“Quella briosa ventata di incognite” Riprendo in mano il manoscritto Ordo Mortis,letto in anteprima. Il libro sta avendo riscontri positivi nei preordini. L'autore, Salvatore Conaci è di Girifalco. Sarà il mio legame forte con il paese di Girifalco descritto da Domenico Dara, sono stata a Girifalco più volte, al seguito di Domenico, e reputo effettivamente quel luogo un luogo al centro del mondo.
Affascinata da Girifalco leggo e vedo la cura con cui Salvatore Conaci descrive i luoghi. Salvatore scrive recensioni e articoli su alcune riviste ed io sono molto contenta per la sua attività e per il suo entusiasmo. Benché io in effetti non leggo questa tipologia di racconti sul fantasy, non leggo moltissimi generi essendo lontanissimi dal mio interesse, sono incuriosita dal racconto Ordo Mortis."
I suoi personaggi prendono vita. Alessio rimarrà nell'immaginario dei lettori che seguiranno le sue vicende amplificate dalla bravura dello scrittore.
Siamo in ansia, leggendo, per il suo arrivo nella località dove lui dovrà prendere servizio, chiamato per insegnare in una scuola. "Buongiorno, lei deve essere il nuovo professore. Ipotizzò, rendendogli la destra una giovane donna che, vedendolo, si era alzata da una sedia confinata in un angolo dell’ampio atrio... Bionda, candida, le labbra d’un rosso folgorante." Anche la scuola e il suo personale diventano presenze sceniche e lo stesso incontro col preside mette ansia. Il preside ferocemente professionale, la scuola con uno stranissimo magazzino... mi mette paura. Proprio ciò che vuole l'autore, far nascere questo sentimento di oppressione e di grande curiosità anche nel semplice gesto del professore che prende il tè e fuma la pipa.
Salvatore mi conferma ciò che ho intravisto e cioè la sua maestria:"Ho scritto un articolo per "Luoghi misteriosi", un sito che si occupa appunto di misteri da tutta Italia. Vi ho scritto della leggenda diabolica che aleggia attorno alla fontana di piazza San Rocco a Girifalco" e riconosco alcuni suoi maestri: la forza evocativa di Ennio e Petronio; S. Agostino e Dante; la perfezione aurea di d’Annunzio, Edgar Allan Poe, ispiratore in ”Perle nere” suo precedente romanzo.
Un gesto naturale diventa ansia. Sarà il lessico che usa, appropriato alla bisogna, sarà il periodare, ed io intravedo la maestria nel genere ed auguro a Salvatori molti lettori. La casa editrice ha già dato fiducia a questo autore ed io da semplice ed inadatta lettrice confermo. Morta di Paura!
Ippolita Luzzo
Salvatore Conaci nasce a Catanzaro, nel '90. Conseguita la maturità scientifica, coltiva gelosamente, e con passione, una cultura quasi prevalentemente umanistica ed esoterica. Laureato in Lettere Moderne, attualmente studia Filologia Moderna. "Perle nere" (Montedit, 2015) è il suo lavoro d’esordio. Dopo una breve collaborazione con la rivista Luoghi Misteriosi, ha scritto per 900 letterario.
mercoledì 30 maggio 2018
martedì 29 maggio 2018
Usano il silenzio! Pièce teatrale della classe terza A
La terza A dell'Istituto Comprensivo di Sant'Eufemia Lamezia nella Chiesa di San Giovanni Battista, guidata dalle loro insegnanti e diretta da Teodolinda Coltellaro ideatrice e coordinatrice insieme agli alunni, presenta il lavoro teatrale oggi sulla scena in due divertenti momenti . La punteggiatura e la pubblicità. Divertentissima opportunità per vedere quanto possa fare la scuola con la fantasia, come possa essere visualizzata e vivacizzata la grammatica, quanto il teatro dia in presenza, gestualità e mimica al crescere dei bimbi. Una opportunità, ripeto, validissima, in termini di disciplina, organizzazione e senso dello spazio, nel superare le difficoltà e le timidezze, nel capire cosa vuol dire lavorare in gruppo.
D'altronde il teatro nei paesi anglosassoni è materia scolastica. Qui siamo in un teatro di una chiesa, senza microfoni, però con una buona acustica, senza musica eppure c'era una musicalità di fondo. Velocissimi i cambi, velocissime le scene, apparivano i segni di punteggiatura nelle vesti degli alunni, simpaticissimi momenti di silenzio, pause, e rimanevano nel nostro immaginario. ed eravamo già nel Carosello, nella pubblicità, quando la pubblicità era fantasia e non invadeva, quando la pubblicità raccontava storie bellissime. Gli alunni recitano brevissimi stacchi pubblicitari ed uno lo dedicano proprio al teatro, un teatro amico, un grande amico. Nella presentazione iniziale la loro docente ci ha ricordato Picasso, come Picasso abbia affermato di aver messo una vita a dipingere come un bambino, per dire di conservare sempre la freschezza e l'entusiasmo, la commozione delle lacrime del bimbo che alla fine si stringe forte alla sua insegnante grato di quel grande momento di felicità.
W Il teatro e W La scuola
Ippolita Luzzo
D'altronde il teatro nei paesi anglosassoni è materia scolastica. Qui siamo in un teatro di una chiesa, senza microfoni, però con una buona acustica, senza musica eppure c'era una musicalità di fondo. Velocissimi i cambi, velocissime le scene, apparivano i segni di punteggiatura nelle vesti degli alunni, simpaticissimi momenti di silenzio, pause, e rimanevano nel nostro immaginario. ed eravamo già nel Carosello, nella pubblicità, quando la pubblicità era fantasia e non invadeva, quando la pubblicità raccontava storie bellissime. Gli alunni recitano brevissimi stacchi pubblicitari ed uno lo dedicano proprio al teatro, un teatro amico, un grande amico. Nella presentazione iniziale la loro docente ci ha ricordato Picasso, come Picasso abbia affermato di aver messo una vita a dipingere come un bambino, per dire di conservare sempre la freschezza e l'entusiasmo, la commozione delle lacrime del bimbo che alla fine si stringe forte alla sua insegnante grato di quel grande momento di felicità.
W Il teatro e W La scuola
Ippolita Luzzo
domenica 27 maggio 2018
Il Cantico dei Cantici di Roberto Latini
Non Guardarmi.
I tuoi occhi mi dissolvono.
Il Cantico dei Cantici in scena al Teatro Comunale di Catanzaro, ultimo spettacolo della rassegna Oscenica, dissolve in un solo momento luci ed ombre dell'inconsistente eppur vitale gioco dei rapporti amorosi interpersonali. "I tuoi occhi mi dissolvono, non guardarmi."
Sarebbe piaciuta moltissimo a Daniele Rizzuti questa implorazione, ed avrebbe poggiato accanto al dj una fotografia senza corpo, solo aria, la forma dell'aria, avrebbe portato quella dissoluzione colorata, quei corpi fatti anima, alone, visti con "La coda dell'Occhio", "il vuoto da elaborare e l'atteggiamento dell'artista nell'accedere alle alte stanze ormeggiate al margine del precipizio e private del bianco filo a piombo" da Ghislain Mayaud sulla fotografia di Daniele Rizzuti.
