Elogio della mitezza: "In questa famiglia dei buoni per tutta la vita non si mangiano che rimasugli, e per giunta si fa circolare la voce che una volta ci sia stato un giorno di festa da cui quegli avanzi provengono" Roberto Musil L'uomo senza qualità.
I fari azzurri della Ferrari tagliano l'oscurità e il primo protagonista è Olein al distributore di benzina e siamo immersi in una tragedia della follia nelle campagne di Kittili. Leggo e rileggo quel grande balzo indietro nel tempo e sono assolutamente presa da una lettura di un romanzo dai toni cupi del male, un male che finirà, mi domando interdetta. Un romanzo ambientato in America, nella provincia americana, un luogo non luogo, come sono diventati anche i nostri paesi e la desolazione mi attanaglia. Il distributore di benzina sembra essere il luogo, un luogo necessario di erogazione liquido per correre nel nulla. Pervade il nulla nella folle corsa dei protagonista, il terribile vivere senza più riconoscerci, riconoscere i luoghi, gli affetti. I personaggi incarnano le distopie del momento, Dorian Ray, l'ermafrodito bellissimo con gli occhi azzurri, il fascino del male, il male contrapposto al bene. Un libro per amanti del genere fantasty ma non troppo, una second life in cui lasciarsi andare. Francesco Muzzioli ha firmato una post fazione esauriente che mi trova d'accordo e il romanzo poi ha per me il pregio di avermi fatto conoscere una autrice raffinatissima, una protagonista della scena, artista multimediale, una pioniera della poesia digitale. Tutti abbiamo amato Caterina Davinio, leggo da Dante Maffia che ho conosciuto qui a Lamezia poco tempo fa. Eppure io conosco solo ora un mondo rutilante ed effervescente che raggiunge la mia casa, altrettanta isolata, tramite la finestra di un blog. Il centro sociale dove Bernard lavora sembra la città in cui vivo e così si intreccia il bene e il male, il nulla e il troppo di Valentin Skodras, nella emarginazione che ci appartiene
Ippolita Luzzo
Caterina Davinio da Wikipedia:Scrittrice e artista multimediale, dall'inizio degli anni novanta ha creato opere sperimentali tra scrittura, arti visive e nuovi media, usando il video, il computer, Internet, la fotografia digitale. Negli anni ottanta ha utilizzato anche tecniche tradizionali, come la pittura, partecipando a mostre personali e collettive. Nel 1997 ha esposto computer poetry in VeneziaPoesia, mostra a cura di Nanni Balestrini nella 47ª Biennale di Venezia. Nel 1999 ha partecipato come poeta e videoartista al "Progetto Oreste" nel Padiglione Italia della 48ª Biennale di Venezia, dove ha curato anche una rassegna di videopoesia.
Dal 1992 ha organizzato e curato una serie di rassegne video e di computer art in varie città italiane, in spazi istituzionali e alternativi, con la partecipazione di numerosi artisti internazionali, contribuendo a creare un ponte tra la poesia sperimentale e il circuito delle arti elettroniche; tra queste: Electronìe d'arte e altre scritture (1994-95), Videometropoli (1995), Poevisioni elettroniche (1996, 1997, 1998), Parole virtuali (1999), Techno-Poetry (2001), e altre Nel 1997 ha contribuito a netOper@ di Sergio Maltagliati, primo lavoro italiano interattivo e collaborativo attraverso Internet. Nel 2009 ha realizzato nella 53ª Biennale di Venezia l'installazione virtuale su Second Life The First Poetry Space Shuttle Landing on Second Life
Nel 2014 ha partecipato, con l'installazione di net-poetry Big Splash, al festival internazionale di letteratura elettronica OLE.01, inclusa nella sezione storica dei maestri nella Sala Dorica di Palazzo Reale a Napoli
martedì 30 gennaio 2018
domenica 28 gennaio 2018
'Ella & John (The Leisure Seeker) di Paolo Virzì
Da Boston alla casa di Hemingway, il viaggio di ribellione di una coppia che si ama tanto. La moglie decide per entrambi.
Lui è un professore di letteratura che ricorda il nome delle sue alunne, nonostante la malattia dell' Alzheimer abbia leso molti ricordi personali, un professore che ci recita un pezzo de "Il vecchio e il mare", del suo autore preferito, Hemingway e dice: La sua era prosa che si faceva poesia. In attesa di sognare i leoni che Hemingway offriva al Santiago oggi ho visto 'Ella & John (The Leisure Seeker)', il film di Paolo Virzì, con due premi Oscar come protagonisti: Helen Mirren e Donald Sutherland. 'Ella & John' è l'adattamento cinematografico del romanzo 'The Leisure Seeker', scritto dallo statunitense Michael Zadoorian e pubblicato nel 2009.
Un camper come scommessa, una moglie lucida, anch'essa minata da una malattia nel corpo, scappano al destino loro offerto dai figli, una casa di riposo, una struttura sanitaria, scappano e fanno una vacanza, l'ultima vacanza. Ci piace pensarli così ora gli anziani, recettivi e propositivi, in fuga dalle case di riposo dove saranno parcheggiati da un modello di vita che ha isolato la vecchiaia. Nell'interpretare dunque uno stato d'animo assolutorio del modello capitalistico ecco nuovi modi di fare nel mondo anziano.
La fuga bella.
Il film, gradevolissimo e poi tenero, ci propone una bella immagine di una volontà indomita, di una coppia innamorata e unita che attraversa in camper perfettamente attrezzato e senza grandi difficoltà l'America, verso Sud, per giungere nella casa dello scrittore, casa anch'essa diventata un parco giochi, come ogni luogo del ricordo, oramai.
I nostri vecchi non sono così, la vecchiaia orrenda non viene sfiorata, qui c'è una storia bella di amore, una storia bella di grande amicizia, una storia bella in cui la vita bella mi ricorda gli inizi di Virzì, quel desiderio di Ovosodo, uno dei primi film di Virzì, in cui, lui, elegiaco terminava con la bella coppia creata dal protagonista.
La coppia, dunque, come panacea contro la mercificazione dei sentimenti, la coppia come forza per affrontare anche la terribile vecchiaia. Nel film ho molto ridacchiato, triste e contenta, nel riconoscere temi e argomenti che mi stanno a cuore, felice e triste di vedere che la ragazza delle ordinazioni avesse fatto la tesi su Hemingway, felice e triste di vedere intorno ad una coppia, strutturata e radicata su conoscenze e territori, i tanti sradicati, i benzinai siriani, i campeggiatori, i desolati ospiti delle case di riposo e i loro infermieri. Tutto sarebbe stato tristissimo senza la luce che emanava dai due interpreti principali e dal loro splendido essere oltre le miserie umane.Oltre la miseria la forza della conoscenza, del piacere letterario dell'immaginazione. Lungo La Route 1 sulla East Coast degli States che termina a Key West, da Boston a Hemingway
Ippolita Luzzo
Lui è un professore di letteratura che ricorda il nome delle sue alunne, nonostante la malattia dell' Alzheimer abbia leso molti ricordi personali, un professore che ci recita un pezzo de "Il vecchio e il mare", del suo autore preferito, Hemingway e dice: La sua era prosa che si faceva poesia. In attesa di sognare i leoni che Hemingway offriva al Santiago oggi ho visto 'Ella & John (The Leisure Seeker)', il film di Paolo Virzì, con due premi Oscar come protagonisti: Helen Mirren e Donald Sutherland. 'Ella & John' è l'adattamento cinematografico del romanzo 'The Leisure Seeker', scritto dallo statunitense Michael Zadoorian e pubblicato nel 2009.
Un camper come scommessa, una moglie lucida, anch'essa minata da una malattia nel corpo, scappano al destino loro offerto dai figli, una casa di riposo, una struttura sanitaria, scappano e fanno una vacanza, l'ultima vacanza. Ci piace pensarli così ora gli anziani, recettivi e propositivi, in fuga dalle case di riposo dove saranno parcheggiati da un modello di vita che ha isolato la vecchiaia. Nell'interpretare dunque uno stato d'animo assolutorio del modello capitalistico ecco nuovi modi di fare nel mondo anziano.
La fuga bella.
Il film, gradevolissimo e poi tenero, ci propone una bella immagine di una volontà indomita, di una coppia innamorata e unita che attraversa in camper perfettamente attrezzato e senza grandi difficoltà l'America, verso Sud, per giungere nella casa dello scrittore, casa anch'essa diventata un parco giochi, come ogni luogo del ricordo, oramai.
I nostri vecchi non sono così, la vecchiaia orrenda non viene sfiorata, qui c'è una storia bella di amore, una storia bella di grande amicizia, una storia bella in cui la vita bella mi ricorda gli inizi di Virzì, quel desiderio di Ovosodo, uno dei primi film di Virzì, in cui, lui, elegiaco terminava con la bella coppia creata dal protagonista.
