Un omaggio a Dalida viene fatto da Titti Preta giorno 2 Maggio al Palazzo Nicotera. Avremo modo di rivedere l'artista e di sentirla cantare e rivivremo la sua vicenda umana con le parole dell'autrice di questa testimonianza. Una vita difficile quella di Dalida, una vita che non conosciamo malgrado ci sembra di conoscerla molto. Nelle vicende costruite dei giornali ho letto recentemente questa lettera che smonta tutto un gioco amoroso in cui i giornalisti intinsero molte volte i loro articoli. Questa è una lettera che Tenco fa a Valeria, il suo amore di quel periodo. Sulla manipolazione che viene fatta all'insaputa degli stessi protagonisti. Stritolati dal gossip. Ed anche Dalida non è questa che viene descritta da Tenco in una lettera a Valeria. Un solo frammento.
Luigi Tenco a Valeria
S.l., 18 novembre 1966
Amore mio,
Adriana ha promesso di farti avere questa lettera: ti prego, leggila, mi è costato scriverla, ammettere la mia stupidità, la mia presunzione, le mie debolezze, la mia ingenuità. Sono solo un uomo, e non tra i migliori, se mi sono lasciato trascinare in questa situazione assurda e non ho la forza e la volontà di uscirne, perché se lo tentassi ne sarei distrutto, comunque. Io ho sbagliato tutto nella mia vita, l'unica cosa giusta, pulita sei stata tu e a te non voglio e non posso rinunciare.
È tutta colpa mia: io ho permesso a quella donna di costruire tutta questa storia, mi sono prestato al suo gioco, perché da idiota io lo credevo solo un gioco. Tenco e Dalida, la coppia vincente del prossimo festival. Che notizia golosa per i giornalisti! Io ho permesso agli altri di ricamarci sopra (ma se mi conoscessero veramente, come potrebbero crederci?). E poi, poi, quando tu te ne sei andata ho pensato di poter fare l'amore con lei, per punirti, per ferirti come tu stai ferendo me.
No! Non ha funzionato. Ho tentato in tutti i modi, ho passato delle notti intere (aspetta un attimo!) a bere, a cercare di farle capire chi sono, cosa voglio, e poi... ho finito col parlarle di te, di quanto ti amo. Che gran casino, vero! Certo, lei si è dimostrata molto "comprensiva", ma mi ha detto che ormai dovevamo portare avanti questa "assurda" faccenda agli occhi degli altri. È una donna viziata, nevrotica, ignorante, che rifiuta l'idea di una sconfitta, professionale o sentimentale che sia. E ora non so più come uscirne.
Luigi
Il 25 gennaio 1992 vennero rese pubbliche le lettere di Luigi Tenco a Valeria, che il noto cantautore conobbe a Milano nel 1964. Di questo amore segreto rimane un fitto carteggio."
Il 2 maggio 1987, trenta anni fa, dopo aver chiamato il fratello-manager Bruno, annunciandogli il rinvio di un previsto servizio fotografico a causa del freddo, e dopo aver detto alla cameriera che sarebbe andata a teatro, uscì con la vettura, fece il giro dell'isolato, imbucò una lettera per il fratello e si recò nella sua casa in rue d'Orchampt sulla Butte di Montmartre e ingerì dei barbiturici.
domenica 30 aprile 2017
sabato 29 aprile 2017
Come un granello di sabbia. Salvatore Arena
Aria e mare... contando i passi.
Come un granello di sabbia
Giuseppe Gulotta, Storia di un innocente.
Al TIP Teatro di Lamezia Terme, nell'ambito di FARE/PUBBLICO, tre giorni di seminari con studenti e artisti, operatori e pubblico, assistiamo al monologo di Salvatore Arena, Mana Chuma Teatro finalista in Box 2016. Salvatore Arena e Massimo Barilla testo e regia. Non vi racconterò la storia tratta da una vicenda vera, raccontata in un libro da Giuseppe Gulotta con Nicola Biondo: ALKAMAR la mia vita in carcere da innocente.
Vi dirò invece cosa io ho preso nei miei appunti.
Appunti al buio intanto, quindi aggiunti a caso.
Come si conta l'aria, quanti respiri facciamo svegli, quanti ne facciamo la notte, quanti ne facciamo in 18 anni, di quanti respiri è fatta una vita? E contiamo respiri e passi fino agli auguri dei 18 anni, della canzoncina che "Tanti auguri a te" ci cantano ai brindisi. Contiamo e cantiamo insieme quella canzone dei 18 anni "Andava a piedi nudi per la strada mi vide e come un'ombra mi seguì Col viso in alto di chi il mondo sfida e tiene ai piedi un uomo con un sì. Anima mia dei Cugini di campagna" per segnare gli anni 1976
"La strage avvenne il 27 gennaio 1976 ad Alcamo Marina in provincia di Trapani, all'interno di una stazione dei Carabinieri, quando nella notte due carabinieri vennero assassinati a colpi di arma da fuoco." Fu accusato e condannato Giuseppe Gulotta, innocente.
Altri appunti nell'inferno dei giorni in caserma. Lui firmerà. Firma Firma firma... La firma che segnerà un destino, una confessione. La firma che ci ferma ad una morte in vita. Contiamo anche noi e il bastone sbatte e fa un cerchio sul legno della scena. La verità è come un diamante, duro. L'isolamento continua. La parola che lava è la stessa che ha lordato e qui ormai Giuseppe sono io e passano e spassano i due testimoni del processo, e passano e spassano, e non ricordano.
Negli anni perduti, sulla scena, il respiro si conta, l'attore dona i gesti, il suo viso, le sue palpebre gonfie di una sconfinata tristezza, il suono di una voce che cambia, il rumore di una motocicletta che corre verso il mare.
Quanti aspettano senza avere una voce, quanti? Contiamoli, fuori e dentro il carcere. Quanti aspettano che il loro destino sciupato venga restituito nelle mani di chi lo sconta vivendo?
Forse non tutti i momenti avevano uno stesso pathos ma io ho sempre sentito sulla pelle il brivido freddo dell'ingiustizia, del gesto che condanna e disprezza, che impone e fa scontare ad altri la malvagità in questo atomo opaco del male.
Respiriamo se possiamo, contando i respiri.
Ippolita Luzzo
Come un granello di sabbia
Giuseppe Gulotta, Storia di un innocente.
Al TIP Teatro di Lamezia Terme, nell'ambito di FARE/PUBBLICO, tre giorni di seminari con studenti e artisti, operatori e pubblico, assistiamo al monologo di Salvatore Arena, Mana Chuma Teatro finalista in Box 2016. Salvatore Arena e Massimo Barilla testo e regia. Non vi racconterò la storia tratta da una vicenda vera, raccontata in un libro da Giuseppe Gulotta con Nicola Biondo: ALKAMAR la mia vita in carcere da innocente.
Vi dirò invece cosa io ho preso nei miei appunti.
Appunti al buio intanto, quindi aggiunti a caso.
Come si conta l'aria, quanti respiri facciamo svegli, quanti ne facciamo la notte, quanti ne facciamo in 18 anni, di quanti respiri è fatta una vita? E contiamo respiri e passi fino agli auguri dei 18 anni, della canzoncina che "Tanti auguri a te" ci cantano ai brindisi. Contiamo e cantiamo insieme quella canzone dei 18 anni "Andava a piedi nudi per la strada mi vide e come un'ombra mi seguì Col viso in alto di chi il mondo sfida e tiene ai piedi un uomo con un sì. Anima mia dei Cugini di campagna" per segnare gli anni 1976
"La strage avvenne il 27 gennaio 1976 ad Alcamo Marina in provincia di Trapani, all'interno di una stazione dei Carabinieri, quando nella notte due carabinieri vennero assassinati a colpi di arma da fuoco." Fu accusato e condannato Giuseppe Gulotta, innocente.
Altri appunti nell'inferno dei giorni in caserma. Lui firmerà. Firma Firma firma... La firma che segnerà un destino, una confessione. La firma che ci ferma ad una morte in vita. Contiamo anche noi e il bastone sbatte e fa un cerchio sul legno della scena. La verità è come un diamante, duro. L'isolamento continua. La parola che lava è la stessa che ha lordato e qui ormai Giuseppe sono io e passano e spassano i due testimoni del processo, e passano e spassano, e non ricordano.
Negli anni perduti, sulla scena, il respiro si conta, l'attore dona i gesti, il suo viso, le sue palpebre gonfie di una sconfinata tristezza, il suono di una voce che cambia, il rumore di una motocicletta che corre verso il mare.
Quanti aspettano senza avere una voce, quanti? Contiamoli, fuori e dentro il carcere. Quanti aspettano che il loro destino sciupato venga restituito nelle mani di chi lo sconta vivendo?
Forse non tutti i momenti avevano uno stesso pathos ma io ho sempre sentito sulla pelle il brivido freddo dell'ingiustizia, del gesto che condanna e disprezza, che impone e fa scontare ad altri la malvagità in questo atomo opaco del male.
Respiriamo se possiamo, contando i respiri.
Ippolita Luzzo
Antonio Pujia Veneziano presenta Lit art con Litweb al Maggio Dei Libri
Per Ippolita nata post/uma di Antonio Pujia Veneziano
Con questo appuntamento del 26 aprile, inserito nel fitto programma de “Il Maggio dei Libri” 2017, ci accingiamo a varcare la soglia del regno della LITWEB, un blog di cui Ippolita Luzzo ne è, come delle Amazzoni, la regina, e lo facciamo presentando una nuova raccolta dei suoi post, raggruppata sotto l’articolato titolo "LIT ART con LITWEB dalla POP ART alla POST ART - leggere l’arte con letteratura nel regno della Litweb".
Questi ultimi pezzi o post sono stati anticipati da una precedente raccolta che risale al 2014 dal titolo “Venti POST/UMI Per Voi, che rimandavano al titolo di una poesia della nostra autrice:"Io pubblicherò postuma"
È come se Ippolita, consapevole del suo modo di agire, voglia preannunciare la possibilità e il rischio di rimanere postuma, richiamando alla mente la celebre frase di Nietzsche, il quale mettendo le mani avanti avvisava che i suoi testi erano rivolti ai "pochissimi", cioè per quelli che erano in grado di comprenderlo, ammettendo che il suo messaggio era destinato a rimanere inascoltato per molto tempo.
Da qui vorrei avviare la mia riflessione, ritenendo necessario soffermarmi su questa ipotetica probabilità che i post possano rimanere POST/UMI, in quanto la Litweb, sovverte la maniera di leggere e fruire l’arte.
Ma in cosa consiste questa sua personale modalità di indagare e leggere "ogni momento letterario ed artistico, interpretando in modo originale il senso del testo"?
La prima risposta può venire direttamente guardando la sua formazione culturale di natura filosofica-letteraria che le consente di leggere l’arte o meglio il mondo delle immagini attraverso gli studi di estetica e semiologia, tutto filtrato attraverso la parola scritta in forma poetica.