Non guardarmi, l'immagine può dissolversi. L'immagine come diniego dell'altro, della realtà, e abbassiamo gli occhi davanti al divino.
Lo spettacolo di Roberto Latini, la musica, la voce, il corpo, trasferiscono sulla accezione del divino il rapporto fra l'individuo e l'oggetto del suo amore, in una preghiera On Air lampeggiante di rosso.
Da Radio On Air lui manda in onda il libro dei libri, un testo eterno, un testo senza un autore, dissolto anche lui.
Occhiali scuri, lui fuma, fa una telefonata.
Sulla consolle la testa del manichino porta una parrucca verde fluo e un telefono fisso esiste ancora a ricordarci la cornetta con il filo in una realtà senza fili.
La dicotomia divino- sacro, "c'è del sacro ai nostri occhi, sempre laddove l'immagine si apre a qualcosa altro rispetto a se stessa" la dicotomia fra un divino che fa abbassare lo sguardo e il sacro che fa innalzare la testa, in alto lassù, scrive Gianfranco Neri, nella "Coda dell'Occhio"
Tutto lo spettacolo di Roberto Latini è una dicotomia ipnotica, fra essere e non essere, fra amore e sonno, fra sveglia e desiderio, nella seduzione che incanta e porta via.
Stiamo lì rapiti dalla voce, dai gesti, lui diventa un altro, mette le cuffie, toglie le cuffie, dondola la panchina, abbraccia e balla con un albero sulle note di "A far l'amore comincia tu" di Raffaella Carrà, toglie la parrucca verde al manichino, toglie la parrucca che porta lui, "Che peccato, Che Peccato!" e al telefono nessuno.
Stiamo in apnea.
Lo spettacolo è finito. Come finito? ne vogliamo ancora...
Agli applausi finali lui ancora tremante di tutto l’amore portato in scena con parole e opere, suono e voce, lui si piega verso terra per raggiungere in un solo momento il terreno del ricongiungimento fra il corpo e l’anima
Vi rimetto pochissimi appunti per sentire la dolcezza delle carezze, la dolcezza della voce, la dolcezza del teatro, e la disperazione del vocativo. Ti chiamo e tu non ci sei, anche quando ci sei.
La favola di Amore a Psiche, Il cantico dei cantici e il teatro sulla scena del nostro amore.
Il nostro Letto è primavera, non svegliate il mio amore che dorme, l'inverno è finito, le piogge spazzate, primavera, io sono un fiore di campo, io sono un giglio della valle, ora mettimi tra i fiori, tra i fiori e tra i gigli, per tutte le piazze ho cercato e non l'ho trovato...
Non guardarmi, i tuoi occhi mi dissolvono.
Ippolita Luzzo
Cantico dei Cantici adattamento e regia Roberto Latini
musiche e suoni Gianluca Misiti (Premio Ubu 2017 'Miglior progetto sonoro o musiche originali')
luci e tecnica Max Mugnai
con Roberto Latini (Premio Ubu 2017 'Miglior attore o performer')
organizzazione Nicole Arbelli
produzione Fortebraccio Teatro
I tuoi occhi mi dissolvono.
Il Cantico dei Cantici in scena al Teatro Comunale di Catanzaro, ultimo spettacolo della rassegna Oscenica, dissolve in un solo momento luci ed ombre dell'inconsistente eppur vitale gioco dei rapporti amorosi interpersonali. "I tuoi occhi mi dissolvono, non guardarmi."
Sarebbe piaciuta moltissimo a Daniele Rizzuti questa implorazione, ed avrebbe poggiato accanto al dj una fotografia senza corpo, solo aria, la forma dell'aria, avrebbe portato quella dissoluzione colorata, quei corpi fatti anima, alone, visti con "La coda dell'Occhio", "il vuoto da elaborare e l'atteggiamento dell'artista nell'accedere alle alte stanze ormeggiate al margine del precipizio e private del bianco filo a piombo" da Ghislain Mayaud sulla fotografia di Daniele Rizzuti.
Non guardarmi, l'immagine può dissolversi. L'immagine come diniego dell'altro, della realtà, e abbassiamo gli occhi davanti al divino.
Lo spettacolo di Roberto Latini, la musica, la voce, il corpo, trasferiscono sulla accezione del divino il rapporto fra l'individuo e l'oggetto del suo amore, in una preghiera On Air lampeggiante di rosso.
Da Radio On Air lui manda in onda il libro dei libri, un testo eterno, un testo senza un autore, dissolto anche lui.
Occhiali scuri, lui fuma, fa una telefonata.
Sulla consolle la testa del manichino porta una parrucca verde fluo e un telefono fisso esiste ancora a ricordarci la cornetta con il filo in una realtà senza fili.
La dicotomia divino- sacro, "c'è del sacro ai nostri occhi, sempre laddove l'immagine si apre a qualcosa altro rispetto a se stessa" la dicotomia fra un divino che fa abbassare lo sguardo e il sacro che fa innalzare la testa, in alto lassù, scrive Gianfranco Neri, nella "Coda dell'Occhio"
Tutto lo spettacolo di Roberto Latini è una dicotomia ipnotica, fra essere e non essere, fra amore e sonno, fra sveglia e desiderio, nella seduzione che incanta e porta via.
Stiamo lì rapiti dalla voce, dai gesti, lui diventa un altro, mette le cuffie, toglie le cuffie, dondola la panchina, abbraccia e balla con un albero sulle note di "A far l'amore comincia tu" di Raffaella Carrà, toglie la parrucca verde al manichino, toglie la parrucca che porta lui, "Che peccato, Che Peccato!" e al telefono nessuno.
Stiamo in apnea.
Lo spettacolo è finito. Come finito? ne vogliamo ancora...
Agli applausi finali lui ancora tremante di tutto l’amore portato in scena con parole e opere, suono e voce, lui si piega verso terra per raggiungere in un solo momento il terreno del ricongiungimento fra il corpo e l’anima
Vi rimetto pochissimi appunti per sentire la dolcezza delle carezze, la dolcezza della voce, la dolcezza del teatro, e la disperazione del vocativo. Ti chiamo e tu non ci sei, anche quando ci sei.
La favola di Amore a Psiche, Il cantico dei cantici e il teatro sulla scena del nostro amore.
Il nostro Letto è primavera, non svegliate il mio amore che dorme, l'inverno è finito, le piogge spazzate, primavera, io sono un fiore di campo, io sono un giglio della valle, ora mettimi tra i fiori, tra i fiori e tra i gigli, per tutte le piazze ho cercato e non l'ho trovato...
Non guardarmi, i tuoi occhi mi dissolvono.
Ippolita Luzzo
Cantico dei Cantici adattamento e regia Roberto Latini
musiche e suoni Gianluca Misiti (Premio Ubu 2017 'Miglior progetto sonoro o musiche originali')
luci e tecnica Max Mugnai
con Roberto Latini (Premio Ubu 2017 'Miglior attore o performer')
organizzazione Nicole Arbelli
produzione Fortebraccio Teatro
domenica 20 maggio 2018
Il marchese di Carabas c'est moi
Scherzosamente mi diverto ad affermare di essere come il personaggio della nota fiaba popolare "Il gatto con gli stivali". In quella fiaba raccontata nella seconda metà del ‘500 quando Giovanni Francesco Straparola la incluse nella raccolta intitolata Piacevoli notti, con il titolo di "Costantino Fortunato", da Basile e Perrault, si narra:"Un mugnaio, morendo, non lasciò altra eredità ai suoi tre figliuoli che un mulino, un asino e un gatto.
