Siamo con Giacomo Verri a Giave, una cittadina piemontese sul fiume Sesia. Dal passato medievale non è rimasto nulla tranne pochi ruderi e della storia successiva qualche testimonianza nelle chiese. Un posto come tanti nel Nord-Ovest d'Italia, orrendamente scempiato dall'edilizia fascista e dal capitalismo poi. C'è un museo deserto, un paio di supermercati e una casa di riposo, un cinema suppongo non molto frequentato. Eppure in questo essere un luogo come tanti Giacomo Verri vi ha ambientato i suoi racconti stando bene attento a chiarire che sono racconti di pura invenzione, che non si riferiscono a fatti avvenuti realmente. Sarà, mi viene da pensare leggendo i racconti dove una coppia tiene una leonessa in gabbia. Certamente chi ha avuto una leonessa in casa non sarà stata una persona comune.
Eroi e no
La storia dei bambini trasparenti è il titolo del primo racconto. Sono ferma sul titolo del libro: Storie di coscienti imperfetti. Conosco Giacomo Verri da molti anni e so quanto lui ricerchi con serietà su momenti storici e ora su momenti individuali. Conosco quasi i personaggi dei suoi racconti perché coscienti imperfetti siamo tutti noi. Voglio rifermarmi sul primo racconto ambientato in un interno, su un muro che divide due appartamenti. Su una coppia che sta in ascolto, origlia il litigio della coppia nell’altro appartamento. Curiosi e interessati sembrano. Sembrano anche brave persone i due che non litigano ma origliano finché non venga chiesto loro di agire ed allora tutta la disonestà del loro essere si rivela. Sulla disonestà si ragiona poco ma è disonesto chi se può aiutare non aiuta. Giacomo ha il grande coraggio di mostrarci la disonestà nel suo più grande squallore nella stanza di un appartamento normale, davanti una porta
Letteratura civile si chiama e sembra quasi che in questi racconti ci stia tutta. Quell’interrogarsi su comportamenti individuali di fronte ai disagi di altri. Il film Zona di interesse, ora sugli schermi, racconta l’orrore del campo dì concentramento visto dal confortevole stare della villa del gerarca nazista ma anche nel primo racconto la coppia origlia e basta. Noi tutti dobbiamo chiederci cosa avremmo fatto
E intanto trovare un senso alla vita come fanno Adelina Silvio nel racconto Leonessa, convivendo con una leonessa per poi essere costretti, loro malgrado e con grande dolore, a metterla in gabbia nella Curva del leone
"Adelina domandò, Quanto tempo può vivere un leone? Era l’estate successiva al loro matrimonio, avevano finito di cenare da poco. Silvio sollevò le spalle. Non so, disse. Be’, potremmo informarci, incalzò lei" e poi trascorsero gli anni. La curva divenne un’attrazione; la gente in auto rallentava in maniera dissennata per buttare un occhio a Elsa, la leonessa, e lei solo di tanto in tanto si lasciava vedere dietro le sbarre.
Difficile come guardare dentro i sassi è l’ultimo dei racconti della raccolta dal titolo Storie di coscienti imperfetti. Ambientato in una casa di riposo durante la pandemia, qui ritroviamo Adelina, e un lui, Luca, che tentano di mantenere un rapporto di affettuosità malgrado sia tutto difficile.
Adelina è la proprietaria della leonessa e racconta a Luca di quando l’avevano comprata a un costo irrisorio, alla fine degli anni Settanta, da un tizio dello Zaire che trafficava animali esotici, per qualche tempo l'avevano tenuta in centro a Giave, a casa di un amico, sul terrazzo. Poi però, quando non poterono più tenerla libera, sistemarono la gabbia lungo la strada così che tutti potessero vedere Elsa passando in auto
Adelina e Luca hanno una bella amicizia ma arriva il Covid e non possono vedersi e lei scrive a lui" Tutto è difficile come guardare dentro i sassi" e la spiegazione è che quando era piccola scendeva con lo zio lungo il fiume Sesia a scagliare sassi contro altre pietre finché non si spezzavano, e dentro sembravano più belli e più preziosi rispetto a come apparivano da fuori. Voleva dire che, se oggi i loro figli avessero potuto fare una visita, li avrebbero trovati anch’essi più preziosi, e infinitamente più fragili.
La mia lettura non è una recensione ma una visita, ho visitato Giave con i suoi luoghi, con i suoi personaggi con gli occhi e la scrittura di Giacomo Verri, una scrittura rigorosa, precisa e soprattutto vera.
"Siamo stati a Giave dove c'è un piccolo museo, quasi sempre deserto. Ci sono un bowling, un cinema, molte banche, una grande manifattura, un paio di supermercati e una casa di riposo tappezzata di piastrelle verdi. Secondo un collaudato meccanicismo, le ragazze si accoppiano a ragazzi della stessa estrazione sociale, si sposano, fanno figli. C’è lavoro quasi per tutti."
Ippolita Luzzo
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