giovedì 30 maggio 2019

Marco Polo di Gianluca Barbera

Comincia con un lancio degli ortaggi. Il popolo non apprezza il suo racconto e lui, Marco Polo, reagisce dicendoci:"A giorni ero atteso in una delle corti più blasonate d’Italia, dove sarei stato accolto come un re d’Oriente, altro che ortaggi!Da lì ripartirò, signori miei, poiché non c’è sviluppo che non sia già in potenza..." Non c'è sviluppo che non sia in potenza, signori miei... e mi innamoro di questo personaggio all'istante, come se attraverso lui riscattassi ogni potenza non ancora in atto, come diceva Aristotele. Poi ve la posso raccontare con Pamuk e La valigia di suo padre, per dirvi della gioia che nasce nel leggere romanzi e seguire l'eroe nelle sue peripezie, vere o false, non ci importa più, basti che ci meravigli, come fine in noi, diceva Aristotele, noi conosciamo mentre ci stupiamo. Sappiamo che il personaggio ci sta raccontando un prodotto della sua fantasia ma ciò che conta sono le capacità descrittive a farcele sentire vere e divertenti, in senso lato. 
Sorrido e mi diverte questo affabulatore che racconta di corte in corte le sue mille e più avventure in Asia, lo vediamo ragazzo insieme al padre mentre nel deserto sta andando verso i tartari, popolo terribile a sentire i racconti di chi incontrano sulla strada. Popolo che mangia le orecchie dei nemici, dopo averle fatte in gelatina! rido scrivendo"«Questi sono i tartari» aggiunse l’altro avvicinando col piede un ciocco alla fiamma.
«Una cosa buona però ce l’hanno» fece il più anziano.
«Ah, sì?» intervenne Ibn. «Cosa?».
«Il sistema postale» rispose il forestiero con un sorriso beffardo. «Hai voglia di scherzare?» fece Ibn.
«Tutto il loro vasto impero è coperto da una fitta rete di stazioni postali in modo da far viaggiare veloci gli ordini del khan. A ogni stazione un cavaliere attende l’arrivo della staffetta, che si fa pre- cedere da un rumore di sonagli appesi alla cintola. In un solo gior- no un dispaccio dell’imperatore è capace di coprire duecentocin- quanta miglia»." I racconti contengono sorprese, eppure noi sappiamo di Marco Polo, abbiamo letto Il Milione, Le città invisibili di Calvino quasi io le ho imparate a memoria, costringendo i miei alunni alunni a fare altrettanto, ma farei lo stesso come questo conte:"Ma prima di andarvene, fece il conte, trattenendomi per un braccio, ditemi: come conquistaste il cuore del Gran Khan? Di questo sono soprattutto curioso. Dicono che nessuno prima di voi sia riuscito in una simile impresa.
Mio signore, mi chiedete di volare direttamente al cuore della storia. Ma come potrei non accontentarvi? Il pudore mi vieta di es- sere io a parlarne. Vi leggerò pertanto ciò che scrisse mio padre al riguardo.
Tirai fuori una lettera gualcita e, dispiegatala, presi a leggere:" Rido ancora perché ovvio che il segreto non si saprà ma avremo altre digressioni e continueremo la lettura incuriositi. Viaggeremo con lui e seguiremo l'immaginazione, uno dei maggiori poteri dell'umanità. L'immaginazione ci darà il filo del racconto, l'inizio, il centro e la fine, tra tortuosità sorprendenti "Il viaggio di andata, feci io, durò tre anni e qualche mese, mio
signore. E lo compimmo tutto per via di terra, se si eccettua la traversata da Venezia ad Acri; e da lì lungo una pista carovaniera fino a Trebisonda, come ho accennato. Poi, invece di piegare verso Ormuz, prendemmo in direzione di Baku e di Samarcanda. Molte le terre che attraversammo. La Grande Arminia, di cui vi ho parlato. La Giorgia, ricca di cavalli. La Turcomannia, e infinite province dai nomi oscuri. Da ultimo il Catai, cui ho dedicato il mio umile libro detto Il Milione. Questo, il viaggio d’andata. Dei viaggi che compii per conto di Cubilai khan e del viaggio di ritorno... lasciate che vi racconti tutto nel dettaglio questa sera e le sere che seguiranno; finché avrete la bontà di ospitarmi a corte. Ora, se permettete..." Sembrano Le mille e una notte, sembra Sherazade, sembra mia nonna narrare ogni sera storie lunghissime e che non finivano mai. Chi racconta ha già il potere di tenere incatenati tutti alla storia e questa è la bravura di Gianluca Barbera, del quale voglio leggere anche Magellano, suo precedente libro e atto teatrale interpretato  in questi giorni da Cochi Ponzoni, a Milano, con successo. Poco importa se è un Marco Polo in crisi di identità, infatti a furia di narrare la sua storia lui perde i confini fra il vero e il falso e come succede spesso non sa più chi lui sia. "A dir la verità chi potrebbe dire con sicurezza chi lui sia? : "Sono giunto a dubitare perfino di me, della mia identità; e parecchie notti ho sognato di non essere me stesso, Marco, di averlo incontrato su una pista carovaniera e di essergli stato accanto così a lungo da finire per credermi lui, dopo la sua morte per mano dei predoni. E di prenderne il posto, per tenerlo in vita, e con lui la sua storia, che mai potrà essere dimenticata. Ma chi può dire cosa è vero e cosa è falso. Io meno di tutti; perché ciò che importa è la storia: e quella deve durare in eterno". Sono stupefatta di come i libri giungano a casa come un segno del riscatto, della risposta a periodo di letargo e oggi Marco Polo mi sveglia dal letargo, dall'umiliazione di vivere in una piana infelice e mi porta nel Catai con Gianluca Barbera. Vi pare poco? Evviva la letteratura, evviva la risorsa umana dello scrivere, del raccontare e del creare quel che un giorno a nostra volta racconteremo nel Regno Della Litweb. La felicità si chiama Marco Polo, chiunque lui sia. 
Ippolita Luzzo 

