi farranchi e massi stanchi… parole e pietra vivono tra i fiori della ginestra
Mi porto dietro il suo gentilissimo dono, da giorni, il dono della fiducia e dell’ascolto, e rileggo sottolineando e intrecciando col mio quotidiano i suoi pensieri. “ Sui treni scrivo poesie per condensare il tempo/ che non passa mai: mentre il fuori/ al finestrino che velocissima/mente scorre, è lento/e la distanza allunga, oltre i miei pensieri.
Intreccio di vite che non ci appartengono più, nel momento in cui le raccontiamo, intrecci di momenti di tutti e di sofferenze individuali… “versi raschiati
Nel cammino aspro e irto di una crescita dal Prologo al D’amor maturo  “sento, comunque, il ribollire nell’acido, o, almeno, così mi pare”
“Devo anch’io urlare, ma non posso” lamentò il poeta…
Affidare al foglio l’immortalità, scrivere col sangue e poi svegliarsi.
Ho pensato anche io all’immenso dispiacere di vedere tutti i miei pezzi dispersi, un giorno ho strappato tutto e non mi sono sentita triste, ne sono stata sollevata, li ho riscritti e continuo a scrivere, leggera e consapevole che anche questi saranno persi come gli altri.
Resta però incredibile il dono della relazione con l’altro, il filo che lega uomini in conoscenza all’intrasattu“ U cuntu cu campa è Buendìa che risale la nostra discesa. “L’azzurra sorgente dell’Acheronte” di Emilio Argiroffi che amiamo entrambi, unico e solo, amato e scordato.
Poesia che…
Giorni per giorno ti perdo
Negli istanti delle altre cose da fare
Mi passi per la mente
E non ho tempo per raccoglierti
 ti svegli al suono di una memoria
E svanisci profumo non fissato”
Come avremmo mai potuto noi salutarci da VertigoArte, scambiarci i nostri racconti, la stima, se non con l’ausilio di un racconto? Il filo, una gugliata,  è infatti argomento della mostra.
E stamani ricordando le città invisibili di Calvino “A Ersilia, per stabilire i rapporti che reggono la vita della città, gli abitanti tendono dei fili tra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco-e neri a seconda se segnano relazioni di parentela, scambio, autorità, rappresentanza. Quando i fili sono tanti che non ci si può più passare in mezzo, gli abitanti vanno via: le case vengono smontate; restano solo i fili e i sostegni dei fili.”
Luca Marmo, sindaco di Piteglie, comune di Pistoia,  sta scrivendo questo su facebook, rispondendo ai miei fili con fili nuovissimi:- Sul VOIP. Pensa com'è intricato il mondo!-
Mai avrei creduto possibile che io potessi intrecciare miei pensieri con te, con Luca, con moltissimi altri, avviluppati nella bellissima arte del racconto.
Così “ quando la paura ti morde/e nell’angoscia ti sperdi/ ricorda/ tuo nonno Melo mio padre/che a sette anni appena/si è smarrito nell’Aspromonte
Ricorda tuo nonno Melo mio padre/che non hai mai conosciuto/
Quando ha capito che i suoi ricordi/giorno dopo giorno cadevano come foglie/ancora nell’estate…ha pianto… riconoscendomi dopo sette anni bui da un lampo della mente
Quel lampo, caro Franco, illumina le nostre letture, quello che  scriviamo per una esigenza vitale, come atto d’amore verso i libri amati, verso la storia e gli ideali in cui abbiamo creduto, verso quegli affetti individuali che vivono e compongono il nostro stesso tessuto corporeo, il nostro DNA.
Non possono morire, è un viavai…d’amore.

                                                                                 

Dora Bruder- Patrick Modiano


Patrick Modiano- Se perdo te non perdo te
Dora Bruder
Scomparsa due volte. 31 dicembre 1941 e morta ad Auschwitz nel 1944
Modiano racconta l’orrore raccontando se stesso, il suo rapporto vuoto con genitore, il suo essere solo con la sua scrittura, i suoi occhi che vedono oltre le carte, la burocrazia, il numero.
“Ci vuole tempo per riportare alla luce ciò che è stato cancellato. Sussistono tracce in alcuni registri e si ignora dove siano nascosti, quali custodi veglino su di essi e se quei custodi accetteranno di mostrarli. Può anche darsi che ne abbiano semplicemente dimenticato l’esistenza."
