domenica 14 dicembre 2014

Ernesto Orrico. Di cosa parliamo quando parliamo d'amore



  Di cosa parliamo quando parliamo d’amore

Carver, oppure chiunque. Infatti in platea io sussurro che forse sia Carrère, per assonanza al nome.

 sabato 13 dicembre h. 21 con “The Cult of Fluxus”  al Teatro Umberto di Lamezia Terme.    Sul palco ci saranno Flavia Lisotti, giovane cantautrice, Mattia Argieri, loop e potenziometri, Ernesto Orrico, uno dei protagonisti della scena teatrale calabrese.

Vado

Mi siedo al primo banco come gli alunni che vogliono ascoltare solo la lezione senza esser disturbati da qualcuno.

Mi siedo  affettuosa e partecipe, ho pagato il biglietto e ho amicizia verso protagonista, conoscendolo quasi.

Virtuale.

Questo non è L’Orrico che conosco io, mi sono detta da subito, nello scarto fra immaginazione e reale.

Dadaista e amichevole, attento e conversativo.

Sul palco un espositore di malessere messo sugli scaffali di un supermercato discount, un malessere già malessere ma dato in modo che giunga ancora più sgradevole.

Credo sia fatto apposta e mi guardo le unghie, non voglio andare via, aspetto il sole che riscaldi un teatro già di suo glaciale che ci iberna a morte precoce ogni volta ci immoliamo.

Il Culto del flusso, traduco io malamente, non conosco inglese, benché abbia fatto quei corsetti di 15 giorni 15, e lo leggo com’è scritto, da ignorante della lingua.

Resto attenta alle varie citazione, qualcuna la so, altre no, non ha importanza quante ne possiamo sapere, non è questo che ci renderà il gusto di esser lì.

Mi tormento le unghie ed inizio a mangiucchiare.

 Flusso ininterrotto di parole per dire quanta crisi c’è e come siamo precari e che poi moriremo

Di cosa parliamo?

Bene, io credo che, di qualunque cosa parliamo, parliamo di noi, con i gesti più che con le parole, con la musicalità del suono, con la voglia di far vivo quel momento in gestazione.

Se teatro sia, deve pur cercare noi che da soli giù in platea non possiamo ribellarci a una continua sovraesposizione di malessere senza cura.

Vabbè che la sanità in Calabria è quella che è, caro Ernesto, ma dai,  un raggio di sole potresti rubarlo in corsia!

Da dadaista  a Dadaista,  dondoliamoci per gioco.

Finite le mie unghie, tutte, mi rimangono i polpastrelli per dirti che, se stamane con il sole, sono qui seduta a scrivere di te, vuol dire che ho affetto per te.

Bravi musicisti e voce cantante

Tu mi pagherai estetista!

Ciao Ippolita




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