La seconda componente di questa nuova modalità, penso sia strettamente connessa alla sua capacità di utilizzare e padroneggiare i nuovi media, caratterizzati dalla velocità e dalla sintesi, a vantaggio "del contenuto e del significato" come lei stessa sottolinea nel primo pezzo di questa ultima raccolta. Questi elementi costitutivi si trasformano in un continuo divenire e attraversamento dei linguaggi con rimandi e associazioni ad "altro", in un pulsare spazio-tempo che paradossalmente vuole asserire un "Hic et Nunc" della nostra contemporaneità.
Un "qui e ora", nel nostro caso, che diviene anche sinestesia del linguaggio, facendoci assaporare i colori delle opere come si fa con i dolci, attraverso il giallo solare dei limoni di Amalfi, il trionfo dei mandarini di Sicilia, le arance, fino a farci vivere le esperienze tattili attraverso un tessuto Missoni e al leggerissimo verde delle foglie appena nate.
Penso che la sua modalità, più esattamente metodo, per descrivere queste esperienze artistiche consiste in questo flusso incessante di collegamenti. Ippolita, in questi suoi rapidi Attraversamenti, crea sobbalzi emotivi, evocando i Rolling Stones, la Pop Art e infine Alan Jones dal quale coglie al volo la frase provocatoria "l’arte bisogna cercarla nelle osterie perché nei musei si fa ideologia".
Da tutto ciò traspare la contemporaneità dei post di Ippolita che sono l’opposto della staticità e lontani dalla monumentalità. Non pretendono di occupare uno scaffale impolverato, ma aspirano a percorrere gli spazi infiniti della Litweb, comunicando emozioni reali ed esperienze vissute.
Così lei ci conduce al Premio Internazionale Limen nello splendido Palazzo Gagliardi a Vibo Valentia e nell’andare possiamo raccontarci di Antonio Presti e di Fiumara Arte con in mano un libro. Ogni post è tanti luoghi, infinite sensazioni e innumerevoli incontri: Il MAON di Rende, la galleria Because, Studio Gallery, l’Associazione P-Art, il MARCA, il MAM a Cosenza per Tornare a Itaca e poi Aurelio Amendola, Andy Warhol, Mimmo Rotella e Philippe Daverio, con tanto di stacco pubblicitario del PUNT e MES e annunciare il viaggio verso Corigliano per visitare la mostra personale del sottoscritto nel monumentale Castello Ducale, parlando di beni culturali, di Pietro Bernini, del Teatro settecentesco di Terranova di Sibari.
Questi e altri, gli argomenti di cui abbiamo parlato con Ippolita, temi importanti che animano il dibattito pubblico italiano intorno al sistema dell’arte e al patrimonio culturale e paesaggistico, che sono "il fulcro della nostra identità nazionale e della nostra memoria storica", come afferma Salvatore Settis, dall'alto della sua competenza.
Lo studioso asserisce che il nostro patrimonio culturale non è solo la somma dei suoi monumenti, musei e bellezze naturali, "Al contrario, la forza del «modello Italia» è tutta nella presenza diffusa, capillare, viva di un patrimonio solo in piccola parte conservato nei musei, e che incontriamo invece, anche senza volerlo e anche senza pensarci, nelle strade delle nostre città, nei palazzi in cui hanno sedi abitazioni, scuole e uffici, nelle chiese aperte al culto; che fa tutt'uno con la nostra lingua la nostra musica e letteratura, la nostra cultura."
Con la stessa casualità, Ippolita Luzzo, senza alcun preconcetto e con semplicità, ci prende per mano e ci conduce nel territorio dell’arte.
Antonio Pujia Veneziano
Nella Foto Giacinto Gaetano direttore del Sistema Bibliotecario inaugura alla presenza dell'assessore alla cultura Graziella Astorino il Maggio dei libri 2017 con Lit Art in Litweb di Ippolita Luzzo presentata da Antonio Pujia Veneziano. Foto di Daniele Rizzuti
Con questo appuntamento del 26 aprile, inserito nel fitto programma de “Il Maggio dei Libri” 2017, ci accingiamo a varcare la soglia del regno della LITWEB, un blog di cui Ippolita Luzzo ne è, come delle Amazzoni, la regina, e lo facciamo presentando una nuova raccolta dei suoi post, raggruppata sotto l’articolato titolo "LIT ART con LITWEB dalla POP ART alla POST ART - leggere l’arte con letteratura nel regno della Litweb".
Questi ultimi pezzi o post sono stati anticipati da una precedente raccolta che risale al 2014 dal titolo “Venti POST/UMI Per Voi, che rimandavano al titolo di una poesia della nostra autrice:"Io pubblicherò postuma"
È come se Ippolita, consapevole del suo modo di agire, voglia preannunciare la possibilità e il rischio di rimanere postuma, richiamando alla mente la celebre frase di Nietzsche, il quale mettendo le mani avanti avvisava che i suoi testi erano rivolti ai "pochissimi", cioè per quelli che erano in grado di comprenderlo, ammettendo che il suo messaggio era destinato a rimanere inascoltato per molto tempo.
Da qui vorrei avviare la mia riflessione, ritenendo necessario soffermarmi su questa ipotetica probabilità che i post possano rimanere POST/UMI, in quanto la Litweb, sovverte la maniera di leggere e fruire l’arte.
Ma in cosa consiste questa sua personale modalità di indagare e leggere "ogni momento letterario ed artistico, interpretando in modo originale il senso del testo"?
La prima risposta può venire direttamente guardando la sua formazione culturale di natura filosofica-letteraria che le consente di leggere l’arte o meglio il mondo delle immagini attraverso gli studi di estetica e semiologia, tutto filtrato attraverso la parola scritta in forma poetica.
La seconda componente di questa nuova modalità, penso sia strettamente connessa alla sua capacità di utilizzare e padroneggiare i nuovi media, caratterizzati dalla velocità e dalla sintesi, a vantaggio "del contenuto e del significato" come lei stessa sottolinea nel primo pezzo di questa ultima raccolta. Questi elementi costitutivi si trasformano in un continuo divenire e attraversamento dei linguaggi con rimandi e associazioni ad "altro", in un pulsare spazio-tempo che paradossalmente vuole asserire un "Hic et Nunc" della nostra contemporaneità.
Un "qui e ora", nel nostro caso, che diviene anche sinestesia del linguaggio, facendoci assaporare i colori delle opere come si fa con i dolci, attraverso il giallo solare dei limoni di Amalfi, il trionfo dei mandarini di Sicilia, le arance, fino a farci vivere le esperienze tattili attraverso un tessuto Missoni e al leggerissimo verde delle foglie appena nate.
Penso che la sua modalità, più esattamente metodo, per descrivere queste esperienze artistiche consiste in questo flusso incessante di collegamenti. Ippolita, in questi suoi rapidi Attraversamenti, crea sobbalzi emotivi, evocando i Rolling Stones, la Pop Art e infine Alan Jones dal quale coglie al volo la frase provocatoria "l’arte bisogna cercarla nelle osterie perché nei musei si fa ideologia".
Da tutto ciò traspare la contemporaneità dei post di Ippolita che sono l’opposto della staticità e lontani dalla monumentalità. Non pretendono di occupare uno scaffale impolverato, ma aspirano a percorrere gli spazi infiniti della Litweb, comunicando emozioni reali ed esperienze vissute.
Così lei ci conduce al Premio Internazionale Limen nello splendido Palazzo Gagliardi a Vibo Valentia e nell’andare possiamo raccontarci di Antonio Presti e di Fiumara Arte con in mano un libro. Ogni post è tanti luoghi, infinite sensazioni e innumerevoli incontri: Il MAON di Rende, la galleria Because, Studio Gallery, l’Associazione P-Art, il MARCA, il MAM a Cosenza per Tornare a Itaca e poi Aurelio Amendola, Andy Warhol, Mimmo Rotella e Philippe Daverio, con tanto di stacco pubblicitario del PUNT e MES e annunciare il viaggio verso Corigliano per visitare la mostra personale del sottoscritto nel monumentale Castello Ducale, parlando di beni culturali, di Pietro Bernini, del Teatro settecentesco di Terranova di Sibari.
Questi e altri, gli argomenti di cui abbiamo parlato con Ippolita, temi importanti che animano il dibattito pubblico italiano intorno al sistema dell’arte e al patrimonio culturale e paesaggistico, che sono "il fulcro della nostra identità nazionale e della nostra memoria storica", come afferma Salvatore Settis, dall'alto della sua competenza.
Lo studioso asserisce che il nostro patrimonio culturale non è solo la somma dei suoi monumenti, musei e bellezze naturali, "Al contrario, la forza del «modello Italia» è tutta nella presenza diffusa, capillare, viva di un patrimonio solo in piccola parte conservato nei musei, e che incontriamo invece, anche senza volerlo e anche senza pensarci, nelle strade delle nostre città, nei palazzi in cui hanno sedi abitazioni, scuole e uffici, nelle chiese aperte al culto; che fa tutt'uno con la nostra lingua la nostra musica e letteratura, la nostra cultura."
Con la stessa casualità, Ippolita Luzzo, senza alcun preconcetto e con semplicità, ci prende per mano e ci conduce nel territorio dell’arte.
Antonio Pujia Veneziano
Nella Foto Giacinto Gaetano direttore del Sistema Bibliotecario inaugura alla presenza dell'assessore alla cultura Graziella Astorino il Maggio dei libri 2017 con Lit Art in Litweb di Ippolita Luzzo presentata da Antonio Pujia Veneziano. Foto di Daniele Rizzuti
venerdì 28 aprile 2017
Albano, Pisano, Toppi. La formazione che vogliamo
Sono le 16,00 ed ancora elaboro una mattinata di seminario al Tip di Lamezia Terme con Albano, Pisano e Toppi. Gli appunti presi cominciano con le parole di Dario Natale: Esigenza del presente.
Questi due giorni di seminari sono una esigenza del presente. E ci troviamo in una sede piccola, in una realtà nata da poco dopo che i teatri a Lamezia furono vinti per bando da una associazione di tecnici. Con noi alcuni alunni del liceo Campanella che frequenteranno i corsi sul teatro.
Albano, Pisano,Toppi, come Zoff, Burgnich e Facchetti. La difesa del nostro teatro declinata come i mitici tre di una nazionale di calcio
Ho segnato con un solo lemma a volte tutto un lungo raccontare di Settimio Pisani su Primavera dei Teatri a Castrovillari, realtà che compie 18 anni, nata nel '99, dal nulla.
Verginità di un territorio, teatro diverso e alto, qualità e poi quella prima volta con l'Orlando Furioso. Una scommessa difficile in un territorio lontano dalle vie di comunicazioni più accessibili e con un teatro cittadino chiuso da tempo. Ora invece le compagnie debuttano per la loro prima messa in scena proprio a Castrovillari davanti ad un pubblico eterogeneo fatto di persone che si fidano delle proposte. Un teatro legato al testo scritto, un teatro che deve parlare delle contraddizioni e dare un motivo a chi viene di sopportare il disagio del viaggio ed ai residenti l'orgoglio di parteciparvi.