Si dice che i luoghi serbano una lieve impronta delle persone che li hanno abitati. Impronta, segno incavato o in rilievo. Per Dora Bruder e genitori, Modiano dice: incavato.
“Ignorerò per sempre come passava le giornate, dove si nascondeva, in compagnia di chi si trovava durante l’inverno della sua prima fuga…
È il suo segreto. Povero e prezioso segreto che i carnefici, le ordinanze, le autorità d’occupazione, il Deposito, le caserme, i campi, la Storia, il tempo – tutto ciò che insozza e involge – non sono riusciti a rubarle.”
Nella storia dell’intolleranza e delle faide sociali, inutili, senza senso , ma tremendamente sanguinose e feroci bisogna ricordare una semplice frase.
Del libro di Jean Genet “ Il miracolo della rosa” Modiano cita questa“ Quel bambino mi faceva capire che la vera sostanza dell’argot parigino è una mesta tenerezza” riferita ora ai bambini che nascono in Italia da nazionalità diversa e parlano italiano essendo stranieri, riferito a Dora, a tutti i bimbi ebrei, polacchi oppure palestinesi, che parlavano e parlano con l’accento parigino usando termini di argot di cui Genet sente mesta tenerezza.
Tenerezza nel ricordare.
Dopo la catastrofe dello sterminio, dei campi di concentramento, delle divisioni fra razze, dei forni, degli esperimenti, del collettivo partecipare a riti di pulizia etnica, dopo…
Tutto cancellato nella Parigi disegnata dallo scrittore, i quartieri, i luoghi della scomparsa di Dora, delle retate, dello smistamento.
“ Mi sono detto che nessuno ricorda più niente. Dietro il muro si stendeva una no man’s land, una zona di vuoto e di oblio…
Eppure sotto quella spessa coltre di amnesia si sentiva qualcosa, di quando in quando, un’eco lontano, soffocata, anche se nessuno sarebbe stato in grado di dire cosa, con precisione.
Era come trovarsi all’orlo di un campo magnetico, senza pendolo per captarne le onde.”
Tutto resta fra le strade come un sussurro.
La solitudine permette di ascoltare il fruscio dei suoni, delle parole di chi non c’è più, la solitudine permette a sconosciuti di invadere i nostri pensieri e dialogare con noi, oltre il tempo, oltre il sensibile, con un respiro.
Da cosa scappava Dora? si chiede Modiano, parlando di lui, lui è Dora.
Che cosa ci induce a scappare, oppure a nasconderci? Vediamo cosa scrive Modiano: “ Sembra però che ciò che ci spinge a fuggire  d’improvviso sia un giorno di grigiore e di freddo che ci fa provare una solitudine ancora più acuta è la sensazione di una morsa che si chiude”
Ora Modiano dice una cosa che dico io, che diciamo tanti:” Come molti altri prima di me, credo nelle coincidenze e talvolta a un dono di veggenza nei romanzieri… e la parola dono non è il termine giusto, dal momento che suggerisce una sorta di superiorità. No, si tratta di qualcosa che fa parte del mestiere: gli sforzi di immaginazione, necessari a questo mestiere, il bisogno di fissare la mente su piccoli particolari…” questa tensione può suscitare fugaci intuizioni concernenti fatti passati o futuri, come scrive il dizionario alla voce < Veggenza>
E questo pomeriggio di domenica, siamo di nuovo in inverno, il 25 gennaio del 2015, passato con Dora Bruder, con Modiano, in una commozione di simili, di appartenenza a fughe solitarie, di appartenere ai disegni della storia che ci chiedono sempre una azione, ignorando noi il fine.
Un libro grande nel suo essere vuoto di fatti e sull’abisso dove molti parteciparono per annientare categorie, etnie, linguaggi, famiglie.
Un orrore così grande che ci regalò altri settanta anni di pace. Terrorizzati.
Riusciremo ancora a preservarci? L’augurio che mi faccio e che si saranno fatti al Nobel consegnandolo nelle mani di Modiano.


Tiziana Sferruggia, una ballata sulle tavole della piazza Grande

La signora Rosetta di Tiziana Sferruggia.
 Nata elegante: «C’è chi nasce bella, c’è chi nasce intelligente, e io elegante sono nata». Nella Litweb
Così approda sul mio pc La Signora Rosetta, protagonista indiscussa del racconto,- e chi potrebbe discutere con lei?-
Una storia cantata come su una piazza di un tempo.