La coppia, dunque, come panacea contro la mercificazione dei sentimenti, la coppia come forza per affrontare anche la terribile vecchiaia. Nel film ho molto ridacchiato, triste e contenta, nel riconoscere temi e argomenti che mi stanno a cuore, felice e triste di vedere che la ragazza delle ordinazioni avesse fatto la tesi su Hemingway, felice e triste di vedere intorno ad una coppia, strutturata e radicata su conoscenze e territori, i tanti sradicati, i benzinai siriani, i campeggiatori, i desolati ospiti delle case di riposo e i loro infermieri. Tutto sarebbe stato tristissimo senza la luce che emanava dai due interpreti principali e dal loro splendido essere oltre le miserie umane.Oltre la miseria la forza della conoscenza, del piacere letterario dell'immaginazione. Lungo La Route 1 sulla East Coast degli States che termina a Key West, da Boston a Hemingway
Ippolita Luzzo
venerdì 26 gennaio 2018
Amori regalati Olimpio Talarico
La recensione di Amori regalati direttamente dalla rivista Cabaret Bisanzio sul blog del regno stamattina, dopo la bellissima telefonata con una carissima amica, Maria Ierardi, Dirigente Scolastica a Cotronei, che presenterà agli alunni questo libro insieme all'autore. La mia presenza con Olimpio Talarico e Maria Ierardi. Le Coincidenze non sono a caso.
"Siamo monchi nello stupore che non riusciamo ad avvertire. Nelle sorprese che non abbiamo avuto. Nelle cose e nelle persone che non abbiamo incontrato. Pur restando insieme abbiamo permesso che molte nostre emozioni vivessero all'ombra , che molte assenze fossero coltivate in silenzio… ognuno geloso delle proprie mancanze. Proprio come se la vita si sviluppasse nell'ombra" Cosa sappiamo noi di un altro? Di un amico fraterno, di un conoscente, di un vicino? Mi viene da chiedere spesso e nello stesso tempo mi interrogo su cosa io sappia di me stessa, di ciò che io sia diventata per me, un personaggio, a mia volta, di un libro, forse.
"Mi chiamo Martino Aiello e come tutti quelli della mia famiglia sono nato a Fondo Margherita, proprio al confine fra Crotone e il comune di Strongoli, nel mese di luglio del 1919, in un immenso palazzo prima del mare: una grande nave arenata sulla spiaggia orientale delle coste calabresi… all'età di nove anni lasciai il mare. Mio padre era stato nominato segretario comunale in un paesino sperduto fra le montagne. Caccuri, in quegli anni, subito dopo l’avvento del fascismo, era un quadro dipinto su un cartone povero: pochi colori, molto bianco da pitturare, tanto nero da cancellare. Quattro case appoggiate sulle roccia… Una piazza stretta… Ai piedi del paese un ruscello" Sento tutti i bravi narratori del novecento venirmi incontro in queste pagine di Olimpio Talarico, vorrei trascrivere tutte le frasi, per intero, però credo bastino poche immagine per sentire subito il fascino della lettura.
Caccuri, il paese raccontato come un amico in questo libro di Olimpio Talarico sull'amicizia, De amicitia di Cicerone, l’amicizia di Aristotele, dall'etica Nicomachea, l’amicizia di Sant'Agostino nelle Confessioni. L’amicizia nata a scuola, fra i banchi e poi vissuta fra sparizioni e riapparizioni fino alla fine, fino al volersi ancora insieme anche in un improbabile incontro in un luogo che non conosceremo. Un’amicizia che attraversa un secolo di dittature e guerre, di crimini e cose taciute, allargando lo spazio e facendo da inquadratura sempre più ampia sulle vicende man mano raccontate.
Da Caccuri in Germania, in Argentina, come in un film, quando vediamo la cinepresa iniziare da un piccolo punto e allargare man mano lo sguardo su una storia universale.
Uno stile narrativo limpido, seducente, rigoroso sui fatti accaduti nella realtà, fa vivere i personaggi nella loro verità e ce li regala come veri verissimi, nei loro incontri per la vita.
"Il cielo si era incupito e Berlino in penombra mostrava tutti i segni della stanchezza, quando in fondo al marciapiede, dietro un carrarmato in avaria, vidi arrivare verso di noi, e fermarsi a parlare con Giovanni, una giovane con un vestito leggero, azzurro, i capelli sciolti e una sciarpa al collo… Aveva l’aria di una ballerina e di un’attrice di tragedia greca"
Mi fermo qui, a malincuore, presa dalla malia di trascriverlo tutto questo libro.
"Amori regalati" A Luigi, nella dedica iniziale, a tutti noi, nella dedica finale, nel momento in cui siamo arrivati insieme nel centro del mondo, il nostro mondo fatto di affetti e ricordi.
Un libro amico e vivente guarda noi mentre noi guardiamo gli occhi e il sorriso dei tre ragazzini oltre la carta della copertina e leggiamo e rileggiamo il romanzo dello stupore.
Ippolita Luzzo
martedì 23 gennaio 2018
A schema libero del collettivo Lou Palanca
Nicola Fiorita, uno dei componenti del collettivo Lou Palanca, sarà il 25 Gennaio a Lamezia Terme per presentare il libro A schema libero, edito Rubbettino. Il libro è un docufiction, calato nella realtà di Reggio Calabria dagli anni settanta al 2012 . Per narrare fatti veri successi si costruiscono dei personaggi forse poco plausibili, però necessari al racconto. Uno è la figura dell'enigmista: L’uomo che risolve il cruciverba a schema libero era arrivato a Reggio Calabria dalla Polizia di Stato ai Servizi durante i moti di Reggio di quaranta anni fa. Margherita, giovane giornalista free-lance da Roma decide di tornare a Reggio Calabria. Ha appena letto del suicidio Fallara. Il neofascista, colui che ci racconta dal di dentro come la rivolta di Reggio Calabria per avere il capoluogo di regione si sia saldata con un disegno eversivo della destra, e Vincenzo Dattilo"Vincenzo Dattilo, un professore “mezzo matto”, che si occupa di storia locale, come il caso dei cinque ragazzi anarchici di Reggio" A schema libero.
Dall'intervista con Giuditta Casale, blogger, Nicola Fiorita dice"Questa storia è la storia degli ultimi quarantasette anni della Calabria. Un lungo periodo di tempo fatto di trame, segreti, alleanze torbide, misteri, intrecci tra neofascismo, servizi deviati e criminalità organizzata che hanno trasformato la ndrangheta in una delle più potenti organizzazioni criminali del mondo, che hanno costruito la fortuna di una nuova classe sociale (la borghesia mafiosa) e che hanno incatenato la Calabria ad un destino più rosso sangue che grigio"
I moti di Reggio Calabria:18 luglio 1970 dal diario dell'enigmista"Dal giorno dopo gli scontri alla stazione fu davvero guerra aperta. Presidiavamo il centro. Bloccavamo gli accessi. Da tutte le parti venivano contro gruppi di manifestanti , mentre nei rioni popolari le barricate.I ferrovieri aderirono allo sciopero. Non circolava più un treno. C'era una rivolta di popolo. Il corpo martoriato di Bruno Labate fu trovato poco prima della mezzanotte di mercoledì in via Lagoteta. Un ferroviere iscritto alla Cgil, picchiato duramente. Il primo morto di una rivolta virata a destra era un militante della sinistra"
Sabato 26 settembre 1970 l’incidente in cui perdono la vita cinque anarchici che da Reggio Calabria stanno andando a Roma per portare documenti scottanti sulla strage del treno di Gioia Tauro.
I documenti non furono mai ritrovati e loro morirono sull'autostrada del Sole. A schema libero
I documenti non furono mai ritrovati e loro morirono sull'autostrada del Sole. A schema libero
Mercoledì 15 dicembre 2010 a Reggio Calabria una donna, Orsola Fallara, dirigente del settore Finanze e Tributi del comune di Reggio Calabria, ha appena convocato una conferenza stampa per denunciare ciò che sapeva, ha ancora documenti scottanti da portare in procura ma le ruberanno il telefonino, le forzeranno l’auto, la troveranno moribonda per ingestione di acido muriatico. A schema libero
Nello schema libero troviamo le parole per definire ma poi la comprensione resta sempre a chi legge gli avvenimenti e sa legare le cause con i fatti, i legami terribili che avvennero fra criminalità e politica, fra assalto alle istituzioni e uso privato di cosa pubblica, assalto allo Stato. Sottostare con definizione assoggettarsi. Tutti ci assoggettiamo e la Calabria, e Reggio Calabria ha forse interpretato nel modo più cruento delle altre province calabre questo verbo. Si è assoggettata alla 'ndrangheta, alla criminalità, consegnando la città, già negli anni settanta, ad oscuri e terribili disegni. Paolo Romeo, l'anima nera di Reggio Calabria, procurò a Franco Freda il passaporto falso per fuggire in Costarica e poi divenne senatore del partito socialdemocratico. "Ne vedrete di picchiatori fascisti fare gli assessori comunali e regionali, ne vedrete magari molto più scomposti di me" la profezia del neofascista si avvera tristemente e nel 1989 il 13 novembre una cosca, una loggia, un'organizzazione politica estremista, si accordano. Ad Agosto l'omicidio Ligato, presidente delle ferrovie dello Stato. Che fine ha fatto quella presidenza?