venerdì 24 maggio 2019

Da Francesco a Francesco attraverso Francesco

Testo completo del soneto di Francisco Luis Bernárdez citato dal Papa

francisco luis bernardezA cura de Il Sismografo

Francisco Luis Bernárdez  -  Poeta argentino 1900 - 1978 

Se per recuperare ciò che ho recuperato

Se per recuperare ciò che ho recuperato 
ho dovuto perdere prima ciò che ho perso, 
se per ottenere ciò che ho ottenuto 
ho dovuto sopportare ciò che ho sopportato,

se per essere adesso  innamorato 
è occorso essere stato ferito, 
ritengo giusto aver sofferto ciò che ho sofferto, 
ritengo giusto aver pianto ciò che ho pianto.


Perché dopo tutto ho constatato 
che non si gode bene del goduto 
se non dopo averlo patito.

Perché dopo tutto ho compreso 
che ciò che l'albero ha di fiorito 
vive di ciò che ha sepolto.



Spagnolo
Soneto di  F.L. Bernárdez
Si para recobrar lo recobrado


Si para recobrar lo recobrado
debí perder primero lo perdido,
si para conseguir lo conseguido
tuve que soportar lo soportado,

si para estar ahora enamorado
fue menester haber estado herido,
tengo por bien sufrido lo sufrido,
tengo por bien llorado lo llorado.

Porque después de todo he comprobado
que no se goza bien de lo gozado
sino después de haberlo padecido.

Porque después de todo he comprendido
por lo que el árbol tiene de florido
vive de lo que tiene sepultado.  
Poeta argentino 1900 - 1978 