Le divisioni perciò furono presto fatte, e non ci fu bisogno di chiamare né il notaio, né il procuratore, i quali avrebbero finito col mangiarsi anche quel poco che c'era.
Il maggiore si prese il mulino, il secondo l'asino e il più giovane dei fratelli dovette accontentarsi del gatto."
Nella miseria più totale il giovane si dibatteva quando il gatto chiese al suo padrone un sacco e un paio di stivali. Così attrezzato il gatto andò nel bosco e catturò di volta in volta un coniglio e due pernici che offrì al re come dono del suo padrone, il marchese di Carabas. Un bel giorno il gatto viene a sapere che il re sarebbe passato in carrozza lungo la riva del fiume assieme alla figlia e dice al padrone:"Se badate al mio consiglio, la vostra fortuna è fatta: andate a fare il bagno nel fiume, fingete di annegare nel punto che io vi indicherò, e poi lasciate fare a me". Così fu e il re riconoscendo il gatto con gli stivali nella strada a chiedere aiuto per il suo padrone subito diede ordini di salvare il giovane. Mentre proseguivano verso la città reale il gatto era andato avanti ad istruire e minacciare i lavoratori a rispondere come aveva loro impartito. Così alle domande del re su chi fosse il proprietario di quelle terre essi rispondevano: Del marchese di Carabas.
Con questo stratagemma il giovane fu accolto alla reggia e alla fine sposò la principessa. Una fiaba.
Da sei anni a questa parte faccio uguale, porto pernici e conigli al re di un territorio letterario e quando mi chiedono chi manda questi doni rispondo che sono doni della regina della Litweb, unendo in unico personaggio il gatto e la regina. Esiste un regno della Litweb? la risposta, nella fiaba, è sicuramente sì.
Come il marchese di Carabas: Un espediente, un personaggio inventato tramite il quale poter aver accesso nel regno delle costruzioni immaginarie.
Esiste l'isola del tesoro? Esiste Vigata? Esistono le città invisibili di Calvino? Esistono nella stessa eccezione del regno della Litweb. Hanno vita e riferimenti come se ci fosse per loro una collocazione fatta di interazioni, di meme, di associazioni e collegamenti mentali in un mondo a parte. "Atlante dei luoghi letterari" è il libro a cura di Laura Miller.
Creare un personaggio significa farlo vivere, inverarlo e impersonarlo, come il Marchese di Carabas, nel gioco letterario dei luoghi creati dalla fantasia.
Ippolita Luzzo
Le divisioni perciò furono presto fatte, e non ci fu bisogno di chiamare né il notaio, né il procuratore, i quali avrebbero finito col mangiarsi anche quel poco che c'era.
Il maggiore si prese il mulino, il secondo l'asino e il più giovane dei fratelli dovette accontentarsi del gatto."
Nella miseria più totale il giovane si dibatteva quando il gatto chiese al suo padrone un sacco e un paio di stivali. Così attrezzato il gatto andò nel bosco e catturò di volta in volta un coniglio e due pernici che offrì al re come dono del suo padrone, il marchese di Carabas. Un bel giorno il gatto viene a sapere che il re sarebbe passato in carrozza lungo la riva del fiume assieme alla figlia e dice al padrone:"Se badate al mio consiglio, la vostra fortuna è fatta: andate a fare il bagno nel fiume, fingete di annegare nel punto che io vi indicherò, e poi lasciate fare a me". Così fu e il re riconoscendo il gatto con gli stivali nella strada a chiedere aiuto per il suo padrone subito diede ordini di salvare il giovane. Mentre proseguivano verso la città reale il gatto era andato avanti ad istruire e minacciare i lavoratori a rispondere come aveva loro impartito. Così alle domande del re su chi fosse il proprietario di quelle terre essi rispondevano: Del marchese di Carabas.
Con questo stratagemma il giovane fu accolto alla reggia e alla fine sposò la principessa. Una fiaba.
Da sei anni a questa parte faccio uguale, porto pernici e conigli al re di un territorio letterario e quando mi chiedono chi manda questi doni rispondo che sono doni della regina della Litweb, unendo in unico personaggio il gatto e la regina. Esiste un regno della Litweb? la risposta, nella fiaba, è sicuramente sì.
Come il marchese di Carabas: Un espediente, un personaggio inventato tramite il quale poter aver accesso nel regno delle costruzioni immaginarie.
Esiste l'isola del tesoro? Esiste Vigata? Esistono le città invisibili di Calvino? Esistono nella stessa eccezione del regno della Litweb. Hanno vita e riferimenti come se ci fosse per loro una collocazione fatta di interazioni, di meme, di associazioni e collegamenti mentali in un mondo a parte. "Atlante dei luoghi letterari" è il libro a cura di Laura Miller.
Creare un personaggio significa farlo vivere, inverarlo e impersonarlo, come il Marchese di Carabas, nel gioco letterario dei luoghi creati dalla fantasia.
Ippolita Luzzo
mercoledì 16 maggio 2018
Quando sarai nel vento di Gianfranco Di Fiore
Il libro è stata candidato al Premio Strega e fino al 19 aprile, data della scelta dei 12 finalisti, sono stata convinta che avrebbe partecipato alla cinquina. Non è stato così e mi rammarico però penso che ci saranno altri luoghi dove far soffiare il vento. Il libro merita. Tutto è oltremodo curato e amato e la deliziosa copertina ci mostra Abele solo, mentre Marlena, Malcom e Benjamin sono collegati da fili geometrici componenti triangoli e quadrati. Continuo a credere che a volte le copertine abbiano doni magici, una immagine e raccontano tutto.
“Anche se non ricordo più le cose che ho visto, prima di quel lungo sonno, voglio provare ad inventare un’altra possibile vita, un paradiso chiaro senza pene né oblio” dal libro “Quando sarai nel vento”. Lo leggo aprendo a caso come un dialogo continuo. “Ma io non sceglievo, perché non ricordavo nessun dettaglio della mia esistenza e per di più non avevo mai considerato il mio e il suo respiro come secondari a qualcosa “
Il libro ha per protagonista Abele, che studia i venti ascoltando con uno stetoscopio elettronico il respiro della Terra. Da questo momento in poi ci troveremo immersi in una prosa musicale e il vento diventerà la molla per spostarsi e conoscere il passato, per cercare un padre di cui non si hanno più notizie e per altro ancora.
