Quelle unioni
chiamate matrimonio
La bugia
come finzione in due
La vedo
palpabile sul viso di una lei, che ingurgitando corna su corna, manifeste,
coram populo,
Ucciderebbe l’altra,
la sporcherebbe, per il solo motivo che l’altra le ricorda quello che lei non
saprebbe mai essere. Libera.
Carcere e
cuccia i matrimoni di molti, per esseri infelici e teatranti, un tirare a
campare con obblighi e appuntamenti. I
vostri raduni ai matrimoni altrui, della zia, della cugina, del vostro mondo
mondano. I battesimi e le comunioni, le feste di laurea, i compleanni, poi la
sfilata forse ci sta.
Al braccio
portate un vostro ninnolo, marito o moglie, per l’occasione, lui intanto sacramenta
oppure occhieggia, l’altra vorrebbe essere lontana da lì.
Chissà perché
poi si chiami tutto questo-Stare insieme-
Vite tagliate-
scrive Maria Gabriella De Santis, vite bugiarde, che tradiscono certo perché è
umano tradire, nessuno può stare per sempre immobile su un sentimento che è movimento, su un
desiderio che padroni non ha.
Vite
tagliate con un coltello che mozzi la testa e il pensiero, che scolleghi per
sempre il vero dal falso, che uccida quella fiducia che in noi sta.
Carcere e
cuccia diventa una casa, dovere e peso sono i figli, da coccolare e da
torturare, per fare scontare proprio ai più piccoli di esser la causa della
prigionia.
Vite
tagliate vissute osservando con vera
malvagità chi si ritaglia in solitudine un vero momento di libertà. Quella
verità che il tradimento mai vi darà.
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