martedì 17 febbraio 2015

Di quel viavai… Nell’arenaria di Franco Araniti

 Nell'Arenaria

Roccia detritica costituita da elementi sabbiosi cementati più o meno tenacemente- arenaria compatta o sbriciolata grossolanamente come la scrittura di ciottoli vari sparsi fra prosa e poesia di un cammino scomodo.
Impegno politico, lotta sociale, ingiustizie e momenti individuali espressi con rude e partecipata presenza; una rudezza franca e risoluta nei fra(m)menti “ Di quel viavai sono segnato” scrive Araniti nel Prologo
Risalgo  alle sorgenti del Calomeno senz’acqua/secchi farranchi e massi stanchi… parole e pietra vivono tra i fiori della ginestra
Mi porto dietro il suo gentilissimo dono, da giorni, il dono della fiducia e dell’ascolto, e rileggo sottolineando e intrecciando col mio quotidiano i suoi pensieri. “ Sui treni scrivo poesie per condensare il tempo/ che non passa mai: mentre il fuori/ al finestrino che velocissima/mente scorre, è lento/e la distanza allunga, oltre i miei pensieri.
Intreccio di vite che non ci appartengono più, nel momento in cui le raccontiamo, intrecci di momenti di tutti e di sofferenze individuali… “versi raschiati
Nel cammino aspro e irto di una crescita dal Prologo al D’amor maturo  sento, comunque, il ribollire nell’acido, o, almeno, così mi pare”
“Devo anch’io urlare, ma non posso” lamentò il poeta…
Affidare al foglio l’immortalità, scrivere col sangue e poi svegliarsi.
Ho pensato anche io all’immenso dispiacere di vedere tutti i miei pezzi dispersi, un giorno ho strappato tutto e non mi sono sentita triste, ne sono stata sollevata, li ho riscritti e continuo a scrivere, leggera e consapevole che anche questi saranno persi come gli altri.
Resta però incredibile il dono della relazione con l’altro, il filo che lega uomini in conoscenza all’intrasattu. “ U cuntu cu campa è Buendìa che risale la nostra discesa. “L’azzurra sorgente dell’Acheronte” di Emilio Argiroffi che amiamo entrambi, unico e solo, amato e scordato.
“ Poesia che…
Giorni per giorno ti perdo
Negli istanti delle altre cose da fare
Mi passi per la mente
E non ho tempo per raccoglierti
… ti svegli al suono di una memoria
E svanisci profumo non fissato”
Come avremmo mai potuto noi salutarci da VertigoArte, scambiarci i nostri racconti, la stima, se non con l’ausilio di un racconto? Il filo, una gugliata,  è infatti argomento della mostra.
E stamani ricordando le città invisibili di Calvino “A Ersilia, per stabilire i rapporti che reggono la vita della città, gli abitanti tendono dei fili tra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco-e neri a seconda se segnano relazioni di parentela, scambio, autorità, rappresentanza. Quando i fili sono tanti che non ci si può più passare in mezzo, gli abitanti vanno via: le case vengono smontate; restano solo i fili e i sostegni dei fili.”
Luca Marmo, sindaco di Piteglie, comune di Pistoia,  sta scrivendo questo su facebook, rispondendo ai miei fili con fili nuovissimi:- Sul VOIP. Pensa com'è intricato il mondo!-
Mai avrei creduto possibile che io potessi intrecciare miei pensieri con te, con Luca, con moltissimi altri, avviluppati nella bellissima arte del racconto.
Così “ quando la paura ti morde/e nell’angoscia ti sperdi/ ricorda/ tuo nonno Melo mio padre/che a sette anni appena/si è smarrito nell’Aspromonte
Ricorda tuo nonno Melo mio padre/che non hai mai conosciuto/
Quando ha capito che i suoi ricordi/giorno dopo giorno cadevano come foglie/ancora nell’estate…ha pianto… riconoscendomi dopo sette anni bui da un lampo della mente
Quel lampo, caro Franco, illumina le nostre letture, quello che  scriviamo per una esigenza vitale, come atto d’amore verso i libri amati, verso la storia e gli ideali in cui abbiamo creduto, verso quegli affetti individuali che vivono e compongono il nostro stesso tessuto corporeo, il nostro DNA.
Non possono morire, è un viavai…d’amore.

                                                                                  Ippolita Luzzo

   


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