Nel libro sono presenti stralci del processo a Piazza Fontana, e nella palestra del carcere minorile di Catanzaro arriveranno nel marzo del 1974 Freda, Ventura... trame nere. Freda ospitato e nascosto a Reggio Calabria.
Scrivendo mi sento male, mi distrugge questa storia terribile di violenze e di accaparramenti, di una tristezza senza pari, vedere che la politica fu conquistata da criminalità assoluta al di là del bene e soprattutto nel male. Dopo la lettura del libro mi sono andata a leggere un libro di Fabio Cuzzola, professore di Reggio Calabria, uno dei fondatori dei Lou Palanca. Dice Nicola Fiorita sempre nell'intervista a Giuditta Casale "Fabio è stato fondamentale per tutto quello che abbiamo pensato, scritto e detto. Se possibile, lo è stato ancor di più in questo libro che si apre con il richiamo alla vicenda dei cinque anarchici del sud – che lui raccontò prima che ci incontrassimo – e che si chiude con le parole di un personaggio che lui ha creato."
Nicola saprà trovare per noi le parole per creare uno schema libero diverso, con le parole legalità e rispetto, in cui crediamo, nonostante tutto.
Ippolita Luzzo
Scrivendo mi sento male, mi distrugge questa storia terribile di violenze e di accaparramenti, di una tristezza senza pari, vedere che la politica fu conquistata da criminalità assoluta al di là del bene e soprattutto nel male. Dopo la lettura del libro mi sono andata a leggere un libro di Fabio Cuzzola, professore di Reggio Calabria, uno dei fondatori dei Lou Palanca. Dice Nicola Fiorita sempre nell'intervista a Giuditta Casale "Fabio è stato fondamentale per tutto quello che abbiamo pensato, scritto e detto. Se possibile, lo è stato ancor di più in questo libro che si apre con il richiamo alla vicenda dei cinque anarchici del sud – che lui raccontò prima che ci incontrassimo – e che si chiude con le parole di un personaggio che lui ha creato."
Nicola saprà trovare per noi le parole per creare uno schema libero diverso, con le parole legalità e rispetto, in cui crediamo, nonostante tutto.
Ippolita Luzzo
venerdì 19 gennaio 2018
Fondamenta Casa Sirio: Cinque domande ad Angelo Calvisi
Si chiama Fondamenta il progetto di Casa Sirio di bloccare fino a fine marzo tutte le nuove uscite per dare risalto ai libri già pubblicati alla nascita della casa editrice, e ognuno di loro avrà una settimana dedicata, piena di interviste, recensioni e eventi. Fondamenta Casa Sirio ripropone in formato mignon e in prezzo economico i suoi libri. Comincia con Adieu Mon Coeur di Angelo Calvisi, libro da me amatissimo.Qui la mia intervista ad Angelo Calvisi
Cinque domande ad Angelo Calvisi
1)Il primo momento in cui hai deciso di aggiungere il mio contatto fu quello del suggerimento di Facebook: “Ti potrebbe interessare” e mi hai chiesto amicizia. Alla luce dei fatti successi pensi sia utile alcune volte seguire le indicazioni del social?
Nel caso del contatto con la Regina del Litweb certo che sì! In altri casi non saprei. Mi è capitato di chiedere l’amicizia a un mio ex compagno di scuola che adesso vende pozioni dimagranti. Mi ha tampinato per mesi e mesi per ammannirmi delle confezioni famiglia di prodotti dalle proprietà a suo dire miracolose. Ora, non che non ne abbia bisogno, però se ti dico di no è no. La storia è andata avanti finché non ho bloccato il suo profilo FB e a volte ho paura che possa aspettarmi sotto casa con i suoi flaconcini. Insomma, come per ogni cosa anche i social sono una questione di misura e forse di fortuna.
2)Adieu mon coeur è il titolo del romanzo scritto da te nel 2016 e vincitore del concorso “Quel libro nel cassetto” organizzato dalla Fondazione Nicola Liotta, Quale ricaduta sulla stima verso i lettori, e verso i premi, si ha vincendo per la prima volta?
Al di là del premio, per i lettori, pochi o tanti che siano, che scelgono i miei libretti io provo sempre un vero sentimento di gratitudine. Nel caso del concorso che hai citato, oltre alla grande soddisfazione, c’è un surplus di emozione (è la parola giusta: emozione) nel constatare che la lettura fatta dai giurati è andata a scavare aspetti e dettagli sui quali potevo anche aver puntato, ma la cui evidenza resta sempre un’incognita che deve passare al vaglio di chi si addentra tra le pagine.
3)Adieu mon coeur è anche il testo di una canzone, di Luca Liguori. Leggo sulla tua biografia i mestieri più diversi, legati comunque sempre alla musica, al teatro, al giornalismo, al sociale. Avrai forse cantato la canzone che è la musica della copertina del tuo libro, anche nel libro c’è molto ritmo, si sente che la musica è in te già dai tempi di Red Ronnie ed hai pensato di far diventare il tuo libro un musical?
Eh, un musical no, confesso che non mi sono spinto tanto in là! Però c’è un mio amico, un filmmaker genovese che si chiama Paolo Pisoni e con il quale ho già collaborato, che vorrebbe provarne a trarne una sceneggiatura. Vedremo. Quanto al ritmo, be’, ti ringrazio della notazione. Per me, in effetti, l’arte, tutta l’arte, è prevalentemente una questione di ritmo, anche la pittura, per dire, anche l’architettura! Detto ciò, la musica mi piace. Suono malissimo (senza falsa modestia: suono proprio male) le percussioni e la chitarra… E poi ho lavorato molti anni nel commercio di CD, acquisto le riviste specializzate, compro tanti dischi e vado ai concerti… Ultimamente ho assistito al concerto di Micah P. Hinson, che consiglio a tutti di ascoltare, e il prossimo appuntamento è con il gruppo texano dei Balmorhea, che approderà a Genova tra qualche settimana. Evviva la musica!
4)Nonostante le difficoltà che avrai incontrato nella pubblicazione e diffusione del libro, non credi di dare sempre maggior merito, come sempre ripeto io, a Case editrici piccole che si fanno spazio con qualità e proposte? Resta certo la difficoltà di giungere nei megastore e nella diffusione di massa, ma io non credo che sia ciò che tu voglia. Fra la massa e l’individualità noi sceglieremmo sempre l’individuo, vero?
Ma sai, difficoltà della pubblicazione del libro mica tante. Casasirio e io, con la mediazione di Mara Bevilacqua, all’epoca agente letterario e oggi editrice in proprio con Armillaria, ci siamo incontrati pochi mesi dopo la fine della stesura. È stato un incontro fortunato. Le giovanotte e i giovanotti di Casasirio lavorano con grande attenzione, i loro suggerimenti di editing hanno migliorato notevolmente il mio lavoro (che era peraltro quasi perfetto, intendiamoci!) e la cura che mettono nel fare libri non ha secondo me niente, ma proprio niente da invidiare ai cosiddetti grandi editori. E bravi come i casasiriani ce ne sono anche altri, quindi sono d’accordo con te nel dire che non è infrequente che il libro pubblicato da un piccolo editore sia migliore di un altro che magari è in classifica e si può acquistare in tutti gli… autogrill! E a proposito di diffusione… Cosa posso dire? Un ruolo decisivo è il vostro. Voi che recensite, animate, diffondete. Il lettore di romanzi è un po’ come l’ascoltatore di musica contemporanea. Se è appassionato e legge una recensione ben fatta si incuriosisce e il libro (o il disco) va a procurarselo fuori dai canali della massificazione. Davvero, passa tutto attraverso di voi, quindi sta’ attenta a quello che dirai di me!
5)Adieu mon coeur è il racconto di un amore adolescenziale, nato ancor prima, nell'infanzia e che è presente spesso in ogni fase della vita, con ritorni. Sempre per quella grande bellezza dei rapporti affettivi ultimamente troppo spesso negati, io ho sempre pensato che fosse un libro utile da leggere per i ragazzi, affinché vedano come sia in realtà il sentimento. Io l’ho intesa così ed è per questo che lo amo e lo consiglio nel regno della Litweb. Cosa aggiungeresti ora all'alba del 2018 nei saluti finali?
Che sarebbe un sogno arrivare ai giovani, magari addirittura nelle scuole! Quanto al resto, lasciami abbracciare i tuoi lettori e anche i miei. Passate tutti un anno sereno, gioioso, divertente. E ricordatevi di me il prossimo autunno, perché sarà quello il periodo in cui comparirà sugli scaffali delle librerie il mio nuovo romanzo!
Ippolita Luzzo
Cinque domande ad Angelo Calvisi
1)Il primo momento in cui hai deciso di aggiungere il mio contatto fu quello del suggerimento di Facebook: “Ti potrebbe interessare” e mi hai chiesto amicizia. Alla luce dei fatti successi pensi sia utile alcune volte seguire le indicazioni del social?