Albano organizza a Salerno altra splendida realtà e stagione teatrale. E di lui mi piace ricordare le sue parole: "Siamo abituati a pensare in piccolo. Noi dobbiamo cambiare linguaggio e metodo per convincere i privati a sponsorizzare le nostre iniziative." Partendo dal dato di fatto che la manna dei contributi pubblici vada nel mare della nullità, chiunque voglia far teatro dovrà rivolgersi altrove con numeri alla mano e lavorare sulla visibilità e convenienza di quella iniziativa. Conferma Toppi che i soldi pubblici vanno a Napoli, per esempio, ad un certo Alfredo Balsamo presidente di circuiti teatrali che dovrebbe circuitare e circuitizza un bel nulla.
Toppi ci racconta la sua formazione di critico partendo da Roberto De Monticelli, suoi pezzi di critica raccoliti nel Le mille notti di un critico, e da Franco Quadri fino a Giulio Baffi che rappresenta gli anni ottanta novanta della critica. Una critica fatta senza slanci, anzi la prima frase che baffi disse a Toppi fu: "La critica è morta." Per Toppi come pure per me in altri campi, la funzione della critica è testimonianza. Veniamo da anni di sciupio incredibile, il ventennio berlusconiano ha dissolto troppo e tanto ma le radici di un territorio sopravvivono anche al fuoco e al gelo. Là dove non c'era una prima ora c'è una splendida realtà e il vincolo della fiducia fra noi si riforma nel riportare tutto ad un senso.
Dalla novella di Cechov " La legge del fucile" Toppi racconta con Cechov di quel fucile appeso ad un muro e descritto dal narratore all'inizio e conclude con l'esigenza che il fucile alla fine spari. Ogni cosa si riunisce al suo inizio in una circolarità che forma l'idea del tempo: esserci. L'esigenza del presente.
Ippolita Luzzo
Questi due giorni di seminari sono una esigenza del presente. E ci troviamo in una sede piccola, in una realtà nata da poco dopo che i teatri a Lamezia furono vinti per bando da una associazione di tecnici. Con noi alcuni alunni del liceo Campanella che frequenteranno i corsi sul teatro.
Albano, Pisano,Toppi, come Zoff, Burgnich e Facchetti. La difesa del nostro teatro declinata come i mitici tre di una nazionale di calcio
Ho segnato con un solo lemma a volte tutto un lungo raccontare di Settimio Pisani su Primavera dei Teatri a Castrovillari, realtà che compie 18 anni, nata nel '99, dal nulla.
Verginità di un territorio, teatro diverso e alto, qualità e poi quella prima volta con l'Orlando Furioso. Una scommessa difficile in un territorio lontano dalle vie di comunicazioni più accessibili e con un teatro cittadino chiuso da tempo. Ora invece le compagnie debuttano per la loro prima messa in scena proprio a Castrovillari davanti ad un pubblico eterogeneo fatto di persone che si fidano delle proposte. Un teatro legato al testo scritto, un teatro che deve parlare delle contraddizioni e dare un motivo a chi viene di sopportare il disagio del viaggio ed ai residenti l'orgoglio di parteciparvi.
Albano organizza a Salerno altra splendida realtà e stagione teatrale. E di lui mi piace ricordare le sue parole: "Siamo abituati a pensare in piccolo. Noi dobbiamo cambiare linguaggio e metodo per convincere i privati a sponsorizzare le nostre iniziative." Partendo dal dato di fatto che la manna dei contributi pubblici vada nel mare della nullità, chiunque voglia far teatro dovrà rivolgersi altrove con numeri alla mano e lavorare sulla visibilità e convenienza di quella iniziativa. Conferma Toppi che i soldi pubblici vanno a Napoli, per esempio, ad un certo Alfredo Balsamo presidente di circuiti teatrali che dovrebbe circuitare e circuitizza un bel nulla.
Toppi ci racconta la sua formazione di critico partendo da Roberto De Monticelli, suoi pezzi di critica raccoliti nel Le mille notti di un critico, e da Franco Quadri fino a Giulio Baffi che rappresenta gli anni ottanta novanta della critica. Una critica fatta senza slanci, anzi la prima frase che baffi disse a Toppi fu: "La critica è morta." Per Toppi come pure per me in altri campi, la funzione della critica è testimonianza. Veniamo da anni di sciupio incredibile, il ventennio berlusconiano ha dissolto troppo e tanto ma le radici di un territorio sopravvivono anche al fuoco e al gelo. Là dove non c'era una prima ora c'è una splendida realtà e il vincolo della fiducia fra noi si riforma nel riportare tutto ad un senso.
Dalla novella di Cechov " La legge del fucile" Toppi racconta con Cechov di quel fucile appeso ad un muro e descritto dal narratore all'inizio e conclude con l'esigenza che il fucile alla fine spari. Ogni cosa si riunisce al suo inizio in una circolarità che forma l'idea del tempo: esserci. L'esigenza del presente.
Ippolita Luzzo
martedì 25 aprile 2017
Dal Limen al Limen Oltre la soglia. Lit Art domani
"Soglie" si chiamava l'installazione di Silvia Pujia, opera con la quale vinse il Premio Limen quell'anno e fu allora che nel sentir parlarne ho avuto modo di conoscere Silvia e di partecipare ad ogni evento da lei creato. Opera unica. Quel che mi piace è quell'unicità che lei sceglie come unitarietà e contenuto.
Così nel presentare domani a Palazzo Nicotera i pezzi su Lit Art con Litweb scelgo anche io l'unicità e il discorso unitario su un contenuto lungo un anno. Dal Limen al Limen con un solo artista nell'attraversare quella soglia che Silvia ha preparato per noi.
Una amicizia da Limen, da confine e sul confine dell'arte. Sul modo e sul fare e come guardare oltre la soglia.
Dicembre 2014 a Palazzo Gagliardi sede del Limen quella sera Antonio Pujia Veneziano espone e mi invita ad andare. Ed eccoci all'incontro con Daverio che ci dice quanto l'arte sia " Una vera commistione di elementi, forse maggiore di oggi in cui tutto sembra commisto e non lo è e quanto siano Italia e Calabria insieme il paese dell’immaginazione.
Così lo ascoltiamo e lo seguiamo per stanze e dipinti fermandoci insieme a dire bravo, interessante, molto carino oppure niente, sentendolo dire che per esser veri bisogna dire una bufala grande, dirla con forza e crederci davvero, convincere gli altri che questa sia vera, come fu con Capalbio, luogo di residenza di intellettuali, ma quali? Sorride lui, eravamo solo quattro amici che volevano divertirsi, eppure Capalbio diventò quello che per scherzo lui aveva detto.
Ed a questa sua asserzione io esclamo:"Come il regno della Litweb!"
Seguiamo le opere di Antonio Pujia Veneziano sempre in viaggio e nel febbraio 2015 Ex Stasis Est Ovest la mostra al MAM a Cosenza Tornare ad Itaca, nel maggio 2015 una mostra al Castello ducale di Corigliano: Segni_Tempo_Spazio.
E siamo di nuovo a Dicembre, di nuovo al Limen. In macchina parliamo, su suggestioni di un libro che ho in mano, con Antonio, Silvia e Saverio, mentre andiamo al Limen, di Antonio Presti, imprenditore che costruisce un albergo sul mare, decide di realizzare un museo all'aria aperta, dà vita al parco di sculture monumentali Fiumara d'arte, nella valle dei monti Nebrodi in Sicilia, un museo all'aperto, un parco di sculture il più grande d’Europa. Nel suo albergo Atelier sul mare (1991-2013) a Castel di Tusa, in provincia di Messina, decine di artisti sono stati coinvolti per la decorazione di camere d’arte.
Dalla Piramide a noi. Antonio Pujia Veneziano racconta e racconta di come Antonio Presti subì alcune condanne prima di essere riconosciuto e mentre racconta siamo già arrivati a Vibo al Limen Premio Internazionale alla VII edizione promosso dalla Camera di Commercio di Vibo Valentia. Un castello reale sembra la sede del Limen questo anno. Felici e felici ascoltammo i relatori, noi seduti ai primi posti riservati a non ben definiti notabili. Ed essendo della stessa stirpe nobiliare dell'arte ci venne concesso l'onore.
Così nel mentre parlava Domenico Piraina, Responsabile del Polo museale e dei Musei scientifici di Milano, io presi appunti mentali. Ricordo che lui, citando Federico Zeri, suo amico, ci raccontò che il genio non vive e produce da solo, ma ha bisogno di avere intorno quel crogiolo di bravi artigiani che lo sostengano e raccontava di quanti bravi scalpellini abbiano partecipato alla creazione di opere sotto la direzione di Michelangelo.
Dunque se intorno non vi è abilità non sorge nulla. Intorno a me avevo due artisti, Silvia Pujia, già vincitrice del Limen 2013 con una installazione "Soglie" e Antonio Puija Veneziano. Insomma il genio della lampada non poteva che aver più terreno fertile di quello. Insieme abbiamo percorso le opere con la grande meraviglia di stare nel paese dell'immaginazione e quando siamo giunti ai due palazzi in aria con il verde in cielo abbiamo trovato la sede del regno della Litweb." Sulla soglia in alto
Così nel presentare domani a Palazzo Nicotera i pezzi su Lit Art con Litweb scelgo anche io l'unicità e il discorso unitario su un contenuto lungo un anno. Dal Limen al Limen con un solo artista nell'attraversare quella soglia che Silvia ha preparato per noi.
Una amicizia da Limen, da confine e sul confine dell'arte. Sul modo e sul fare e come guardare oltre la soglia.
Dicembre 2014 a Palazzo Gagliardi sede del Limen quella sera Antonio Pujia Veneziano espone e mi invita ad andare. Ed eccoci all'incontro con Daverio che ci dice quanto l'arte sia " Una vera commistione di elementi, forse maggiore di oggi in cui tutto sembra commisto e non lo è e quanto siano Italia e Calabria insieme il paese dell’immaginazione.
Così lo ascoltiamo e lo seguiamo per stanze e dipinti fermandoci insieme a dire bravo, interessante, molto carino oppure niente, sentendolo dire che per esser veri bisogna dire una bufala grande, dirla con forza e crederci davvero, convincere gli altri che questa sia vera, come fu con Capalbio, luogo di residenza di intellettuali, ma quali? Sorride lui, eravamo solo quattro amici che volevano divertirsi, eppure Capalbio diventò quello che per scherzo lui aveva detto.
Ed a questa sua asserzione io esclamo:"Come il regno della Litweb!"
Seguiamo le opere di Antonio Pujia Veneziano sempre in viaggio e nel febbraio 2015 Ex Stasis Est Ovest la mostra al MAM a Cosenza Tornare ad Itaca, nel maggio 2015 una mostra al Castello ducale di Corigliano: Segni_Tempo_Spazio.
E siamo di nuovo a Dicembre, di nuovo al Limen. In macchina parliamo, su suggestioni di un libro che ho in mano, con Antonio, Silvia e Saverio, mentre andiamo al Limen, di Antonio Presti, imprenditore che costruisce un albergo sul mare, decide di realizzare un museo all'aria aperta, dà vita al parco di sculture monumentali Fiumara d'arte, nella valle dei monti Nebrodi in Sicilia, un museo all'aperto, un parco di sculture il più grande d’Europa. Nel suo albergo Atelier sul mare (1991-2013) a Castel di Tusa, in provincia di Messina, decine di artisti sono stati coinvolti per la decorazione di camere d’arte.
