La
programmazione
27 ottobre 2011
Insegnavo a
Pallagorio, paese albanese dell’entroterra calabro, quell’anno, il 1984, ero di
ruolo, il primo anno, non avevo mai fatto una programmazione.
La mia
cattedra era in realtà Umbriatico, ma completavo con le ore di storia e di geografia in una
seconda di quel paesino.
Ad Umbriatico
andò tutto liscio, a Pallagorio invece,
la programmazione che pure avevo fatto con scrupolo e sotto la guida della collega più esperta, la trovai appesa al muro, nella sala dei professori, fra
quelle mancanti, da rivedere, fra quelle che il preside non aveva accettato.
Ripresi
perciò in mano i fogli e li portai alla collega di ruolo, dopo una vita di
insegnamento precario. Lei abitava con me in quell’esilio ed ormai adulta non
si capacitava che già dieci anni prima avesse rifiutato di passare di ruolo per
non andare proprio laggiù.
Ma il
destino è così, fa tanti giri e ci porta dove noi non vogliamo, non pensiamo
proprio.
Con il
cartaceo in mano io le dissi:- Lo vedi? Il preside dice che non è fatta bene!-
-Ma non è
possibile- rispose lei- ne ho fatte moltissime, non è certo la prima! –
Comunque per
farmi un piacere si rimise a riguardare
ogni parola, a controllare, ad arricchire, e poi me la ridiede, pronta da consegnare.
Ma quale fu
la mia meraviglia quando tornai a scuola di nuovo nel vederla appesa lassù sul
muro, solo la mia, fra le rifiutate.
Mi venne un
sospetto e con far circospetto cominciai a domandare ,qual era la cosa,
l’anello mancante, perché non piacesse al capo, in questione.
Ed una
collega mi disse :- Il preside vuole la programmazione secondo la tassonomia
del Bloom-
Ma guarda
-dissi io- e che ci vuole?A saperlo prima!
Così tornai
dalla collega che affranta mi disse :-Ippolita, dobbiamo buttare di nuovo il
materiale e farla completamente
diversa!-
Ma no- dissi
io- ora ti faccio vedere.-
E presa la
stessa programmazione sul primo rigo bianco lasciato per fare spazio, vergai in
bella calligrafia – La programmazione è stata fatta seguendo la tassonomia del
Bloom-
La collega
scuoteva il capo, ma il preside poi mi chiamò in presidenza per elogiarmi, per
dirmi che sì ero stata inesperta ma che poi alla fine avevo fatto un lavoro
proprio a regola d’arte!
Passarono
gli anni e questo preside lo ritrovai ispettore del provveditorato e poi sempre su sempre più su, sono sempre
stata tentata- ora glielo dico- mi dissi una volta quando lui dal suo metro e
venti si sentiva potente, un Dio, come solo i cretini si sentono d’essere.
Ma anch’io
son cretina quando faccio così, magari la sua è stata una svista, oppure
benefico non volle infierire. Chissà come sarà andata mai!
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