“Per qualche anno il vento aveva riempito le mie giornate: i libri e le ricerche in giro per il mondo, il confronto ravvicinato con le meccaniche dell’universo,… aveva trasformato me stesso in uno strumento di passione… e bastava un temporale… per sentirmi un uomo comune e senza qualità, per sentirsi ricacciato nelle astrazioni delle proprie convinzioni” Ho volutamente fatto sintesi di un periodare ricco, che si stende per pagine, di una scrittura distesa e curata per regalare al lettore il senso di alcuni suoni, di passaggi. Bianco, rosso, blu e giallo, sono i colori che accompagnano i paesaggi e le denunce, il vortice del tempo in un temporale. Marcello Fois presentandolo al Premio Strega scrive: “Abele corre per sé, attraversa un mondo che pare indifferente e invece subisce quella minima vibrazione che ognuno di noi è in grado di suscitare anche solo col piccolo atto di eroismo di pensare possibile determinare la propria vita”. Un piccolo atto di eroismo per noi.
Ippolita Luzzo
Gianfranco Di Fiore è nato ad Agropoli nel 1978 in una famiglia di musicisti. Da sempre affascinato dalle «storie», ha lavorato nel mondo del cinema e della pubblicità, in Italia e all’estero, come sceneggiatore, regista e montatore, collaborando per anni con il Giffoni Film Festival. Dopo l’esordio nel 2011 con il romanzo La notte dei petali bianchi (Laurana Editore), ha pubblicato diversi racconti in varie antologie.
martedì 15 maggio 2018
Conferenza Stampa Teatro Ragazzi 2017/2018 Il teatro non c'è ma ci sarà
Siamo all'ITE De Fazio alla presenza degli alunni delle classi prima e seconda, con la dirigente Dottoressa Simona Blandino e i dirigenti del Liceo Classico, degli Istituti Pitagora, Fiorentino, i commissari prefettizi Alecci e Colosimo e il Direttore artistico del Teatro Ragazzi Pierpaolo Bonaccurso. Conferenza stampa per presentare il Gran Galà delle Scuole dal 22 al 24 Maggio nel Salone della Chiesa di San Giuseppe Artigiano. Negli anni precedenti il Gran Galà si è tenuto nel Teatro Comunale Grandinetti, questo anno chiuso per motivi di normativa da assolvere. I teatri cittadini, benché più volte soggetti ad interventi, non sono a norma e sono stati chiusi per un periodo che tutti si augurano breve.
Inizio a seguire la conferenza con una canzone di Nada che mi canticchio trasformandola
" Cos'è la città senza un teatro, è solo un albero che foglie non ha più." Ed anche se Pierpaolo alla fine della conferenza chiude con le parole di Jerzy Grotowski: "Il teatro è possibile dall'incontro fra me e te" resta sempre irrisolto il sottotesto dell'Antigone.
Sembrava stamani di avvertire un teatro in atto, una scena fra Creonte e Antigone, senza contrapposizione, bensì con la disponibilità di venirsi incontro malgrado le funzioni diverse al tavolo della conferenza.
Dai miei appunti le parole della Dirigente dell'ITE dottoressa Blandino: Il teatro fa superare agli alunni le barriere emotive che ostacolano il rapporto con adulti e conoscenze
La Dirigente dell’Istituto Perri Pitagora Teresa Bevilacqua: L'attività teatrale non è fine a se stessa, aiuta a crescere e ad esprimere i propri sentimenti. Nei paesi anglosassoni è una disciplina.
Il dirigente del Classico, Nicolantonio Cutuli: Le arti visive vengono portate avanti avanti con professionalità e preparazione
Il dirigente dell'istituto comprensivo Fiorentino, Lorenzo Benincasa, confessa il suo amore per il teatro: Teatro come educazione alla relazione tra compagni, teatro che fa capire che cosa stiamo a fare al mondo, teatro di aiuto ai ragazzi con Bes.
Pierpaolo ricorda la presenza di Mario Bianchi, critico teatrale importante, in autunno, che seguirà i futuri lavori.
E prende la parola il Capo della Commissione Straordinaria, il dottor Antonio Alecci. Le sue parole danno subito vita alla stampa: La stampa serve per far vivere un evento.
E di lui e dei due commissari dice: Siamo una soluzione eterodossa. Mandati per risolvere un vulnus patologico in 18 mesi.
Lui disse che in effetti sono stati comandati, costretti, perché lui era in pensione e la dottoressa Colosimo, al suo fianco, aveva già un suo importante lavoro.
Sul Teatro il capo della commissione Alecci disse: Teatro strumento di cultura.
Parlò poi delle priorità da risolvere: Il campo Rom da smantellare, La Multiservizi da far funzionare e la terza priorità non me la trovo fra gli appunti, intenta a scrivere, rapita, la sua frase in latino: Simul stabunt simul cadent, a proposito della Multiservizi al novanta per cento a partecipazione comunale, nella endiade conclusiva.
Mi è sembrato un discorso e una mattinata difficile ma con la speranza, ultima dea, potremo dire che il teatro non c'è ma ci sarà.
Ippolita Luzzo
Inizio a seguire la conferenza con una canzone di Nada che mi canticchio trasformandola
" Cos'è la città senza un teatro, è solo un albero che foglie non ha più." Ed anche se Pierpaolo alla fine della conferenza chiude con le parole di Jerzy Grotowski: "Il teatro è possibile dall'incontro fra me e te" resta sempre irrisolto il sottotesto dell'Antigone.
Sembrava stamani di avvertire un teatro in atto, una scena fra Creonte e Antigone, senza contrapposizione, bensì con la disponibilità di venirsi incontro malgrado le funzioni diverse al tavolo della conferenza.
Dai miei appunti le parole della Dirigente dell'ITE dottoressa Blandino: Il teatro fa superare agli alunni le barriere emotive che ostacolano il rapporto con adulti e conoscenze
La Dirigente dell’Istituto Perri Pitagora Teresa Bevilacqua: L'attività teatrale non è fine a se stessa, aiuta a crescere e ad esprimere i propri sentimenti. Nei paesi anglosassoni è una disciplina.
Il dirigente del Classico, Nicolantonio Cutuli: Le arti visive vengono portate avanti avanti con professionalità e preparazione
Il dirigente dell'istituto comprensivo Fiorentino, Lorenzo Benincasa, confessa il suo amore per il teatro: Teatro come educazione alla relazione tra compagni, teatro che fa capire che cosa stiamo a fare al mondo, teatro di aiuto ai ragazzi con Bes.
Pierpaolo ricorda la presenza di Mario Bianchi, critico teatrale importante, in autunno, che seguirà i futuri lavori.
E prende la parola il Capo della Commissione Straordinaria, il dottor Antonio Alecci. Le sue parole danno subito vita alla stampa: La stampa serve per far vivere un evento.
E di lui e dei due commissari dice: Siamo una soluzione eterodossa. Mandati per risolvere un vulnus patologico in 18 mesi.
Lui disse che in effetti sono stati comandati, costretti, perché lui era in pensione e la dottoressa Colosimo, al suo fianco, aveva già un suo importante lavoro.
Sul Teatro il capo della commissione Alecci disse: Teatro strumento di cultura.
Parlò poi delle priorità da risolvere: Il campo Rom da smantellare, La Multiservizi da far funzionare e la terza priorità non me la trovo fra gli appunti, intenta a scrivere, rapita, la sua frase in latino: Simul stabunt simul cadent, a proposito della Multiservizi al novanta per cento a partecipazione comunale, nella endiade conclusiva.