lunedì 13 maggio 2019

Silvia Greco un'imprecisa cosa felice Hacca

I libri veri sono amati per tanti dettagli che fanno la nostra storia personale. Uno di questi dettagli è il cavallo a dondolo della copertina. Ne ho due cavalli a dondolo di legno. simili, in miniatura, sulla mia libreria e ricordo il cavallo a dondolo, identico a questo, regalato per la befana a mia sorella più piccola, nella sua infanzia. Una copertina amatissima. Amiamo  Pessoa ed è proprio da "Fu un momento" che troviamo il suo verso "un'imprecisa cosa felice" che dona il titolo al racconto. Nel risvolto di copertina le parole di Elisabetta Bucciarelli, scrittrice delicata e altrettanto cara al regno della Litweb ci invitano a seguire gli sguardi di Silvia Greco, "sguardi che cercano la luce"
"Se, malgrado tutto, vogliamo essere felici, questo libro è per noi" scrive Elisabetta del divertente libro di Silvia Greco. 
Benché tratti di morte avvenuta in maniera strampalata Silvia riesce a trovarne il Senso dell'incontro.
Il libro di Silvia Greco racconta con delicatezza di un incontro.
Un incontro che dia senso a tanti episodi componendo quasi un puzzle con i vari pezzi da lei offerti capitolo per capitolo.
Inizia la ricerca dei Pezzi con le storie di morte improvvisa e ridicola, un modo di morire per una imprecisione, per una causalità sciocca.
Continua il suo narrare mostrandoci i due protagonisti compiere man mano il percorso di avvicinamento finché si incontreranno e parleranno a lungo. Noi lettori saremo accompagnati dallo zio di Marta e dal papà di Nino, dai comprimari di una scena viva e vibrante al tempo stesso.
Sempre accanto alle persone deboli, ingenue, vedo l’autrice proteggere Nino e chiedere a noi tutti la stessa protezione verso gli esseri sensibili e senza difese. Marta mi sembra invece di una forza inclusa di ragionamento, capace della risoluzione di ogni inciampo.
"Un attimo prima tutto fila nel verso giusto, il cielo dipinge un tramonto di cartolina, dopo una bella giornata di sole... E un attimo dopo succede, così, senza preavviso." Siamo subito precipitati nella disgrazia della quale nessuno può farsene una ragione, una disgrazia smisurata capitata a Nino, a Marta, ad Ernesto e "infilò nei loro petti una nostalgia grassa che non andò più via, come una tosse cronica, indelebile"   
Eppure ci divertiamo a leggere questo racconto dondolandoci anche noi sulle immagini che Silvia crea per noi, "Il bugigattolo delle cianfrusaglie" di Nino, quella specie di cubo vicino alla stazione di Galletta dove lui vende il portamatite a forma di carota, oppure le corna da tenere in tasca e infilate dagli acquirenti di nascosto nella tasca interna della giacca, come se fosse un acquisto disdicevole. Marta che infila due mutande nello zaino e parte con lo zio strampalato sulla sua Torpedo blu. Prepareremo lo zaino con Marta e con Taxi, si parte. 
La vita è un'imprecisa cosa felice, mi ritrovo a pensare con Silvia Greco e, leggendo lei, ritrovo quella gran voglia di scappare per ritrovare un grande amico. Nel caso di Marta il suo caro zio Ernesto. 
Non posso che ripetere le parole di Elisabetta Bucciarelli 
"Come si può essere felici malgrado tutto" e  applaudire nel Regno della Litweb "un'imprecisa cosa felice"
Ippolita Luzzo  


 

martedì 7 maggio 2019

Polopoli a Pezzi dal Regno della Litweb

Nel Chiostro Caffè Letterario di Lamezia Terme ieri sera Pezzi dal regno della Litweb, raccolta di Pezzi dal blog Ippolita la regina della Litweb, dal 2012 al 2019. Umorismo, ironia e un pizzico di sarcasmo.
Divertimento assicurato con le letture di Chiara Sacco e la partecipazione di Gian Lorenzo Franzì che ha dialogato con l’autrice. Due critici a confronto: Gian Lorenzo critico cinematografico e Ippolita Luzzo critico letterario. 
Teodolinda Coltellaro, critico d'arte, nel suo intervento ha evidenziato l'aspetto più originale del testo, il canto libero di un libero pensiero. Teodolinda ha presentato Pezzi al Marca di Catanzaro e a "Fare Critica Festival" questo inverno, dedicando ai Pezzi attenzione e cura.
Sua recensione è stata pubblicata sulla testata online Lameziaterme.it https://www.lameziaterme.it/pezzi-di-ippolita-luzzo-quando-un-libro-e-una-finestra-sul-mondo/?fbclid=IwAR0w8_tdAnLkOCm3wi_Wqp9aQsfCnSV2GUKXMk1ZS5ExxEsTUnJ3L0Ussys 

Francesco Polopoli, dopo la felice serata, mi manda un suo pensiero. "Una blogger un po’ bandita o bannata, ma pur sempre Regina: lo fa in un castello surreale in mezzo ai pezzi di un isolamento prodigioso. Chi la conosce, sa quanto sia un po’ Big bang: im-penna-te a mezzo pc col surrogato della penna, questo è il suo stile! Una prosa mista a versi, forse che sì forse che no: più che prosimetra, i suoi sono “fragmenta rerum”, utilizzando un’espressione petrarchesca, ovvero “frammenti di (tante) cose”, e continuando col trecentista, diremmo pure “vulgarium”, cioè “volgarizzati”, per il volgo, nel medium di oggi, che è il regno del suo blog." 
Mi piace presentare i miei pezzi appoggiati ai dipinti di Gianluca Garrapa, autore e ironico rappresentante di un mondo che amo, il luogo della comunicazione vera. Da Gianluca seguiremo i suoi libri, le sue interviste su Radioquestasera e i suoi giochi con le parole. Nel Regno della Litweb ogni difficoltà viene stemperata con la scrittura. 
Scrivere ci renderà liberi.
A Pezzi 
Ippolita Luzzo 