Nel caso del contatto con la Regina del Litweb certo che sì! In altri casi non saprei. Mi è capitato di chiedere l’amicizia a un mio ex compagno di scuola che adesso vende pozioni dimagranti. Mi ha tampinato per mesi e mesi per ammannirmi delle confezioni famiglia di prodotti dalle proprietà a suo dire miracolose. Ora, non che non ne abbia bisogno, però se ti dico di no è no. La storia è andata avanti finché non ho bloccato il suo profilo FB e a volte ho paura che possa aspettarmi sotto casa con i suoi flaconcini. Insomma, come per ogni cosa anche i social sono una questione di misura e forse di fortuna.
2)Adieu mon coeur è il titolo del romanzo scritto da te nel 2016 e vincitore del concorso “Quel libro nel cassetto” organizzato dalla Fondazione Nicola Liotta, Quale ricaduta sulla stima verso i lettori, e verso i premi, si ha vincendo per la prima volta?
Al di là del premio, per i lettori, pochi o tanti che siano, che scelgono i miei libretti io provo sempre un vero sentimento di gratitudine. Nel caso del concorso che hai citato, oltre alla grande soddisfazione, c’è un surplus di emozione (è la parola giusta: emozione) nel constatare che la lettura fatta dai giurati è andata a scavare aspetti e dettagli sui quali potevo anche aver puntato, ma la cui evidenza resta sempre un’incognita che deve passare al vaglio di chi si addentra tra le pagine.
3)Adieu mon coeur è anche il testo di una canzone, di Luca Liguori. Leggo sulla tua biografia i mestieri più diversi, legati comunque sempre alla musica, al teatro, al giornalismo, al sociale. Avrai forse cantato la canzone che è la musica della copertina del tuo libro, anche nel libro c’è molto ritmo, si sente che la musica è in te già dai tempi di Red Ronnie ed hai pensato di far diventare il tuo libro un musical?
Eh, un musical no, confesso che non mi sono spinto tanto in là! Però c’è un mio amico, un filmmaker genovese che si chiama Paolo Pisoni e con il quale ho già collaborato, che vorrebbe provarne a trarne una sceneggiatura. Vedremo. Quanto al ritmo, be’, ti ringrazio della notazione. Per me, in effetti, l’arte, tutta l’arte, è prevalentemente una questione di ritmo, anche la pittura, per dire, anche l’architettura! Detto ciò, la musica mi piace. Suono malissimo (senza falsa modestia: suono proprio male) le percussioni e la chitarra… E poi ho lavorato molti anni nel commercio di CD, acquisto le riviste specializzate, compro tanti dischi e vado ai concerti… Ultimamente ho assistito al concerto di Micah P. Hinson, che consiglio a tutti di ascoltare, e il prossimo appuntamento è con il gruppo texano dei Balmorhea, che approderà a Genova tra qualche settimana. Evviva la musica!
4)Nonostante le difficoltà che avrai incontrato nella pubblicazione e diffusione del libro, non credi di dare sempre maggior merito, come sempre ripeto io, a Case editrici piccole che si fanno spazio con qualità e proposte? Resta certo la difficoltà di giungere nei megastore e nella diffusione di massa, ma io non credo che sia ciò che tu voglia. Fra la massa e l’individualità noi sceglieremmo sempre l’individuo, vero?
Ma sai, difficoltà della pubblicazione del libro mica tante. Casasirio e io, con la mediazione di Mara Bevilacqua, all’epoca agente letterario e oggi editrice in proprio con Armillaria, ci siamo incontrati pochi mesi dopo la fine della stesura. È stato un incontro fortunato. Le giovanotte e i giovanotti di Casasirio lavorano con grande attenzione, i loro suggerimenti di editing hanno migliorato notevolmente il mio lavoro (che era peraltro quasi perfetto, intendiamoci!) e la cura che mettono nel fare libri non ha secondo me niente, ma proprio niente da invidiare ai cosiddetti grandi editori. E bravi come i casasiriani ce ne sono anche altri, quindi sono d’accordo con te nel dire che non è infrequente che il libro pubblicato da un piccolo editore sia migliore di un altro che magari è in classifica e si può acquistare in tutti gli… autogrill! E a proposito di diffusione… Cosa posso dire? Un ruolo decisivo è il vostro. Voi che recensite, animate, diffondete. Il lettore di romanzi è un po’ come l’ascoltatore di musica contemporanea. Se è appassionato e legge una recensione ben fatta si incuriosisce e il libro (o il disco) va a procurarselo fuori dai canali della massificazione. Davvero, passa tutto attraverso di voi, quindi sta’ attenta a quello che dirai di me!
5)Adieu mon coeur è il racconto di un amore adolescenziale, nato ancor prima, nell'infanzia e che è presente spesso in ogni fase della vita, con ritorni. Sempre per quella grande bellezza dei rapporti affettivi ultimamente troppo spesso negati, io ho sempre pensato che fosse un libro utile da leggere per i ragazzi, affinché vedano come sia in realtà il sentimento. Io l’ho intesa così ed è per questo che lo amo e lo consiglio nel regno della Litweb. Cosa aggiungeresti ora all'alba del 2018 nei saluti finali?
Che sarebbe un sogno arrivare ai giovani, magari addirittura nelle scuole! Quanto al resto, lasciami abbracciare i tuoi lettori e anche i miei. Passate tutti un anno sereno, gioioso, divertente. E ricordatevi di me il prossimo autunno, perché sarà quello il periodo in cui comparirà sugli scaffali delle librerie il mio nuovo romanzo!
Ippolita Luzzo
mercoledì 17 gennaio 2018
Ovunque è un altrove di Francesco Idotta
La Bottega dell'Inutile, la collana della Casa editrice Città del Sole, pubblica questi racconti e meditazioni, reportage di viaggi, scritti da Francesco Idotta, insegnante di filosofia e storia nel Liceo Scientifico di Sant'Eufemia d'Aspromonte e Phd in filosofia presso l'Università Statale di Madrid.
Verso Sud ogni viaggio è un pellegrinaggio.
Mi conquista la lettura citando un mio caro libro amico "Elogio della fuga" di Laborit, un libro amatissimo, e già tentiamo con lui, con Laborit, ad inseguire la libertà, fuori dagli automatismi socio culturali che ci impongono modelli falsi di concepire il mondo.
Camminiamo, ci esorta Francesco Idotta, camminiamo, come viaggio interiore, ascoltando il nostro tempo, dilatandolo."Un giorno, forse, i continui scambi di corsia, le gallerie buie e inquinate, l'asfalto viscido e le buche, i viadotti altissimi e vibranti saranno solo un ricordo, ma intanto noi avremo trascorso ogni giorno, per anni, se saremo fortunati, una lunga fetta della nostra vita tra questi dedali mefitici, i quali, nostro malgrado, ci avranno segnato l'inconscio" Seguiamo Francesco per i megaliti di Santa Caterina, ricoperti di fossili, sentiamo il profumo dei sorbi, passiamo dal "Pirtusu ru rumitu", l'antro dell'eremita, squartato vivo dai saraceni, e camminando sull'Aspromonte oltre ogni speranza "Tutto giunge lieto, come se stesse lì ad aspettare il nostro cammino disorientato." Mi sembra di leggere, fra le righe, un altro libro molto amato, quello di Pietro Criaco, "Via dall'Aspromonte" su quella via, desiderata e costruita dagli abitanti di Africo e poi impedita dalle autorità, per unire il paese al mare, per quel cammino possibile che Idotta chiede. Camminare in libertà. Nel cammino di Idotta troviamo Santiago di Compostela e Madrid, la Provenza, la Sicilia, e quella gita con gli alunni in Toscana, e poi in Veneto, di corsa come bersaglieri. Per tanti di noi che amiamo il viaggio come luogo dell'anima, il modo di organizzare gite, spostamenti veloci e senza anima, risulta fastidioso e inutile, gli alunni vengono solo divagati, ne siamo consapevoli e ne percepiamo l'occasione persa. Sono così, però, tanti viaggi di gruppo, organizzati con tempi da rispettare e senza un vero interesse alla riflessione, al viaggio sul carro della filosofia. Ed ora andiamo ad Elea Velia, da Parmenide, "Parmenide continua a parlare e a indurre il viaggiatore a cercare, senza tregua, la strada del suo andare, momento dopo momento" Viaggiando con Francesco Idotta arriviamo nella storia, nel Mediterraneo solcato da scafisti con carichi umani da abbandonare, nell'essere movimento di particelle, con Democrito, nel desiderio di una rotta, dovunque essa ci possa portare. E ricordo quel bel passo di Laborit"Quando non può lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l'andatura di cappa che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all'orizzonte delle acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l'illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione. Forse conoscete quella barca che si chiama desiderio" Camminiamo per desiderio di una rotta.
Con Francesco Idotta il pensiero di desiderare l'impossibile.