Mi è sembrato un discorso e una mattinata difficile ma con la speranza, ultima dea, potremo dire che il teatro non c'è ma ci sarà.
Ippolita Luzzo
lunedì 14 maggio 2018
Dimentica di respirare di Kareen De Martin Pinter
Da L'animo leggero a Dimentica di Respirare sono passati cinque anni e Kareen oggi ci propone un esercizio importante, imparare cosa sia l'apnea.
"Io amo il mare, sono un pesce qui dentro, nel cuore. L'ama fece una specie di inchino, sorrise, spruzzò qualche bollicina dal naso, strattonò e fu trascinata via, senza smettere di guardarmi. restai sulla barca e in acqua tutto il giorno, incantato. Una parte di me sarebbe rimasta lì per sempre, a nuotare con loro."
Conosciamo leggendo questo libro le ama di Toba, impiegate nella raccolta delle ostriche di allevamento. Conosciamo le ame di Hekura, una piccola isola del Giappone, pescatrici avvolte in una specie di kimono leggero. Bellissime. Luminose.
Un libro visionario lega il protagonista, Giuliano, ai riti delle ame, al mare e allo sport, alla registrazione di un record, il record di stare nel fondo del mare, di raggiungere una profondità maggiore senza respirare, in apnea. Ritrovarsi nel fondo del mare in un regno dove l'oscurità è dappertutto, e ogni specie marina per orizzontarsi produce da sé la luce di cui ha bisogno. Luce nelle varie sfumature del blu perché è il blu il colore che si propaga più lontano di tutti gli altri colori. La medusa lampeggia di mille colori, il pesce lanterna ha il corpo ricoperto di antenne e nel profondo del mare luci e vibrazioni diventano messaggi che il mare passa.
Restiamo anche noi in quella profondità con Giuliano, a nuotare.
Lo seguiamo nella sua amicizia con una delfina, quando devono riabituarla al mare. Leggiamo e partecipiamo anche noi, avvinti da una narrazione continua, precisa, con contorni di una natura intorno vivente e vicina a Giuliano che intanto si esercita a non respirare, mentre il mondo dello sport fa di questa sua abilità un record.
Col tempo imparerà a dosare, a capire l'importanza dello stato d'animo. Controllare l'interiore, trovare l'equilibrio, la luce. Dimenticare di respirare, diventare un pesce, aggiungerei io.
Il verde della copertina ha al suo interno un pesce come un ciondolo che legherà la fortuna degli abissi di Poseidone con Proserpina, nei riti del mare mitico, lucente.
La splendida collana "Romanzi" della casa editrice "Tunué" ci offre in lettura questa volta tutto il blu delle profondità marine con animo leggero. Illuminiamoci di mare con Kareen e Tunuè.
Ippolita Luzzo
"Io amo il mare, sono un pesce qui dentro, nel cuore. L'ama fece una specie di inchino, sorrise, spruzzò qualche bollicina dal naso, strattonò e fu trascinata via, senza smettere di guardarmi. restai sulla barca e in acqua tutto il giorno, incantato. Una parte di me sarebbe rimasta lì per sempre, a nuotare con loro."
Conosciamo leggendo questo libro le ama di Toba, impiegate nella raccolta delle ostriche di allevamento. Conosciamo le ame di Hekura, una piccola isola del Giappone, pescatrici avvolte in una specie di kimono leggero. Bellissime. Luminose.
Un libro visionario lega il protagonista, Giuliano, ai riti delle ame, al mare e allo sport, alla registrazione di un record, il record di stare nel fondo del mare, di raggiungere una profondità maggiore senza respirare, in apnea. Ritrovarsi nel fondo del mare in un regno dove l'oscurità è dappertutto, e ogni specie marina per orizzontarsi produce da sé la luce di cui ha bisogno. Luce nelle varie sfumature del blu perché è il blu il colore che si propaga più lontano di tutti gli altri colori. La medusa lampeggia di mille colori, il pesce lanterna ha il corpo ricoperto di antenne e nel profondo del mare luci e vibrazioni diventano messaggi che il mare passa.
Restiamo anche noi in quella profondità con Giuliano, a nuotare.
Lo seguiamo nella sua amicizia con una delfina, quando devono riabituarla al mare. Leggiamo e partecipiamo anche noi, avvinti da una narrazione continua, precisa, con contorni di una natura intorno vivente e vicina a Giuliano che intanto si esercita a non respirare, mentre il mondo dello sport fa di questa sua abilità un record.
Col tempo imparerà a dosare, a capire l'importanza dello stato d'animo. Controllare l'interiore, trovare l'equilibrio, la luce. Dimenticare di respirare, diventare un pesce, aggiungerei io.
Il verde della copertina ha al suo interno un pesce come un ciondolo che legherà la fortuna degli abissi di Poseidone con Proserpina, nei riti del mare mitico, lucente.
La splendida collana "Romanzi" della casa editrice "Tunué" ci offre in lettura questa volta tutto il blu delle profondità marine con animo leggero. Illuminiamoci di mare con Kareen e Tunuè.
Ippolita Luzzo
martedì 8 maggio 2018
Dopo il diluvio Leonardo Malaguti
Il piacere di leggere nella favola bella della buona letteratura, il piacere di avere tra le mani un libro curato e amato.
"Exòrma è un progetto di divulgazione di alto profilo, di ergonomia grafica e tipografica, di artigianato delle suggestioni."
Tutto ciò si sente al tatto e alla vista, nel sensibile che ci mette in comunicazione con la narrazione del libro.
Una copertina da appendere come un quadro, un libro da accarezzare e amare, infatti io ho cominciato a portarmelo dietro come un amico.
Dopo il diluvio di Leonardo Malaguti ci riconcilia con la lettura gustosa, nel narrare situazioni assurde e grottesche ci fa sorridere e ci spaventa. La lettura mi ha ricordato le fantasie di Luca Ronconi e le sue trasposizioni sceniche, il cinema di Fellini, sul circo, sui nani, sui clown, mi ha trasportato in un mondo astorico eppure immerso nel nostro immaginario.
Una vicenda senza tempo, senza un luogo geografico, se non fosse ben collocata in una scrittura alta, una scrittura che amo. Un paese isolato, un paese in preda all'angoscia. Da quando sono rimasti isolati per via del diluvio, unico contatto con l'esterno rimane un telegramma. Quindi siamo nel novecento! Ma l'angoscia e la paura non hanno un'era, attraversano i secoli e vivono nelle nostri gesti, ci trasformano come trasformeranno gli abitanti di questo paese incassato fra i monti, di questa valle isolata dal mondo.
Il nemico, arriva il nemico, aspettando i barbari di Kavafis, quel momento in cui il nemico è alle porte. Il nemico. "Il famigerato telegramma che aveva aperto il vaso di Pandora veniva letto tutte le mattine da qualche volenteroso per tenere vivi gli animi, ma molti dei paesani che ogni giorno si alzavano pronti a lottare nascosti dietro le loro trincee casalinghe cominciavano a stancarsi della lentezza di quell'invasore che stava prendendo con troppa calma il suo compito di attacco." Quasi uguale ai versi di Kavafis.