Dalla Piramide a noi. Antonio Pujia Veneziano racconta e racconta di come Antonio Presti subì alcune condanne prima di essere riconosciuto e mentre racconta siamo già arrivati a Vibo al Limen Premio Internazionale alla VII edizione promosso dalla Camera di Commercio di Vibo Valentia. Un castello reale sembra la sede del Limen questo anno. Felici e felici ascoltammo i relatori, noi seduti ai primi posti riservati a non ben definiti notabili. Ed essendo della stessa stirpe nobiliare dell'arte ci venne concesso l'onore.
Così nel mentre parlava Domenico Piraina, Responsabile del Polo museale e dei Musei scientifici di Milano, io presi appunti mentali. Ricordo che lui, citando Federico Zeri, suo amico, ci raccontò che il genio non vive e produce da solo, ma ha bisogno di avere intorno quel crogiolo di bravi artigiani che lo sostengano e raccontava di quanti bravi scalpellini abbiano partecipato alla creazione di opere sotto la direzione di Michelangelo.
Dunque se intorno non vi è abilità non sorge nulla. Intorno a me avevo due artisti, Silvia Pujia, già vincitrice del Limen 2013 con una installazione "Soglie" e Antonio Puija Veneziano. Insomma il genio della lampada non poteva che aver più terreno fertile di quello. Insieme abbiamo percorso le opere con la grande meraviglia di stare nel paese dell'immaginazione e quando siamo giunti ai due palazzi in aria con il verde in cielo abbiamo trovato la sede del regno della Litweb." Sulla soglia in alto
sabato 22 aprile 2017
Paolo Aita: un amico in più. Con Gianluca Covelli
Al tavolo fra i relatori stava allora Gianluca Covelli, curatore e critico d'arte, eravamo al Complesso Monumentale San Giovanni a Catanzaro. Come allora stasera a Cosenza, al MAM, museo delle arti e dei mestieri, Gianluca Covelli cura la mostra su Paolo Aita. Lui mi porge il suo intervento, noi siamo arrivati molto tardi e proprio ai saluti, però rimaniamo oltre la chiusura a chiacchierare. Hic et nunc il titolo del suo parlare di Paolo Aita. Esserci, non solo come localizzazione nello spazio ma qualcosa che ha a che fare con il modo in cui l'Essere si dà nella storia, nell'esistenza dell'uomo. Una stretta emotiva lega gli uomini tra loro vicini ad una dottrina cognitiva che crea soddisfazione. Tutti i movimenti storici e artistici, tutto ogni ogni nostro fare, secondo Vico, nasce da impulso emotivo e solo dopo interviene la conoscenza e lo studio a spiegare, a costruire. Con il senso alto del piacere.
Ho conosciuto Paolo Aita attraverso le parole dei suoi amici, dei curatori di questa mostra in suo ricordo. Mi è rimasto amico, come mi sono rimasti amici Alessandro Bozzo e Rocco Carbone, entrambi conosciuti attraverso le parole degli amici. Mi succede così con frequentazioni atemporali oltre il sensibile. Si può vivere dopo la morte nei racconti di amici cari e diventare amici di chi si appropria di quei racconti.
Avevo già scritto su Paolo Aita, stasera incontro le sue poesie, nelle mani del responsabile della Vertigoarte, la galleria di Cosenza, promotrice di questa mostra insieme ad artisti e ad altre associazioni. Leggo e fotografo le sue poesie, grata a Salvatore Anelli che me le dona in fogli sparsi. Torno a casa ricchissima. Fogli e fogli con me. Parole e opere. Intanto che si conversa raccolgo una gratificazione assoluta, sciolta da qualsiasi legame: ciò che vedo in anteprima di un qualcosa che avverrà e di cui taccio, un segreto che tutti poi applaudiremo e la parola di Ghislain Mayaud, amico di Paolo Aita, docente e critico d'arte, nonché artista e poeta, dire del mio pezzo su Paolo Aita È una carezza.
Ancora più unita
sarai di questi segni,
piccoli grani di delizia.
Un fermo, una pausa
che si impunta,
Svirgola e s'arriccia
nei pensieri. (Paolo Aita)
Nelle relazioni che ci fanno vivere raccogliamo i versi di Paolo Aita, le opere degli artisti, il momento sensibile, il fuori nelle musiche e nel ballo, nei gesti e nel presente che già lontano è, lasciandoci l'amicizia che ci rallegrerà. http://trollipp.blogspot.it/2017/03/quella-sera-vertigoarte-ponte-di.html
Ippolita Luzzo
Ho conosciuto Paolo Aita attraverso le parole dei suoi amici, dei curatori di questa mostra in suo ricordo. Mi è rimasto amico, come mi sono rimasti amici Alessandro Bozzo e Rocco Carbone, entrambi conosciuti attraverso le parole degli amici. Mi succede così con frequentazioni atemporali oltre il sensibile. Si può vivere dopo la morte nei racconti di amici cari e diventare amici di chi si appropria di quei racconti.
Avevo già scritto su Paolo Aita, stasera incontro le sue poesie, nelle mani del responsabile della Vertigoarte, la galleria di Cosenza, promotrice di questa mostra insieme ad artisti e ad altre associazioni. Leggo e fotografo le sue poesie, grata a Salvatore Anelli che me le dona in fogli sparsi. Torno a casa ricchissima. Fogli e fogli con me. Parole e opere. Intanto che si conversa raccolgo una gratificazione assoluta, sciolta da qualsiasi legame: ciò che vedo in anteprima di un qualcosa che avverrà e di cui taccio, un segreto che tutti poi applaudiremo e la parola di Ghislain Mayaud, amico di Paolo Aita, docente e critico d'arte, nonché artista e poeta, dire del mio pezzo su Paolo Aita È una carezza.
Ancora più unita
sarai di questi segni,
piccoli grani di delizia.
Un fermo, una pausa
che si impunta,
Svirgola e s'arriccia
nei pensieri. (Paolo Aita)
Nelle relazioni che ci fanno vivere raccogliamo i versi di Paolo Aita, le opere degli artisti, il momento sensibile, il fuori nelle musiche e nel ballo, nei gesti e nel presente che già lontano è, lasciandoci l'amicizia che ci rallegrerà. http://trollipp.blogspot.it/2017/03/quella-sera-vertigoarte-ponte-di.html
Ippolita Luzzo
domenica 16 aprile 2017
Pasquetta fuori porta Aprile 2011
Pasquetta a Tropea Capo Vaticano Aprile 2011
La conversazione cos'è?
Una pasquetta fuori porta, fuori stagione, il tempo incerto, il mare mosso, il vento –levante?
Una pasquetta tradizionale, tranquilla.
Una semplicità affettuosa negli accoglienti padroni di casa, nei modi, nel fare, nel muoversi.
Semplicità anche negli ospiti, solo che fra gli ospiti c'è lei.
La signora so tutto io è una bella signora.
Occhi celesti, capelli grigi, pettinatura e vestiti impeccabili, porge con garbo professionale le sue parole con l’autorità del suo dire.
È tutto perfetto, non c’è una sbavatura, gli argomenti esposti correttamente anche facilmente condivisibili, l'eloquio fluente, un parlare misurato.
Allora perché, ogni tanto, in me che ascolto prende una leggera insofferenza? Voglia di protagonismo la mia?
Me lo domando e mi assolvo, non desidero nessun riflettore stamani, anzi, più la ascolto, più vorrei eclissarmi.
Invidia, forse, verso una bella signora che sembra abbia la quintessenza della saggezza e che sembra le siano capitate nella vita tutte le cose come si deve- marito- figli- suocera- madre – lavoro? Tutto meravigliosamente regolare. Ma no, non riesco ad invidiarla.
Qualcuno cerca e non riesce di esprimere un pensiero, un concetto più dubbioso, un interrogativo su se stesso, è un uomo che si chiede ed esprime un sentire dell’animo, il primo sentire della giornata, ma la conversazione monopolizzata dalla signora so tutto io prosegue come se non avesse sentito. Peccato!
Ed ho capito cosa non mi piaceva- il non ascolto, la chiacchiera garbata, formale, corretta, che impediva qualsiasi messa in discussione.
Eppure sarebbe stata possibile una conversazione diversa e più leggermente aperta, perché ogni tanto affiorava un gesto, uno sguardo d’intesa, un sorriso e fra noi altri c'era un tentativo fanciullesco di piccola disubbidienza alle regole della signora maestra.
Fra quello che noi, suoi alunni, volevamo dalla vita e quello che abbiamo avuto c'era uno scarto, una divaricazione netta, che ci ha stupito ma non ci ha deragliato. Gli scossoni, gli attentati, che nel corso degli avvenimenti avrebbero potuto annullarci hanno fortificato le nostre coscienze di uomini e donne capaci, che ora ascoltiamo la sua bella lezione con affettuosità e disincanto, capendone l’importanza, riconoscendone l’utilità.
La scuola, le regole, il sacrificio, per noi non hanno potuto cambiare il corso delle cose.
Abbiamo creduto sicuramente nelle iniziative, nei progetti, li abbiamo sostenuti, incoraggiati, ma poi il contesto umano intorno a noi era diverso, non ci ha aiutato. Cooperative poco cooperative,figli con desideri e residenze lontani, un corpo che non riconosciamo più nostro, e un domandarsi perplessi su quale sia ora il nostro momento.
Ecco, questo avremmo voluto dire noi a noi stessi, se ne avessimo avuto la possibilità, avremmo voluto parlarne, condividere un disagio, sempre con la leggerezza e la cortesia della buona educazione.
Ma abbiamo parlato molto e ascoltato poco perché abbiamo dimenticato quanto un buon ascolto liberi la nostra mente
Liberi avremmo potuto ascoltare oltre le parole, oltre i gesti, oltre il movimento, il sussurro dell’anima e fare di quel momento vita vera.
La convivialità cos'è?
Ippolita Luzzo
La conversazione cos'è?
Una pasquetta fuori porta, fuori stagione, il tempo incerto, il mare mosso, il vento –levante?
Una pasquetta tradizionale, tranquilla.
Una semplicità affettuosa negli accoglienti padroni di casa, nei modi, nel fare, nel muoversi.
Semplicità anche negli ospiti, solo che fra gli ospiti c'è lei.
La signora so tutto io è una bella signora.
Occhi celesti, capelli grigi, pettinatura e vestiti impeccabili, porge con garbo professionale le sue parole con l’autorità del suo dire.
È tutto perfetto, non c’è una sbavatura, gli argomenti esposti correttamente anche facilmente condivisibili, l'eloquio fluente, un parlare misurato.
Allora perché, ogni tanto, in me che ascolto prende una leggera insofferenza? Voglia di protagonismo la mia?
Me lo domando e mi assolvo, non desidero nessun riflettore stamani, anzi, più la ascolto, più vorrei eclissarmi.
Invidia, forse, verso una bella signora che sembra abbia la quintessenza della saggezza e che sembra le siano capitate nella vita tutte le cose come si deve- marito- figli- suocera- madre – lavoro? Tutto meravigliosamente regolare. Ma no, non riesco ad invidiarla.