Ippolita Luzzo
sabato 13 gennaio 2018
Fabio Strinati Periodo di Transizione PERIOADĂ DE TRANZIȚIE
Il rifugio di Fabio Strinati:La salute mia è un ramo d’albero appeso al vento di dicembre "Trova rifugio negli elementi della natura Strinati e nel fiorire di primavera prende atto della preziosità dell’esistere, di essere parte del cosmo. Rimane comunque un’oscillazione costante dove prevale il dubbio, l’imperfezione, ma questo fa parte di una personalità sensibile che chiede risposte, che aspetta di comprendere il senso del suo andare per le strade della vita, insieme ad una fedele compagna: la Poesia."
Michela Zanarella Padova – Roma, maggio 2017 Periodo di transizione tradotto in lingua rumena da Daniel Dragomirescu
La salute mia è un ramo d'albero
Imparo a memoria questo verso e continuo a leggere amandone altre che vi riporto, in realtà amandole tutte.
"La salute mia è un ramo d’albero appeso al vento di dicembre"
Abbandonato
Non solo mi chino su questa terra di fango marrone
e mi piego scacciando le ferrose catene
in un nevrotico abbandono,
che la sorte ormai guastata
nella sua biada di morte camuffata, travestita
da una sagoma di vita slavata e lunatica,
mi rende uno specchio d’inverno opaco,
e steso nel vuoto nell’incertezza
siderale che tanto mi somiglia,
ecco che mi spengo
in uno stordimento contrariato.
Un lungo addio
Un lungo addio è
oltre le montagne figlie della vecchiaia e del tempo,
consumato dal suo stesso addio,
con gli occhi dell’anima,
dentro il cerchio immobile di un lago colorato di grigio,
disegnato dentro,
che già si dona esanime
alle troppe sofferenze che soffiano nel vento
tra le anime tremolanti, in un profondo
infinitamente finito!
Interrogativo
Quando ho paura del domani, mi aggrappo
alle tante foto appese al muro nella mia stanza:
tengo stretto il mio cuscino,
come l’amore è quell'equilibrio che tutto
scompone e ricompone,
come una foto di famiglia che raggruppa
l’unica foto di un istante, di un’eternità infinita.
Oblio
È un buco nero che mi trapassa mi travolge
nel punto del quaderno
e giova al fiore colto e còlto
in esubero su quel pezzetto di terra, a forma di carta.
È un buco: che sposta e fermo,
l’aria nel suo imbuto scuro,
nel suo tubo ch’è mattonella e catrame
nel suo perdutamente ignoto.
Lo impareremo a memoria
Fabio Strinati (1983, San Severino Marche,
Italia). Poeta, scrittore, aforista, pianista e
compositore. Anno del debutto letterario: 2014
con “Il Foglio Letterario”. Libri pubblicati:
Pensieri nello scrigno. Nelle spighe di grano è
il ritmo (2014), Un’allodola ai bordi del pozzo
(2015). Nel novembre del 2016 esce il suo
terzo libro, Dal proprio nido alla vita. Un
poemetto ispirato a un romanzo di Gordiano Lupi, Miracolo a
Piombino. Fabio Strinati è presente anche in diverse riviste ed
antologie letterarie. Premi: 1° classificato al Premio Nazionale
“Sorella Africa”. 1° classificato al 23° Concorso artistico
Internazionale “Amico Rom” etc. Pubblicato in OLC: 2, 3/2017.
Libri in “Bibliotheca Universalis”: Periodo di transizione (2017).
Michela Zanarella Padova – Roma, maggio 2017 Periodo di transizione tradotto in lingua rumena da Daniel Dragomirescu
La salute mia è un ramo d'albero
Imparo a memoria questo verso e continuo a leggere amandone altre che vi riporto, in realtà amandole tutte.
"La salute mia è un ramo d’albero appeso al vento di dicembre"
Abbandonato
Non solo mi chino su questa terra di fango marrone
e mi piego scacciando le ferrose catene
in un nevrotico abbandono,
che la sorte ormai guastata
nella sua biada di morte camuffata, travestita
da una sagoma di vita slavata e lunatica,
mi rende uno specchio d’inverno opaco,
e steso nel vuoto nell’incertezza
siderale che tanto mi somiglia,
ecco che mi spengo
in uno stordimento contrariato.
Un lungo addio
Un lungo addio è
oltre le montagne figlie della vecchiaia e del tempo,
consumato dal suo stesso addio,
con gli occhi dell’anima,
dentro il cerchio immobile di un lago colorato di grigio,
disegnato dentro,
che già si dona esanime
alle troppe sofferenze che soffiano nel vento
tra le anime tremolanti, in un profondo
infinitamente finito!
Interrogativo
Quando ho paura del domani, mi aggrappo
alle tante foto appese al muro nella mia stanza:
tengo stretto il mio cuscino,
come l’amore è quell'equilibrio che tutto
scompone e ricompone,
come una foto di famiglia che raggruppa
l’unica foto di un istante, di un’eternità infinita.
Oblio
È un buco nero che mi trapassa mi travolge
nel punto del quaderno
e giova al fiore colto e còlto
in esubero su quel pezzetto di terra, a forma di carta.
È un buco: che sposta e fermo,
l’aria nel suo imbuto scuro,
nel suo tubo ch’è mattonella e catrame
nel suo perdutamente ignoto.
Lo impareremo a memoria
Fabio Strinati (1983, San Severino Marche,
Italia). Poeta, scrittore, aforista, pianista e
compositore. Anno del debutto letterario: 2014
con “Il Foglio Letterario”. Libri pubblicati:
Pensieri nello scrigno. Nelle spighe di grano è
il ritmo (2014), Un’allodola ai bordi del pozzo
(2015). Nel novembre del 2016 esce il suo
terzo libro, Dal proprio nido alla vita. Un
poemetto ispirato a un romanzo di Gordiano Lupi, Miracolo a
Piombino. Fabio Strinati è presente anche in diverse riviste ed
antologie letterarie. Premi: 1° classificato al Premio Nazionale
“Sorella Africa”. 1° classificato al 23° Concorso artistico
Internazionale “Amico Rom” etc. Pubblicato in OLC: 2, 3/2017.
Libri in “Bibliotheca Universalis”: Periodo di transizione (2017).
venerdì 12 gennaio 2018
Il Sabotatore di Giorgio Cavagnaro
Nel raccontare fiabesco il viaggio di una vita a capitoli: Qui si racconta di quando il mondo sembrava intero... dai racconti picareschi dove ogni capitolo iniziava così
"Ogni romanzo, a meno che non scelga la finzione del genere, è un monumento, un cenotafio, una sala di rianimazione della propria adolescenza, dell’essere stati ragazzi, il tempo nel quale, come spiega Flaubert, da medico mancato, ogni cosa era, sì, straziante, ma ancora intera, come il primo giorno della creazione della nostra esperienza, quindi del mondo stesso.” Fulvio Abbate parla del Sabotatore di Giorgio Cavagnaro
Il sabotatore di Giorgio Cavagnaro resta appiccicato sopra ogni familiare io ora incontri e ognuno di loro è uno dei fratelli.
Emilio è il figlio che arriva tardi in una famiglia già composta da cinque figli adulti, arriva e diventa quello più uno.
Non fa gruppo, troppo piccolo, e lo ritroviamo adulto e fuggitivo. A Emilio viene una idea bislacca. E la mette anche in pratica. Pensiero numero 1. Sulla Cassia a fare l’autostop. O verso la Tiberina. Andiamo a casa con Novalis
"Ci sono cose che si capiscono subito, altre che si scoprono dopo un po’. Alcune si svelano dopo anni e anni di convinzioni opposte, come succede in politica. Lotti per una vita in nome di un sacro ideale e in tre minuti capisci che ingenuo sei stato. Altre ancora non si capiranno proprio mai, e pazienza. Sarà per la prossima volta." Come nella famiglia Garboli anche io non ricordo, come Emilio, una occasione, fuori dal tempio familiare, in cui erano presenti entrambi i genitori. Per quanto potesse essere assurdo i due coniugi anche a messa andavano in due chiese diverse. Nelle famiglie una volta esistevano i ruoli. Ci racconta Emilio questa famiglia degli anni sessanta, tutti a tavola, le due sorelle, la Strega e la Migliore, i tre fratelli, il Serio, il Ciccione, il Dissoluto. Ora i personaggi stanno tutti qui, sorpresi nei loro ruoli codificati, intorno al tavolo dei genitori dove si riuniscono due o tre volte all'anno.
Un romanzo godibile che io ho già letto due volte, fermandomi a gustare le canzoni, le unicità dei momenti, il piacere delle somiglianze, la storia che passa sulle individualità rendendo più difficile il riconoscimento anche agli stessi protagonisti. Dove torniamo? Si domandava Novalis e noi con lui rispondiamo: Sempre a casa. La Letteratura ci rimane, avendo ormai perso la casa.
Ippolita Luzzo
"Ogni romanzo, a meno che non scelga la finzione del genere, è un monumento, un cenotafio, una sala di rianimazione della propria adolescenza, dell’essere stati ragazzi, il tempo nel quale, come spiega Flaubert, da medico mancato, ogni cosa era, sì, straziante, ma ancora intera, come il primo giorno della creazione della nostra esperienza, quindi del mondo stesso.” Fulvio Abbate parla del Sabotatore di Giorgio Cavagnaro
Il sabotatore di Giorgio Cavagnaro resta appiccicato sopra ogni familiare io ora incontri e ognuno di loro è uno dei fratelli.