Una umanità impaurita libera gli istinti, cerca soddisfazione nella assuefazione a bisogni elementari, colorando di sangue e di terra ogni azione. Mi ha ricordato, forse per i nomi, la rivolta dei contadini nelle valli ai tempi di Muntzer, quella rivolta stroncata nel sangue dagli eserciti approvati da Lutero. Raccontata dai Wu Ming in Q di Luther Blisset. La storia narrata è una Via Crucis, un continuo riferirsi ad altri momenti, un riferirsi a ciò che portiamo nelle nostre tasche, a ciò che amiamo.
Dopo il diluvio nella Lettura di moltissimi sarà.
"Un conto è un uomo, Eda, un conto è il paese. Il paese non è nient'altro che tanti singoli uomini. Il trucco sta nel figurarseli uno ad uno."
"Per la strada il vento gonfiava scialli e palandrane come vele e le sciarpe che non erano state annodate abbandonavano i colli scoperti per seguire i flutti d'aria."
Il piacere di leggere un libro curato, il piacere della letteratura trasforma il nemico, lo sconosciuto, in un nostro amico, nella favola bella della scrittura.
Ippolita Luzzo
Leonardo Malaguti è nato a Bologna il 15 Febbraio 1993.
Si dedica alla recitazione, al disegno e alla scrittura, al cinema e all'arte. Nel 2010 studia per sei mesi negli Stati Uniti, a San Juan Capistrano, California dove approfondisce, oltre alla lingua, lo studio del disegno e del teatro; al suo ritorno, nel 2011 illustra il libro Zuppe, Zucche e Pan di Zenzero (di Francesca Rosso, ed. Leone Verde) e nel 2012 viene scelto per il corso propedeutico di recitazione al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma dove si qualifica tra i finalisti. Con questo libro è stato finalista al Premio nazionale di letteratura Neri Pozza
"Exòrma è un progetto di divulgazione di alto profilo, di ergonomia grafica e tipografica, di artigianato delle suggestioni."
Tutto ciò si sente al tatto e alla vista, nel sensibile che ci mette in comunicazione con la narrazione del libro.
Una copertina da appendere come un quadro, un libro da accarezzare e amare, infatti io ho cominciato a portarmelo dietro come un amico.
Dopo il diluvio di Leonardo Malaguti ci riconcilia con la lettura gustosa, nel narrare situazioni assurde e grottesche ci fa sorridere e ci spaventa. La lettura mi ha ricordato le fantasie di Luca Ronconi e le sue trasposizioni sceniche, il cinema di Fellini, sul circo, sui nani, sui clown, mi ha trasportato in un mondo astorico eppure immerso nel nostro immaginario.
Una vicenda senza tempo, senza un luogo geografico, se non fosse ben collocata in una scrittura alta, una scrittura che amo. Un paese isolato, un paese in preda all'angoscia. Da quando sono rimasti isolati per via del diluvio, unico contatto con l'esterno rimane un telegramma. Quindi siamo nel novecento! Ma l'angoscia e la paura non hanno un'era, attraversano i secoli e vivono nelle nostri gesti, ci trasformano come trasformeranno gli abitanti di questo paese incassato fra i monti, di questa valle isolata dal mondo.
Il nemico, arriva il nemico, aspettando i barbari di Kavafis, quel momento in cui il nemico è alle porte. Il nemico. "Il famigerato telegramma che aveva aperto il vaso di Pandora veniva letto tutte le mattine da qualche volenteroso per tenere vivi gli animi, ma molti dei paesani che ogni giorno si alzavano pronti a lottare nascosti dietro le loro trincee casalinghe cominciavano a stancarsi della lentezza di quell'invasore che stava prendendo con troppa calma il suo compito di attacco." Quasi uguale ai versi di Kavafis.
Una umanità impaurita libera gli istinti, cerca soddisfazione nella assuefazione a bisogni elementari, colorando di sangue e di terra ogni azione. Mi ha ricordato, forse per i nomi, la rivolta dei contadini nelle valli ai tempi di Muntzer, quella rivolta stroncata nel sangue dagli eserciti approvati da Lutero. Raccontata dai Wu Ming in Q di Luther Blisset. La storia narrata è una Via Crucis, un continuo riferirsi ad altri momenti, un riferirsi a ciò che portiamo nelle nostre tasche, a ciò che amiamo.
Dopo il diluvio nella Lettura di moltissimi sarà.
"Un conto è un uomo, Eda, un conto è il paese. Il paese non è nient'altro che tanti singoli uomini. Il trucco sta nel figurarseli uno ad uno."
"Per la strada il vento gonfiava scialli e palandrane come vele e le sciarpe che non erano state annodate abbandonavano i colli scoperti per seguire i flutti d'aria."
Il piacere di leggere un libro curato, il piacere della letteratura trasforma il nemico, lo sconosciuto, in un nostro amico, nella favola bella della scrittura.
Ippolita Luzzo
Leonardo Malaguti è nato a Bologna il 15 Febbraio 1993.
Si dedica alla recitazione, al disegno e alla scrittura, al cinema e all'arte. Nel 2010 studia per sei mesi negli Stati Uniti, a San Juan Capistrano, California dove approfondisce, oltre alla lingua, lo studio del disegno e del teatro; al suo ritorno, nel 2011 illustra il libro Zuppe, Zucche e Pan di Zenzero (di Francesca Rosso, ed. Leone Verde) e nel 2012 viene scelto per il corso propedeutico di recitazione al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma dove si qualifica tra i finalisti. Con questo libro è stato finalista al Premio nazionale di letteratura Neri Pozza
domenica 6 maggio 2018
L'arte come possibilità nel cubo Nomade di Silvia Pujia
Siamo al Marca Di Catanzaro, la luce delle 11,30 attraversa le vetrate della sala conferenze e impressiona gli scatti fotografici, donando immagini poco a fuoco. Tutte giustificazioni mie per dire che non so fotografare l'aura che avvolge Simonetta Lux mentre sta parlando della storia dei Musei, della loro trasformazione e dell'arte in questo mondo un po' pazzo. Inizia così Simonetta Lux: "oggi il mondo è in po' pazzo e fa dipendere l'artistiticità da quanti siano i followers. Quindi cosa è l'arte? e Come lo sia? E come mai siamo qui a parlare di musei e sentiamo il bisogno di contestare i musei istituzionali?
Musei senza pareti, sembra indicare nel cubo nomade Silvia Pujia e ogni artista si è sentito poco accettato dal suo tempo, ogni artista si è sentito in esilio. Sono proprio gli artisti a non aver accesso al Museo. Nel momento nascente l'arte non sta mai nel museo. Duchamp fuori dal museo, il situazionismo, Dada, Breton, fuori dal museo.
Si parla stamani di Pratica costituente, di un nuovo modo di ripensare alle attività museali, non più pacchetti da offrire al pubblico ma creare incontri fra persone. L'artista diventa persona e comincia a rifare cose nei luoghi proibiti per creare relazione col pubblico, anch'esso non più amorfo, ma costituito da persone. Dalla persona artista alla persona che fruisce, nella fruizione di un gesto artistico la trasmissione di una testimonianza: l'arte.