Qualcuno cerca e non riesce di esprimere un pensiero, un concetto più dubbioso, un interrogativo su se stesso, è un uomo che si chiede ed esprime un sentire dell’animo, il primo sentire della giornata, ma la conversazione monopolizzata dalla signora so tutto io prosegue come se non avesse sentito. Peccato!
Ed ho capito cosa non mi piaceva- il non ascolto, la chiacchiera garbata, formale, corretta, che impediva qualsiasi messa in discussione.
Eppure sarebbe stata possibile una conversazione diversa e più leggermente aperta, perché ogni tanto affiorava un gesto, uno sguardo d’intesa, un sorriso e fra noi altri c'era un tentativo fanciullesco di piccola disubbidienza alle regole della signora maestra.
Fra quello che noi, suoi alunni, volevamo dalla vita e quello che abbiamo avuto c'era uno scarto, una divaricazione netta, che ci ha stupito ma non ci ha deragliato. Gli scossoni, gli attentati, che nel corso degli avvenimenti avrebbero potuto annullarci hanno fortificato le nostre coscienze di uomini e donne capaci, che ora ascoltiamo la sua bella lezione con affettuosità e disincanto, capendone l’importanza, riconoscendone l’utilità.
La scuola, le regole, il sacrificio, per noi non hanno potuto cambiare il corso delle cose.
Abbiamo creduto sicuramente nelle iniziative, nei progetti, li abbiamo sostenuti, incoraggiati, ma poi il contesto umano intorno a noi era diverso, non ci ha aiutato. Cooperative poco cooperative,figli con desideri e residenze lontani, un corpo che non riconosciamo più nostro, e un domandarsi perplessi su quale sia ora il nostro momento.
Ecco, questo avremmo voluto dire noi a noi stessi, se ne avessimo avuto la possibilità, avremmo voluto parlarne, condividere un disagio, sempre con la leggerezza e la cortesia della buona educazione.
Ma abbiamo parlato molto e ascoltato poco perché abbiamo dimenticato quanto un buon ascolto liberi la nostra mente
Liberi avremmo potuto ascoltare oltre le parole, oltre i gesti, oltre il movimento, il sussurro dell’anima e fare di quel momento vita vera.
La convivialità cos'è?
Ippolita Luzzo
venerdì 14 aprile 2017
La bellezza che resta Fabrizio Coscia Soli Eravamo
Ce li portiamo in giro, in borsa, nelle mani, dappertutto.
Se ci fotografano li mostriamo orgogliosi e, come succede con gli amici, tutto ci rimanda al loro contenuto, al loro dire.
Così dalle Domenica delle Palme, le palme festanti sul Corso Numistrano sfilano seguendo in corteo "Il giorno della conoscenza"in Russia, la prima pagina del libro di Fabrizio Coscia La bellezza che resta ad oggi, Venerdì Santo, con la processione del corpo di Gesù riverso nel grembo della Madonna addolorata.
Mi sembra di vederli quei bambini il primo settembre di ogni anno ringraziare con fiori i loro insegnanti per la dedizione con cui si prenderanno cura di loro. Un ringraziamento anticipato, di riconoscenza, simile alla folla che a Gerusalemme con palme in mano accorrevano a salutare un uomo che donava la buona novella e faceva miracoli.
I momenti festosi di un primo settembre a Beslan furono seguiti da momenti tragici così come nel Vangelo e Fabrizio Coscia, nel cercare un lenimento ma soprattutto una luce in avvenimenti che videro una strage perpetrata dai ceceni in una scuola per combattere contro il governo russo, si imbatte in un articolo sulla Repubblica dal titolo "Il perdono impossibile" e in quell'articolo il poeta russo Evtušenko scrive di come il libro di Tolstoj "Chadzi-Murat" forse, se letto da Putin, avrebbe fatto da deterrente alla guerra contro i ceceni.
Un libro può ergersi contro il Male? e nel male, nel dolore come può esistere la bellezza? Nel tanto che si usa a sproposito questo sostantivo con un potere salvifico appioppato a casaccio qui invece si ricorda altro.
La bellezza è una cosa spaventosa, terribile. La bellezza come svelamento. La bellezza è verità. La bellezza che resta dunque cos'è? questa è la domanda che Fabrizio ci fa e si fa, leggendo il libro di Tolstoj "Chadzi-Murat" pubblicato postumo, scritto negli ultimi anni. "Il miglior racconto del mondo secondo il critico americano Haold Bloom".
Fabrizio Coscia chiede alla letteratura una risposta, chiede alla letteratura quella legge interiore che fu di Tolstoj, di Renoir, di Leopardi, di Simone Weil, di Frida Kalo, di Keats.
Ogni cosa mi riporta al libro, vi dicevo prima, ogni lettura, ogni domanda, e una lettera di Olga Knipper alle lettere di cui parla Domenico Dara, nel Breve Trattato sulle coincidenze, come riparazione dei buchi, lettere che un postino consegna al mondo che a me non rispose mai... con Emily Dickinson.
"Per molto tempo dopo la morte di Čechov, nel suo diario Olga Knipper continuò a scrivere lettere al marito, in una ostinata, imperterrita negazione della realtà. "E mentre ti scrivo - si legge in una di queste - sento che sei vivo, da qualche parte, mentre aspetti la mia lettera" La bellezza che resta
Intrecciando la propria vita e quella di suo padre in rianimazione con gli artisti che alla fine della loro vita diedero esempi fulgidi di bellezza fa dire a Renoir in risposta a Matisse stranito dal vederlo dipingere con le mani fasciate e sofferenti per l'artrite "Il dolore passa la bellezza resta"
La bellezza di Renoir, di Simone Weil, negli occhi, nella luce, nella voglia di guardare. "Non siate ingrate verso le cose belle" è l'esortazione di Simone Weil ai suoi genitori mentre si spegneva nel sanatorio di Ashford.
Mi lascio prendere dall'urgenza di dirvi altro, di parlarvi di questo libro: non è un romanzo, non è un saggio, non è un genere letterario, è la testimonianza di un grande amore verso la letteratura, di una grande passione verso gli scrittori e della consapevolezza di un compito alto e bello affidato alla lettura.
La bellezza che resta segue Soli eravamo mentre ci allontaniamo dalle brutture.
"Vivere richiede di allontanarci da ciò che vivo non è più: congedarsi con terribile urgenza da chi ha smesso di esserci, chiudere gli occhi a chi non resta."
C'è un periodo necessario in cui l'uomo affronta grandi lutti, sciagure, terremoti, guerre, malattie, cattiverie, è il periodo della elaborazione.
La bellezza che resta, nonostante cotanto male, è l'inesorabile lontananza, un miraggio, il sentimento di verità.
Ippolita Luzzo
Se ci fotografano li mostriamo orgogliosi e, come succede con gli amici, tutto ci rimanda al loro contenuto, al loro dire.
Così dalle Domenica delle Palme, le palme festanti sul Corso Numistrano sfilano seguendo in corteo "Il giorno della conoscenza"in Russia, la prima pagina del libro di Fabrizio Coscia La bellezza che resta ad oggi, Venerdì Santo, con la processione del corpo di Gesù riverso nel grembo della Madonna addolorata.
Mi sembra di vederli quei bambini il primo settembre di ogni anno ringraziare con fiori i loro insegnanti per la dedizione con cui si prenderanno cura di loro. Un ringraziamento anticipato, di riconoscenza, simile alla folla che a Gerusalemme con palme in mano accorrevano a salutare un uomo che donava la buona novella e faceva miracoli.
I momenti festosi di un primo settembre a Beslan furono seguiti da momenti tragici così come nel Vangelo e Fabrizio Coscia, nel cercare un lenimento ma soprattutto una luce in avvenimenti che videro una strage perpetrata dai ceceni in una scuola per combattere contro il governo russo, si imbatte in un articolo sulla Repubblica dal titolo "Il perdono impossibile" e in quell'articolo il poeta russo Evtušenko scrive di come il libro di Tolstoj "Chadzi-Murat" forse, se letto da Putin, avrebbe fatto da deterrente alla guerra contro i ceceni.
Un libro può ergersi contro il Male? e nel male, nel dolore come può esistere la bellezza? Nel tanto che si usa a sproposito questo sostantivo con un potere salvifico appioppato a casaccio qui invece si ricorda altro.
La bellezza è una cosa spaventosa, terribile. La bellezza come svelamento. La bellezza è verità. La bellezza che resta dunque cos'è? questa è la domanda che Fabrizio ci fa e si fa, leggendo il libro di Tolstoj "Chadzi-Murat" pubblicato postumo, scritto negli ultimi anni. "Il miglior racconto del mondo secondo il critico americano Haold Bloom".
Fabrizio Coscia chiede alla letteratura una risposta, chiede alla letteratura quella legge interiore che fu di Tolstoj, di Renoir, di Leopardi, di Simone Weil, di Frida Kalo, di Keats.
Ogni cosa mi riporta al libro, vi dicevo prima, ogni lettura, ogni domanda, e una lettera di Olga Knipper alle lettere di cui parla Domenico Dara, nel Breve Trattato sulle coincidenze, come riparazione dei buchi, lettere che un postino consegna al mondo che a me non rispose mai... con Emily Dickinson.
"Per molto tempo dopo la morte di Čechov, nel suo diario Olga Knipper continuò a scrivere lettere al marito, in una ostinata, imperterrita negazione della realtà. "E mentre ti scrivo - si legge in una di queste - sento che sei vivo, da qualche parte, mentre aspetti la mia lettera" La bellezza che resta
Intrecciando la propria vita e quella di suo padre in rianimazione con gli artisti che alla fine della loro vita diedero esempi fulgidi di bellezza fa dire a Renoir in risposta a Matisse stranito dal vederlo dipingere con le mani fasciate e sofferenti per l'artrite "Il dolore passa la bellezza resta"
La bellezza di Renoir, di Simone Weil, negli occhi, nella luce, nella voglia di guardare. "Non siate ingrate verso le cose belle" è l'esortazione di Simone Weil ai suoi genitori mentre si spegneva nel sanatorio di Ashford.
Mi lascio prendere dall'urgenza di dirvi altro, di parlarvi di questo libro: non è un romanzo, non è un saggio, non è un genere letterario, è la testimonianza di un grande amore verso la letteratura, di una grande passione verso gli scrittori e della consapevolezza di un compito alto e bello affidato alla lettura.
La bellezza che resta segue Soli eravamo mentre ci allontaniamo dalle brutture.
"Vivere richiede di allontanarci da ciò che vivo non è più: congedarsi con terribile urgenza da chi ha smesso di esserci, chiudere gli occhi a chi non resta."
C'è un periodo necessario in cui l'uomo affronta grandi lutti, sciagure, terremoti, guerre, malattie, cattiverie, è il periodo della elaborazione.
La bellezza che resta, nonostante cotanto male, è l'inesorabile lontananza, un miraggio, il sentimento di verità.
Ippolita Luzzo
mercoledì 12 aprile 2017
Tania dagli occhi luminosi
Tania quella sera faceva il turno in pizzeria.
Sua madre era lontana, ammalata grave.
Lei stava a Lamezia per lavorare.
Non ricordo di quale paese fosse e non l'ho più rivista.
Quando ritornai per lasciarle questi miei pensieri era andata via.