Emilio è il figlio che arriva tardi in una famiglia già composta da cinque figli adulti, arriva e diventa quello più uno.
Non fa gruppo, troppo piccolo, e lo ritroviamo adulto e fuggitivo. A Emilio viene una idea bislacca. E la mette anche in pratica. Pensiero numero 1. Sulla Cassia a fare l’autostop. O verso la Tiberina. Andiamo a casa con Novalis
"Ci sono cose che si capiscono subito, altre che si scoprono dopo un po’. Alcune si svelano dopo anni e anni di convinzioni opposte, come succede in politica. Lotti per una vita in nome di un sacro ideale e in tre minuti capisci che ingenuo sei stato. Altre ancora non si capiranno proprio mai, e pazienza. Sarà per la prossima volta." Come nella famiglia Garboli anche io non ricordo, come Emilio, una occasione, fuori dal tempio familiare, in cui erano presenti entrambi i genitori. Per quanto potesse essere assurdo i due coniugi anche a messa andavano in due chiese diverse. Nelle famiglie una volta esistevano i ruoli. Ci racconta Emilio questa famiglia degli anni sessanta, tutti a tavola, le due sorelle, la Strega e la Migliore, i tre fratelli, il Serio, il Ciccione, il Dissoluto. Ora i personaggi stanno tutti qui, sorpresi nei loro ruoli codificati, intorno al tavolo dei genitori dove si riuniscono due o tre volte all'anno.
Un romanzo godibile che io ho già letto due volte, fermandomi a gustare le canzoni, le unicità dei momenti, il piacere delle somiglianze, la storia che passa sulle individualità rendendo più difficile il riconoscimento anche agli stessi protagonisti. Dove torniamo? Si domandava Novalis e noi con lui rispondiamo: Sempre a casa. La Letteratura ci rimane, avendo ormai perso la casa.
Ippolita Luzzo
giovedì 11 gennaio 2018
Storia dei miei fantasmi di Francesco Borrasso
2018 l'anno dei racconti e Storia dei miei fantasmi di Francesco Borrasso sta fra i bei racconti pubblicati alla fine del 2017:
"Credere in qualcosa vuol dire non mollare, e questa cosa l’ho
capita con gli anni che passavano; ho sempre creduto fermamente
nella scrittura, senza arrendermi, senza resa dopo le porte in
faccia, i lividi emotivi, dopo le batoste emozionali. Ho smesso
di credere a mio padre quando ho visto il suo corpo dentro una
bara; ho smesso di credere che sarei potuto diventare un calciatore,
quando vidi ragazzi molto più bravi di me, restare fermi nelle
piccole squadre di periferia. Ho smesso di credere in qualche
rapporto, quando mi accorgevo che quella vicinanza di corpi mi
dava fastidio, disinteresse.
Gli anni che passavano mi hanno fatto diventare un mago
stanco, che non aveva nessun interesse nel credere ancora alla
magia; e puoi ben capire, cara piccola mia, che un mago che non
crede nella magia è un ossimoro, un errore del sistema. Ho sempre
posseduto le qualità per fare i giochi di prestigio, ma erano
informazioni disarticolate che il mio corpo percepiva in modo
inadeguato. Tu sei stata la bambina che mi ha fatto credere nei
miracoli." Prima che io parli è uno dei racconti più lunghi. Già i titoli, che vi metto secondo l'indice, raccontano la storia. Poi come è scritto in prima pagina:“I libri sono ponti ostinati: uniscono, creano legami.”
Il bambino alfanumerico
Un posto nascosto
Storia dei miei fantasmi
Lascio la porta aperta
Parlami di te
Cosa siamo diventati
Una cattiva notizia
Uomo da niente
Qualcosa di perfetto
Piccola intervista nell’ultima ora di vita
Il posto minore
Quella te
Le aritmie del ricordo
Non esiste separazione
"Credere in qualcosa vuol dire non mollare, e questa cosa l’ho
capita con gli anni che passavano; ho sempre creduto fermamente
nella scrittura, senza arrendermi, senza resa dopo le porte in
faccia, i lividi emotivi, dopo le batoste emozionali. Ho smesso
di credere a mio padre quando ho visto il suo corpo dentro una
bara; ho smesso di credere che sarei potuto diventare un calciatore,
quando vidi ragazzi molto più bravi di me, restare fermi nelle
piccole squadre di periferia. Ho smesso di credere in qualche
rapporto, quando mi accorgevo che quella vicinanza di corpi mi
dava fastidio, disinteresse.
Gli anni che passavano mi hanno fatto diventare un mago
stanco, che non aveva nessun interesse nel credere ancora alla
magia; e puoi ben capire, cara piccola mia, che un mago che non
crede nella magia è un ossimoro, un errore del sistema. Ho sempre
posseduto le qualità per fare i giochi di prestigio, ma erano
informazioni disarticolate che il mio corpo percepiva in modo
inadeguato. Tu sei stata la bambina che mi ha fatto credere nei
miracoli." Prima che io parli è uno dei racconti più lunghi. Già i titoli, che vi metto secondo l'indice, raccontano la storia. Poi come è scritto in prima pagina:“I libri sono ponti ostinati: uniscono, creano legami.”
Il bambino alfanumerico
Un posto nascosto
Storia dei miei fantasmi
Lascio la porta aperta
Parlami di te
Cosa siamo diventati
Una cattiva notizia
Uomo da niente
Qualcosa di perfetto
Piccola intervista nell’ultima ora di vita
Il posto minore
Quella te
Le aritmie del ricordo
Non esiste separazione
venerdì 5 gennaio 2018
Odi Quindici declinazioni di un sentimento
Odi Quindici declinazioni di un sentimento a cura di Gabriele Merlini
antologia di racconti di autori nati negli anni ottanta-novanta.
"Miscelare e contaminare.Rivolgersi alle voci nuove per tentare di – sosterrebbero quelli bravi –tracciare al meglio ‘il contemporaneo’ nelle proprie molteplici sfumature.Cosa ci circonda e ci aspetta. Ecco quale è stata la pensata. Un tempo di contrapposizioni e distanze – riprendendo la linee guida di questa antologia – declinabile in vari modi" così scrive Gabriele Merlini presentando il testo. Il filo conduttore sono stati gli odi, il variare del sentimento, nelle logiche diverse di ognuno degli autori. Leggo con grande interesse questi racconti e da subito riconosco in loro la bravura di creare il terrore, lo scompiglio emotivo. Soprattutto il primo racconto di Sergio Oricci, Un bel posto per fare l'amore, nella violenza della carezza sulla testa, come si fa ad un cane, nella derisione verso spiriti semplici e poco abilitati alla difesa, racchiude la perversione del giocare con gli altri come se fossero oggetti, giocattoli appunto, con i quali ripetere il gioco dei tre porcellini, e lo spavento della vittima diventa il divertimento del protagonista. Un racconto scritto con ritmo e bravura, come tutti gli altri, però in questo mi sembra vi sia un genere di odio ancora più nascosto, l'odio che porta a divertirsi col terrore e l'umiliazione che si può infliggere ad un altro inconsapevole e indifeso.
L'odio come contrapposizione. Odi ha un titolo che potrebbe far pensare alle Odi di Ovidio oppure al "tu odi". Odio sarebbe apparso troppo diretto ed avrebbe escluso altro grande significato: Odi? Ascolti. Ascoltiamo l'odio.
Forse sarà che l'odio più conosciuto è quello nei rapporti interpersonali, dove proprio dovrebbe esserci la fiducia, fra i coniugi del racconto di Benedetta Bendinelli, Vita da cane, oppure In Disintegrazione di Andrea Zandomenghi. Famiglie malate, come tante. Nel raccontare "Mio padre mi odiava soprattutto perché sono un cefalgico cronico, condizione abbastanza inabilitante ma invisibile: la esperisce solo chi ce l’ha, ogni possibile riscontro obiettivo è vano. Il mal di testa, inoltre, è la scusa per antonomasia. Lui non lo sopportava, gli faceva ribollire il sangue, si vergognava della mia cefalea con la gente del paese" Andrea sceglie un protagonista buono, sono spesso i buoni a subire le angherie dei cattivi, nel narrare tradizionale e modernissimo del nostro vivere quotidiano. Federico di Vita mi regala un modo di lettura dantesca:"Odi", l'antologia che raggiunge l'amore per un percorso accidentato, in questo simile alla Divina Commedia, con i versi di Dante Alighieri "a te convien tenere altro viaggio" per guadagnare il "dilettoso monte", l'apparizione di Virgilio nel canto primo dell'inferno, il viaggio attraverso le miserie umane per giungere al monte: Il Paradiso. Continuo a leggere questi racconti, una antologia frutto di semi e foreste, ci dice Vanni Santoni nella postfazione. Da sempre lui invita gli scrittori esordienti a farsi conoscere sulle riviste, a coltivare relazioni e letture, convinto del valore della semina. Credo sia vero, un ambiente ci vuole per far nascere un fiore. Lo sentii dire anche a proposito di Michelangelo e di tutti i bravissimi che non possono creare se intorno hanno un deserto.