L'arte e le tracce che lasciamo di noi, L'arte e l'azione narrativa della molteplicità delle connessioni, l'arte e lo stupore. L'artista diviene ora critico e curatore di se stesso, l'artista è vivo e agisce insieme a noi, sta dicendo Simonetta Lux, ricordando di aver portato nella scuola, ai suoi studenti, sulle scene, gli artisti vivi, e di aver portato a scuola, "da viventi" coloro che non lo erano più. Nel ruolo di un "Agire la critica" di idea di apertura.
Occuparsi dell'uomo non finito. Oggi sembra si dia tutto a tutti, in modo superficiale, sembra sia così.Eppure sapendo tutto c'è chi si interroga, ed è questa la novità. Nella luce e nel carisma La Lux ci ha rapito siamo pronti per la levitazione dei corpi e della mente con l'intervento di Cesare Petroiusti. Cesare inizia con l'etimologia della parola Museo, luogo sacro alle Muse”, nome di un istituto culturale dell'antica Alessandria d'Egitto, nato accanto alla Biblioteca, come strumento del museo stesso. Ci parla delle Muse, le mediatrici fra noi e il divino, le mediatrici fra noi e il mondo sensibile, nel bisogno umano di avere accesso al sensibile, di riappropriarsi del sensibile, di un'estetica del sensibile. Le muse non sono un concetto unitario, sono la molteplicità. Nel delirio di Dioniso e nell'equilibrio della sapienza, l'amplissimo territorio dove tracce umane segnano la storia.
Ora invece sembra che l'arte sia solo un affare da vendere nelle sciagurate Fiere d'arte, da vendere a pacchetti per i giri turistici nei musei, nelle mostre confezionate. Tutto il contrario dell'esigenza artistica, del respiro artistico, dell'attimo vitale donato a chi saprà prenderlo e farsene testimone. Cesare ci fa etimologia della parola Nomade, Nomos in opposizione alla follia, Nomos, la legge, e nomos la linea che separa un campo da un altro. La linea che si attraversa per andare da un campo ad un altro. L'arte come migrazione di pensieri, l'arte come possibilità. Una sfida umana.
Già mi sollevo altissima al soffitto e volerei senza limiti e confini se non avessi accanto il freno della forma. Una mattina di arte viva.
Silvia Pujia parla di equilibrio tra il dentro e il fuori, Idea semplice, idea di un nuovo umanesimo, dell'arte come scambio di pensieri. Spettacolarità e non più spettacolo, sembra questa la tendenza nel dibattito museologico internazionale, scrive Silvia Pujia. Il Museo spettacolo perde la funzione testimoniale per inglobarne una di tipo indicale: Musei che si autoesibiscono. Fuori dall'istituzione museale Silvia Pujia analizza tre esperienze romane: Il Museo Dell'altro e dell'Altrove di Metropoliz_città meticcia di Giorgio De Finis, il Museo all'aria aperta do Fausto Delle Chiaie e il Museo dell'arte contemporanea in esilio
di Cesare Pietroiusti.
Che cos'è una istituzione museale e cosa è avvenuto nelle istituzioni museali nel corso del XX secolo, quali trasformazioni abbiano cambiato il concetto di museo e di fruizione dell'arte fino ai nostri giorni, è ciò che si chiede Silvia Pujia, in questo libro, esito del Master in Curatore di Arte Contemporanea conseguito a Roma, presso l'Università della Sapienza.
Una lettura sugli spazi aperti della conoscenza e della libertà, nella luce della volontà artistica.
Ippolita Luzzo
Dal Cubo Bianco Al Cubo Nomade Pratiche di Decostruzione Dell'Istituzione Museale,con Prefazione di Simonetta Lux e Postfazione di Giorgio De Finis.
Oggi 5 maggio 2018 ore 11.00
Marca - Museo delle Arti di Catanzaro
Simonetta Lux, già ordinario di Storia dell'arte contemporanea presso l'Università "La Sapienza" di Roma
Cesare Pietroiusti, artista
Silvia Pujia, autrice
Modera:
Simona Caramia, docente ABA Catanzaro
Musei senza pareti, sembra indicare nel cubo nomade Silvia Pujia e ogni artista si è sentito poco accettato dal suo tempo, ogni artista si è sentito in esilio. Sono proprio gli artisti a non aver accesso al Museo. Nel momento nascente l'arte non sta mai nel museo. Duchamp fuori dal museo, il situazionismo, Dada, Breton, fuori dal museo.
Si parla stamani di Pratica costituente, di un nuovo modo di ripensare alle attività museali, non più pacchetti da offrire al pubblico ma creare incontri fra persone. L'artista diventa persona e comincia a rifare cose nei luoghi proibiti per creare relazione col pubblico, anch'esso non più amorfo, ma costituito da persone. Dalla persona artista alla persona che fruisce, nella fruizione di un gesto artistico la trasmissione di una testimonianza: l'arte.
L'arte e le tracce che lasciamo di noi, L'arte e l'azione narrativa della molteplicità delle connessioni, l'arte e lo stupore. L'artista diviene ora critico e curatore di se stesso, l'artista è vivo e agisce insieme a noi, sta dicendo Simonetta Lux, ricordando di aver portato nella scuola, ai suoi studenti, sulle scene, gli artisti vivi, e di aver portato a scuola, "da viventi" coloro che non lo erano più. Nel ruolo di un "Agire la critica" di idea di apertura.
Occuparsi dell'uomo non finito. Oggi sembra si dia tutto a tutti, in modo superficiale, sembra sia così.Eppure sapendo tutto c'è chi si interroga, ed è questa la novità. Nella luce e nel carisma La Lux ci ha rapito siamo pronti per la levitazione dei corpi e della mente con l'intervento di Cesare Petroiusti. Cesare inizia con l'etimologia della parola Museo, luogo sacro alle Muse”, nome di un istituto culturale dell'antica Alessandria d'Egitto, nato accanto alla Biblioteca, come strumento del museo stesso. Ci parla delle Muse, le mediatrici fra noi e il divino, le mediatrici fra noi e il mondo sensibile, nel bisogno umano di avere accesso al sensibile, di riappropriarsi del sensibile, di un'estetica del sensibile. Le muse non sono un concetto unitario, sono la molteplicità. Nel delirio di Dioniso e nell'equilibrio della sapienza, l'amplissimo territorio dove tracce umane segnano la storia.
Ora invece sembra che l'arte sia solo un affare da vendere nelle sciagurate Fiere d'arte, da vendere a pacchetti per i giri turistici nei musei, nelle mostre confezionate. Tutto il contrario dell'esigenza artistica, del respiro artistico, dell'attimo vitale donato a chi saprà prenderlo e farsene testimone. Cesare ci fa etimologia della parola Nomade, Nomos in opposizione alla follia, Nomos, la legge, e nomos la linea che separa un campo da un altro. La linea che si attraversa per andare da un campo ad un altro. L'arte come migrazione di pensieri, l'arte come possibilità. Una sfida umana.
Già mi sollevo altissima al soffitto e volerei senza limiti e confini se non avessi accanto il freno della forma. Una mattina di arte viva.