10 marzo 2012
Tania dagli occhi luminosi
Così luminosi da rischiarare la mia strada
L’abitacolo della mia panda
L’ingresso di casa, il soggiorno e la cucina
Diffondendo la luce
Trafiggendo l’oscurità con il suo sguardo
Tania dagli occhi luminosi
Dalla pelle rosea e chiaramente seta
Sorride a me per un coperto
Per una pizza ed una coca
Donandomi invece la serenità
Ippolita
Sua madre era lontana, ammalata grave.
Lei stava a Lamezia per lavorare.
Non ricordo di quale paese fosse e non l'ho più rivista.
Quando ritornai per lasciarle questi miei pensieri era andata via.
10 marzo 2012
Tania dagli occhi luminosi
Così luminosi da rischiarare la mia strada
L’abitacolo della mia panda
L’ingresso di casa, il soggiorno e la cucina
Diffondendo la luce
Trafiggendo l’oscurità con il suo sguardo
Tania dagli occhi luminosi
Dalla pelle rosea e chiaramente seta
Sorride a me per un coperto
Per una pizza ed una coca
Donandomi invece la serenità
Ippolita
lunedì 10 aprile 2017
Pasquetta
5 aprile 2010
La mia pasquetta
Il Lunedì dell’Angelo che annuncia agli uomini il Cristo Risorto è per tanti il giorno della prima uscita fuori porta. La "Galinea", si diceva da bambini, e noi salivamo in terrazza con la cuzzupa in mano.
Non avevamo nemmeno allora comitive vocianti e chiassose, ne conoscevamo l’esistenza però e il senso di privazione di qualcosa al quale mi sarebbe piaciuto partecipare mi ha seguito per tutta la vita,
è sicuramente per molti, per tanti così.
So però dell’esistenza di autobus che partono per agriturismi fiorenti, macchine in gruppo per località di mare, sento e vedo tutto con la fantasia.
Cosa impedisca la realizzazione di questo sogno infantile non l’ho appurato.
Mi muovo fra gli altri con delicatezza e cortesia, sono disponibile ad essere d’aiuto, telefono, ascolto, invito, non critico e non giudico, ma tollerante cerco di esserlo sia per me che per chi mi circonda, poi vorrei che anche chi mi sta accanto facesse così.
Arrivo a tesserarmi a qualche associazione, partecipo a qualche iniziativa, ma tutto si spegne velocemente come quando lo stoppino dell’olio incontra l’acqua. Puff.
Le feste sono la dissolvenza dei rapporti sociali che mi illudo di costruire giorno per giorno. Ricordo un’altra pasquetta di un anno fa, forse. Ritornai ad invitare alcuni soci di un circolo che frequentavo e una signora, accettando, commentò:- Per me, tutto fa brodo!
Una signora che ha una comitiva, che si muove in gruppo, che è sempre insieme ai suoi amici.
Io raggelai e avvilita non riuscì più a concretizzare l’invito. Preferii la solitudine.
Ho la presunzione di coltivare amicizie da molti anni, ho affetto verso i miei parenti, mamma ha sempre invitato loro, nessuno ha mai invitato la mia mamma.
Un giorno passeggiai con una mia compagna di scuola ora deputata al Parlamento e questa mi disse: - Ippò, nessuno mi invita, nessuno si ricorda di me.
Io la guardai con curiosità e replicai:- Non è vero! Tu sei seguita, sei votata, sei stimata!
Lei si sentiva così. Non si accorgeva.
Probabile che io non mi accorga degli inviti che mi fanno, delle proposte di gite fuori porta e rinuncio senza accorgermi del rutilante e caleidoscopico tavolo approntato per me da una compagnia sorridente e solare.
Nel castello immaginario e immaginato dei nostri legami ci sarà pure la stanza della convivialità, del desco frequentato da gentiluomini e gentildonne, arguti e salaci, ironici e leggeri, capaci ancora della delicata arte del conversare tra simili.
Filo, quando era ragazza, in un pomeriggio di Natale di molti anni fa, scelse una vita così.
Bella d’incontri, di viaggi, di comitive, la disegnò e la realizzò.
Non so quanto abbia lavorato e quante rinunce abbia dovuto fare per ottenere ciò, ma la vedo giustamente fiera.
Ne sono ammirata, ma vorrei tanto che queste tecniche, che queste abilità venissero insegnate e che tutti possano realizzare una felice condivisione del Lunedì dell’Angelo e delle altre feste comandate, avendo in mano se non la chiave, almeno la mappa con la quale orientarsi verso la stanza della convivialità.
Oggi /7/ Aprile 2012
Quell'anno, nel pomeriggio del Lunedì dell’Angelo, andai a mare con una amica e sulle panchine del lungomare leggevo a lei il mio pezzo. Alcune donne s’incuriosirono, si fermarono ad ascoltare, una di loro mi disse:-Lei, signora, ha raccontato la mia pasquetta.
Le altre annuirono e mi ritrovai a rileggere ad un gruppetto di donne sole quel che ormai era un racconto corale.
Poi riposi il pezzo e l’anno dopo scrissi un’altra pasquetta
Ormai ero un personaggio letterario
Ippolita Luzzo
La mia pasquetta
Il Lunedì dell’Angelo che annuncia agli uomini il Cristo Risorto è per tanti il giorno della prima uscita fuori porta. La "Galinea", si diceva da bambini, e noi salivamo in terrazza con la cuzzupa in mano.
Non avevamo nemmeno allora comitive vocianti e chiassose, ne conoscevamo l’esistenza però e il senso di privazione di qualcosa al quale mi sarebbe piaciuto partecipare mi ha seguito per tutta la vita,
è sicuramente per molti, per tanti così.
So però dell’esistenza di autobus che partono per agriturismi fiorenti, macchine in gruppo per località di mare, sento e vedo tutto con la fantasia.
Cosa impedisca la realizzazione di questo sogno infantile non l’ho appurato.
Mi muovo fra gli altri con delicatezza e cortesia, sono disponibile ad essere d’aiuto, telefono, ascolto, invito, non critico e non giudico, ma tollerante cerco di esserlo sia per me che per chi mi circonda, poi vorrei che anche chi mi sta accanto facesse così.
Arrivo a tesserarmi a qualche associazione, partecipo a qualche iniziativa, ma tutto si spegne velocemente come quando lo stoppino dell’olio incontra l’acqua. Puff.
Le feste sono la dissolvenza dei rapporti sociali che mi illudo di costruire giorno per giorno. Ricordo un’altra pasquetta di un anno fa, forse. Ritornai ad invitare alcuni soci di un circolo che frequentavo e una signora, accettando, commentò:- Per me, tutto fa brodo!
Una signora che ha una comitiva, che si muove in gruppo, che è sempre insieme ai suoi amici.
Io raggelai e avvilita non riuscì più a concretizzare l’invito. Preferii la solitudine.
Ho la presunzione di coltivare amicizie da molti anni, ho affetto verso i miei parenti, mamma ha sempre invitato loro, nessuno ha mai invitato la mia mamma.
Un giorno passeggiai con una mia compagna di scuola ora deputata al Parlamento e questa mi disse: - Ippò, nessuno mi invita, nessuno si ricorda di me.
Io la guardai con curiosità e replicai:- Non è vero! Tu sei seguita, sei votata, sei stimata!
Lei si sentiva così. Non si accorgeva.
Probabile che io non mi accorga degli inviti che mi fanno, delle proposte di gite fuori porta e rinuncio senza accorgermi del rutilante e caleidoscopico tavolo approntato per me da una compagnia sorridente e solare.
Nel castello immaginario e immaginato dei nostri legami ci sarà pure la stanza della convivialità, del desco frequentato da gentiluomini e gentildonne, arguti e salaci, ironici e leggeri, capaci ancora della delicata arte del conversare tra simili.
Filo, quando era ragazza, in un pomeriggio di Natale di molti anni fa, scelse una vita così.
Bella d’incontri, di viaggi, di comitive, la disegnò e la realizzò.
Non so quanto abbia lavorato e quante rinunce abbia dovuto fare per ottenere ciò, ma la vedo giustamente fiera.
Ne sono ammirata, ma vorrei tanto che queste tecniche, che queste abilità venissero insegnate e che tutti possano realizzare una felice condivisione del Lunedì dell’Angelo e delle altre feste comandate, avendo in mano se non la chiave, almeno la mappa con la quale orientarsi verso la stanza della convivialità.
Oggi /7/ Aprile 2012
Quell'anno, nel pomeriggio del Lunedì dell’Angelo, andai a mare con una amica e sulle panchine del lungomare leggevo a lei il mio pezzo. Alcune donne s’incuriosirono, si fermarono ad ascoltare, una di loro mi disse:-Lei, signora, ha raccontato la mia pasquetta.
Le altre annuirono e mi ritrovai a rileggere ad un gruppetto di donne sole quel che ormai era un racconto corale.
Poi riposi il pezzo e l’anno dopo scrissi un’altra pasquetta
Ormai ero un personaggio letterario
Ippolita Luzzo
domenica 9 aprile 2017
Maurice Aymard e Tino Caspanello al Tip
Due serate al Tip: Venerdì 7 aprile Maurice Aymard, Sabato 8 Tino Caspanello
La storia raccontata dall'altra parte della sponda. Il mare immenso che divide i destini di popoli e i destini individuali. Partire e non tornare. La comprensione dei grandi e piccoli movimenti di interi popoli che inseguono la stessa illusione di una sola donna. Si lascia il proprio paese e si va verso l'incertezza, fidando nella sorte.
Aymard e Caspanello ci parlano del mare, nelle due serate al Tip, il Mar Mediterraneo che la protagonista lascia per quella lunga traversata di dieci mesi necessaria per raggiungere Buenos Aires dove segue le spalle di un uomo che l'ha sposata per procura.
Quel mar Mediterraneo insanguinato e rosso color del vino, cimitero ormai di una storia lunga, estesa, fatta di tanti annegati, scomparsi, nell'illusione di raggiungere l'altra sponda. Mi si incrociano così i destini delle due serate, una lezione di storia del professore Maurice Aymard, allievo di Braudel, studioso e uomo generoso, studioso consapevole che solo la comprensione possa darci il senso dei fatti storici e individuali. La comprensione e la pietas, direbbe
Caspanello nel raccontarci con lieve e aderente scrittura il narrato di una vita fatta di piccoli punti. Siamo in un piccolo borgo siciliano nei primi anni cinquanta, sulla scena una donna ricama ed insegna ai bambini come il ricamo deve essere ordinato, come voglia luce, tanta luce per non sbagliare, come bisogna contare i punti, perché la fortuna arriva e se ne va via. Si intreccia così la vita di ognuno nella storia dei punti da collegare. Quella mattina lei va nell'orto ad innaffiare, non voleva andare, lo racconta, e quell'andata le sterzerà un destino. Qualcuno la vede, un italiano emigrato in Argentina, la chiede in sposa e lei parte. Porta con sé una foto della sua famiglia e il vestito da sposa fatto con la seta di un paracadute trovato in campagna. Da Rocchenere, frazione di un paese in provincia di Messina, a Buenos Aires, ad affrontare il mare che ci unisce e ci separa. La traversata e poi quell'incidente fatale, il momento in cui si ritrova nelle mani un neonato abbandonato. Sulle note di un tango struggente, come una melodia nuziale mai suonata, colui che l'aspetta non crederà alla sua versione nemmeno di fronte all'evidenza, anzi distruggerà quell'unica prova dell'innocenza in una notte di brutalità. Nulla poi sappiamo dei tanti giorni trascorsi, nulla se non quel racconto lirico e folle dell'estraniamento.