“Il cantastorie è una figura della letteratura orale, un artista di strada che si spostava nelle piazze e raccontava con il canto una storia, sia antica,  sia riferita a fatti e avvenimenti contemporanei. Le storie narrate entravano a far parte del bagaglio culturale collettivo di una comunità.
I cantastorie accompagnavano la "Cantata" con uno strumento.
Si aiutavano con un cartellone su cui veniva raffigurata la storia, descritta nelle principali scene. La loro opera veniva remunerata con le offerte degli spettatori o con la vendita di foglietti volanti, su cui era descritta la vicenda.” Da wikipedia, più o meno.
Mi sembra quasi di vedere Tiziana, con bacchetta in mano, indicare le tavole del dramma di una esistenza ‘ngumata, un cervellino esilarante se non fosse terribilmente esistente.
Nelle scene  ho visto parecchie donne di mia conoscenza, fra parenti e affini, sorridendo di loro.
Ridicolo sarebbe infatti quel vivere proteso ad un unico e monotono progetto, un freddo salto di status fra statue sociali, imbalsamate.
 Tutto raccontato con Stile ridente, appunto.
 Linguaggio fabulista come se narrasse  mia nonna da giovane.
Mi diverte. Vi propongo alcuni spezzoni:
 Il caro buon don Vito una volta: «Cara Rosetta, il sapiente Salomone ha detto che “Il sapere porta con sé il dolore e la ragione è fonte di tormento”», ma lei non aveva creduto, ma lei non aveva capito. Ora credeva, ora capiva.
 Una ballata. La prosa scivola in poesia  mentre la cantastorie di paese scende  al secondo quadro. Indica infatti il passaggio di stato. In versi   “Adesso erano una famiglia finalmente normale, potevano litigare, sputarsi in faccia tutta l’acredine, tutto il livore che erano stati sempre prudentemente taciuti, smistati altrove, dimenticati, ma comunque sempre sotto traccia, striscianti, se solo si scavava un po’ nella polvere”
La storia si snoda seguendo la famiglia tradizionale amata e difesa dalle Sentinelle in piedi nei loro raduni silenziosi in lettura.
Manderemo loro questo libro, segnalato con menzione speciale al Premio Calvino. Bravo Calvino.
Pomeriggio di domenica quattro gennaio 2015 passato con Rosetta che ora, trovatasi un fidanzato, mi ha lasciato cenare da sola, vero Tiziana?
 Io non ci credo che queste donne possano mai soggiacere all’imperium dei sensi!
Ahah «Rosetta mia, un pocu, un pocu, anchi magari un’anticchia, antipaticulidda, sempri lo sei stata! Pareva sempri chi sintèvi fetu, da comu ti muvèvi, scutènnuti tutta, allargannu li narici e trattinennu lu respiru. Nessunu lu sapi ‘ffari, sulu tu, sulu tu, figghia mia» detto da mamma sua! Verità fu.

















Il postino di Cormòns- A Domenico Dara
Breve trattato sulle coincidenze
Ho conosciuto il tuo postino al tavolo di un locale giapponese adiacente al Senato il sette dicembre 2013
Mentre assaggiavamo prelibatezze, Giovanna mi racconta di aver partecipato di recente a Cormòns, paese in provincia di Gorizia, ad un festival letterario fatto con pochissimi contributi, e di essere stata accompagnata, all'arrivo lì da un postino che, nel presentarsi, le dice:- Io sono un uomo di lettere.- Bellissima cosa, noi insieme commentiamo, aggiungendo tutti gli sforzi che moltissime persone fanno, come amanti delle lettere, a tenere in piedi un mondo dignitoso e felice che ama la letteratura.
Cormònslibri
Festival del Libro e dell’Informazione
“All’apparire del bello”
La mia amica, raccontava della semplicità e della ospitalità di quelle persone, tutti postini di lettere, certo, quel signore lo faceva anche di lavoro il postino, come il postino immaginario di Dara, ma poi lo siamo tutti, postini. Giovanna quella sera intervistò l’onorevole Brandolin, ma io già non l’ascoltavo più, presa dalla storia del postino che ama, come il postino di Dara, il mio stesso mondo.
Dopo pochi mesi io pensai che avrei potuto anche io fare come il postino di Cormòns ed invitare Giovanna, che mancava da Lamezia dal ’72 a presentare un libro che mi piaceva molto, Carta Vetrata, di Paola Bottero. Lei ha accettato  e le tante lettere spedite al mondo che a me non rispose mai cominciarono ad arrivare. Con puntualità.