domenica 5 maggio 2019

L'anno che Bartolo decise di morire Valentina Di Cesare

"La verità è che, pur senza dirsi niente, da quella fatidica domenica, molte cose erano cambiate in maniera irreversibile: certe decisioni si materializzano e si fanno perenni, si piazzano lì, alte come montagne, come se ci fossero sempre state. Succede tutto in un istante invisibile, senza che nessuno dica niente. Certi angoli della vita cambiano forma e aspetto, come accade alle tartarughe che rinnovano il carapece" Anche l'aragosta cambia guscio per crescere. Mentre cresce, il guscio diventa sempre più stretto e scomodo e deve liberarsene per crearne uno nuovo. Lo stimolo che rende possibile la crescita dell’aragosta è la scomodità, il disagio, il dolore. Lo avevo letto in Vita e morte delle aragoste di Nicola Cosentino ed anche in quel libro vi era una storia di amicizia che si trasforma, una amicizia che scompare, come un carapece ormai inutilizzabile. 
Ho riflettuto molto leggendo questo interessante racconto di Valentina di Cesare su cosa sia l'amicizia e su cosa sia un amico, gli amici, qui presentati uno per uno, nel momento in cui Bartolo decide di morire. Uno per uno sulla soglia di decisioni. 
" Pensa che gli altri sono giusti o lo saranno, e se non è così, non è tuo l'errore" Leggo questa frase di J.L. Borges. da Frammenti di un vangelo apocrifo, messa nella prima pagina come un augurio, come un consiglio. Anche mia madre mi ha insegnato uguale e penso sempre che gli altri siamo noi, ed ho di loro la stessa idea che ho di me, di esseri giusti e corretti, amabili e generosi. A volte non è così? ebbene penso anche in quel caso che si può perdonare perché errare è una caratteristica del genere umano. Quel che non capisco è dove si incaglino i rapporti, dove si fermino e poi non vadano più da nessuna parte, lasciando i due amici a guardarsi da lontano, nell'impossibilità di fare un gesto di incontro. Qui sono più amici, più amici al bar, con le consuetudini del bar.
Il Bar dei Gerani era il luogo dove Bartolo passava ogni mattina, e da dove si incamminava verso Palazzo Gentile, la nobile residenza. sede della pinacoteca di cui Bartolo era il custode da qualche anno. Bartolo era tornato al paese da alcuni anni e Nino, il maestro in pensione, suo vicino di casa, non smetteva di domandargli cosa fosse tornato a fare, consigliandogli di andare via. 
Quel luogo era un intervallo eterno.
Vanno proprio da Nino gli amici di Bartolo quando non lo vedono più in giro, vanno a chiedere a lui, ma da quella porta chiusa si udrà solo un tonfo. Conosciamo gli amici di Bartolo, Vito, Renzo, Giovanni, ognuno di loro nel carapace stretto della loro condizione, nei giorni che chiedono adattamento, negli amori che arrivano e finiscono, nel licenziamento di Lucio, un loro amico fraterno. "Gli amici fraterni", mi sembra questa asserzione veramente una eccezione. 
Leggendo la profondità del pensiero e la verità della consequenzialità delle azioni, ogni lettore potrà ritrovare un momento della sua vita amicale e sentire amico, molto amico, il libro che sta leggendo, come se fosse appartenente al suo, di mondo. Nella certezza che i libri sono gli amici fraterni che non ci lasceranno mai nemmeno di domenica o nelle feste comandate, noi continuiamo a scrivere di loro e ad amarli felici nel regno della Litweb. 
La vicenda così ben congegnata da Valentina Di Cesare convince il lettore di una verità universale. Gli amici si sottraggono, gli amici veri si vedono al momento delle decisioni importanti. Gli amici questi sconosciuti, anche se ci si frequenta da anni. Stamattina ad una amica dicevo "Alla luce della nostra trentennale amicizia" le dicevo così eppure io mi sentivo proprio di essere Bartolo fra rapporti amicali fantasmi. Ogni capitolo del libro tratteggia un amico e ogni capitolo del libro sorprende ognuno dei protagonisti in un momento di snodo. Da quel momento tutto cambia e cambia per sempre. Il libro vi piacerà moltissimo e mi auguro di presentarlo con feste e premi in ogni dove nel territorio amicale del Regno Della Litweb. Con gli omaggi alla bravura di Valentina Di Cesare 
Ippolita Luzzo  