Come Caspanello con poco ci restituisce il dramma, così Braudel, nelle parole di Aymard, a memoria riscrive la storia dei popoli del Mediterraneo, dall'altra sponda. La storia scritta in modo letterario. La storia come un romanzo veniva scritta da Braudel, la storia come teatro potrebbe essere quella di Caspanello. Interpretazione e comprensione di fatti elaborati dall'interiorità dello studioso, del regista, dei lettori e degli spettatori. La storia come letteratura A 22 anni Braudel va in Algeria e moltiplica i punti di vista, ci invita a considerare ogni fatto nella dimensione temporale e spaziale in una storia del mondo che non abbia frontiere. Una storia estesa che comprenda gli individui e le diversità, gli incontri fra studiosi di tutte le lingue verso il rispetto dei luoghi e della natura, verso l'ecologia e la generosità.
Due grandi momenti al Tip. Due sponde per dirci che storia non è solo guerra e violenza.
Ippolita Luzzo
La storia raccontata dall'altra parte della sponda. Il mare immenso che divide i destini di popoli e i destini individuali. Partire e non tornare. La comprensione dei grandi e piccoli movimenti di interi popoli che inseguono la stessa illusione di una sola donna. Si lascia il proprio paese e si va verso l'incertezza, fidando nella sorte.
Aymard e Caspanello ci parlano del mare, nelle due serate al Tip, il Mar Mediterraneo che la protagonista lascia per quella lunga traversata di dieci mesi necessaria per raggiungere Buenos Aires dove segue le spalle di un uomo che l'ha sposata per procura.
Quel mar Mediterraneo insanguinato e rosso color del vino, cimitero ormai di una storia lunga, estesa, fatta di tanti annegati, scomparsi, nell'illusione di raggiungere l'altra sponda. Mi si incrociano così i destini delle due serate, una lezione di storia del professore Maurice Aymard, allievo di Braudel, studioso e uomo generoso, studioso consapevole che solo la comprensione possa darci il senso dei fatti storici e individuali. La comprensione e la pietas, direbbe
Caspanello nel raccontarci con lieve e aderente scrittura il narrato di una vita fatta di piccoli punti. Siamo in un piccolo borgo siciliano nei primi anni cinquanta, sulla scena una donna ricama ed insegna ai bambini come il ricamo deve essere ordinato, come voglia luce, tanta luce per non sbagliare, come bisogna contare i punti, perché la fortuna arriva e se ne va via. Si intreccia così la vita di ognuno nella storia dei punti da collegare. Quella mattina lei va nell'orto ad innaffiare, non voleva andare, lo racconta, e quell'andata le sterzerà un destino. Qualcuno la vede, un italiano emigrato in Argentina, la chiede in sposa e lei parte. Porta con sé una foto della sua famiglia e il vestito da sposa fatto con la seta di un paracadute trovato in campagna. Da Rocchenere, frazione di un paese in provincia di Messina, a Buenos Aires, ad affrontare il mare che ci unisce e ci separa. La traversata e poi quell'incidente fatale, il momento in cui si ritrova nelle mani un neonato abbandonato. Sulle note di un tango struggente, come una melodia nuziale mai suonata, colui che l'aspetta non crederà alla sua versione nemmeno di fronte all'evidenza, anzi distruggerà quell'unica prova dell'innocenza in una notte di brutalità. Nulla poi sappiamo dei tanti giorni trascorsi, nulla se non quel racconto lirico e folle dell'estraniamento.
Come Caspanello con poco ci restituisce il dramma, così Braudel, nelle parole di Aymard, a memoria riscrive la storia dei popoli del Mediterraneo, dall'altra sponda. La storia scritta in modo letterario. La storia come un romanzo veniva scritta da Braudel, la storia come teatro potrebbe essere quella di Caspanello. Interpretazione e comprensione di fatti elaborati dall'interiorità dello studioso, del regista, dei lettori e degli spettatori. La storia come letteratura A 22 anni Braudel va in Algeria e moltiplica i punti di vista, ci invita a considerare ogni fatto nella dimensione temporale e spaziale in una storia del mondo che non abbia frontiere. Una storia estesa che comprenda gli individui e le diversità, gli incontri fra studiosi di tutte le lingue verso il rispetto dei luoghi e della natura, verso l'ecologia e la generosità.
Due grandi momenti al Tip. Due sponde per dirci che storia non è solo guerra e violenza.
Ippolita Luzzo
giovedì 6 aprile 2017
Il disagio ed il vento a Palazzo Nicotera
É arrivato il nostro scrittore, voi lo conoscete -dice la dottoressa Rossella Manfredi, senza aggiungere il nome perché ormai Domenico Dara è lo scrittore che tutti qui sentiamo nostro.
Miglior augurio non c'è per la sua recente candidatura al Premio Strega di quel "nostro scrittore" con cui è stato presentato al numeroso pubblico presente in una serata organizzata dal Lions Club di Lamezia. La stanza del palazzo in effetti è piccola per questo evento, molti resteranno nelle altre stanze e solo alla fine potranno avvicinarsi per i saluti e gli omaggi.
Il vento scorre
Rossella Manfredi nel presentare e condurre la serata darà alla collega Sonia Graziano il compito di illustrare un lavoro che ha curato proprio la Dottoressa Sonia Graziano.
Un mondo interiore da esplorare in questo libro scritto dalle ragazze di un laboratorio di scrittura tenuto da Sonia Graziano per lenire il disagio mentale.
Un incontro fra donne all'ora del the, un gruppo Allegria, lo chiamano, un momento di filtro; come la bustina del the filtra l'energica teina corroborante, così il dialogo ed il racconto, inventato o meno, profuma e attenua difficoltà e angustie.
Non si parlerà stasera di malattia mentale, non si parlerà di farmaci, di cure più o meno invasive, di interventi dissonanti e divergenti, di durezza e complessità. Ne accenna alla fine il dottore Pagliaro, sui medici che dicono cose diverse e sul difficile momento dei familiari di un loro congiunto affetto da disagio e nebbia.
Stasera l'approccio cura è affidato alla scrittura, più come consolazione, come urgenza, bisogno insopprimibile di comunicare.
La dottoressa Sonia Graziano comunica con ogni gesto, sguardo, mimica, l'emozione e la felicità di credere in questo tentativo, ora trasformato in un libro, ed è lei stessa a trasmettere a noi la certezza di questa verità.
Un mondo interiore che si rivela mentre lei beve un sorso d'acqua, mentre sorride di un sorriso anch'esso interiore e consapevole. Il gruppo di scrittura da lei organizzato è stato per lei un recipiente in cui far affluire le sofferenze. Scambiando personaggi con la persona, ci racconta di come si sia rifiutata di farsi identificare con la nonna, uno dei personaggi del libro.
Sorride Sonia mentre ci presenta le otto ragazze, due gemelle, ci racconta di una di loro che ha paura di guardarsi nello specchio.
Sorride e ci conquista nel suo sentirsi lei desiderosa di essere guidata, di essere confortata, e con questo spirito si rivolge a Domenico Dara chiedendo a lui forse la guida.
Domenico non ha ricette da dare sulla scrittura, chiunque può scrivere e deve scrivere, se lo sente, in modo originale. Insegnare a scrivere una scrittura creativa non si può, l'atto del creare è libero.
Vero è però che il racconto cura, che raccontarsi è una autobiografia della cura del sé, che la scrittura è riparazione e trova il filo logico, dona un senso, ridona significato alla vita, dona un ordine ad avvenimenti che ordine non hanno. La vita è un labirinto e la scrittura è un filo.
Ogni storia è degna di essere raccontata e letta ed in quel momento possiamo, leggendo le storie di autori classici, essere Ovidio, nelle Metamorfosi, oppure Madame Bovary di Flaubert. Sull'esigenza del libro ricorderà il film Fahrenheit 451 quando verranno distrutti i libri ma ogni uomo imparerà un libro a memoria per non perderne la memoria e continuare a raccontare raccontandosi.
Domenico ci parla delle lettere che alcuni studenti di un liceo scientifico di Firenze fecero a qualcuno a loro caro, su invito, in occasione della presentazione del suo libro Breve Trattato sulle coincidenze.
Su dodici dieci avevano scritto al nonno che non c'era più ed anche le altre due erano a due genitori morti.
Come nel libro di Fabrizio Coscia che io mi sono portata dietro "La bellezza che resta""Per molto tempo dopo la morte di Čechov, nel suo diario Olga Knipper continuò a scrivere lettere al marito, in una ostinata, imperterrita negazione della realtà. "E mentre ti scrivo - si legge in una di queste - sento che sei vivo, da qualche parte, mentre aspetti la mia lettera"
La scrittura è un rammendo ma la frattura resta, la lacerazione è lì, nella sua nudità, il grado zero.
Legge il frammento di Isa, il gesto della madre di Isa ogni sera a ripetere sempre gli stessi gesti, come un rituale per dare una rassicurazione.
Tre volte chiudeva e riapriva porte, cassetti, tre volte e controllava sempre. L'ossessione di perdersi e ritrovarsi nel gesto ripetuto.
Ogni parola ha il suo significato, ogni gesto, segreto anche a chi l'ha detto o fatto.
Eva invece la conosciamo attraverso il racconto della nonna in un'insalata di parole. Anche il soffitto della sua camera era pieno di parole.
Scrivere non è un atto naturale, conclude Domenico, scrivere venne dopo nella storia degli uomini; al sorgere della civiltà, ci insegna Esiodo nel Prometeo Incatenato, concludo io così questi pochi appunti su una serata che finisce in una lettera d'amore, che esiste nel libro, dice Sonia, ed a me ritorna in mente quella a Teresa Sperarò, dove vi mando, nella lettura del nostro scrittore.
Ippolita Luzzo
lunedì 3 aprile 2017
Pasquale Allegro Collezioni di cielo
Ho creato un luogo inesistente dove stare per conforto al cielo che non ho e leggo per convincermi sia possibile colorare di parole quel cielo che non c'è.
Negli anni questo luogo che non esiste è diventato un regno abitato da scrittori, artisti, giornalisti, da persone che mi chiedono un pensiero, un conforto. Quello stesso che io chiedevo al cielo che non ho. La creazione letteraria di un immaginario. Oggi con noi
Pasquale Allegro fa collezioni di cielo raccontando di un suo alter ego che trascorre "la giornata fatta di passi su passi a echeggiare per i corridoi vuoti degli uffici"
"A volte si cammina per dirigersi da qualche parte, a volte si cammina e basta."
ed anche Pasquale nel confortare il personaggio che gli sussurra "non esiste un rifugio contro un nemico chiamato solitudine" risponde "Quel rifugio esiste da qualche parte... magari è questione di tempo e si può sempre incontrare..."