Le aprirò? Non credo, sono così soddisfatta che siano giunte che continuerò a stupirmi delle tante coincidenze che da Cormòns giungono fino al profondo sud.
Col grande amore verso chi ancora crede possibile incontri su libri veri, storie vere, film veri. Fotografie vere, insetti veri, che a Settembre, portati da Caterina Luciano voleranno sui cieli del sud, un sud troppo lontano. A dispetto di un mondo insulso e vanesio, un altro mondo è possibile, dice Domenico Dara insieme al postino di Girifalco. Bisognerà leggere tutte le lettere che lui scrive
Prima che te ne vada- A Domenico Dara
Breve Trattato sulle coincidenze
Un paese ci vuole anche e soltanto per poterne parlare, il paese dell’anima.
La coincidenza è come una piccola lente d’ingrandimento che chiarisce il groviglio e riporta ordine e significato là dove non sembra ci sia altro che confusione e accidentalità.
La coincidenza è l’incontro fra due punti di rette parallele che non dovrebbero e non potrebbero incontrarsi mai
La coincidenza è una lettura di avvenimenti non necessariamente accaduti, collegati da altre letture, da ricordo, da amore.
Tutto coincide con l’oggetto del tuo pensiero, tutto ti parla di lui o di lei e ogni cosa riporta a te, nel mondo.
Così” Tu ti appoggiavi un momento alla mia guancia”, coincidenza 457  e ” il vasetto di vetro pieno di lucciole sulla finestra di Gioconduzza che qualche ragazzo s’era scordato. Il postino lo prese, andò dietro la timpa di Musconi e liberò gli insetti, che non gli era mai piaciuto quel modo di farsi lampade. La siepe si illuminò, come un lembo di cielo stellato caduto sulla terra, lucciole che si accendevano e spegnevano, stelle che nascevano e morivano, uomini che impazzivano e rinsavivano. Tutti possono inciampare nell’attimo  in cui strada e mente si oscurano, è questo il destino, un casuale succedersi di luci e ombre.
Il paese è la mente che conosce e rielabora, trasforma, unisce e ricorda. Un paese che poi racconta, affabulante,  per lenire paure, per offrire un sogno, una mano, una lettura.
Il paese che abbiamo.
Coincide con tanti altri paesi e universale chiamiamo quel nostro sentire, e universale è conosciuto quel sottile slargo per andare vedere, oltre finestre, oltre la porta, oltre  la monade che  ognuno abita, in comune e privato.
Le tante letture che ci hanno cresciuto, nutrito. Nutrimenti, non a caso si chiama così la casa editrice che ti ha pubblicato, un’altra delle tue coincidenze più care. Nutrimenti, che ora metabolizzati, stanno tra noi, fanno parte di noi, come sangue, come acqua, come zucchero e cibo.
Omaggio a chi di coincidenze parlò per anni, per giorni, consumando sette paia di scarpe per il lungo errare, cercando e cercando di dare un senso, di ingentilire e di poter entrare in quell’abito fuori misura che è la nostra realtà.
Omaggio a chi legge e a chi scrive, omaggio a chi aspetta, a Pavese, a Calvino, a Emily, omaggio allo sconosciuto che potremmo restare tutti noi se una lucciola non verrà mai ad illuminare il nostro racconto, non per questo men bello.
Breve trattato sulle coincidenze che affabulando vanno da una Girifalco alle Langhe, da San Floro alla biblioteca di Borges, il luogo dei ritrovamenti, infatti è qui che ritroviamo e ci ritroviamo, come il postino ritrova il padre e Calogero, insieme a colui che chiarirà il mistero di lettere mai spedite.
 Affabulando affabulando  le coincidenze diventano una volta per tutte la nostra realtà,
 la vostra realtà,
 il tempo che abbiamo trascorso per far nostra la storia.
La Samarcanda di Dara
Vivere, vivere, vivere ancora- La Samarcanda di Dara
Samarcanda - Crocevia di culture.
Girifalco, oh oh  cavallo oh oh
Comincia con un uomo che cade da un asino La Storia.
Coincidenza volle che ci fossi anche io.
E se la vita non ha sogni io li ho e te li do… così Lucio Dalla in Piazza Grande.