Gabriele Merlini intervistato da Federico De Vita esplicita altro grande compito dei libri e in special modo di queste antologie attente sulla scrittura di giovani bravissimi. Il libro come relazione e conoscenza al di là degli ambiti regionali, ed è così che giunge nel regno della Litweb da amico.
A presto la seconda parte
Ippolita Luzzo
antologia di racconti di autori nati negli anni ottanta-novanta.
"Miscelare e contaminare.Rivolgersi alle voci nuove per tentare di – sosterrebbero quelli bravi –tracciare al meglio ‘il contemporaneo’ nelle proprie molteplici sfumature.Cosa ci circonda e ci aspetta. Ecco quale è stata la pensata. Un tempo di contrapposizioni e distanze – riprendendo la linee guida di questa antologia – declinabile in vari modi" così scrive Gabriele Merlini presentando il testo. Il filo conduttore sono stati gli odi, il variare del sentimento, nelle logiche diverse di ognuno degli autori. Leggo con grande interesse questi racconti e da subito riconosco in loro la bravura di creare il terrore, lo scompiglio emotivo. Soprattutto il primo racconto di Sergio Oricci, Un bel posto per fare l'amore, nella violenza della carezza sulla testa, come si fa ad un cane, nella derisione verso spiriti semplici e poco abilitati alla difesa, racchiude la perversione del giocare con gli altri come se fossero oggetti, giocattoli appunto, con i quali ripetere il gioco dei tre porcellini, e lo spavento della vittima diventa il divertimento del protagonista. Un racconto scritto con ritmo e bravura, come tutti gli altri, però in questo mi sembra vi sia un genere di odio ancora più nascosto, l'odio che porta a divertirsi col terrore e l'umiliazione che si può infliggere ad un altro inconsapevole e indifeso.
L'odio come contrapposizione. Odi ha un titolo che potrebbe far pensare alle Odi di Ovidio oppure al "tu odi". Odio sarebbe apparso troppo diretto ed avrebbe escluso altro grande significato: Odi? Ascolti. Ascoltiamo l'odio.
Forse sarà che l'odio più conosciuto è quello nei rapporti interpersonali, dove proprio dovrebbe esserci la fiducia, fra i coniugi del racconto di Benedetta Bendinelli, Vita da cane, oppure In Disintegrazione di Andrea Zandomenghi. Famiglie malate, come tante. Nel raccontare "Mio padre mi odiava soprattutto perché sono un cefalgico cronico, condizione abbastanza inabilitante ma invisibile: la esperisce solo chi ce l’ha, ogni possibile riscontro obiettivo è vano. Il mal di testa, inoltre, è la scusa per antonomasia. Lui non lo sopportava, gli faceva ribollire il sangue, si vergognava della mia cefalea con la gente del paese" Andrea sceglie un protagonista buono, sono spesso i buoni a subire le angherie dei cattivi, nel narrare tradizionale e modernissimo del nostro vivere quotidiano. Federico di Vita mi regala un modo di lettura dantesca:"Odi", l'antologia che raggiunge l'amore per un percorso accidentato, in questo simile alla Divina Commedia, con i versi di Dante Alighieri "a te convien tenere altro viaggio" per guadagnare il "dilettoso monte", l'apparizione di Virgilio nel canto primo dell'inferno, il viaggio attraverso le miserie umane per giungere al monte: Il Paradiso. Continuo a leggere questi racconti, una antologia frutto di semi e foreste, ci dice Vanni Santoni nella postfazione. Da sempre lui invita gli scrittori esordienti a farsi conoscere sulle riviste, a coltivare relazioni e letture, convinto del valore della semina. Credo sia vero, un ambiente ci vuole per far nascere un fiore. Lo sentii dire anche a proposito di Michelangelo e di tutti i bravissimi che non possono creare se intorno hanno un deserto.
Gabriele Merlini intervistato da Federico De Vita esplicita altro grande compito dei libri e in special modo di queste antologie attente sulla scrittura di giovani bravissimi. Il libro come relazione e conoscenza al di là degli ambiti regionali, ed è così che giunge nel regno della Litweb da amico.
A presto la seconda parte
Ippolita Luzzo
mercoledì 3 gennaio 2018
Il cielo di Olimpio
L'arcobaleno di Amori regalati
"Le cose importanti della vita ti passano sotto gli occhi e in quel momento tu non usi solo la vista ma tutti i sensi. Quel pezzo di carta mi parla, è pesante, ha consistenza. Ha i colori dell'arcobaleno, benché la foto sia in bianco e nero."
Mi innamoro in questo modo di un libro, del libro Amori regalati di Olimpio Talarico, imparo a memoria e ricopio alcuni passaggi, felice di iniziare il 2018 proprio con Amori regalati.
Ho già scritto per CabaretBisanzio una lettura del libro, questa è un'altra e poi un'altra ancora.
Qui parlerò del cielo di Olimpio, con le nuvole, il vento, i colori.
"Così Marta e Davide entrarono in me come entrano gli spifferi della tramontana da una finestra malandata, tenaci, sussurrati, avanzi superstiti di un temporale inaspettato." Ogni momento importante è dipinto con i colori del cielo, ogni similitudine si avvicina al cielo, al suo splendore, la brezza, le nuvole, la luce.
"Buenos Aires, inverno 1996 Sole negli occhi e fra i capelli ventate leggere. Una timida brezza, fregandosene della mia apprensione, continua a portare appresso odori e timbri antichi... Riprendo mentre nuvole bianche si braccano nel cielo azzurrognolo."
Il protagonista ormai adulto, anziano, cammina per le strade di Buenos Aires, e la brezza, animista, regala a lui i ricordi. I fenomeni atmosferici diventano nel libro vivi e presenti, partecipano con la voce narrante di Martino Aiello, il protagonista che incontriamo bambino "con la faccia schiacciata al finestrino e gli occhi lucidi come un anello." lo seguiamo e lo ritroviamo a domandarsi da adulto le domande che tutti ci facciamo: Chi erano gli amici, i fratelli, per i quali mi ero tolto il pane di bocca? e soprattutto come mai non abbiamo capito in tempo? Come sia possibile vivere a fianco e non conoscersi! Domande eterne. Il vento intanto inizia a soffiare e la risposta è nel vento, canterebbe Bob Dylan.
Il protagonista ormai adulto, anziano, cammina per le strade di Buenos Aires, e la brezza, animista, regala a lui i ricordi. I fenomeni atmosferici diventano nel libro vivi e presenti, partecipano con la voce narrante di Martino Aiello, il protagonista che incontriamo bambino "con la faccia schiacciata al finestrino e gli occhi lucidi come un anello." lo seguiamo e lo ritroviamo a domandarsi da adulto le domande che tutti ci facciamo: Chi erano gli amici, i fratelli, per i quali mi ero tolto il pane di bocca? e soprattutto come mai non abbiamo capito in tempo? Come sia possibile vivere a fianco e non conoscersi! Domande eterne. Il vento intanto inizia a soffiare e la risposta è nel vento, canterebbe Bob Dylan.
"Come se mi avesse aspettato il vento iniziò a soffiare, prima piano, poi con delle sbuffate così forti da sollevare le foglie appoggiate a terra. E spostava le nuvole che galoppavano con la velocità di una faina. Eravamo a novembre e faceva freddo, eppure ero sudato. Mi passai il palmo della mano sulla fronte: erano gocce, ma più crude di un incubo. Incominciarono a scendermi sul viso, sulle guance, arrivarono fino alle labbra. Ne sentii il sapore: quello aspro e fastidioso delle amicizie lontane, insolente e velenoso dello sconforto. Pag 176 Amori regalati
Ed il cielo è una musica, con le parole di Pasolini, con la voce di Modugno "che io possa esser dannato se non ti amo e se così non fosse non capirei più niente tutto il mio folle amore lo soffia il cielo lo soffia il cielo così
Il cielo di Olimpio
Ippolita Luzzo
martedì 2 gennaio 2018
Paolo Vanacore Il salto del canguro
Conosco Paolo a Roma, un anno fa a Più libri più liberi, lo conosco insieme ad amici comuni e da quell'incontro delizioso conservo la freschezza e la simpatia di tutti e il sorriso di Paolo. Avevo già letto di Paolo un altro libro Vite a buon mercato.
Paolo infatti per Tempesta Editore ha pubblicato nel 2015 il romanzo Vite a buon mercato scritto con Silvia Mobili e Romeo Vernazza. Paolo è anche un autore di testi teatrali e ha frequentato la scuola di scrittura Omero, una scuola amata. Ora ha da poco pubblicato "Il salto del canguro" edito Castelvecchi
"All'epoca soffrivo di quel vittimismo tipicamente omosessuale per cui passavo la maggior parte del tempo a maledire il mio orientamento e a immaginarmi triste, vecchio e solo in una stretta e angusta cucina a pranzare direttamente dalla sportina di una delle mie amiche trentennali. Di contro scoprii il piacere di lavorare al bioparco di Roma, soprattutto quando non sei un biologo o uno zoologo; non capire nulla di etologia e di animali costituisce una risorsa più che un limite."