Un racconto di formazione scritto come un diario
Collezioni di cielo di Pasquale Allegro
Delicato dipinto acquarellato in tinte pastello diluite in mille soffuse sfumature.
Racconto di tanti racconti su momenti che il protagonista racconta a se stesso su foglio.
Fogli sparsi nei giorni grevi e leggeri di una età incerta che richiede decisione e scelte.
Difficile sapere dove andranno le strade che si aprono, si chiudono, si percorrono senza.
… il giornale di una vita accartocciato tra i pensieri, in una rubrica tra il passato e noi.
I vari giorni, tutti i suoi giorni, sono rimasti fissi nel pensiero e sono rimasta a chiedermi quanto sia difficile vivere da giovani, quanto sia difficile vivere da vecchi.
Ho sentito lo spartiacque generazionale fra me lettrice di età adulta ed un protagonista che vuole accompagnato nelle sue decisioni per convincersi che stia facendo la cosa giusta.
Fai la cosa giusta… abbiamo fatto la cosa giusta?
Il protagonista sceglie gli affetti, ritorna, guarda il figlio crescere, intesse un tessuto di sentimenti, di affetti, di relazioni, di rimandi, di tempo fatto di abbracci, di sorrisi, di amicizia
Augurandosi che sia quella la cosa giusta
Collezioni di cielo è una preghiera alla sorte, un lungo sogno fatto con brevi passaggi, quasi dei flash, affinché la sorte sia benigna, affinché lui riesca ad imbroccare il vero, il suo.
Saranno in tanti a si rivedersi in quei momenti e si sentiranno consolati di non essere soli nel disorientamento epocale di una generazione senza cielo.
Commozione e quasi tenerezza nasce in lettori adulti leggendo questo diario, lettori che, smaliziati, privi di ogni giorno nuovo, dolorosamente o prosaicamente sanno che qualsiasi sia la strada che si prenda niente e nessuno ci rassicurerà nel nostro sbilenco cammino fatto di rinunce in nome di altro, altro che ha la stessa sostanza delle nuvole.
La vita è bella per questo, vivere vuol dire crederci ancora anche inventando luoghi immaginari.
Credere possibile raccontare ad un nostro caro quel cielo che vediamo solo noi.
Credere possibile che esista un giardino, una casa, una città non vuota
Una città abitata da un cielo azzurro, da rondini felici che garriscono al vento fresco di un divenire che odori ancora di alterità
Collezioni di cielo è un regalo; donandomi il tuo libro ed affidandolo al regno benigno di una Litweb, una letteratura libera, ricordo ancora quando lo hai donato allora, il tutto ancora in bozza, spillato, come Kavafis, e tenuto al caldo di una borsa capiente che mi è sembrata la calda cuccia, il tepore affettuoso, il ventre materno che nutre e fa nascere il figlio… la tua borsa, la borsa dello scrittore
Collezioni di cielo… poi farai collezioni di mare…
Con amicizia, ricordando il Breve trattato sulle coincidenze, quella sera da Domenico Dara, ricordando Pessoa ed il Maggio dei Libri del 2013, Frontiera per noi, sotto il cielo del regno.
Ippolita Luzzo
Negli anni questo luogo che non esiste è diventato un regno abitato da scrittori, artisti, giornalisti, da persone che mi chiedono un pensiero, un conforto. Quello stesso che io chiedevo al cielo che non ho. La creazione letteraria di un immaginario. Oggi con noi
Pasquale Allegro fa collezioni di cielo raccontando di un suo alter ego che trascorre "la giornata fatta di passi su passi a echeggiare per i corridoi vuoti degli uffici"
"A volte si cammina per dirigersi da qualche parte, a volte si cammina e basta."
ed anche Pasquale nel confortare il personaggio che gli sussurra "non esiste un rifugio contro un nemico chiamato solitudine" risponde "Quel rifugio esiste da qualche parte... magari è questione di tempo e si può sempre incontrare..."
Un racconto di formazione scritto come un diario
Collezioni di cielo di Pasquale Allegro
Delicato dipinto acquarellato in tinte pastello diluite in mille soffuse sfumature.
Racconto di tanti racconti su momenti che il protagonista racconta a se stesso su foglio.
Fogli sparsi nei giorni grevi e leggeri di una età incerta che richiede decisione e scelte.
Difficile sapere dove andranno le strade che si aprono, si chiudono, si percorrono senza.
… il giornale di una vita accartocciato tra i pensieri, in una rubrica tra il passato e noi.
I vari giorni, tutti i suoi giorni, sono rimasti fissi nel pensiero e sono rimasta a chiedermi quanto sia difficile vivere da giovani, quanto sia difficile vivere da vecchi.
Ho sentito lo spartiacque generazionale fra me lettrice di età adulta ed un protagonista che vuole accompagnato nelle sue decisioni per convincersi che stia facendo la cosa giusta.
Fai la cosa giusta… abbiamo fatto la cosa giusta?
Il protagonista sceglie gli affetti, ritorna, guarda il figlio crescere, intesse un tessuto di sentimenti, di affetti, di relazioni, di rimandi, di tempo fatto di abbracci, di sorrisi, di amicizia
Augurandosi che sia quella la cosa giusta
Collezioni di cielo è una preghiera alla sorte, un lungo sogno fatto con brevi passaggi, quasi dei flash, affinché la sorte sia benigna, affinché lui riesca ad imbroccare il vero, il suo.
Saranno in tanti a si rivedersi in quei momenti e si sentiranno consolati di non essere soli nel disorientamento epocale di una generazione senza cielo.
Commozione e quasi tenerezza nasce in lettori adulti leggendo questo diario, lettori che, smaliziati, privi di ogni giorno nuovo, dolorosamente o prosaicamente sanno che qualsiasi sia la strada che si prenda niente e nessuno ci rassicurerà nel nostro sbilenco cammino fatto di rinunce in nome di altro, altro che ha la stessa sostanza delle nuvole.
La vita è bella per questo, vivere vuol dire crederci ancora anche inventando luoghi immaginari.
Credere possibile raccontare ad un nostro caro quel cielo che vediamo solo noi.
Credere possibile che esista un giardino, una casa, una città non vuota
Una città abitata da un cielo azzurro, da rondini felici che garriscono al vento fresco di un divenire che odori ancora di alterità
Collezioni di cielo è un regalo; donandomi il tuo libro ed affidandolo al regno benigno di una Litweb, una letteratura libera, ricordo ancora quando lo hai donato allora, il tutto ancora in bozza, spillato, come Kavafis, e tenuto al caldo di una borsa capiente che mi è sembrata la calda cuccia, il tepore affettuoso, il ventre materno che nutre e fa nascere il figlio… la tua borsa, la borsa dello scrittore
Collezioni di cielo… poi farai collezioni di mare…
Con amicizia, ricordando il Breve trattato sulle coincidenze, quella sera da Domenico Dara, ricordando Pessoa ed il Maggio dei Libri del 2013, Frontiera per noi, sotto il cielo del regno.
Ippolita Luzzo
domenica 2 aprile 2017
Danzeranno gli insetti Sonia Lambertini
danzeranno gli insetti
il ritmo assordante non mi farà dormire
e come nei banchetti degni di rispetto
trionferanno gli avanzi
le formiche ne faranno scorta
...
come insetti avvoltoi
pronti a beccare ciò che resta
ultimo pasto di dio.
...
senti il passo della libellula lo sfregare delle antenne
...
dalla libellula sul filo d'erba si guarda nell'acqua
...
costretta al regno oscuro dell'ombra.
Arriva nel regno della Litweb Sonia Lambertini con la sua raccolta di poesia che in alcuni momenti sembra essere stata richiesta a gran voce dai nostri insetti, da tutta la Lit Art che a maggio volerà sulle carte francesi di Caterina Luciano, durante e fuori dal Salone del Libro di Torino. Anche da Caterina vi sono libellule così che rispondono al momento con un volo
Quando nulla ti è dovuto e non sai come
conosci il cerchio nero che ti assedia chiedi
quale strano progetto ha preso i tuoi occhi
per riempirli di colore giallo ocra e rosso
con emozione quindi abbiamo accolto Sonia e le sue poesie, come sorelle, come far parte di una stessa famiglia con tutto ciò che di famiglia comporta nelle difficoltà.
La somiglianza. Mentre scrivo ricordo che Caterina fece anche sulla famiglia delle tele.
Ci somigliano i versi di Sonia e di sicuro ne leggeremo qualcuno di questi per stringerci forte in una comunanza di affetto e di parità
Brinderemo con lei che qui già brinda con noi alla meraviglia dei deboli, dei dubbiosi, di chi ha in mano un verso, un colore, una frase.
Brindo alla contraddizione
alla scelta sbagliata, all'incoerenza
...
io cerco solo meraviglia
Nel piacere di leggere poesie che ci ricordano il nostro quotidiano difficile incedere in mattine come tante
Certe mattine le cose ti cadono addosso
...
ho perso il filo che ho nascosto in tasca
...
Quando pensi che nulla esista
puoi tentare l'azzardo
dello stare e del dire
del gioco delle parti
Una partita a Torino a Maggio
Ippolita Luzzo
il ritmo assordante non mi farà dormire
e come nei banchetti degni di rispetto
trionferanno gli avanzi
le formiche ne faranno scorta
...
come insetti avvoltoi
pronti a beccare ciò che resta
ultimo pasto di dio.
...
senti il passo della libellula lo sfregare delle antenne
...
dalla libellula sul filo d'erba si guarda nell'acqua
...
costretta al regno oscuro dell'ombra.
Arriva nel regno della Litweb Sonia Lambertini con la sua raccolta di poesia che in alcuni momenti sembra essere stata richiesta a gran voce dai nostri insetti, da tutta la Lit Art che a maggio volerà sulle carte francesi di Caterina Luciano, durante e fuori dal Salone del Libro di Torino. Anche da Caterina vi sono libellule così che rispondono al momento con un volo
Quando nulla ti è dovuto e non sai come
conosci il cerchio nero che ti assedia chiedi
quale strano progetto ha preso i tuoi occhi
per riempirli di colore giallo ocra e rosso
con emozione quindi abbiamo accolto Sonia e le sue poesie, come sorelle, come far parte di una stessa famiglia con tutto ciò che di famiglia comporta nelle difficoltà.
La somiglianza. Mentre scrivo ricordo che Caterina fece anche sulla famiglia delle tele.
Ci somigliano i versi di Sonia e di sicuro ne leggeremo qualcuno di questi per stringerci forte in una comunanza di affetto e di parità
Brinderemo con lei che qui già brinda con noi alla meraviglia dei deboli, dei dubbiosi, di chi ha in mano un verso, un colore, una frase.
Brindo alla contraddizione
alla scelta sbagliata, all'incoerenza
...
io cerco solo meraviglia
Nel piacere di leggere poesie che ci ricordano il nostro quotidiano difficile incedere in mattine come tante
Certe mattine le cose ti cadono addosso
...
ho perso il filo che ho nascosto in tasca
...
Quando pensi che nulla esista
puoi tentare l'azzardo
dello stare e del dire
del gioco delle parti
Una partita a Torino a Maggio
Ippolita Luzzo