Silvia Pujia parla di equilibrio tra il dentro e il fuori, Idea semplice, idea di un nuovo umanesimo, dell'arte come scambio di pensieri. Spettacolarità e non più spettacolo, sembra questa la tendenza nel dibattito museologico internazionale, scrive Silvia Pujia. Il Museo spettacolo perde la funzione testimoniale per inglobarne una di tipo indicale: Musei che si autoesibiscono. Fuori dall'istituzione museale Silvia Pujia analizza tre esperienze romane: Il Museo Dell'altro e dell'Altrove di Metropoliz_città meticcia di Giorgio De Finis, il Museo all'aria aperta do Fausto Delle Chiaie e il Museo dell'arte contemporanea in esilio
di Cesare Pietroiusti.
Che cos'è una istituzione museale e cosa è avvenuto nelle istituzioni museali nel corso del XX secolo, quali trasformazioni abbiano cambiato il concetto di museo e di fruizione dell'arte fino ai nostri giorni, è ciò che si chiede Silvia Pujia, in questo libro, esito del Master in Curatore di Arte Contemporanea conseguito a Roma, presso l'Università della Sapienza.
Una lettura sugli spazi aperti della conoscenza e della libertà, nella luce della volontà artistica.
Ippolita Luzzo
Dal Cubo Bianco Al Cubo Nomade Pratiche di Decostruzione Dell'Istituzione Museale,con Prefazione di Simonetta Lux e Postfazione di Giorgio De Finis.
Oggi 5 maggio 2018 ore 11.00
Marca - Museo delle Arti di Catanzaro
Simonetta Lux, già ordinario di Storia dell'arte contemporanea presso l'Università "La Sapienza" di Roma
Cesare Pietroiusti, artista
Silvia Pujia, autrice
Modera:
Simona Caramia, docente ABA Catanzaro
martedì 1 maggio 2018
Kaiser di Marco Patrone
Marco Patrone è Recensireilmondo, per quello strano fenomeno per cui i titolari di blog prendono il nome del blog stesso, come se la cosa fosse inscindibile.
Qui però l'autore è lui, autore di Kaiser, Arkadia Editore 2018, collana Eclypse.
Mi metto a scrivere con timore e con attenzione in questo Primo Maggio soleggiato e verde.
Il libro, arrivato in libreria il 26 Aprile ed è presente su IBS e su molti altri siti online, sarà presentato al Salone del Libro Di Torino domenica 13 maggio nella Sala Avorio alle ore 17,30 da Giulia Ciarrapica e Isabella Pedicini. Come avrei voluto esserci!
Ad Aprile esulto così: Oggi è un giorno storico. Arriva Marco Patrone nel regno della Litweb. Sfondo arancione per Kaiser. Casa editrice Arkadia. Oggi Maurizio Pansini mi ha ufficialmente insignito del titolo di critico letterario, da aforisma per aforisma. Ed oggi già pronto al gol: Kaiser.
"E poi cosa credi, piccolino, di essere diventato tutto d’un colpo uno scrittore? Ma prima di scrivere bisogna vivere, senza paura, se ti svegli e hai quella timidezza, se sei sempre lì a rimuginare e magari ti invadono i cattivi pensieri e ogni tanto sei a un passo del panico non vale, amico mio! Si va in stampa tra poco, amico mio e te lo devo dire che mi sembri in ritardo "
Ambientato nel mondo del calcio Kaiser è un calciatore brasiliano senza talento che riuscirà a farsi ingaggiare da squadre importanti. Anni dopo un giornalista rilegge quei fatti in maniera diversa e tirerà conclusioni sorprendenti.
Sul disturbo narcisistico della personalità, che affligge Kaiser e affligge tanti di noi, gioca Marco Patrone, arrivando a scrivere che Kaiser abbia potuto non inventare nulla, abbia invece inventato se stesso come Kaiser e gli altri ci abbiano creduto.Nel mondo del calcio, dove vive la vicenda umana e fantasiosa di Kaiser, ai mondi letterari e artistici poca differenza c'è e mi piace ricordare l'aneddoto che Daverio mi raccontò a proposito del gruppo di artisti di Capalbio che si inventarono un movimento facendo passare per vero una bugia. Mi disse lui: Se in una bugia che inventi ci credi tu per primo gli altri inevitabilmente ci crederanno.
Mi sembra questo il significato del libro, piacevole e divertente anche per me che non seguo il calcio, proprio perché il libro è "Una storia di aneddoti" scrive Marco Patrone a pag 129: Il momento disvelante la vicenda.
A Recensireilmondo un saluto dal Regno della Litweb.
Come Kaiser.
Ippolita Luzzo
Qui però l'autore è lui, autore di Kaiser, Arkadia Editore 2018, collana Eclypse.
Mi metto a scrivere con timore e con attenzione in questo Primo Maggio soleggiato e verde.
Il libro, arrivato in libreria il 26 Aprile ed è presente su IBS e su molti altri siti online, sarà presentato al Salone del Libro Di Torino domenica 13 maggio nella Sala Avorio alle ore 17,30 da Giulia Ciarrapica e Isabella Pedicini. Come avrei voluto esserci!
Ad Aprile esulto così: Oggi è un giorno storico. Arriva Marco Patrone nel regno della Litweb. Sfondo arancione per Kaiser. Casa editrice Arkadia. Oggi Maurizio Pansini mi ha ufficialmente insignito del titolo di critico letterario, da aforisma per aforisma. Ed oggi già pronto al gol: Kaiser.
"E poi cosa credi, piccolino, di essere diventato tutto d’un colpo uno scrittore? Ma prima di scrivere bisogna vivere, senza paura, se ti svegli e hai quella timidezza, se sei sempre lì a rimuginare e magari ti invadono i cattivi pensieri e ogni tanto sei a un passo del panico non vale, amico mio! Si va in stampa tra poco, amico mio e te lo devo dire che mi sembri in ritardo "
Ambientato nel mondo del calcio Kaiser è un calciatore brasiliano senza talento che riuscirà a farsi ingaggiare da squadre importanti. Anni dopo un giornalista rilegge quei fatti in maniera diversa e tirerà conclusioni sorprendenti.
Sul disturbo narcisistico della personalità, che affligge Kaiser e affligge tanti di noi, gioca Marco Patrone, arrivando a scrivere che Kaiser abbia potuto non inventare nulla, abbia invece inventato se stesso come Kaiser e gli altri ci abbiano creduto.Nel mondo del calcio, dove vive la vicenda umana e fantasiosa di Kaiser, ai mondi letterari e artistici poca differenza c'è e mi piace ricordare l'aneddoto che Daverio mi raccontò a proposito del gruppo di artisti di Capalbio che si inventarono un movimento facendo passare per vero una bugia. Mi disse lui: Se in una bugia che inventi ci credi tu per primo gli altri inevitabilmente ci crederanno.
Mi sembra questo il significato del libro, piacevole e divertente anche per me che non seguo il calcio, proprio perché il libro è "Una storia di aneddoti" scrive Marco Patrone a pag 129: Il momento disvelante la vicenda.
A Recensireilmondo un saluto dal Regno della Litweb.
Come Kaiser.
Ippolita Luzzo