Il protagonista finirà per amare questo lavoro scelto per ripiego, e ne trarrà spunti interessanti per meglio conoscere le relazioni fra gli uomini." Le prime settimane al bioparco furono traumatiche, poi, lentamente, iniziai a capire come avrebbe dovuto svolgersi il mio lavoro: accordi promozionali, scambi pubblicitari, sponsorizzazioni, rapporti con le agenzie di viaggio, agevolazioni, sconti per comitive e quant'altro. Ma il momento migliore, oltre al saluto mattutino che Federico la foca mi rivolgeva, era camminare in giro per il parco. Immenso; sulla mappa c’era scritto “diciassette ettari, circa mille animali appartenenti a duecento specie diverse, ogni giorno un’emozione nuova, una grande avventura”. E potevo andarmene in giro quanto volevo, anzi dovevo farlo" Mi prende un grande desiderio di andare al bioparco e di incontrare gli animali amici di Edoardo, il protagonista del racconto. "E poi avevo Federico la foca e i miei amici Priscilla, Quasimodo, Calimero, e poi ancora Edoardo il cangurino, la voce della mia coscienza al quale, come uno scemo, ogni tanto facevo qualche domanda lontano però da occhi indiscreti. In effetti un conto è parlare con la propria immagine riflessa in uno specchio, a casa, in bagno, diverso è invece fare la stessa cosa all’aperto, in uno zoo interrogando un canguro su questioni di vitale importanza, convinti di essere ascoltati, e compresi." La storia che succede agli uomini, alla sorella, al cognato, e ad ognuno di noi, non è che l'alternarsi di vicino e lontano, sulle note di Mogol, ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini, mentre resta vivo in noi quel parco. Con il gioco dell'infanzia anche il protagonista segue ricordi e movenze del suo canguro personale nella grande giostra dei rapporti affettivi."Un pomeriggio, mentre la nonna Adele dormiva, Margi si avvicinò a me con le guance e la fronte striate di rosso e verde, la busta dei colori a dita in una mano, due copricapo indiani con le piume gialle e arancioni: «Canguro Dodò, sei pronto a entrare nella tribù dei Grandi Piedoni?». «Sì, voglio anch’io il cappello e i colori sul viso!». «Va bene, canguro Dodò! Augh!». «Augh!».
«Ma prima devi superare la prova coraggio, altrimenti gli indiani non ti faranno mai entrare nella tribù». «E che devo fare?».
«Seguimi saltando, canguro Dodò, ti faccio strada. Fra poco lo saprai». Margi mi portò in camera da letto e mi fece salire su una scala fino in cima all’imponente armadio di legno che occupava tutta la parete di fronte al letto matrimoniale dei miei, dove riposava beatamente la nonna. «Ora devi fare il salto più lungo di tutta la tua vita, canguro Dodò, da quassù dovrai volare fino al centro del letto, sopra la Grande Vecchia!». «Ma io ho paura di farmi male! Non ce la farò mai». «Ce la farai, canguro Dodò, superata la prova entrerai nella tribù, ti darò il cappello con la piuma, ti segnerò il viso con i colori e verrai chiamato col tuo nuovo nome»."
"Edo il cangurino ha preso una botta in testa ma non vuole restare nella clinica veterinaria, in fondo non vuole neanche stare al bioparco, vorrebbe vivere nel deserto australiano o in qualunque altro posto, tanto non ne conosce nessuno e non sa dove si trovano i luoghi del mondo perché è nato in cattività, che non è una parola buona, sa di male, ma lui il male non lo conosce bene" Le riflessioni sul bene e sul male dei rapporti fra persone che vorrebbero anche loro essere liberi nella loro espressione e sono ingabbiate nei recinti dell'insignificanza e dell'insoddisfazione.
"Una vecchia pubblicità del bioparco diceva: “Dopo
tanta cattività un po’ di bontà” proviamoci anche noi, sembra dirci Paolo Vanacore, con Il salto del canguro.
Ippolita Luzzo
Paolo infatti per Tempesta Editore ha pubblicato nel 2015 il romanzo Vite a buon mercato scritto con Silvia Mobili e Romeo Vernazza. Paolo è anche un autore di testi teatrali e ha frequentato la scuola di scrittura Omero, una scuola amata. Ora ha da poco pubblicato "Il salto del canguro" edito Castelvecchi
"All'epoca soffrivo di quel vittimismo tipicamente omosessuale per cui passavo la maggior parte del tempo a maledire il mio orientamento e a immaginarmi triste, vecchio e solo in una stretta e angusta cucina a pranzare direttamente dalla sportina di una delle mie amiche trentennali. Di contro scoprii il piacere di lavorare al bioparco di Roma, soprattutto quando non sei un biologo o uno zoologo; non capire nulla di etologia e di animali costituisce una risorsa più che un limite."
Il protagonista finirà per amare questo lavoro scelto per ripiego, e ne trarrà spunti interessanti per meglio conoscere le relazioni fra gli uomini." Le prime settimane al bioparco furono traumatiche, poi, lentamente, iniziai a capire come avrebbe dovuto svolgersi il mio lavoro: accordi promozionali, scambi pubblicitari, sponsorizzazioni, rapporti con le agenzie di viaggio, agevolazioni, sconti per comitive e quant'altro. Ma il momento migliore, oltre al saluto mattutino che Federico la foca mi rivolgeva, era camminare in giro per il parco. Immenso; sulla mappa c’era scritto “diciassette ettari, circa mille animali appartenenti a duecento specie diverse, ogni giorno un’emozione nuova, una grande avventura”. E potevo andarmene in giro quanto volevo, anzi dovevo farlo" Mi prende un grande desiderio di andare al bioparco e di incontrare gli animali amici di Edoardo, il protagonista del racconto. "E poi avevo Federico la foca e i miei amici Priscilla, Quasimodo, Calimero, e poi ancora Edoardo il cangurino, la voce della mia coscienza al quale, come uno scemo, ogni tanto facevo qualche domanda lontano però da occhi indiscreti. In effetti un conto è parlare con la propria immagine riflessa in uno specchio, a casa, in bagno, diverso è invece fare la stessa cosa all’aperto, in uno zoo interrogando un canguro su questioni di vitale importanza, convinti di essere ascoltati, e compresi." La storia che succede agli uomini, alla sorella, al cognato, e ad ognuno di noi, non è che l'alternarsi di vicino e lontano, sulle note di Mogol, ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini, mentre resta vivo in noi quel parco. Con il gioco dell'infanzia anche il protagonista segue ricordi e movenze del suo canguro personale nella grande giostra dei rapporti affettivi."Un pomeriggio, mentre la nonna Adele dormiva, Margi si avvicinò a me con le guance e la fronte striate di rosso e verde, la busta dei colori a dita in una mano, due copricapo indiani con le piume gialle e arancioni: «Canguro Dodò, sei pronto a entrare nella tribù dei Grandi Piedoni?». «Sì, voglio anch’io il cappello e i colori sul viso!». «Va bene, canguro Dodò! Augh!». «Augh!».
«Ma prima devi superare la prova coraggio, altrimenti gli indiani non ti faranno mai entrare nella tribù». «E che devo fare?».
«Seguimi saltando, canguro Dodò, ti faccio strada. Fra poco lo saprai». Margi mi portò in camera da letto e mi fece salire su una scala fino in cima all’imponente armadio di legno che occupava tutta la parete di fronte al letto matrimoniale dei miei, dove riposava beatamente la nonna. «Ora devi fare il salto più lungo di tutta la tua vita, canguro Dodò, da quassù dovrai volare fino al centro del letto, sopra la Grande Vecchia!». «Ma io ho paura di farmi male! Non ce la farò mai». «Ce la farai, canguro Dodò, superata la prova entrerai nella tribù, ti darò il cappello con la piuma, ti segnerò il viso con i colori e verrai chiamato col tuo nuovo nome»."
"Edo il cangurino ha preso una botta in testa ma non vuole restare nella clinica veterinaria, in fondo non vuole neanche stare al bioparco, vorrebbe vivere nel deserto australiano o in qualunque altro posto, tanto non ne conosce nessuno e non sa dove si trovano i luoghi del mondo perché è nato in cattività, che non è una parola buona, sa di male, ma lui il male non lo conosce bene" Le riflessioni sul bene e sul male dei rapporti fra persone che vorrebbero anche loro essere liberi nella loro espressione e sono ingabbiate nei recinti dell'insignificanza e dell'insoddisfazione.
"Una vecchia pubblicità del bioparco diceva: “Dopo
tanta cattività un po’ di bontà” proviamoci anche noi, sembra dirci Paolo Vanacore, con Il salto del canguro.
Ippolita Luzzo