venerdì 29 agosto 2014

La mosca di Giusti



Tobia e la mosca
(di Giuseppe Giusti)
Un certo Tobia, uomo  buono, che non avrebbe dato fastidio all’aria, s’era fitto in capo di vedere se gli fosse riuscito passare quel po’ di resto dei suoi giorni senza noiare, s’intende, ma anco senza essere noiato.
Un giorno, dopo desinare, riposava nella sua poltrona ed eccoti una maledetta mosca che gli vola sul viso. Tobia, fermo nei suoi princìpi, fece, così, un atto colla mano, tanto per levarsela di torno; e quella daccapo. Allora si cavò il berretto e cominciò a farsi vento, canterellando e battendo la cadenza con un piede; ma la bestia lì per picca. La toccò con un ditino, per vedere se l’intendeva: oh, allora sì! Gli batté in un occhio, gli entrò su pel naso, gli passeggiava sul viso, come se fosse stata in casa sua.
Che vi credete che facesse Tobia?
Si messe fermo fermo e lasciò andare e venire, tanto che gli capitò fra le labbra. Con una strizzatina avrebbe potuto finir la festa; ma no, volle vincerla di cortesia e, serrata un po’ la bocca solamente per fermarla, la prese delicato delicato con due dita e, chiamato il servitore, disse:
«Drea [1], vien qua; aprimi la finestra».
Drea aprì e Tobia, dando il volo alla mosca, diceva ridendo:
«Madonna, il mondo è largo: ci possiamo stare tutti e due senza romperci la tasca!».

La favoletta che io raccontai alla mia cognatina era proprio questa
Ma lei la intese male lei la riferì come la intese, cioè che io l’avevo chiamata mosca e se ne lamentò con il  mio facente funzione marito  che mi rimproverò.
Ma si può… spergiurai io…io mai avrei fatto un’offesa… alla mosca, nel suo caso.
E mio marito si infuriò di più.
Mi disse che io ero cattiva non capendo la fine ironia e tolleranza del Giusti e dei giusti!
                                                                                   


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