Domenico Dara a Lamezia Terme incontra i suoi lettori nella libreria di Savina, che ringrazio. Breve Trattato sulle coincidenze, il romanzo di Domenico, Nutrimenti Editrice, farà di Girifalco il luogo dell’immaginario, il personaggio vivente, un paese postino.
 Inizia così la nostra avventura.
Dalle rovine e dallo sciupio della polvere del sud, che sia distruzione di luoghi, di ricordi, di archivi, nasce la trama, apparentemente casuale, delle coincidenze che stupiscono. Si narra così. O mutos deloi , cominciavano così gli apologhi, le favole di Esopo, Si racconta che.
La Narrazione. Una istanza, la prepotente voglia di dare un senso alla vita di uomini, luoghi e affetti. Un apologo che trasmetta un insegnamento morale, un dovere, un impegno, spostando i fatti in altri luoghi, in altri tempi, per osservarli meglio. Un compito da svolgere.
 Narrare con un linguaggio credibile che parli a tutti, quello dello stupore, della possibilità che si incroci un giorno la coincidenza, e che tutti saremo chiamati  a riconoscerla, ad essere responsabili, a decidere se accettarla o volgere il capo e non vederla . Un miracolo del quotidiano. L’attimo che si dilata e trasforma il dopo che non sarà mai più uguale a prima.
La coincidenza è una risposta ad una domanda forte, mi sta dicendo Domenico Dara, in un dialogo affollato, fra me, lui, i libri, e la conoscenza che supponiamo per qualche minima parte simile.
Nel dialogo muto e attento fra noi, lettori, e lo scrittore, attraverso i suoi personaggi, gli incastri delle storie, il testo e l’ipertesto, il contesto, i modelli di riferimento si affollano, si spingono e si rincorrono, chiacchierando, in una complessità euforica.
La solitudine vinta con un foglio, con la certezza di stare in una relazione animata, come nelle antiche religioni animistiche in cui tutto vive e intercetta l’altro nel trascendente viaggio verticale che eleva noi tutti dalle azioni usuali.
Questo l’incontro che ho partecipato ieri, incontro che è  complemento oggetto fra soggetti attivi.
Trattatistica scorretta la mia, perdonami Domenico.
 Simile a quella del signore che, ieri sera, mi chiedeva se fosse un tuo conoscente quel postino che ti raccontò di tutte quelle lettere che apriva e manometteva il testo.
Ecco, a proposito, chi ti ha raccontato tutte queste storie? Hai avuto uno zio postino a Girifalco?
A Girifalco verremo tutti, ormai, a spedire le nostre mail, le nostre lettere, consegnandole nelle mani del tuo postino, senza affrancarle, nel sogno di una Samarcanda che ci porterà.



Indice

1)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/testo-ricorretto-per-leggersi-sul.html
2) http://trollipp.blogspot.it/2015/07/linverno-dellumanita-metropoli-di.html
3)http://trollipp.blogspot.it/2015/06/ti-ho-vista-che-ridevi-lou-palanca.html
4)http://trollipp.blogspot.it/2015/06/domenico-marcella-intervista-con.html
5)http://trollipp.blogspot.it/2015/05/volersi-bene-non-e-adesso-daniele.html
6)http://trollipp.blogspot.it/2015/05/lo-sdegno-elegante-di-raffaele-gaetano.html
7)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/non-seguire-il-mondo-come-va-michela.html
8)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/civilta-e-imperi-del-mediterraneo.html
9)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/la-forma-minima-della-felicita.html
10)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/una-piccola-felicita-la-forma-minima.html
11)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/zerocalcare-dimentica-il-mio-nome.html
12)http://trollipp.blogspot.it/2015/04/dove-eravate-tutti-paolo-di-paolo.html
13)http://trollipp.blogspot.it/2015/03/la-storia-passa-per-seminara-santo.htm
14)http://trollipp.blogspot.it/2015/03/recami-personal-belongings.html
15)http://trollipp.blogspot.it/2015/02/blu-cavolfiore-di-maria-caterina.html
16)http://trollipp.blogspot.it/2015/02/gianpaolo-ferrara-e-la-letteratura.html
17)http://trollipp.blogspot.it/2015/02/di-quel-viavai-nellarenaria-di-franco.html
18)http://trollipp.blogspot.it/2015/01/giorno-della-memoria-patrick-modiano.html
19)http://trollipp.blogspot.it/2015/01/tiziana-ferruggia-una-ballata-sulle.html
20)http://trollipp.blogspot.it/2015/01/la-samarcanda-di-dara