venerdì 3 maggio 2019

Marzo per gli agnelli Mimmo Gangemi

Leggo con partecipazione la vicenda umana di Giorgio Morra, protagonista del libro "Marzo per gli agnelli" di Mimmo Gangemi, libro pubblicato a febbraio 2019 dalla casa editrice Piemme e accolto con grande attenzione e favore dalla stampa e dai lettori.
Sono certa che la storia coinvolgerà chiunque la legga. come sarete coinvolti dal protagonista Giorgio Morra, avvocato e poi impiegato regionale, colpito, come Giobbe, da un destino infausto che gli ha tolto i figli e fatto sprofondare nel dolore la moglie. 
Intorno a lui i colleghi "Sempre così, lo circondavano d’attenzioni, lo riguardavano, stavano accorti a non contrapporgli le esistenze lisce, senza scossoni. Lo trattavano da luttuante. E non avevano torto. In fondo luttuante era."  Si era stancato Giorgio Morra “Si fosse deciso tutto, avesse preso una piega, in un senso o nell'altro, già sarebbe stato ad arrampicarsi verso un’esistenza vera, diversa certo, più triste, però tollerabile. Restava invece un filo che non si recideva"
Quel filo sottile si chiama motivo, un motivo per vivere.
"Se non si congedava, per timore dell’ignoto, che di là potesse essere peggio. Ad avere certezza che non c’era nulla, solo un vuoto dentro cui annullarsi e spezzare l’angoscia, si accomiatava. Bastava abbattere la paura del gesto di un attimo"
Marzo per gli agnelli di Mimmo Gangemi è un lungo soliloquio di un personaggio colpito da una grande sventura, vedere i suoi due figli, uno adolescente e l’altro bambino, vittime di un incidente sulla strada. Il bambino muore sul colpo, il ragazzo resta in coma vegetativo e la madre, distrutta da tanto dolore. quasi impazzisce, vivendo solo per aspettare il suo risveglio.
Giorgio Marro, provato da questi lutti familiari, avvocato fino a quel momento, cambia lavoro, accetta un incarico regionale e si domanda se non aggiungere anche lui nella sparizione a queste avversità. Aggiungere la sua fine. Se lo chiede e il filo teso della domanda tiene fermo e inchiodato il lettore benché poi la vicenda diventa corale su una terra divisa e insanguinata da rapporti di potere.  
Il suo personaggio mi ricorda vagamente il professore Laurana di "A ciascuno il suo" di Sciascia e la donna di cui si innamora il professore, la cugina, mi sembra la Giulia del libro di Mimmo Gangemi. Ovvio che è solo una vaga reminiscenza portata dal vento su quella rupe, su quel costone alto sul mare dove si svolgono gli avvenimenti. 
Intorno a lui una realtà fatta da rapporti di forza, da sospetti, da inconcludenti assessori alla cultura e da violenze inenarrabili. Conosciamo Don Lamberto, il nobile del luogo, che delega Cosimo, il suo fattore, delega a lui "il prezzo della tranquillità".  
Ed ecco l'assessore. tratteggiato e reso familiare, nel suo plauso al progetto edilizio da votare per far costruire un villaggio turistico in un panoramico punto della cittadina "Il professore Carusi, assessore alla cultura ma che ad essa stava come uno scimpanzé a una radice cubica, “questo si chiama benessere, be-ne-sse-re” rincarò."
Ed il benessere sarà malessere, nel precipitare degli avvenimenti, congegnati da Mimmo Gangemi con maestria e sagacia, essendo lui, lo scrittore, un fine conoscitore dell'animo umano.
Una scrittura vigile e pregevole, al profumo dell'Armagnac, il distillato di vino più antico del mondo, che viene bevuto da Giorgio Morra per dare lenimento alle sue sventure. 
Sul destino che viene ricordato nella copertina del libro "C'è un tempo per morire. E c'è un tempo per combattere."si svolge la vicenda primitiva e moderna dei nostri tempi educati e selvaggi. 
Ippolita Luzzo